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Martedì della IV settimana del Tempo Ordinario




Dio non si vergogna della bassezza dell’uomo, vi entra dentro,
sceglie una creatura umana come suo strumento 
e compie meraviglie lì dove uno meno se le aspetta.

Dio è vicino alla bassezza, ama ciò che è perduto, 
ciò che non è considerato, l’insignificante, 
ciò che è emarginato, debole e affranto; 
dove gli uomini dicono ‘perduto’, lì Egli dice ‘salvato’; 
dove gli uomini dicono ‘no!’, lì Egli dice ‘sì’! 
Dove gli uomini distolgono con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, 
lì Egli posa il Suo sguardo pieno di un amore ardente incomparabile. 

Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione 
in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, 
dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, 
dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, 
lì Egli vuole irrompere nella nostra vita, 
lì ci fa sentire il Suo approssimarsi, 
affinché comprendiamo il  miracolo del Suo amore, 
della Sua vicinanza e della Sua Grazia.

Dietrich Bonhoeffer




Mc 5,21-43 


In quel tempo, essendo passato di nuovo Gesù all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare. Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi e lo pregava con insistenza: "La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva". Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. 
Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti: "Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita". 
E all'istante le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male. Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: "Chi mi ha toccato il mantello?". I discepoli gli dissero: "Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?". Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Gesù rispose: "Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male". 
Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: "Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?". Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: "Non temere, continua solo ad aver fede!". E non permise a nessuno di seguirlo fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava. Entrato, disse loro: "Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme". Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina. Presa la mano della bambina, le disse: "Talità kum", che significa: "Fanciulla, io ti dico, alzati!". Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare.


IL COMMENTO


"Chi mi ha toccato?". Uno tra mille. E Lui si accorge di chi lo ha toccato, con fede. Con ansia, paura, sofferenze, fallimenti, ma con fede. Andiamo a messa, preghiamo, chiediamo grazie. Ci impegniamo "nel sociale", facciamo, forse, i bravi preti, le brave mamme, i bravi papà. Facciamo elemosine, volontariato, gruppi, gite e pellegrinaggi. E Lui non si accorge di nulla. Meglio, nulla di tutto ciò scuote il Signore, nulla carpisce la sua forza.


Il flusso del sangue è, nella Bibbia, vita che si perde e morte che lambisce l'esistenza. Per questo l'emorragia rendeva impuri, impossibilitati al culto, alla relazione stessa con Dio. Un anticipo dell'inferno dal quale occorreva purificarsi attraverso le abluzioni e un rigido rituale. La donna del Vangelo di oggi era impura da dodici anni, un numero che indica i mesi di un anno, immagine della totalità dell'esistenza. E stava peggiorando. E' la nostra vita, che ci sfugge senza riuscire a trattenerla, progetti che se ne vanno in fumo, relazioni fallimentari consegnate agli psicologi, terapie di gruppo, alle medicine, o agli amici, ai confidenti, alla televisione, ai social networks, ai manuali, alle palestre e alle meditazioni zen; o all'impegno, al fare, al produrre, al dare un senso che riempia la voragine che inghiotte l'esistenza: tentativi di uscire dai tanti tunnel che incupiscono i nostri giorni. E sempre senza successo, anzi peggiorando. Sempre più poveri, dilapidando ogni avere.


Ma c'è il Signore, ed é in mezzo a noi. E' all'opera e passa beneficando, anche ora sta seguendo uno dei tanti Giairo che lo implorano per aver ascoltato qualcosa di Lui, l'annuncio che Lui puó guarire davvero. Passa Gesú, il Profeta, il Salvatore, il Messia. Passa Colui che il nostro cuore attende da sempre. Si tratta semplicemente di raggiungerlo e toccarlo. Anche solo di sfuggita, anche solo il lembo del suo mantello, il mantello del Profeta che, come quello di Elia, ha il potere di salvare. La Vita che abbiamo perso è in Lui, toccarlo è riaccenderla.


Ma sorge una domanda: abbiamo mai toccato Gesù? La donna del Vangelo lo tocca prima con la mente e con il cuore, lo tocca dentro di lei, dal fondo della sua disperazione, dal buio della sua impotenza. Tanti si accalcano, forse lo toccano, ma è curiosità, religiosità, un tentativo, un numero in più sulla ruota della vita. Per lei no, per lei è questione di vita o di morte. O Lui o la morte, quella definitiva, l'inferno di cui aveva fatto esperienza sino ad allora. Dal cuore, dal desiderio disperato che si traduce in speranza, la sua mano si allunga e, da dietro, come il pubblicano nascosto nell'ombra al fondo del tempio, lo tocca tremante. E torna alla vita. Impura tocca il puro, infrangendo la legge secondo la quale non avrebbe assolutamente dovuto. Cosí facendo infatti, la donna contamina Gesù, (cfr. Lev. 15, 19-33) lo tocca e lo attira dentro la propria immondezza. Lei sa che toccarlo da impura significava renderlo impuro come lei. Per questo si avvicina da tergo e lo tocca forse in un baleno, sperando d'essere salvata senza essere riconosciuta, senza che nessuno se ne dia conto e accusi Gesú.


Ma il Signore va oltre le apparenze, Lui guarda il cuore. Si rende conto di quel che è successo, che la morte di quella donna lo aveva raggiunto strappandogli la vita. Il flusso di morte lo investe e apre la sorgente del flusso di vita. A Lui la morte a lei la Vita. Il mistero pasquale si compie in un incontro, immagine d'ogni sacramento che ridona la vita realizzando quel che significa, la vittoria di Gesù sulla morte. I due sanno quello che é successo, laddove gli occhi della carne non possono arrivare. Per questo ora Gesú la cerca, la vede, e il suo sguardo la chiama. Finalmente libera e tornata alla vita, anche lei sa quel che le è accaduto. Incontra il suo sguardo e gli si getta ai piedi professando la sua fede, la su Redditio Symboli; lì, accasciata davanti al Signore che l'ha salvata, racconta la sua vita raggiunta dalla verità, quella che l'ha fatta libera. Racconta e testimonia l'incontro seguito all'annuncio, come Gesù abbia avuto il potere di salvarla, laddove tutti e tutto avevano fallito. E diventa figlia, rigenerata nel potere di Gesù, attraverso la porta della fede che l'ha salvata prima di guarirla.


Ora può andare in pace, sanata alla radice dal male che l'affliggeva. Sanata perchè salvata. L'audacia della sua fede ha aperto il cuore di Dio, perché toccarlo significa la fede pura, gettarsi in Lui anche dal fondo del peccato più grave. La fede è ascoltare un annuncio e seguire i passi di Gesù sino a toccarlo dal fondo di quel che siamo veramente. Gridare a Lui dalla cella nella quale siamo rinchiusi. La fede è sporcare e contaminare Gesù, trascinarlo dentro la nostra vita mezza morta. Fare che si accorga che ci ha salvati. Obbligare il Suo potere a salvarci. Sembra che il Signore sia quasi incapace di controllare la sua forza, la dynamisis, il potere con il quale può far scaturire la Vita dalla morte. E' incredibile, ma è l'amore infinito di Dio che, secondo la tradizione rabbinica, prima d'ogni altra cosa ha creato la misericordia, sapendo che l'uomo creato ne avrebbe avuto bisogno. Se oggi siamo schiavi di qualsiasi cosa, se la schiavitù è di lunga data, non temiamo: passa Gesù, oggi nella nostra vita. Forse è tempo che non parliamo con nostra moglie, o con quel cugino che ci ha tolto denaro e onore. Forse l'emorragia ci ha prosciugato la forza per perdonare e chiedere perdono, per parlare con nostra figlia, per svegliarci e accogliere un nuovo giorno grigio di routine. Forse abbiamo speso tutto, energie e speranze, ci siamo dibattuti come pesci nella rete cercando di saltar fuori dalla solitudine, dal dolore, dal tradimento. Forse i tanti affari con i quali abbiamo tentato di tenere lontana la realtà dura e difficile del ministero e della missione si sono dissolti e nessuno ha più bisogno di noi. Forse ci siamo ritrovati soli con anni spesi a rincorrere una pienezza e una pace mai trovate. Forse siamo oggi come l'emorroissa, ed è giunto il momento unico e irripetibile di correre e toccare Gesù, con il cuore e con la mente: è santa l'emorragia come sono santi i dodici anni che ci hanno condotto sul bordo della piscina battesimale, pronti ad immergere il nostro uomo vecchio, corrotto dietro alle passioni che ingannano, per rivestire il nuovo, creato a immagine del Signore. 


E' santa dunque la volontà di Dio che ci conduce ad aver fede e a toccare Cristo nel suo mantello che è la Chiesa dispensatrice dei sacramenti che hanno potere su ogni nostro peccato, su ogni infermità. E' santa la storia che ha reciso ogni alienazione, appoggio, sicurezza. E' santa l'impotenza che ci spinge a toccare il lembo del mantello di Cristo, che suscita il desiderio di cercare in Lui solo consolazione, pace, amore e pienezza. E' santa la nostra vita di oggi che ci costituisce per il Signore un tu vero e da amare, un chi da cercare e salvare. Proprio quello che crediamo ci stia distruggendo afferma invece la nostra identità unica e preziosa agli occhi di Cristo; la nostra debolezza gettata sul suo mantello ci rende oggetto delle sue attenzioni, della ricerca del suo sguardo, dello zelo del suo cuore. E chi non vorrebbe attirare l'attenzione dell'amato? Con Gesù non è il trucco, non sono i vestiti, non sono le qualità a suscitare attenzioni e sguardi, perchè Lui cerca la debolezza, l'inutilità, la povertà, tuuto quanto l'uomo disprezza.  


O forse ci troviamo come Giairo, e la nostra vita, al pari della sua figlioletta, è agli estremi. E le preghiere sembrano non aver sortito alcun effetto, al punto che anche l'ultima speranza è svanita. Molti ci deridono intorno, e piangono e strepitano, inducendoci a disperare, a vestire il lutto e a chiudere i battenti di un'esistenza fallimentare, il vero obiettivo del demonio. Ma risuona anche oggi per noi la parola di Gesù: la tua vita è solo addormentata, non è morta! Nulla di quanto speravamo, desideravamo è destinato alla corruzione; tutto si addormenta nella caducità e nella debolezza della carne per risvegliarsi, trasfigurarsi nell'incontro con Cristo, l'autore della vita. Gesù caccia via tutti quelli che ci vogliono allontanare dalla fede, inganni e menzogne che interpretano carnalmente l'apparente logica degli eventi. Gesù entra con la sua Chiesa dove è la bambina, esattamente dove giace la nostra vita, nel fallimento che ci atterrisce. Porta con sé i nostri genitori, la storia che ci ha visto nascere e ci ha accompagnato sino ad oggi. Ci prende per mano, e ci parla con le uniche parole di cui abbiamo bisogno: Alzati, risuscita! E tutto in noi riprende vita, una vita nuova, riconciliata con il passato, e protesa verso un futuro eterno immerso nell'amore di Dio. 




Sant'Ambrogio (circa 340-397), vescovo di Milano e dottore della Chiesa
Commento sul vangelo di Luca 6, 58-61


« Io dico a te, alzati ! »


Prima di risuscitare una morta, allo scopo di condurre alla fede, Gesù comincia col guarire la donna affetta da emorragia. Il flusso si è fermato per istruirci : quando Gesù si avvicina all'una, l'altra è già guarita. Nello stesso modo, celebriamo la risurrezione nel tempo del Signore, la quale seguì la sua Passione, allo scopo di credere nella nostra vita eterna...
I servi di Giàiro che vengono a dirgli : « non disturbare il Maestro » non credono nella risurrezione predetta nella Legge e compiuta nel Vangelo. Perciò Gesù prende con sè soltanto pochi testimoni della risurrezione che sta per compiersi : infatti non un gran numero ha creduto di primo acchito alla risurrezione. La folla deride Gesù quando egli dichiara : « La bambina non è morta, ma dorme ». Coloro che non credono lo deridano. Che piangano i loro morti, coloro che li credono morti. Per quanti hanno fede nella risurrezione, la morte non è vista come una fine ma come un riposo...
E Gesù, presa la mano della bambina, la guarì ; poi ordinò di darle da mangiare. Questo è una garanzia della vita, affinché non si possa credere che sia un'illusione, ma proprio la realtà. Beata colei la cui mano è tenuta dalla Sapienza ! Piaccia a Dio che anche la nostra venga tenuta, nelle nostre azioni. Che la giustizia tenga la mia mano ; che il Verbo di Dio la tenga ; Egli mi introduca dove egli dimora, distolga il mio spirito dall'errore, e così riconduca colui che egli ha salvato. Che ordini di darmi da mangiare : il pane del cielo è il Verbo di Dio. Questa Sapienza che ha deposto sull'altare il cibo del Corpo e del Sangue del Figlio di Dio ha dichiarato : « Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato per voi » ( Pr 9, 5).



Beato Giovanni Paolo II (1920-2005), papa 
Discorso ai giovani cileni, 2 aprile 1987 - Copyright © Libreria Editrice Vaticana


«La bambina non è morta, ma dorme»


        Cari giovani, da voi dipende il futuro, da voi dipende il termine di questo Millennio e l'inizio del nuovo. Non siate, dunque, passivi; assumetevi le vostre responsabilità in tutti i campi a voi aperti nel nostro mondo!... Assumetevi le vostre responsabilità! Siate disposti, animati dalla fede nel Signore, a dare ragione della vostra speranza (cf. 1 Pt 3, 15). ... Qual è il motivo della vostra fiducia? La vostra fede, il riconoscimento e l'accettazione dell'immenso amore che Dio continuamente manifesta agli uomini...Gesù Cristo, «è lo stesso ieri, oggi e sempre» (Eb 13, 8), continua a mostrare per i giovani lo stesso amore che descrive il Vangelo quando si incontra con un giovane e una giovane.
        Così possiamo contemplarlo nella lettura biblica che abbiamo ascoltato: la resurrezione della figlia di Giairo, la quale - puntualizza San Marco - «aveva dodici anni» (Mc 5, 42)....Giairo con franchezza espone al Maestro la sua pena, l'infermità di sua figlia e con insistenza supplica la sua guarigione: «La mia figlioletta è agli estremi: vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva» (Mc 5, 23). «Gesù andò con lui» (Mc 5, 24). Il cuore di Cristo, che si commuove di fronte al dolore umano di quest'uomo e della sua giovane figlia, non resta indifferente di fronte alle nostre sofferenze. Cristo ci ascolta sempre, ma ci chiede che ricorriamo a lui con fede. ... Tutti i gesti e le parole del Signore esprimono questo amore. 
        Vorrei soffermarmi particolarmente sulle testuali parole uscite dalla bocca di Gesù: «La bambina non è morta, ma dorme». Queste parole, profondamente rivelatrici, mi inducono a pensare alla misteriosa presenza del Signore della vita in un mondo che sembra soccombere all'impulso distruttore dell'odio, della violenza e dell'ingiustizia; ma no. Questo mondo, che è vostro, non è morto, ma dorme. Nel vostro cuore, cari giovani si avverte il forte palpito della vita, dell'amore di Dio. La gioventù non è morta quando è vicina al Maestro. Sì, quando è vicina a Gesù: voi tutti siete vicini a Gesù. Ascoltate tutte le sue parole, tutte le parole, tutto. Giovane, ama Gesù, cerca Gesù. Incontrati con Gesù.


Chi è quel “signor Méndez” che ha pietà di noi, che ci fa stupire… e che trasforma il bruco deforme della nostra anima in una splendida farfalla?  Antonio Socci.


C’è da tempo, in rete, un cortometraggio bellissimo The Butterfly Circus (Il circo della farfalla) diretto da Joshua Weigel. Dura 20 minuti ed è sottotitolato in italiano.
E’ struggente. Ve lo consiglio (poi, sotto, vi propongo un’interpretazione).





Penso che si sbaglierebbe a credere che questo stupendo film metta a tema la sofferenza della disabilità o l’emarginazione.
Per me non è un film sui corpi, ma sulle anime e lo suggerisce proprio il “signor Méndez”, direttore del “Circo della farfalla” che presenta alla fine Will come “un’anima coraggiosissima”.
La “deformità” di Will, la sua mutilazione è l’immagine della nostra povera umanità, l’immagine di ciascuno di noi, inchiodato al proprio limite, alla propria incapacità, alla propria disperazione e solitudine, al proprio peccato, ai propri sbagli, al proprio “non essere amato” e quindi vittima impotente di un mondo crudele che trae guadagni dalle sue mostruosità.
La storia infatti si apre proprio sullo spettacolo crudele del mondo, che di questa miseria umana fa spettacolo: “il miglior spettacolo di mostri della città”.
Promesse di soldi, dolore e crudeltà, tristezza. E quei poveretti esposti come animali e crudelmente derisi per le loro deformità…
Il tipaccio che li illustra infine annuncia: “una perversione della natura, un uomo – se così lo si può chiamare – a cui Dio stesso ha voltato le spalle!”.
Ecco, questo è il modo come noi ci vediamo e vediamo gli altri: abbandonati da Dio. E quindi asserviti a chi fa senza scrupoli mercimonio della nostra umanità.
Il pubblico davanti a Will alterna sguardi di orrore, derisione, risolini e crudeltà.
Ma quel giorno, in quel cinico luna park, è arrivato un uomo diverso da tutti.
Il “Signor Méndez” ha uno sguardo diverso su quei poveretti.
Vi fa pensare a Qualcuno?
Ecco la sua compassione, il suo fermare la crudeltà dei ragazzetti, il suo levarsi il cappello davanti a Will, il suo “tu sei magnifico!”, l’immediato perdono per lo sputo del povero disperato che credeva di essere deriso perché lui non si vedeva “magnifico”.
Il “Signor Méndez” è subito pronto a scusarlo e giustificarlo: “non è successo niente. E’ colpa mia. Forse mi sono avvicinato un po’ troppo, giusto amico?”.
Chi è quest’uomo strano, unico? E’ il “signor Méndez”, famoso perché direttore del “Circo della farfalla”, quello che – secondo il mondo – fa “spettacoli stravaganti”.
E’ considerato “strano”, “stravagante”, perché è diverso dal luna park delle mostruosità.
Will decide di andare col “Circo della farfalla”, dove lo accolgono con calore, ma non gli fanno fare quello che faceva prima perché “da noi non c’è nessun fenomeno da baraccone”.
Il “Signor Méndez” gli dice: “non c’è niente di edificante nell’esporre le imperfezioni di un uomo… noi siamo contenti che tu stia qui con noi e puoi restare finché vuoi, ma io dirigo un altro tipo di spettacolo”
È lo spettacolo della bellezza, dell’armonia, dell’audacia, dell’abilità umana, della grazia. Lo si vede quando in un villaggio triste e decadente arriva la compagnia del “Circo della farfalla”….
Il “Signor Méndez” annuncia: “signori e signore, ragazzi e ragazze, ciò di cui ha bisogno questo mondo è di un po’ di stupore”.
Il “signor Méndez” guarda i suoi artisti incantato e commosso. E sussurra a Will: “splendidi, non è vero? Come si muovono, pieni di forza, colore e grazia. Sono sbalorditivi!”
Poi lo scuote bruscamente. Gli fa capire quanto è crudele e ingiusto ciò che pensa di se stesso e gli dice che anche lui può essere come loro.
Infatti gli svela qual è la vera bellezza dei suoi artisti: sono tutti dei redenti, sono persone che erano state buttate dal mondo come perduti e perdenti. E sono rinate.
Perché il “Circo della farfalla” mostra appunto questo meraviglioso spettacolo: il bruco deforme che diventa bellissima farfalla.
Dice il “Signor Méndez” a Will: “se soltanto tu potessi vedere la bellezza che può nascere dalle ceneri”.
E’ una possibilità anche per Will. Perché la vera bellezza è quella di chi si lascia amare, di chi accetta la misericordia e “rischia” tutto se stesso in questo amore,
L’obiezione di Will: “Ma sono diversi da me” (tipica obiezione di chi si sente più disgraziato e più incapace di tutti gli altri).
Ma il “Signor Méndez” rovescia totalmente le sue categorie di giudizo:
“Sì. Tu un vantaggio ce l’hai: più grande è la lotta e più è glorioso il trionfo”.
E infatti per Will arriva il trionfo. Così il “Signor Méndez”, felice e commosso può annunciare:
“I vostri occhi saranno testimoni, in questo stesso giorno di un’anima coraggiosissima”.
Non più spettatori di una mostruosità, ma testimoni di una gloriosa rinascita e di un’avventura ardimentosa.
Io penso che il “Circo della farfalla” esista in questo mondo. E’ il Regno di Dio che Gesù è venuto a instaurare. E’ lui che davanti alla mostruosità di ogni uomo gli sussurra: “Tu sei magnifico!”.
E gli diventa amico perché il bruco, il verme, diventi la libera e bella farfalla … Gesù non è venuto a incriminare, a giudicare, a puntare il dito (lo fa già il mondo). No. Gesù è venuto pietosamente a guarirci. A farci rinascere.
E chi siamo noi per dire: no, quello non può farcela, quello è uno abbandonato da Dio?


Ecco una bella pagina del grande Dietrich Bonhoeffer:
“Dio non si vergogna della bassezza dell’uomo, vi entra dentro,
sceglie una creatura umana come suo strumento e compie meraviglie lì dove uno meno se le aspetta.
Dio è vicino alla bassezza, ama ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l’insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono ‘perduto’, lì Egli dice ‘salvato’; dove gli uomini dicono ‘no!’, lì Egli dice ‘sì’! Dove gli uomini distolgono con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, lì Egli posa il Suo sguardo pieno di un amore ardente incomparabile. (…).
Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, lì Egli vuole irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il Suo approssimarsi, affinché comprendiamo il  miracolo del Suo amore, della Sua vicinanza e della Sua Grazia”.


Questo è il cristianesimo.


Antonio Socci
http://www.antoniosocci.com

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