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Lunedì della XVI settimana del Tempo Ordinario



                                                                O immensità del tuo amore per noi! 

O inestimabile segno di bontà:
                                                     per riscattare lo schiavo, hai sacrificato il tuo Figlio! 
Davvero era necessario il peccato di Adamo, 
che è stato distrutto con la morte del Cristo. 

Felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore!

Exultet




Mt 12, 38-42

In quel tempo, alcuni scribi e farisei lo interrogarono: «Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno». Ed egli rispose: «Una generazione perversa e adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.
Quelli di Nìnive si alzeranno a giudicare questa generazione e la condanneranno, perché essi si convertirono alla predicazione di Giona. Ecco, ora qui c'è più di Giona!
La regina del sud si leverà a giudicare questa generazione e la condannerà, perché essa venne dall'estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone; ecco, ora qui c'è più di Salomone!».


IL COMMENTO

Alcuni scribi e farisei interrogano Gesù esigendogli un segno che lo legittimi quale Messia. Una prova che dimostri la veridicità delle sue parole. Perchè Gesù risponde così severamente ad una domanda apparentemente ragionevole? Perchè nel cuore dei suoi inquisitori non v'era la semplicità dei piccoli, ma l'adulterio e la perversione. Giovani Paolo Ii in una sua catechesi sull'amore coniugale così scriveva: "Dio-Jahvè conclude per amore l'alleanza con Israele, - senza suo merito - diviene per lui come lo sposo e coniuge più affettuoso, più premuroso e più generoso verso la propria sposa. Per questo amore, che dagli albori della storia accompagna il popolo eletto, Jahvè-sposo riceve in cambio numerosi tradimenti: «le alture», ecco i luoghi del culto idolatrico, nei quali viene commesso «l'adulterio» di Israele-sposa". e poi sottolinea come la "...scelta della sposa (e ciò già dal momento della sua nascita), una scelta proveniente dall'amore dello sposo, amore che, da parte dello sposo stesso, è un atto di pura misericordia" (Giovanni Paolo II, catechesi del 27-8-80). 


L'adulterio è dunque figlio di una perversione che, secondo l'etimologia latina significa "volgere il bene in male". Pervertire la gratuità dell'elezione divina, l'atto di pura misericordia con il quale Dio ha amato e scelto Israele. Un brano della Scrittura ci aiuta a capire la "perversione" del popolo che ha determinato la collezione di infedeltà ed adulteri: «...come oggetto ripugnante fosti gettata via in piena campagna, il giorno della tua nascita. Passai vicino a te e ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue e cresci come l'età del campo. Crescesti e ti facesti grande e giungesti al fiore della giovinezza: il tuo petto divenne fiorente ed eri giunta ormai alla pubertà; ma eri nuda e scoperta. Passai vicino a te e ti vidi; ecco, la tua età era l'età dell'amore; io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità; giurai alleanza con te, dice il Signore Dio, e divenisti mia... misi al tuo naso un anello, orecchini agli orecchi e una splendida corona sul tuo capo. Così fosti adorna d'oro e d'argento; le tue vesti eran di bisso, di seta e ricami... La tua fama si diffuse fra le genti per la tua bellezza, che era perfetta, per la gloria che io avevo posto in te... Tu però, infatuata per la tua bellezza e approfittando della tua fama, ti sei prostituita concedendo i tuoi favori ad ogni passante... Come è stato abbietto il tuo cuore - dice il Signore Dio - facendo tutte queste azioni degne di una spudorata sgualdrina! Quando ti facevi un'altura in ogni piazza, tu non eri come una prostituta in cerca di guadagno, ma come un'adultera che, invece del marito, accoglie gli stranieri!» (cf. Ez 16,5-8.12-15.30-32).


L'amore di Dio pervertito in amore per la creatura, come diranno ripetutamente i Profeti e San Paolo. Aver cambiato la fonte di acqua viva in cisterne screpolate. La benedizione dell'abbandono confidente in Dio con la maledizione di chi confida nell'uomo. La carne e il sangue invece dello Spirito che dà la vita. Tutto questo era nel cuore degli scribi e dei farisei avvicinatisi a Gesù: esigevano un segno "carnale", la sapienza umana vernicita di pietà. Apparenza dirà Gesù, ipocrisia di segni vuoti e vani, vanagloria legata alla circoncisione ripeterà S. Paolo. I limiti angusti della carne nei quali Gesù sarebbe dovuto entrare, mostrando i segni che la presunta sapienza di scribi e farisei esigevano. Segni secondo della Scrittura, ma senza la vita dello Spirito che illumina. 


Quello Spirito che sigillerà nei discepoli il "fatto" che ha sconvolto le loro povere vite di falliti e traditori: Colui che avevano visto crocifisso era risorto e vivo, aveva vinto la morte e perdonato i peccati. La sapienza della Croce, il segno di Giona. II segno capace di illuminare ogni altro segno. Cristo e Cristo Crocifisso. L'amore più forte delle infedeltà, persino degli adultéri e delle perversioni. Le nostre, scribi e farisei che attendono dal Signore un segno capace di "sbloccare" la nostra vita, di risolvere i nodi, di guarire le angosce. Un segno che cancelli la morte che ci prende alla gola. Un segno eugenetico che spiani la strada ad una vita senza problemi, senza sofferenze, senza croce. Il paradiso messianico qui, ora, e fuori dalla nostre esistenze tutti gli usurpatori, colleghi, parenti, il nostro stesso carattere.... Infatuati dei doni che abbiamo ricevuto, senza accorgercene, ci facciamo dio e tutto deve servire alla nostra maestà. E divieniamo incapaci di godere, con emplicità, dei doni che ogni giorno il Signore ci fa. Sapienza carnale che semina morte. 


Mentre il segno pronto per noi è già accanto a noi, è in noi. La croce che oggi ci accompagna, il ventre della balena dei nostri dolori, delle nostre angosce, dei nostri peccati, lì dove è sceso Cristo per riportarci in vita. E' proprio quello che stiamo disprezzando, quello con cui stiamo lottando, il pungolo contro cui stiamo recalcitrando: è una spina conficcata nella carne di oggi la nostra salvezza, il segno che Dio ci ama, al punto che proprio lì, dove più acuto è il dolore, è crocifisso Cristo. Per noi. Con noi. La nostra vita è il segno. L'unico, non ve ne sono altri. Il resto è corruzione, adulterio e perversione. Della vita, degli affetti, dell'amore. Lasciamoci amare allora, oggi e sempre, nel segno nascosto agli angeli, il mistero del folle amore di Dio che parla oggi al nostro cuore, nel deserto che ci secca l'anima, per farci di nuovo, sue spose, nella fedeltà e nell'amore. Per conoscerlo, una sola cosa con Lui. Nel segno del Suo amore infinito. 







Sant’Ireneo di Lione (circa130-circa 208), vescovo, teologo e martire
Contro le eresie III, 20,1 ; SC 34, 339

Il segno di Giona

Generoso fu Dio il quale, venendo meno l’uomo, preordinò la vittoria che gli avrebbe resa per mezzo del Verbo. Infatti, poiché « la potenza trionfava nella debolezza » (2 Cor 12,9), il Verbo mostrava la bontà e la magnifica potenza di Dio.
Infatti, come fu per il profeta Giona, è stato lo stesso per l’uomo. Dio ha permesso che costui fosse inghiottito dal mostro marino, non perché scomparisse e perisse totalmente, bensì affinché, dopo esser stato rigettato dal mostro, fosse maggiormente sottomesso a Dio e glorificasse maggiormente colui che gli concedeva tale salvezza insperata. Era anche per condurre gli abitanti di Ninive ad un fermo pentimento e convertirli a colui che poteva liberarli dalla morte, essendo stati loro stessi colpiti dal segno compiuto nella persona di Giona… Allo stesso modo, fin dal principio, Dio ha permesso che l’uomo fosse inghiottito dal grande mostro, autore della disubbidienza, non perché scomparisse e perisse totalmente, bensì perché Dio stava preparando in anticipo la salvezza compiuta dal suo Verbo per mezzo del « segno di Giona ». Questa Salvezza è stata preparata per coloro che avrebbero avuto per Dio gli stessi sentimenti di Giona, e li avrebbero confessati negli stessi termini : « Sono il servo del Signore e venero il Signore Dio del cielo, il quale ha fatto il mare e la terra » (Gn 1,9).
Dio ha voluto che l’uomo, avendo ricevuto da lui una salvezza insperata, risuscitasse dai morti e glorificasse Dio dicendo con Giona : « Nella mia angoscia ho invocato il Signore ed egli mi ha esaudito ; dal profondo degli inferi ho gridato e tu hai ascoltato la mia voce » (Gn 2,3). Dio ha voluto che l’uomo rimanesse sempre fedele a glorificarlo e a rendergli grazie incessantemente per la salvezza ricevuta da lui.



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