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Sabato della I settimana di Quaresima



Chi accoglie il Signore nella propria vita 
e lo ama con tutto il cuore è capace di un nuovo inizio. 
Riesce a compiere la volontà di Dio: 
realizzare una nuova forma di esistenza 
animata dall’amore e destinata all’eternità. 
Se siamo veramente consapevoli di questa realtà, 
e la nostra vita ne viene profondamente plasmata, 
allora la nostra testimonianza diventa chiara, 
eloquente ed efficace. 
Un autore medievale ha scritto: 
«Quando l’intero essere dell’uomo si è, per così dire, 
mescolato all’amore di Dio
allora lo splendore della sua anima si riflette anche nell’aspetto esteriore» 
(Giovanni Climaco, Scala Paradisi).

Benedetto XVI, Angelus del 20 febbraio 2012




Mt 5,43-48 


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. 
Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 
Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.


IL COMMENTO


Perfezionismo? No assolutamente. La perfezione cristiana, la parola che incontriamo nel vangelo di oggi, è piuttosto il "compimento". Perfetto è colui che è compiuto. "Tutto è compiuto". Sulla Croce. Lì il Signore ha potuto pronunciare queste parole. Il Vangelo di Giovanni cristallizza in un'immagine il compimento: Gesù che si china a lavare i piedi ai Suoi discepoli, amati sino alla fine, letteralmente, sino al compimento. La vita offerta quale perdono. E il perdono è un corpo crocifisso. Il Suo corpo benedetto. La perfezione è distesa tra due braccia aperte in un abbraccio misericordioso. La perfezione sgorga da un cuore squarciato per amore. La Sua vita zampillante sui nostri peccati. Amore allo stato purissimo. Raffinato nel crogiuolo della sofferenza. Vino pigiato nel tino della storia. Ai piedi dei nemici, servo dei malvagi, ultimo dietro l'ultimo uomo. In fondo, alle spalle del peggiore della storia, del più sanguinario, del più abietto. Ultimo per rovesciare la fila, dietrofront!, e gli ultimi, i peccatori, siano i primi, dietro il primo che ha vinto la morte e il peccato ed è entrato trionfante nel Paradiso. L'ultimo, il ladrone crocifisso accanto a Gesù, il primo dietro di Lui: "Oggi sarai con me in paradiso". 


Il mondo - e noi nel mondo - condanna e giustizia ogni nemico. Nel mondo si muove guerra al nemico. Sino all'annientamento. Ma Lui ci dice di amarlo il nemico, e la Sua Parola è verità. E' realtà. Già qui ed ora si compie in noi, nemici di Dio intenti, ogni giorno, ad ammazzare i nemici, smarrendo per via pazienza, perdono e amore. Noi, obesi di malvagità, amati e riamati infinitamente. La nostra vita perduta, riscattata e compiuta nel Suo perdono. Le Sue braccia aperte sono anche oggi il nostro rifugio, la nostra perfezione. Siamo dunque perfetti, compiuti solo nascosti tra le Sue ferite d'amore. "È lì che questa verità può essere contemplata. E partendo da lì deve ora definirsi che cosa sia l'amore. A partire da questo sguardo il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare" (Benedetto XVI, Deus caritas est n.12). Trafitti dalla Sua misericordia diventiamo noi stessi le Sue ferite aperte sul mondo, segno di salvezza, vita e perdono per ogni uomo. Le nostre piaghe quotidiane unite alle Sue piaghe sono la perfezione che salva il mondo. Disprezzati, rifiutati, insultati, derisi, licenziati, trattati ingiustamente sul lavoro, e poi da mogli e mariti, suocere, figli, nipoti, nuore e generi. Lì, inchiodati alla nostra croce siamo perfetti. Laddove nessuno saluta, laddove si cela il sole e si trafuga la pioggia, laddove il mondo cancella gli ingiusti, i figli del Padre celeste offrono la vita, gratuitamente, senza sperare nulla. Laddove il mondo odia, i discepoli dell'Amore amano. La nostra vita è così compiuta sulla Croce, Crocifissi con Lui. "Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono. Certo, l'uomo può — come ci dice il Signore — diventare sorgente dalla quale sgorgano fiumi di acqua viva (cfr Gv 7, 37-38). Ma per divenire una tale sorgente, egli stesso deve bere, sempre di nuovo, a quella prima, originaria sorgente che è Gesù Cristo, dal cui cuore trafitto scaturisce l'amore di Dio (cfr Gv 19, 34)" (Benedetto XVI, Deus caritas est n.7). E' Lui vivo in noi ad amare ogni uomo, scende in noi all'ultimo posto, servo di questa generazione per aprire il Cielo ad ogni nemico, nel Suo sangue trasformato in amico. Di più, ogni nemico è fratello agli occhi di Cristo. Come lo siamo stati noi, appena un secondo fa... O Ieri. O lo saremo domani. 


"Allora imparo a guardare quest'altra persona non più soltanto con i miei occhi e con i miei sentimenti, ma secondo la prospettiva di Gesù Cristo. Il suo amico è mio amico. Al di là dell'apparenza esteriore dell'altro scorgo la sua interiore attesa di un gesto di amore, di attenzione... Io vedo con gli occhi di Cristo e posso dare all'altro ben più che le cose esternamente necessarie: posso donargli lo sguardo di amore di cui egli ha bisogno" (Benedetto XVI, Deus caritas est n.18). Gli occhi di Dio, che ama tutti donando a tutti il necessario, senza distizione alcuna, sono gli occhi di Gesù posati su questa umanità attraverso i nostri stessi occhi. Lo sguardo d'amore che ha folgorato Matteo, che tutti ci ha coinvolto in un cammino di conversione e di gioia. La quaresima ne è un paradigma, il segno dell'opera di Dio in ciascuno di noi: l'amore che polverizza il vecchio cuore di pietra per donarci un cuore di carne. Il cuore di Cristo. La nostra vita è così trasformata nella Pasqua dei nemici divenuti fratelli. Di Cristo, Suoi coeredi, figli dello stesso Padre, figli della misericordia.




Benedetto XVI. Siate perfetti come perfetto è il Padre vostro. 
Angelus del 20 febbraio 2011




Cari fratelli e sorelle!


In questa settima domenica del Tempo Ordinario, le letture bibliche ci parlano della volontà di Dio di rendere partecipi gli uomini della sua vita: «Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo» - si legge nel Libro del Levitico (19,1). Con queste parole, e i precetti che ne conseguono, il Signore invitava il popolo che si era scelto ad essere fedele all’alleanza con Lui camminando sulle sue vie e fondava la legislazione sociale sul comandamento «amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lv 19,18). Se ascoltiamo, poi, Gesù, nel quale Dio ha assunto un corpo mortale per farsi prossimo di ogni uomo e rivelare il suo amore infinito per noi, ritroviamo quella stessa chiamata, quello stesso audace obiettivo. Dice, infatti, il Signore: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Ma chi potrebbe diventare perfetto? La nostra perfezione è vivere con umiltà come figli di Dio compiendo concretamente la sua volontà. San Cipriano scriveva che «alla paternità di Dio deve corrispondere un comportamento da figli di Dio, perché Dio sia glorificato e lodato dalla buona condotta dell’uomo» (De zelo et livore, 15: CCL 3a, 83).
In che modo possiamo imitare Gesù? Gesù stesso dice: «Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,44-45). Chi accoglie il Signore nella propria vita e lo ama con tutto il cuore è capace di un nuovo inizio. Riesce a compiere la volontà di Dio: realizzare una nuova forma di esistenza animata dall’amore e destinata all’eternità. L’apostolo Paolo aggiunge: «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?» (1 Cor 3,16). Se siamo veramente consapevoli di questa realtà, e la nostra vita ne viene profondamente plasmata, allora la nostra testimonianza diventa chiara, eloquente ed efficace. Un autore medievale ha scritto: «Quando l’intero essere dell’uomo si è, per così dire, mescolato all’amore di Dio, allora lo splendore della sua anima si riflette anche nell’aspetto esteriore» (GIOVANNI CLIMACO, Scala Paradisi, XXX: PG 88, 1157 B), nella totalità della vita. «Grande cosa è l’amore – leggiamo nel libro dell’Imitazione di Cristo –, un bene che rende leggera ogni cosa pesante e sopporta tranquillamente ogni cosa difficile. L’amore aspira a salire in alto, senza essere trattenuto da alcunché di terreno. Nasce da Dio e soltanto in Dio può trovare riposo» (III, V, 3).
Cari amici, dopodomani, 22 febbraio, celebreremo la festa della Cattedra di San Pietro. A lui, primo degli Apostoli, Cristo ha affidato il compito di Maestro e di Pastore per la guida spirituale del Popolo di Dio, affinché esso possa innalzarsi fino al Cielo. Esorto, pertanto, tutti i Pastori ad «assimilare quel "nuovo stile di vita" che è stato inaugurato dal Signore Gesù ed è stato fatto proprio dagli Apostoli» (Lettera Indizione Anno Sacerdotale). Invochiamo la Vergine Maria, Madre di Dio e della Chiesa, affinché ci insegni ad amarci gli uni gli altri e ad accoglierci come fratelli, figli dello stesso Padre celeste.




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