Mercoledì della I settimana del Tempo di Quaresima. Commento completo






Giona, un predicatore. In ebraico il nome proprio Ionah vuol dire “colomba”. Giona semplice come una colomba, poche parole, taglienti come una spada. Il tempo è breve, tre giorni e tutto sarà distrutto.

"Fu rivolta a Giona figlio di Amittai questa parola del Signore: Alzati, và a Ninive la grande città e in essa proclama che la loro malizia è salita fino a me". Amittai in ebraico è verità, quindi figlio di Amittai significa figlio della verità. "La verità, la realtà stessa, si sottrae all'uomo, egli appare sottoposto ad anestesia locale, capace di cogliere solo brandelli deformati del reale." (J. Ratzinger, Fede e futuro). Gli abitanti di Ninive, la "città sanguinaria" (Nahum 3,1), sono l'immagine di quanti vivono anestetizzati, in una sorta di "impermeabilità della coscienza" (Dominum et vivificantem, 47): essi "non sanno distinguere la destra dalla sinistra" secondo le parole di Dio rivolte a Giona. La loro malizia è dunque la mancanza di "sensibilità e capacità di percezione" (Reconciliatio et Poenitentia,18) della verità:

Dicono fra loro sragionando:
«La nostra vita è breve e triste;
non c'è rimedio, quando l'uomo muore,
e non si conosce nessuno che liberi dagli inferi.
Siamo nati per caso
e dopo saremo come se non fossimo stati....
La nostra esistenza è il passare di un'ombra
e non c'è ritorno alla nostra morte,
poiché il sigillo è posto e nessuno torna indietro....
Su, godiamoci i beni presenti,
facciamo uso delle creature con ardore giovanile!
Lasciamo dovunque i segni della nostra gioia
perché questo ci spetta, questa è la nostra parte.
La pensano così, ma si sbagliano;
la loro malizia li ha accecati.

(Sap. 2)

Giona, il figlio della Verità, è inviato ai niniviti figli della malizia che è inganno e menzogna, a quanti"non conoscono i segreti di Dio; non sperano salario per la santità né credono alla ricompensa delle anime pure" (Sap. 2). Giona, come un segno. L'unico. Secondo l'esegesi rabbinica il nome di Giona e di Ninive sono composti, in ebraico, con le stesse lettere (Giona si scrive IVNH, e Ninive NINVH), e si assomigliano. Scopriamo così che agli abitanti di Ninive immersi nella malizia Dio invia un loro fratello, uno che ha le loro stesse radici. Con la discesa nel ventre del pesce e la sua salvezza miracolosa, il Signore ha preparato Giona per annunciare ai suoi fratelli la parola di Verità, facendogli condividere il loro stesso destino. Veniva a loro dallo stesso inferno, parlava con un'esperienza capace di giungere al loro cuore. Per questo è stato un segno, e la sua predicazione è risuonata nel cuore dei niniviti come un'eco di verità a cui aggrapparsi per salvarsi.

Ninive, la nostra vita oggi. Gesù, il nostro Giona oggi: "Tre giorni e Ninive sarà distrutta". Il terzo giorno era noto alla tradizione ebraica antica. Nella Scrittura il terzo giorno è quello nel quale si risolve una situazione critica, disperata. Il terzo giorno appare sempre come quello del dono della vita. "Mai il Santo, benedetto egli sia, lascia i giusti nell'angoscia per più di tre giorni" (Gen. R. 91,7 su Gen. 42,18). L'esperienza di Giona salvato dalle fauci della balena proprio al terzo giorno. Allo stesso modo il Kerygma - l'annuncio - più antico proclama che Gesù "è risuscitato il terzo giorno secondo le scritture" (1 Cor. 15,4). Non a caso il Vangelo di oggi termina con la conversione degli abitanti di Ninive alla predicazione di Giona, dove predicazione traduce proprio l'originale greco KerygmaPer Rabbì Levi il terzo giorno ha una virtù particolare, è benedetto a causa del dono della Torah sul Sinai (cfr. Es. 19,16). A Ninive, come nella nostra vita, si rinnova il dono della Torah, la Parola incarnata nella misericordia apparsa in Cristo. Egli, come Giona lo fu per quelli di Ninive, è fratello di ciascuno di noi, ha condiviso il destino di morte che l'uomo si è attirato peccando. Tre giorni, il riposo del Signore nel sepolcro dell'umanità, della nostra vita, il tempo favorevole per lasciarci raggiungere dal Suo amore e farci trascinare con Lui nel passaggio dalla morte alla vita. Solo Lui può annunciarci il Kerygma autentico, quello che attende e desidera il nostro cuore ormai da tre giorni, la Parola di Verità che il nostro cuore può comprendere e accogliere. E' Lui l'unico segno offerto ad una generazione malvagia, l'unico che può salvarla. Lui attraverso la sua Chiesa, madre e maestra dell'umanità.

Indossiamo allora il sacco e ricopriamoci di cenere, i segni della debolezza e della caducità bisognosa che tutti ci accomuna, della realtà che ci definisce quali peccatori, sine glossa e senza giustificazioni; disponiamoci al digiuno e alla preghiera, i segni della Grazia che prende vita nelle nostre esistenze, che si fa fiduciosa risposta all'amore di Dio. Inginocchiamoci in questa quaresima, in attesa della mano del Signore tesa a salvarci, della sua Parola di vita. Un Segno per convertirci.






Cardinale Joseph Ratzinger [Papa Benedetto XVI]
Ritiro predicato al Vaticano 1983

« Non gli sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona »

“Questa generazione cerca un segno”. Anche noi aspettiamo la dimostrazione, il segno del successo, tanto nella storia universale quanto nella nostra vita personale. Pertanto ci chiediamo se il cristianesimo abbia trasformato il mondo, se abbia dato quel segno del pane e della sicurezza di cui parlava il diavolo nel deserto (Mt 4,3s). Secondo l’argomentazione di Karl Marx, il cristianesimo ha disposto di un tempo sufficiente per dimostrare i suoi principi, per provare il suo successo, per dimostrare che ha creato il paradiso terrestre; seondo Marx, dopo tanto tempo, sarebbe ormai necessario appoggiarsi su altri principi.

Questa argomentazione non manca di impressionare numerosi cristiani, e molti ritengono che sia per lo meno necessario inventare un cristianesimo molto differente, un cristianesimo che rinunci al lusso dell’interiorità, della vita spirituale. Ma proprio in questo modo, impediscono la vera trasformazione del mondo, che si origina in un cuore nuovo, un cuore vigilante, un cuore aperto alla verità e all’amore, un cuore liberato e libero.

Alla radice di tale richiesta sviata di un segno, c’è l’egoismo, la mancanza di purezzza di un cuore che non aspetta nulla di Dio se non il successo personale e un aiuto per affermare l’assoluto dell’io. Tale forma di religiosità è rifiuto fondamentale di conversione. Eppure, quante volte anche noi dipendiamo dal segno del successo! Quante volte chiediamo il segno e rifiutiamo la conversione!


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