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Sabato della XXVI settimana del Tempo Ordinario


Dovevano cambiare la loro idea sul potere, su Dio e sull’uomo 
e, facendo questo, dovevano anche cambiare sé stessi. 
Ora vedevano: il potere di Dio è diverso dal potere dei potenti del mondo. 
Il modo di agire di Dio è diverso da come noi lo immaginiamo 
e da come vorremmo imporlo anche a Lui. 
Dio in questo mondo non entra in concorrenza con le forme terrene del potere. 
Non contrappone le sue divisioni ad altre divisioni. 
A Gesù, nell’Orto degli ulivi, Dio non manda dodici legioni di angeli per aiutarlo. 
Egli contrappone al potere rumoroso e prepotente di questo mondo 
il potere inerme dell’amore, 
che sulla Croce – e poi sempre di nuovo nel corso della storia – soccombe, 
e tuttavia costituisce la cosa nuova, divina 
che poi si oppone all’ingiustizia e instaura il Regno di Dio. 
Dio è diverso – è questo che ora riconoscono. 
E ciò significa che ora essi stessi devono diventare diversi, 
devono imparare lo stile di Dio.


Benedetto XVI, Colonia, 2005






Dal Vangelo secondo Luca 10,17-24. 


I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». 
Egli disse: «Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli». 
In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: «Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto. Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare». 
E volgendosi ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l'udirono». 


IL COMMENTO


La gioia più grande, i nostri nomi scritti in Cielo. La gioia vera scaturisce solo dalla certezza che nulla di noi andrà perduto. Il nome nella Scrittura rappresenta la persona, e tutto ciò che la costituisce, la sua storia, i suoi affetti, anche gli aspetti più piccoli, nulla escluso. Tutto di noi è già scritto in Cielo, registrato nel cuore di Dio, come nell'inventario delle sue cose più preziose. Per questo siamo nati, scelti da prima della creazione del mondo: per essere santi e immacolati nell'amore al cospetto di Cristo. 


Gli apostoli sono le primizie della nuova creazione, il destino di ogni uomo posto sul candelabro perchè chiunque possa alzare lo sguardo, vederlo, e convertirsi. I nomi scritti in Cielo e la vita qui sulla terra, gli apostoli sono come angeli che salgono e scendono sulla scala della Croce per mostrare il volto di Cristo risorto; in loro si sprigiona il suo potere vittorioso sui serpenti, su satana, sul peccato e sulla morte. Camminano su serpenti e scorpioni senza che questi li possano danneggiare, ed è il segno che le porte del Paradiso, già sprangate e difese dai cherubini, sono state riaperte e tutti vi possono tornare. Dio infatti, aveva creato l'uomo a sua immagine conferendogli il potere su ogni altra creatura, donandogli di condividere il suo stesso potere, ma come un dono, una grazia: "Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra". Simile a Dio l'uomo ne condivide il potere a patto di conservare la consapevolezza di essere la sua creatura, depositaria della sua eredità, bisognosa di Lui, dipendente e quindi obbediente. L'inganno di satana ha poi sospinto l'uomo a volersi fare come Dio, a dimenticare la sua identità originaria: e così, invece di diventare come il Creatore, si è ritrovato a perdere la grazia che lo faceva a Lui somigliante, il potere sugli animali, l'essere cioè al di sopra della semplice natura. L'uomo cui era stato dato il potere di dominare sui serpenti e ogni rettile ha fato la dura esperienza di essere da loro dominato: il serpente aveva vinto e l'uomo ha perduto il Paradiso.


Si comprende allora perchè i discepoli tornano dalla missione pieni di gioia: essa era stata come ritornare a casa, a quel paradiso perduto di cui, con ogni uomo, portavano dentro la struggente nostalgia. Avevano sperimentato il potere che Dio aveva dato ai progenitori, segno del progetto originario su ogni uomo; avevano vissuto nella volontà di Dio, nel compimento della vita cui ogni fibra dell'uomo tende irresistibilmente e che non può raggiungere. Avevano visto quello che Profeti e Re hanno desiderato ardentemente, il giorno del Messia, quello in cui sarebbe stato ristabilito il Regno, l'Eden perduto, ed in esso la libertà, la pace, l'armonia. Nella missione i discepoli hanno sperimentato che il Maestro era stato con loro perchè il suo potere era divenuto il loro. Nel nome del Signore i demoni si erano sottomessi, il principe di questo mondo, il potere più grande che distrugge e getta nel dolore, era sconfitto dall'unico potere più grande, quello di Dio. Dio era sceso sulla terra per piantarvi il suo paradiso. Per questo il nome di Gesù nelle labbra degli apostoli sconfigge satana, lo precipita dal Cielo dove si era stabilito per usurpare il posto di Dio e degli uomini sua immagine. Nella missione i discepoli avevano ritrovato il posto preparato per loro, ed erano una primizia, una profezia della nuova creazione che Dio avrebbe operato in suo Figlio.


Salvare, sanare, strappare dalla schiavitù e dal dolore, portare la Pace ed ogni dono messianico, ecco la missione della Chiesa e dei suoi apostoli; annunciare il nome di Gesù, renderne attuale la presenza perchè sia Lui stesso a operare i prodigi del suo amore. Ogni volta che si annuncia il Vangelo si aprono le porte del Paradiso, e l'uomo ritrova la sua dignità, può convertirsi, tornare a casa, al paradiso per il quale è stato creato. L'annuncio del Vangelo riorienta la vita, qui ed ora, libera dalla schiavitù al potere del serpente, cancella la menzogna di satana dal cuore dell'uomo per illuminare la Verità, il Destino cui egli è chiamato. L'annuncio del Vangelo ha il potere di salvare un matrimonio, di fare casto un fidanzamento, di accendere nel cuore il perdono, di sanare ogni ferita. Il nome di Gesù, il Vangelo sulle labbra degli apostoli ha il potere di scacciare satana dal cuore e deporvi l'amore autentico, quello che conduce ad offrire la vita, anche per i nemici.  


Eppure non è per tutto questo che occorre rallegrarsi. Non è il potere sul mondo, il peccato, satana e la morte che colma la vita, che ne conferisce senso e gioia. La sconfitta di satana è solo il segno di qualcosa di ancora più grande: che i nomi degli apostoli sono scritti in Cielo, che sono sono ormai passati all'altra riva, che vivono nascosti con Cristo in Dio. Fermarsi all'opera dimenticando l'Autore è cadere nel peccato dei giudei che, saziati dei pani, cercano Gesù solo per essere di nuovo saziati. No, la gioia non è neanche nella missione! Per questo San Paolo dirà che anche se percorressimo il mondo intero per convertire un solo uomo, senza l'amore sarebbe pura vanità. L'amore! La gioia è autentica, piena e incorruttibile solo nell'amore di Cristo. Questo significa rallegrarsi perchè i nomi sono scritti in Cielo. Lui ha scritto con il suo sangue ogni istante della nostra esistenza sul Libro della vita: nel suo amore ogni peccato è trasformato in luce di misericordia, ogni momento buttato è riscattato, come ogni angoscia, tradimento, menzogna, cupidigia, concupiscenza; tutto di noi, ma proprio tutto, lavato nel sangue del Signore, splende già ora nel Cielo, scritto per l'eternità con caratteri d'oro, quello purificato nel fuoco sette volte, e per questo incorruttibile.


E' un mistero sul quale è inutile indagare, ed è la nostra elezione. Si può solo intuire la ragione per la quale noi, e non altri, siamo stati scelti: perchè siamo i più piccoli, perchè la storia ci fa piccoli consegnandoci all'ultimo posto della terra. Ed è così perchè il Padre ha deciso, e resta  un mistero. La sproporzione tra l'elezione e la grandezza della missione e la nostra totale inadeguatezza e indegnità ci atterrisce; spesso diviene scandalo in noi stessi, e fonte di dubbi e di crisi. Ma Dio è così, sceglie il peggio perchè non esista nessuno da scartare. A noi non è dato altro che godere di una beatitudine che ci ha raggiunti per pura Grazia, e i nostri occhi possono vedere e i nostri orecchi udire quello che profeti e re hanno desiderato vedere e udire ma non hanno potuto. Possiamo vedere e ascoltare Dio, il Padre e il Figlio, e il sussurro d'amore dello Spirito in ogni istante. La sapienza mondana e carnale ha altri criteri, e lo vediamo ogni giorno. Al mondo, a quello che vale secondo gli uomini, sono nascoste "queste cose", i misteri del Regno, quelli che si possono captare solo dal basso della polvere, della miseria, della debolezza. Perchè quello che per il mondo è sapienza, e articoli di fondo, e pensiero unico, e titoli accademici, e talk show, è, per Dio, pura stoltezza. La stoltezza dei piccoli invece, quella che prende su di se l'ingiustizia e i peccati degli altri, che perdona e si apre alla vita, che vive abbandonata alla provvidenza, è, per Dio, la vera sapienza. Ed in essa consiste la beatitudine, la gioia autentica, ed è un segno per ogni uomo. Tutto di noi è santo, prezioso, strappato alla corruzione. Il nome di Cristo ha potere su ogni parola, pensiero, azione. Lui è in ogni relazione, in famiglia, a scuola, al lavoro, con gli amici e la fidanzata. La gioia è vivere nel suo amore incorruttibile, che dà senso e pienezza ad ogni istante, che ne fa un frammento di Cielo offerto ad ogni uomo. La gioia che è la certezza che nulla e nessuno potrà mai separarci dall'amore di Dio. La gioia di Cristo, quella che nessuno potrà più toglierci, la sua stessa esultanza come quando c'è un gol allo stadio. Al vederci di ritorno dalla missione, dai giorni spesi per il suo Nome, Gesù prorompe di gioia, perchè siamo noi la sua gioia. Proprio perchè piccoli, proprio perchè suoi. Come non potrà essere Lui la nostra gioia?  






San Giovanni Crisostomo (c. 345-407), sacerdote ad Antiochia poi vescovo di Costantinopoli, dottore della Chiesa 
Omelia n°1 sulla prima lettera ai Tessalonicesi


« Gesù esultò nello Spirito Santo »


        « Voi siete diventati imitatori del divin Maestro » dice Paolo. In che modo? « Avendo accolto la parola con la gioia dello Spirito Santo anche in mezzo a grande tribolazione » (1Ts 1,6)... La prova riguarda la parte materiale del nostro essere; la gioia splende nelle altezze spirituali. Mi spiego: gli incidenti della vita sono tristi e dolorosi, ma i risultati sono gioiosi; è in questo modo che vuole lo Spirito. È dunque possibile non essere contenti quando si soffre, se si soffre per i propri peccati, ma, anche se flagellati, si può essere lieti per amore del nome di Gesù (cf. At 5,41).
        
        È qui che l'apostolo chiama la « gioia dello Spirito » ; la si respira in ciò che la natura rigetta con orrore. Avete fatto fronte a mille pene, dice, avete subito la persecuzione, ma lo Spirito non via ha abbandonati in queste prove. Come i tre giovani erano avvolti da una dolce rugiada nella fornace (Dn 3), anche voi lo siete nella prova. Sicuramente questo non dipendeva dalla natura del fuoco e non poteva avere come causa che il soffio dello Spirito. Non è nemmeno nella natura della prova di donarvi la gioia, e questa gioia non può venire che da una sofferenza patita per il Cristo, dalla divina rugiada dello Spirito che trasforma in un luogo di riposo la fornace delle prove.  « Con gioia» dice, e non con una gioia qualunque ma con una gioia inesauribile; è questo che bisogna capire, quando lo Spirito Santo ne è l'autore.

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