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Sabato della III settimana del Tempo Ordinario



L'anima che ha conosciuto il Signore non teme nulla,
eccetto il peccato,
e sopratutto il peccato di superbia.
Sa che il Signore ci ama.
E se ci ama, cosa possiamo temere ?

Silvano del Monte Athos




Dal Vangelo secondo Marco 4,35-41.


In quel medesimo giorno, verso sera, disse loro: «Passiamo all'altra riva». E lasciata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui. Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che moriamo?». Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: «Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?». 


IL COMMENTO


"Passiamo all'altra riva!". Una parola perentoria, una chiamata e sorge la Chiesa. Essa, nuovo Israele, nasce dalla Pasqua, dal passaggio dalle tenebre alla luce, dalla schiavitù alla libertà, dalla morte alla vita. E' sera, incede la notte, e Gesù chiama a raccolta i suoi e li invita ad entrare nella barca, a sciogliere gli ormeggi, e ad inoltrarsi nel mare e nell'oscurità. Notte e mare, mondo e morte, e la barca della Chiesa a solcarne le onde. Tutto si fonda sulla Parola di Gesù. Lui dice di passare all'altra riva, ed è la Verità, la roccia cui aggrapparsi. Nel Vangelo, la Parola di Gesù manifesta la sua autorità, diversa da quella degli scribi, perchè è sempre parola che si compie. E' Parola di Dio, creatrice, che realizza quello che dice.


Ma i discepoli devono imparare a conoscere il Signore. Infatti avevano preso Gesù così com'era, ma non sapevano "chi" egli fosse, come appare nella domanda che si pongono a chiusura del brano. E' Dio, e non lo sanno; è un Dio che si fa seme gettato a morire in terra, e se ne scandalizzeranno. Per questo Gesù intima ai discepoli di passare all'altra riva, perchè proprio attraverso il compimento di una parola che sembra diventare assurda e irrealizzabile, imparino a conoscerlo. Senza la conoscenza di Lui la Chiesa non esiste; gli aspetti organizzativi e giuridici, i criteri mondani ne fanno una caricatura, un'associazione filantropica tra le altre, una ONG del tutto identica alle tante, con gli stessi problemi, con le stesse preoccupazioni, le stesse perversioni che utilizzano il bene da fare per le proprie bramosie: "Quanti più apparati noi costruiamo, siano anche i più moderni, tanto meno c'è spazio per lo Spirito, tanto meno c'è spazio per il Signore, e tanto meno c'è libertà" (J. Ratzinger, La Chiesa, una compagnia sempre reformanda, intervento tento al Meeting di Rimini del 1990). La paradossale estraneità di Cristo dalla sua Chiesa sarà evidente quando i due fratelli Giacomo e Giovanni chiederanno al Signore di sedere uno alla sua destra e uno alla sua sinistra nel Regno incipiente. Non avevano capito nulla, guardavano Gesù con gli occhi della carne, con i loro pre-giudizi, e così guardavano anche a se stessi e al loro essere con Lui. La Chiesa che dimentica la natura del suo Signore, che perde la fede nella sua risurrezione diviene come il sale che a nulla serve se non a essere gettato e calpestato. Per questo la Chiesa, appoggiata alla Parola del Signore, è costantemente in cammino, verso una conoscenza più profonda e piena del Signore, come scrive San Paolo: "Io penso che noi dovremmo, sotto questo punto di vista, iniziare nella Chiesa a tutti i livelli un esame di coscienza senza riserve... Non è di una Chiesa più umana che abbiamo bisogno, bensì di una Chiesa più divina; solo allora essa sarà anche veramente umana" (J. Ratzinger, Ibid).


La storia stessa è il luogo dove la Chiesa viene formata e riformata, attraverso l'esperienza quotidiana della presenza viva e reale del Signore risorto. Una parola dunque, e la Chiesa si trova in mare aperto, nella notte, quando non si riesce a vedere, e le certezze umane si fanno precarie, e l'angoscia e la paura sembrano prendere il sopravvento, come le onde della tempesta improvvisa, tanto frequente sul lago di Tiberiade. I discepoli fanno l'esperienza del caos primordiale, e non comprendono d'essere dentro l'opera di Dio, la più grande, quella che crea la vita laddove regna la morte. Non comprendono che quella tempesta fa parte dell'opera divina, non è un incidente a cui porre rimedio. Le onde nella Scrittura sono sempre segno di morte. Essa è entrata nel mondo per invidia del demonio, e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono. Dio, che ha creato tutto per l'esistenza e senza veleno di morte, non ha abbandonato il mondo in preda al maligno. La storia della salvezza è la storia della fedeltà ad una promessa di riscatto e vita eterna. La barca è il Popolo nuovo della nuova ed eterna Alleanza, il suo cammino descrive l'incedere inesorabile della misericordia di Dio.


I discepoli sono ora dentro questa promessa, ma l'hanno dimenticata. La carne preme sul loro cuore, e lo soffoca e li riempie d'angoscia. Gesù è con loro ma dorme. Ecco com'è quel profeta che li aveva chiamati alla traversata! Un uomo che dorme profondamente, reclinato sul cuscino. Lui c'è ma non fa nulla. Se è davvero il Figlio di Dio, se davvero ha il potere che dice di avere, se è stato Lui a moltiplicare pani e pesci e a guarire infermi e a scacciare i demoni, se può far miracoli e dorme, allora significa che non gli importa nulla di noi. Ecco il pensiero di chi non conosce il Signore. Gli occhi del cuore e della mente sono accecati, e non possono comprendere che proprio quel sonno è la loro salvezza, la loro assicurazione sulla vita. Finchè Lui dorme la morte non può raggiungerli, perchè si è infranta proprio nel sonno della morte del Signore, come l'onda più alta e il flutto più rabbioso, si sciolgono come burro infrangendosi sugli scogli. La morte è stata ricacciata indietro per sempre. Il sonno di Gesù strapperà il mondo dall'inferno, e la morte non avrà più potere su di loro, come non l'ha più su di Lui.


Ma ora i discepoli non comprendono, e svegliano Gesù. E lo rimproverano, e desiderano credere che Lui possa fare qualcosa; lo avevano visto, e ora ne sono scandalizzati: a Lui non importa della loro sorte. Quante volte sorge in noi la stessa domanda, che diventa la preghiera di chi non conosce veramente il Signore. Nei templi pagani davanti all'immagine della divinità vi è una grande campana. I fedeli che desiderano pregare si avvicinano e cominciano a scuoterla, per svegliare il loro dio, per attirarne l'attenzione. E' la religiosità naturale, quella che tutti portiamo dentro, che appare evidente nelle parole e nell'attegggiamento dei discepoli impauriti. Quando le onde riempiono la barca e ormai si affonda e sembra che Dio non intervenga, che dorma, allora moltiplichiamo preghiere, sacrifici, offerte, perchè Egli si svegli e si accorga di noi, e cambi il corso della storia secondo i nostri progetti.


E, sorprendentemente, è quello che farà il Signore. Si sveglierà e comanderà ai flutti, e ritornerà la bonaccia. Il Signore ha avuto misericordia dei suoi discepoli ed è andato incontro alla loro poca fede, come tante volte fa anche con noi. L'amore di Dio si piega alla nostra volontà, e così ci aiuta a sperimentare la nostra debolezza e incredulità, ed accende così la domanda decisiva: chi è costui? E' Dio, se anche la natura gli obbedisce, se mio figlio è stato guarito, se ho conservato il lavoro, se ho trovato casa. Ma rimane l'incertezza di quello che è solo un abbozzo di fede, quella comune a tutte le religioni. La fede adulta è ben altro. E' conoscenza, e confidenza. E' addormentarsi con Lui anche nella tempesta, anche quando la nostra vita sembra affondare. E' reclinare il capo e riposare sul legno della Croce che segna le nostre esistenze, come bimbi divezzati in braccio alla propria madre. E' l'àncora piantata dentro, lo Spirito Santo che ci testimonia d'essere figli di Dio, e quindi figli della risurrezione, coeredi della vittoria di Cristo.


La Chiesa, e tutti noi, dobbiamo imparare la fede, nella barca, attraverso le mille tempeste dei progetti naufragati, dei criteri sommersi dalle onde; la fede è un cammino sino alla piscina del battesimo dove le acque devono seppellire completamente l'uomo vecchio, prigioniero della carne e del peccato. I discepoli non erano ancora pronti a scendere nel fonte battesimale, e il Signore li ha presi per mano. Altre tempeste, altri terremoti verranno prima di ricevere il battesimo del fuoco che li renderà apostoli apostoli; altre traversate sino al buio calato su tutta la terra quel pomeriggio sul Golgota, dove vedranno il Signore crocifisso, e poi nel sonno della tomba, all'alba del suo risveglio, e al mattino della Pentecoste zampillante lo Spirito Santo. E' Lui, il Consolatore, che sigillerà indubitabilmente che Gesù Nazareno, crocifisso e sepolto, è davvero risorto ed è il Signore; è lo Spirito Santo che ricorderà loro la Verità tutta intera, le Parole di Gesù, svelando loro quel comando di passare all'altra riva come una Parola profetica compiuta nel suo Mistero Pasquale.


Così, dal giorno di Pentecoste, la Chiesa potrà finalmente compiere la traversata, la Pasqua che attirerà a sé, lungo i secoli, tutte le altre barche che già nella notte del brano odierno, erano con quella dei discepoli, immagine delle Nazioni della terra. Così la Chiesa, appoggiata sulla Parola del Signore e certa dell'approdo all'altra riva, solcherà i mari di ogni generazione, discernendo con uno sguardo soprannaturale ogni evento, riconoscendo nelle onde del martirio e delle difficoltà una parte integrante e imprescindibile della sua missione. La Chiesa, come il suo Signore, deve partecipare in tutto dei destini del mondo, dei suoi fallimenti, sin dentro la morte.


Così è anche per ciascuno di noi. Gli eventi che ci incalzano e che sembra ci facciano affondare non sono il segno dell'abbandono di Dio. Sono invece il luogo dove conoscere più intimamente il Signore, il paradosso del letto d'amore dove si rinnovano le nozze con il nostro Sposo. Il cristianesimo non è una religione naturale, nella quale svegliare la divinità e pregarla perchè plachi il vento e riconduca la vita alla calma che agognamo. Il cristianesimo è Cristo stesso che ha vinto la morte, e i cristiani, con Lui, entrano ogni giorno nel mare in tempesta, addormentati, abbandonati nella volontà di Dio, certi del fatto che essa è sempre per il bene di ciascuno di noi, della Chiesa, dell'evangelizzazione, e del mondo; possiamo anche noi, nella forza dello Spirito Santo e nella fede della Chiesa, sperimentare come Gesù sulla Croce, l'abbandono apparente di Dio, la sua lontananza, per farne il nostro stesso abbandono alla sua fedeltà. La notte oscura, che ha caratterizzato la storia di tanti santi, è il momento più fecondo della vita; così è stato per Gesù e per la Chiesa; così è per ciascuno di noi. E' l'amore puro, crudo, inossidabile, quello della sposa del Cantico dei Cantici che si getta alla ricerca del suo Amato che sembra essersi nascosto dopo averle rapito il cuore. E' il passaggio verso l'incontro definitivo, alla fine della traversata, sulla sponda del Cielo, dove trovare in pienezza lo Sposo, ed abbracciarlo, e non lasciarlo più: ogni giorno mossi da una Parola che ci scuote, appoggiati ad essa come al Signore stesso, sempre più intimi, più crocifissi con Lui, attraversare il mare, tra le onde, verso il porto sospirato, il destino eterno d'amore che ci attende in Cristo Gesù.


APPROFONDIRE










Sant’Agostino (354-430), vescovo d'Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Discorso 63, 1-3; PL 38, 424-425


Battuti dal vento e dalle onde


Per grazia di Dio vi rivolgo la parola sul passo del santo Vangelo letto poco fa e in nome di lui vi esorto a far sì che nei vostri cuori non si assopisca la fede con cui resistere alle tempeste e ai marosi di questo mondo. In effetti non è vero che Cristo nostro Signore avesse in suo potere la morte e non il sonno e che forse l'Onnipotente fu oppresso dal sonno contro la sua volontà mentre stava sulla barca. Se voi crederete questo, egli dorme nel vostro intimo; se invece Cristo è desto, è desta anche la vostra fede. L'Apostolo dice: « [Chiedo di] far abitare Cristo nei vostri cuori per mezzo della fede » (Ef 3,17).


Anche il sonno di Cristo è dunque un segno esteriore d'un simbolo. Sono come dei naviganti le anime che fanno la traversata di questa vita in una imbarcazione. Anche quella barca era la figura della Chiesa. Poiché anche ogni persona è tempio di Dio e naviga nel proprio cuore e non fa naufragio se nutre buoni pensieri. Se hai sentito un insulto, è come il vento; se sei adirato, ecco la tempesta. Se quindi soffia il vento e sorge la tempesta, corre pericolo la nave, corre pericolo il tuo cuore ed è agitato. All'udire l'insulto tu desideri vendicarti: ed ecco ti sei vendicato e, godendo del male altrui, hai fatto naufragio. E perché? Perché in te dorme Cristo. Che vuol dire: "In te dorme Cristo"? Ti sei dimenticato di Cristo. Risveglia dunque Cristo, ricordati di Cristo, sia desto in te Cristo: considera lui.


Silvano (1886-1938), monaco ortodosso
In Sofronio, Staret Silvano


« Perché avere paura ? »


Il 14 settembre 1932, sul Monte Athos, successe un violento terremoto. Si verificò nella notte, durante la vigilia della festa dell'Esaltazione della Santa Croce. Stavo nel coro di fianco al Padre priore, il quale stava proprio accanto al posto dove di solito confessava. Un mattone venne a staccarsi dal soffitto e cadde proprio in questo punto insieme a molti calcinacci. Prima, fuì un po' spaventato, ma rapidamente mi calmai e dissi al priore : « Ecco che il Signore misericordioso vuole che ci pentiamo. »


Guardammo verso gli altri monaci, giù nella chiesa e nel coro : Erano pochi ad avere paura ; circa sei monaci uscirono dalla chiesa, gli altri rimasero a loro posto, e la vigilia proseguì secondo il suo solito ordine, e così tranquillamente come se non fosse successo niente. Pensai : « Quanto abbondante è la grazia dello Santo Spirito nei monaci. » Infatti, mentre succedeva un così violento terremoto, e l'immenso edificio del monastero tremava, la calce cadeva, i lampadari, le lampade a olio e i candelabri oscillavano, e nel campanile, le campane suonavano – anzi la grande campana batté un colpo a causa della violenza delle scosse – loro, invece, stavano tranquilli. E pensavo : « L'anima che ha conosciuto il Signore non teme nulla, eccetto il peccato, e sopratutto il peccato di superbia. Sa che il Signore ci ama. E se ci ama, cosa possiamo temere ? »


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