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Giovedì della I settimana di Quaresima



L'uomo che si priva della preghiera 
è simile a colui che si recide con un coltello 
i tendini e i nervi dei propri arti. 
Cade a terra, incapace di fare il minimo movimento. 
Così è l'anima di colui che non prega: atrofizzata, paralizzata.

San Giovanni Crisostomo

 
Mt 7,7-12

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce, darà una serpe?
Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano!
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti”.

IL COMMENTO

Chiedere, cercare, bussare. Chi, che cosa, dove, perchè? La vita non è un quiz, si vive solo accompagnati da certezze, non importa se poche, di fatto ne basta una sola. C'è Uno che pensa a me. C'è Uno che si preoccupa di me. C'è Uno che mi ama, sempre, ovunque. Uno che ama facendo di me un altro se stesso. Uno che mi guarda ed è come se si stesse guardando in uno specchio; Uno che mi ascolta ed è come se stesse tendendo l'orecchio alle parole del proprio cuore; Uno che desidera esattamente ciò che desidero io e, misteriosamente, quel desiderio è proprio il suo; Uno che, per amore, si è spogliato di tutto per essere come me, per fare di me ciò che è Lui, al punto che nulla di me Gli è, in questo istante, indifferente; al punto che tutto di me è, in questo momento, suo, peoccupazione sua, desiderio suo, dolore suo, gioia sua. Per amore, e non per filantropia, per legge o per vana passione. Uno che ha posto il centro della sua vita in questa povera cosa che sono io oggi, e domani, e ogni giorno. Uno che in cambio della gioia che gli era posta innanzi ha scelto l'obbrobrio che ha ghermito la mia vita, sino a farlo diventare il suo obbrobrio per trasformarlo in vittoria. "Quale fu la ragione che tu ponessi l'uomo in tanta dignità? Certo l'amore inestimabile con il quale hai guardato in te medesimo la tua creatura e ti sei innamorato di lei; per amore infatti tu l'hai creata, per amore tu le hai dato un essere capace di gustare il tuo Bene eterno". (Santa Caterina da Siena, Il dialogo della Divina provvidenza).

Quest'Uno, quest'Unico che è Dio! E' Dio perchè si è umiliato sino a divenire servo, l'ultimo di tutti gli uomini, perdendone persino le sembianze per me che non so più neanche chi sono, da dove vengo e dove vado, anonimo tra milioni di anonimi. E' Dio perchè si è fatto come la creatura affinchè questa potesse ritornare ad essere se stessa, capace di amare il suo creatore: "La ragione più alta della dignità dell'uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l'uomo è invitato al dialogo con Dio: non esiste, infatti, se non perché, creato per amore da Dio, da lui sempre per amore è conservato, né vive pienamente secondo verità se non lo riconosce liberamente e non si affida al suo Creatore" (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 19). E' Dio perchè tutto quello che vuole che le sue creature facciano a Lui lo ha fatto a loro, infinite volte: si è fatto uomo, è sceso sino al nulla d'amore provocato dal peccato, sino all'impossibilità di fare agli altri quello che si vorrebbe fatto a se stessi. E lì, uomo tra gli uomini, ha colmato la natura umana della Legge e dei Profeti, dell'essenza della sua Parola, l'amore vittorioso su ogni barriera, capace di donasi, di amare esattamente come il cuore di ogni uomo desidera essere amato 

E' infatti impossibile fare agli altri quel che si desidera fosse fatto a noi. E' impossibile perchè nessun "altro" può amarci come speriamo: desideriamo l'amore nel quale siamo stati creati, l'amore di Dio, senza limiti, senza giudizi, senza esigenze, misericordioso, puro, gratuito, libero. Desideriamo l'amore di Cristo, crocifisso e consegnato senza riserve e senza condizioni, l'amore perfetto, sino alla fine. Per questo Dio si è fatto uomo, prossimo a ciascuno, l'unico "altro" capace di fare a noi esattamente quello che desideriamo. Incontrare il Signore oggi, come l'Uomo che ci consegna quell'amore che bramiamo con ogni fibra del nostro essere, accoglierlo per lasciarci trasformare in Lui, è il compimento della parola del Vangelo di oggi, la pienezza della Legge e dei Profeti. Sperimentare quell'unico amore che vogliamo che gli uomini "facciano" a noi ci trasforma in questo stesso amore, apre le porte a Cristo perchè sia Lui a vivere in noi: "Si rivela così possibile l'amore del prossimo nel senso enunciato dalla Bibbia, da Gesù. Esso consiste appunto nel fatto che io amo, in Dio e con Dio, anche la persona che non gradisco o neanche conosco. Questo può realizzarsi solo a partire dall'intimo incontro con Dio, un incontro che è diventato comunione di volontà arrivando fino a toccare il sentimento. Allora imparo a guardare quest'altra persona non più soltanto con i miei occhi e con i miei sentimenti, ma secondo la prospettiva di Gesù Cristo. Il suo amico è mio amico. Al di là dell'apparenza esteriore dell'altro scorgo la sua interiore attesa di un gesto di amore, di attenzione... Così non si tratta più di un «comandamento» dall'esterno che ci impone l'impossibile, bensì di un'esperienza dell'amore donata dall'interno, un amore che, per sua natura, deve essere ulteriormente partecipato ad altri. L'amore cresce attraverso l'amore. L'amore è «divino» perché viene da Dio e ci unisce a Dio e, mediante questo processo unificante, ci trasforma in un Noi che supera le nostre divisioni e ci fa diventare una cosa sola, fino a che, alla fine, Dio sia «tutto in tutti»" (Benedetto XVI, Deus caritas est, 18). In questo amore scoprire e conoscere il desiderio divino di Dio rivelato in Cristo che coincide con il nostro desiderio, ci rende capaci di "fare" agli altri lo stesso amore; vivere in Cristo significa vedere compiuto ogni desiderio nell'unico "Uomo" dal quale recarsi a bussare certi che ci sarà sempre aperto, in cui cercare sicuri di trovare, a cui chiedere nella fiducia che ci sarà dato

Per questo è inutile chiedere, bussare e cerare laddove nessuno potrà mai darci quello che il nostro cuore desidera: è inutile e fonte di grandi sofferenze sperarlo dagli "uomini", dalla moglie, dal marito, dai figli, dai genitori, dagli amici, dal fidanzato, dalla fidanzata, dai superiori, da chi è a contatto con noi. Faremmo la fine di quell'uomo aggredito dai briganti e lasciato mezzo morto mentre scendeva da Gerusalemme a Gerico. Nessuno degli "uomini" da cui ci sarebbe aspettato amore, attenzione e aiuto si è fermato a soccorrerlo, a dargli "quello che avrebbe voluto che facessero per lui". Nessuno tranne uno Straniero, Uno che veniva dal Cielo, e quindi "eretico" per chi fa della carne il suo sostegno, l'unico prossimo capace di "fargli quello di cui aveva bisogno", caricarsi della sua vita per deporla nel seno della misericordia. Per questo Gesù racconta questa parabola al fariseo che lo aveva interrogato su chi fosse il prossimo da amare, concludendo con  parole che fanno eco a quelle del vangelo di oggi: "và e fa anche tu lo stesso". Chi ha conosciuto il Samaritano buono e misericordioso, che ha sperimentato il suo amore farà lo stesso, amerà come ha imparato, sperimentato e conosciuto: "Idem velle atque idem nolle — volere la stessa cosa e rifiutare la stessa cosa, è quanto gli antichi hanno riconosciuto come autentico contenuto dell'amore: il diventare l'uno simile all'altro, che conduce alla comunanza del volere e del pensare. La storia d'amore tra Dio e l'uomo consiste appunto nel fatto che questa comunione di volontà cresce in comunione di pensiero e di sentimento e, così, il nostro volere e la volontà di Dio coincidono sempre di più: la volontà di Dio non è più per me una volontà estranea, che i comandamenti mi impongono dall'esterno, ma è la mia stessa volontà, in base all'esperienza che, di fatto, Dio è più intimo a me di quanto lo sia io stesso. Allora cresce l'abbandono in Dio e Dio diventa la nostra gioia". (Benedetto XVI, Deus caritas est, 17).

Per questo occorre bussare, cercare e chiedere con un cuore di bambino, senza timore, con audacia; ancor più forte quando ci troviamo mezzi morti sul ciglio della vita, come neonati affamati nell'ora della poppata. Un bambino infatti, senza alcun pregiudizio, per pura esperienza, si getta nell'amore del padre e chiede, cerca e bussa, senza stancarsi; lui sa come farsi aprire, usa astutamente ogni stratagemma perchè conosce la "fragilità" amorevole del cuore del padre. E quando un bimbo chiede, un padre, pur essendo "cattivo", cioè "schiavo", "prigioniero" del limite angusto della propria carne, dà prontamente cose buone al figlio. E non scambia pani per pietre o pesci per serpenti, pur essendo simili ad una prima occhiata. Non sbaglia dono, ed è solo un uomo. Certezza d'un bambino. Incrollabile fiducia di chi vede il suo papà grande, e forte, e buono, e con un cuore grandissimo, il migliore di tutti i papà. 

Pregare e vivere ogni istante così, il cristiano è tutto in questa certezza. La roccia d'un amore infinito, infallibile, che conosce il nostro cuore, sa di cosa abbiamo bisogno, e non sbaglia un colpo. Non v'è necessità che Gli sia sconosciuta, è nostro Padre, è nel Cielo, e  vede me in Lui e Lui in me, e vede tutto attraverso suo Figlio fatto una sola carne con me. Nel mio cuore incontra il suo cuore, nella mia anima riconsce il seme d'infinito che Egli stesso vi ha deposto, non può che raccoglierlo e fare secondo il desiderio che in esso è celato. E' Dio, ed è buono, e ci colma di cose buone, quelle che realmente il nostro cuore desidera. Ciò per cui siamo stati creati ed esistiamo, ed esisteremo in eterno. Spine nella carne, difficoltà, solitudini, incomprensioni, tradimenti, precarietà, morte, vita, situazioni irrazionali, in tutto brilla la sua Grazia, il suo amore, e questo basta: è la cosa buona per eccellenza. E' la bontà di Dio per noi. "Apparvero la bontà di Dio... e il suo amore per gli uomini!" (Tt 3,4). Apparvero in Gesù, ed è oggi quello che desideriamo sia fatto a noi: la bontà che ci accoglie. Vivere di questo amore che si manifesta pienamente nella nostra debolezza. Chiedere, bussare, cercare questo amore. Come Gesù nell'Orto degli Ulivi, all'estremo dell'angoscia, accasciato su una certezza: la volontà del Padre è la verità, l'unica salvezza, l'unica strada alla felicità e alla Vita. Chiedere, cercare, bussare, sempre e ovunque la sua volontà in noi. Lo Spirito nel nostro spirito sciogliendo le labbra del cuore nell'unica invocazione, che è uno stringersi senza paura: Papà.

L' AMORE DELL'ETERNA SAPIENZA di S. Luigi Maria Grignion de Montfort

Catechismo della Chiesa Cattolica - Il combattimento della preghiera


San Giovanni Crisostomo (c. 345-407), sacerdote ad Antiochia poi vescovo di Costantinopoli, dottore della Chiesa
Omelie sull'incomprensibilità di Dio, n° 5

«Chiunque chiede riceve»

        E' un'arma potente la preghiera, un tesoro indefettibile, una ricchezza inesauribile, un porto al riparo delle tempeste, un serbatoio di pace; la preghiera è radice, fonte e madre di innumerevoli beni... Ma la preghiera di cui parlo non è mediocre, né incurante; è una preghiera ardente, scaturita dalla sofferenza dell'anima e dallo sforzo dello spirito. Ecco la preghiera che sale fino al cielo... Senti ciò che dice l'autore sacro: «Nella mia angoscia ho gridato al Signore ed egli mi ha risposto» (Sal 120,1). Chi prega così nel dolore, gusterà nella sua anima, dopo la preghiera, una grande gioia...
        Per preghiera non intendo quella che affiora solo sulle labbra, ma quella che scaturisce dal profondo del cuore. Come gli alberi dalle radici profonde, anche quando i venti scatenano mille assalti, non vengono schiantati, né divelti, perché sono radicati saldamente ben dentro al terreno, ugualmente le preghiere che emergono dal profondo del cuore, così radicate, si elevano sicure e nessun pensiero di mancanza di certezza o di merito può deviarne il corso. Ecco perché il salmista esclama: «Dal profondo a te grido, o Signore» (Sal 130,1) ...
        Se raccontare agli uomini le tue sventure e descrivere le prove che ti hanno colpito porta qualche sollievo alle tue sofferenze, come se attraverso le parole si sprigionasse una brezza rinfrescante, a maggior ragione se dici al Signore le sofferenze della tua anima troverai consolazione e conforto in abbondanza! Succede spesso che la gente sopporti difficilmente chi viene a gemere o a lamentarsi; lo si respinge e lo si allontana. Dio, invece, non agisce così: ti fa avvicinare, anzi ti attira a sé; e anche se per l'intera giornata gli esponi i tuoi mali, sarà ancor più disposto ad amarti e ad esaudire le tue suppliche. 

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