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Venerdì della XXX settimana del Tempo Ordinario. Approfondimenti






Dalle “Omelie sull’Esodo” di Origene.
12,4.S Ch 16,253-255.

Il Signore è lo Spirito e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà (2Cor 3,17). Come potremo trovare questa liberta noi che siamo gli schiavi del mondo, gli schiavi delle comodità, succubi come siamo dei desideri naturali? Certamente mi sforzo di correggermi, mi giudico, condanno le mie colpe. I miei ascoltatori esaminino da parte loro quel che pensano del proprio cuore. Eppure, lo dico di sfuggita, finché sono legato da uno di questi vincoli, non mi sono convertito al Signore, non ho raggiunto la vera libertà, dal momento che simili faccende e preoccupazioni del genere sono ancora capaci di coinvolgermi. Sono lo schiavo del cruccio o dell’affare che tiene il mio cuore prigioniero. Come sappiamo, sta scritto che uno è schiavo di ciò che l’ha vinto (2Pt 2,19).
Anche se non sono dominato dalla passione per il denaro, anche se non sono vincolato dalla cura di beni o di ricchezze, tuttavia resto avido di lodi e bramo il successo, quando tengo conto della faccia che mi mostra la gente; mi cruccio di sapere ciò che il tale pensa di me, come mi stima il tal altro oppure temo di spiacere a questo e desidero piacere a quello. Finché ho tutte queste preoccupa zioni, sono loro schiavo.
Eppure vorrei far lo sforzo per liberarmene e per venire alla libertà di cui parla l’apostolo: Siete stati chiamati a libertà. Non fatevi schiavi degli uomini! (Gal 5,13) Ma chi mi procurerà di svincolarmi così, chi mi libererà da questa vergognosa schiavitù se non colui che ha detto: Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero (Gv 8,36). Serviamo e amiamo perciò fedelmente il Signore nostro Dio, per meritare di ricevere in Cristo Gesù il dono della libertà.


Dalle “Istituzioni” attribuite a Giovanni Taulero.
Tralin, T. 8°, pp. 36Oss.

Gli amici di Dio dimorano sempre in una specie di “adesso”, cioè nell’istante presente, senza preoccuparsi o essere sconvolti in modo disordinato dal passato o dal futuro. Essi vedono Dio in tutto, nelle cose più piccole come in quelle più grandi.
Non vivono più sotto la legge, in un timore servile. Quel che gli altri fanno per costrizione, quasi piegandosi malvolentieri ai precetti della Chiesa, essi lo compiono per puro amore di Dio, in un abbandono spontaneo con un’umiltà infinitamente più vera e in spirito di obbedienza. Il loro sforzo sta tutto qui: rimanere sempre interiormente liberi e sciolti da tutto, per sottomettersi meglio al volere divino.
Vivono in mezzo agli altri, ma non si lasciano impressionare da alcuna immagine; amano il prossimo, ma senza affettazione o attaccamento disordinato. Sono pieni di compassione per le miserie altrui, ma non se ne inquietano turbandosene oltre misura.
Esteriormente sembrano vivere come tutti quanti, eppure compiono ogni cosa unicamente per la gloria di Dio. Dio infatti cercano in tutto. Non parlano molto e le parole che dicono sono sempre semplici e vere. Eppure tutti questi amici di Dio non hanno un identico modo di vivere; c’è chi segue un cammino e chi un altro, secondo le circostanze e gli eventi.
Quel che rimane uguale in tutto, è il centro essenziale, il fondo interiore. Quando si vive da sé e per sé, emergono esitazioni e dubbi; quando siamo usciti da noi per entrare in Dio, la Verità stessa ci conduce.


Dalla “Scala del Paradiso” di san Giovanni Climaco.
22° qrado,6-12. Op. cit.p.203.


Il monaco superbo contraddice con violenza; ma l’umile non sa neppure opporsi con uno sguardo.
Il cipresso non si china verso terra per farvi strisciare i suoi rami; tanto meno lo fa il monaco dal cuore orgoglioso, al fine di acquisire l’obbedienza.
L’uomo dal cuore altero ha sete di comandare; in altro modo non può, meglio non vuole, perdere interamente sé stesso.
Dio resiste ai superbi (Gc 4,6). Chi mai allora potrà averne compassione? E’ un abominio per il Signore ogni cuore superbo (Pro 16,5). Allora chi mai potra rendere puro un tal uomo?
Ciò che corregge gli orgogliosi, è la caduta; ciò che li aizza è il demonio; l’effetto dell’abbandono divino causa in loro lo sconvolgimento della mente. Nei primi due casi l’uomo spesso sarà guarito dai suoi fratelli; ma il terzo caso è umanamente incurabile.
Chi rifiuta i rimproveri, manifesta la sua passione; chi li accetta è liberato da tale catena. Se quest’unica passione senza il concorso di altre, poté far cadere dal cielo, possiamo domandarci se non sarà possibile salire al cielo grazie alla sola umiltà, senza la raggiera di altre virtù.


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