Lo stupore per il dono che Dio ci ha fatto in Cristo
imprime alla nostra esistenza un dinamismo nuovo
impegnandoci ad essere testimoni del suo amore.
Diveniamo testimoni quando,
imprime alla nostra esistenza un dinamismo nuovo
impegnandoci ad essere testimoni del suo amore.
Diveniamo testimoni quando,
attraverso le nostre azioni, parole e modo di essere,
un Altro appare e si comunica.
Si può dire che la testimonianza è il mezzo
con cui la verità dell'amore di Dio raggiunge l'uomo nella storia,
invitandolo ad accogliere liberamente questa novità radicale.
Nella testimonianza Dio si espone, per così dire,
al rischio della libertà dell'uomo.
Benedetto XVI, Sacramentum Caritatis
Dal Vangelo secondo Luca 9,7-9.
Intanto il tetrarca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risuscitato dai morti»,
altri: «E' apparso Elia», e altri ancora: «E' risorto uno degli antichi profeti».
Ma Erode diceva: «Giovanni l'ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire tali cose?». E cercava di vederlo.
IL COMMENTO
Il destino dell'apostolo: perdere la vita affinchè sorga, nel cuore di ogni uomo, la domanda decisiva. Giovanni doveva diminuire, scomparire per preparare la strada all'avvento del Signore. La missione di ogni apostolo è annunciare la Verità, non sostituirsi ad essa. Per questo il suo destino non può che essere lo spossessamento di se stesso perchè in lui e attraverso di lui appaia Cristo. Non vi è profezia senza martirio. Diversamente gli occhi degli uomini, di per sè inclini a creare eroi e miti da idolatrare, si fermerebbero irrimediabilmente sull'annunciatore, perdendo di vista l'Annunciato.
Ma la storia della Chiesa ci insegna che Erode ha sempre decapitato Giovanni. Il potere, la carne ed il mondo, tentando di far tacere la Verità profetica, non ha mai smesso di uccidere i cristiani. E la persecuzione ha sempre ridestato l'interrogativo capace di sconvolgere la vita ed aprire alla salvezza: "Chi è costui del quale sento dire queste cose?". Proprio quando i suoi discepoli sono perseguitati e martirizzati, la fama del Signore si fa più viva; nei momenti più difficili, quando i cristiani sembrano lasciare la scena di questo mondo, Egli continua ad operare, ed è qualcosa che inquieta il cuore di chi non sa cosa pensare di un avvenimento che supera logiche e ragioni solo umane. Nella morte la vita, il cuore del cristianesimo, il paradosso che schianta ogni certezza. Come è stato all'inizio, quando la Croce, la pietra e le guardie non sono state capaci di dare vittoria alla morte, così il mistero di una vita e di una Grazia che opera prodigi al di là del martirio, rompe l'indifferenza, interpella, desta lo stupore. Come scriveva Don Primo Mazzolari, “la testa del Battista grida molto di più quando è sul vassoio che non quando era sul collo”. La morte di Giovanni ha puntato la luce su Gesù, la sua testa recisa ha indicato l'Agnello sgozzato che ha redento il mondo.
Così accade a ciascuno di noi, chiamati a partecipare della missione profetica della Chiesa. Perchè Erode si spinga a cercare di vedere Gesù è necessario che sia dissipata ogni incertezza. Non è Giovanni il Messia, come non lo siamo noi. Per questo agli apostoli, a noi, è dato l'ultimo posto. Per questo le difficoltà, i fallimenti, le debolezze, la morte, l'insignificanza, l'insuccesso nel mondo; i nemici ci nascondono agli occhi del mondo perchè questi siano puntati su Cristo, e sorga nel cuore la domanda decisiva che schiuda alla salvezza. La Croce alla quale la storia ci inchioda ogni giorno è il dardo d'amore con il quale Dio desidera scuotere il cuore distratto e perduto del mondo: secondo la tradizione ebraica infatti, "il martire è come il legno profumato del sandalo, profuma anche l'ascia che lo colpisce e lo taglia".
E' l'onore più grande, il vanto di San Paolo: nelle nostre debolezze si manifesta la potenza di Dio. Nei peccati brilla la misericordia di Dio capace di creare una vita talmente nuova e senza limiti da poter essere offerta; la consegna di se stesso che si realizza in un uomo sino ad allora capace solo di difendersi e rubare la vita altrui: "Quando la luce... cresce in colui che viene illuminato, costui diminuisce in se stesso quando viene abolito in lui ciò che era senza Dio. Infatti l’uomo, senza Dio, non può nulla se non peccare, e la sua potenza umana diminuisce quando trionfa la grazia divina, distruttrice del peccato. La debolezza della creatura cede alla potenza del Creatore e la vanità delle nostre passioni egoiste crolla davanti all’universale amore mentre Giovanni il Battista dal fondo della nostra miseria, ci grida la misericordia di Gesù Cristo: Egli deve crescere e io invece diminuire" (S. Agostino). Dalla rinascita nella misericordia scaturiscono la forza e la gioia del martirio, il dissolversi dell'uomo vecchio e l'apparire dell'uomo nuovo, la presenza viva del Signore: "Sono stato crocifisso con Cristo, e non sono più io che vivo, ma è vivo in me Cristo" (Gal. 2,20). Nel nostro morire agli occhi del mondo brilla il volto di Cristo, il mistero deposto in vasi di creta su cui si infrangono le certezze della carne perchè trovi posto la fede nell'unica certezza, l'amore infinito ed eterno di Dio, quello che ogni Erode cerca di vedere, anche quando si trova immerso nei propri peccati.
San Francesco Saverio. Le Grazie della missione tra i pagani, tra le quali la più grande è il martirio
"E per questo Dio ci ha fatto una grazia assai grande e particolare nel portarci in questi luoghi di pagani affinchè non ci dimenticassimo di noi stessi, dato che è una terra tutta di idolatrie e di nemici di Cristo. Noi non abbiamo in chi poter confidare e sperare se non in Dio, dato che non abbiamo qua parenti, né amici né conoscenti e non vi è alcuna pietà cristiana, perché tutti sono nemici di Colui che fece il ciclo e la terra. E per questa ragione siamo costretti a riporre tutta la nostra fede, speranza e fiducia in Cristo nostro Signore e non in alcuna creatura vivente poiché, per il loro paganesimo, tutti sono nemici di Dio. In altri luoghi, dove il nostro Creatore, Redentore e Signore è conosciuto, le creature sogliono essere causa e impedimento per farci dimenticare Dio, come è l'amore del padre, della madre, dei parenti, amici e conoscenti, oppure l'amore per la propria patria e l'avere il necessario, tanto essendo sani come nelle malattie, possedendo beni temporali o amici spirituali che ci aiutano nelle necessità corporali. Nel considerare questa grande grazia che Dio nostro Signore ci fa insieme a molte altre, rimaniamo confusi nel vedere la misericordia cosi manifesta che Egli usa verso noialtri. Noi pensavamo di rendere a Lui qualche servizio venendo in questi luoghi per accrescere la Sua santa fede, ma adesso, per la Sua bontà, ci ha fatto chiaramente conoscere e capire la grazia cosi immensa che ci ha concesso nel condurci in Giappone, liberandoci dall'amore di molte creature che ci impedivano di avere maggiore fede, speranza e fiducia in Lui.
Giudicate ora voi, se noi fossimo quello che dovremmo essere, quanto tranquilla, confortata e tutta piena di gioia sarebbe la nostra vita, sperando solamente in Colui dal quale procede ogni bene e che non inganna coloro che in Lui confidano, ma anzi è più generoso nel dare di quello che non siano gli uomini nel chiedere e nello sperare. Per amore di Nostro Signore aiutateci a render grazie di cosi grande dono affinchè non cadiamo nel peccato di ingratitudine. Infatti in coloro che desiderano servire Dio, questo peccato è la causa per cui Dio nostro Signore tralascia di fare maggiori grazie di quelle che concede, non essendo essi a conoscenza di una grazia cosi grande in modo da potersi servire di essa.
In questi luoghi quello che noi pretendiamo è di portare le genti alla conoscenza del loro Creatore, Redentore e Salvatore Gesù Cristo nostro Signore. Viviamo con molta fiducia, sperando in Colui che ci darà le forze, la grazia, l'aiuto e il favore per mandare avanti tutto questo. Non mi pare che la gente del posto, per quanto li riguarda, ci contrasterà o perseguiterà, a meno che non sia a causa dei molti fastidi da parte dei bonzi. Noi non intendiamo avere divergenze con loro, ma neanche per timore di loro tralasceremo di parlare della gloria di Dio e della salvezza delle anime: ed essi non ci potranno fare più male di quanto Dio nostro il Signore permetterà loro. E il male che da parte loro ci venisse, rappresenta una grazia che ci farà Dio nostro Signore se, per suo amore e servizio, e zelo delle anime, ci abbreviassero i giorni della vita ed essi fossero gli strumenti per mezzo dei quali finisca questa continua morte in cui viviamo e si adempiano in breve i nostri desideri, andando a regnare per sempre con Cristo. La nostra intenzione è di spiegare e palesare la verità, per quanto essi ci possano contraddire, poiché Dio ci obbliga ad amare di più la salvezza del nostro prossimo che non la nostra vita corporale. Noi desideriamo, con l'aiuto, il favore e la grazia di nostro Signore, di adempiere questo precetto, dandoci Lui la forza interiore per manifestarlo in mezzo a tante idolatrie come vi sono in Giappone.
(Lettera 90, da Kagoshima)
San Giovanni Damasceno (circa 675-749), monaco, teologo, dottore della Chiesa
Dalla « Dichiarazione di fede », I,1
Erode cerca di vedere Cristo
« Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato » (Gv 1,18). Il divino è ineffabile e incomprensibile: « nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio » (Mt 11,27), e allo stesso modo lo Spirito Santo sa ciò che è di Dio ... Ma dopo questa prima e beata conoscenza divina, nessuno ha mai conosciuto Dio se non colui al quale Dio stesso si è rivelato...
Tuttavia, Dio non ci ha lasciato nella più totale ignoranza, perché ognuno ha, seminato da lui, la conoscenza che Dio esiste : « Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; » (Rm 1,20). Inoltre la Legge e i profeti, poi il suo unico Figlio, il Signore, « nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo » (2Pt 1,1), hanno manifestato la conoscenza di Dio, fin dove possiamo arrivare. Perciò tutto quello che ci è stato trasmesso dalla Legge e dai profeti, dagli apostoli e dagli evangelisti, noi l'accettiamo, ne prendiamo conoscenza, pratichiamo la nostra devozione senza cercare oltre.
Dio è buono: vede e provvede... Come sa tutto e provvede a tutto quello di cui ciascuno ha bisogno, ci ha rivelato ciò che ci è utile conoscere e ci ha taciuto ciò che non possiamo portare. Accontentiamoci dunque di quello che abbiamo e null'altro.
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