Chiamò lucerniere la santa Chiesa,
perché in essa risplende la parola di Dio
mediante la predicazione,
e così, con i bagliori della verità,
illumina quanti si trovano in questo mondo come in una casa.
San Massimo il Confessore
Dal Vangelo secondo Luca 8,16-18.
Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la pone sotto un letto; la pone invece su un lampadario, perché chi entra veda la luce. Non c'è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce. Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere».
IL COMMENTO
Il Signore con la sua vittoria sulla morte ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo. La Buona Notizia predicata ha un potere unico, quello di strappare dalle tenebre della menzogna l'esistenza. L'annuncio che la morte è stata vinta illumina la Verità, e libera dalla schiavitù della paura. La sofferenza, i fallimenti, le difficoltà, i rifiuti, la solitudine, tutto quanto nella nostra vita odora di morte non costituisce l'ultima parola. Soprattutto il peccato, che della morte è il pungiglione, radice e matrice, nella Croce e nella risurrezione del Signore è stato vinto, e non ha più potere. Il Vangelo proclama la libertà, conduce ad una vita libera, non più soggetta a fughe e alienazioni, a menzogne e tenebre.
La paura della morte getta le nostre giornate nell'angoscia, ci spinge a cercare compromessi con il male, ci fa nascondere nella doppiezza e nella bugia. La paura ci abitua all'ipocrisia. Per non soffrire, per saziare la fame di affetto, per sopire il desiderio di pienezza che non riusciamo ad esaudire, ci infiliamo in strade senza uscita, vicoli bui nei quali ci adattiamo a vivere nascosti nell'ombra della menzogna. Il timore della morte ci rende paurosi anche di noi stessi, di quel che siamo, delle debolezze, della precarietà del carattere, delle ferite dell'anima. E nascondiamo tutto, come quando tentando di riordinare in fretta una stanza, gettiamo tutto alla rinfusa in armadi e cassetti; fuori sembra in ordine, dentro è pura confusione.
Ma il problema è solo rinviato, alla lunga il disordine riemerge prepotente, peggiorato da altri oggetti che si accumulano lontani dal loro posto. Così la nostra vita, segnata da momenti in cui ci illudiamo di aver sistemato le cose, mentre abbiamo solo nascosto e sfuggito il problema ingannandoci tra fughe e autogiustificazioni. I problemi si accumulano, le sofferenze aumentano, il disordine interiore regna sovrano. E le tenebre avvolgono sino a soffocare l'esistenza, interiore ed esteriore.
La predicazione del Vangelo illumina la realtà, squarcia le tenebre della menzogna, apre ad un cammino di conversione dove ri-ordinare la propria vita secondo la volontà di Dio. Il Vangelo accende la nostra vita come una lampada e la pone sul candelabro della Chiesa. Una vita redenta, perdonata, ri-ordinata, ri-orientata diviene così un segno di speranza, una prova dell'autenticità dell'amore e della misericordia di Dio. Il molto ricevuto è, per sua natura un servizio ad ogni uomo. Non può rimanere nell'ombra, non si può occultare, sarebbe qualcosa contro natura, e contro la stessa ragione.
Per questo il Signore ci ammonisce a fare attenzione al modo con cui ascoltiamo. Ascoltare in ebraico significa anche obbedire. Si tratta dell'obbedienza che segue ciò che fonda l'esistenza. L'agire segue sempre l'essere. Chi è stato liberato vive liberamente. Chi è stato illuminato vive nella Luce. Chi è stato amato gratuitamente ama gratuitamente. Perseverare nelle tenebre della menzogna significa non aver ancora sperimentato il potere del Vangelo, o averlo rifiutato. Ma come respingere l'unica possibilità di vivere senza dover più scappare nel buio della menzogna? La nostra vita è, agli occhi di Dio, un libro aperto, non vi è nulla di nascosto. Essa sarà rivelata, e sarà qualcosa di meraviglioso nella misura in cui, anche nelle pieghe più oscure e segnate dal peccato, brilleranno la misericordia e la Grazia accolte e custodite.
San Massimo il Confessore (circa 580-662), monaco e teologo
Risposte a Talassio, quaest 63 ; PG 90, 667s
« Lampada per i miei passi è la tua parola » (Sal 118,105)
La lampada posta sul candelabro è la luce del Padre, quella vera, che illumina ogni uomo che viene al mondo (Gv 1,9). È il Signore nostro Gesù Cristo che, prendendo da noi la nostra carne, divenne e fu chiamato lampada, cioè sapienza e parola connaturale del Padre. È questa lampada che la Chiesa di Dio mostra con fede e amore... Essa fa luce a tutti quelli della casa, cioè a tutti gli uomini di questo mondo e perciò la stessa divina parola dice: «Nessuno accende una lucerna a la pone sotto il moggio, ma sul lucerniere: ed essa fa luce a tutti coloro che sono nella casa (Mt 5,15).
Il Verbo chiama se stesso lucerna in quanto, essendo Dio per natura, si fece uomo per dispensare la sua luce. E anche il grande Davide comprese tutto questo, quando chiamò il Signore lucerna dicendo: «Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino» (Sal 118,105). Infatti il mio salvatore e mio Dio sa disperdere le tenebre dell'ignoranza e del vizio, e anche per questo la Scrittura lo chiamò lucerna. Egli con la sua potenza e sapienza ha dissipato, come fa il sole, ogni nebbia di ignoranza e di vizio, e guida coloro che camminano con lui sulla via della giustizia e dei comandamenti divini.
Chiamò lucerniere la santa Chiesa, perché in essa risplende la parola di Dio mediante la predicazione, e così, con i bagliori della verità, illumina quanti si trovano in questo mondo come in una casa... Questa parola annunziata dalla Chesa esige di essere posta sulla sommità del lucerniere... Infatti finché la parola è nascosta dalla lettera della legge come da un moggio, lascia tutti privi della luce eterna... Non riduciamo colpevolmente la indescrivibile vitalità della sapienza a causa della lettera; ma poniamo la lucerna sopra il lucerniere cioè sulla santa Chiesa, di modo che mostri a tutti lo splendore delle verità divine.
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