Lunedì della II settimana di Quaresima



Un Cristianesimo di carità senza verità 
può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, 
utili per la convivenza sociale, ma marginali. 
In questo modo non ci sarebbe più 
un vero e proprio posto per Dio nel mondo.  
La carità eccede la giustizia, perché amare è donare
offrire del “mio” all'altro; 
la carità supera la giustizia e la completa nella logica del dono e del perdono. 

Benedetto XVI, Caritas in veritate




Lc 6, 36-38 


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio» .


IL COMMENTO


"Manikos eros" diceva Casabilas, amore folle quello di Dio. E lo stesso Elisabetta della Trinità, quando affermava di credere nel "troppo amore di Dio", per abbandonarsi e non vivere altro che di quella misericordia, la molecola fondamentale della stessa aria che respiriamo. "Mi prostro nella mia miseria e, riconoscendola apertamente, la espongo davanti alla misericordia del mio Maestro" (Elisabetta della Trinità). Prostrati dinanzi al seno materno di Dio. In attesa, come la donna fenicia, come Maria ai piedi di Gesù, come la Maddalena. Aspettando trepidanti la sua misericordia, che si schiuda il suo seno (misericordia traduce il greco oiktirmon che a sua volta traduce l'ebraico rahamin, che indica il ventre, l'utero) e ne sgorghi quel liquido amiotico senza il quale non possiamo essere gestati alla vita celeste. La sua misericordia, l'acqua della vita


Non esiste unità di misura per l'amore di Dio. E noi, quante volte misuriamo il tempo speso per gli altri, il perdono offerto, la quantità di vita consegnata? Sì, perchè in fondo, quel che facciamo è prestare e mai donare. Per chi dona le misure non contano. Il dono non conosce calcoli. Quando nel cuore si comincia a tenere una segreta contabilità, una partita di dare e avere, è il segno che il Cielo è ormai chiuso, e la vita dei figli è divenuta vita di orfani. Come nella parabola del figliol prodigo, che esige dal padre di conteggiare la parte che gli spetta per spendersela in libertà e autonomia. E' proprio questo il primo passo verso la rovina: aver obbligato suo padre a misurare ciò che non ha misura; ed è esattamente quello che, malmostosamente, ha fatto anche il figlio maggiore, quando, preda della gelosia, si è messo a calcolare l'incalcolabile amore del padre. Entrambi non avevano compreso che il tranello antico, quello posto dal demonio ad Adamo ed Eva, era proprio quello di misurare l'eredità, che, da infinita, diviene così qualcosa di finito, esauribile, invidiabile, oggetto di gelosie, avarizia e concupiscenza, di difesa strenua a costo di uccidere l'altro con giudizi e condanne: misurare l'amore del Padre conduce sempre a rinchiuderlo nello spazio angusto della carne, dell'umano, farlo decadere dall'agape all'eros. E' questo, in definitiva, il frutto mortale del peccato, voler accaparrarsi della Grazia, del dono, e ritrovarsi così padroni del nulla, schiavi delle passioni, sempre a corto di pazienza e misericordia, privati di quell'eccedenza d'amore, di quell'amore smisurato che, solo, può compiere la vita. Senza l'agape, i matrimoni restano senza vino, e fanno acqua, incapaci di sopportare l'urto della carne. Senza l'eccedere della carità, le amicizie evaporano, i fidanzamenti si piegano ai compromessi, le relazioni tra genitori e figli divengono campi di battaglia. 


Di fronte alla folla affamata e stanca, il Signore mette alla prova il cuore dei discepoli, come oggi viene a visitare ciascuno di noi. Una folla sterminata, un momento difficile con la moglie, un figlio ribelle, una suocera indurita, un collega geloso, un fidanzato in crisi, di fronte a quello che ci presenta la storia ferita dal peccato, possiamo davvero misurare quello che abbiamo tra le mani? "Che cos'è questo nulla per sfamare tanta gente, per vivere in pienezza e secondo la volontà d'amore del Padre?". Misuriamo, come i discepoli, e ci ritroviamo con cinque pani e due pesci, nulla di fronte all'eccezionalità della necessità. Perchè ogni situazione che siamo chiamati a vivere è eccezionale e necessita un amore smisurato, che, come il Nilo, tracimi dal letto abituale, quello dell'ordinaria amministrazione dei compromessi ipocriti e impauriti, per fecondare e donare la vita. Il peccato ha ferito la storia, per viverla da figli di Dio è necessario un amore che ha vinto il peccato. Occorre un amore senza misura per custodire la castità nel fidanzamento, che superi la passione e il sentimento, per rispettare e custodire l'altro nella purezza di un figlio di Dio, attendendo con pazienza di vedere confermata la volontà di Dio nel matrimonio; è necessario un amore che trascenda ogni calcolo per aprirsi alla vita e vivere la sessualità coniugale abbandonati alla volontà di Dio; un amore più forte della vanità femminile, delle angosce per la precarietà economica, un amore che abbracci la vita consegnandola al suo Autore, affidandola a Colui che la rende eterna, superando i confini della carne. 


Il Vangelo di oggi ci chiama ad abbandonare ogni tentazione di misurare l'amore di Dio, a convertirci, a tornare nella casa del Padre per vivere delle sue cose, il suo "tutto" che è anche il nostro, attingendo senza timore alla fonte inesauribile del suo amore. Il Signore ci chiama a stringerci a Lui, che non ha contato i nostri peccati, e che, senza misura, ci ha amato di un amore incorruttibile. Gesù ci guarda oggi e ci chiede il nulla che abbiamo per trasformarlo in un folle e smisurato amore, capace di eccedere e condurci in una vita nuova, quella dei figli, somiglianti al Padre, allevati nella sua misericordia per essere pura misericordia per ogni nostro prossimo. Chi vive nascosto nel seno del Padre, immerso nella sua misericordia, chi si nutre, istante dopo istante del suo perdono, chi sperimenta, quotidianamente, il suo amore incalcolabile, ha smarrito il giudizio, il suo cuore è ormai intento a succhiare il latte della misericordia e non può preoccuparsi di condannare e pensar male degli altri. I suoi occhi sono intrisi nello sguardo del Signore, non sanno guardare nessuno se non attraverso gli occhi di Dio. E non può amare che con il cuore di Dio, senza timore, perchè il proprio cuore è già nel Cielo e nessuno potrà mai trafugare ciò che non si si può misurare e non si esaurisce esaurisce. Un amore donato nella carne delle proprie ore, spese gratuitamente, senza difendere nulla, senza invidia e gelosia perchè Dio è lo stesso e ama tutti con lo stesso cuore.


Israele conosceva l'attenzione al forestiero perchè ne aveva fatta l'amara esperienza in Egitto e aveva visto e assaporato la vittoria del braccio di Yahwè disteso a liberarlo. Così l'uomo creato per amare e perdonare, straniero in una terra d'odio e rancore, liberato gratuitamente dalla tirannide dell'oppressore, conoscerà per esperienza l'angustia di chi è ancora straniero in una terra non sua. Saprà perdonare chi non sa perdonare. Non si tratta di cercare e sforzarsi di non giudicare, di non condannare, di allargare la misura del proprio cuore. E' opera impossibile all'uomo. Si tratta di conoscersi, di avere chiaro l'abisso del proprio cuore, e in esso incontrare l'infinita misericordia del Padre. Chi vive ai piedi dell'amore è trasformato a poco a poco in amore misericordioso, capace di giustificare, senza misura. Dal suo grembo, dalle sue viscere, nascerà solo misericordia, in misura traboccante, incalcolabile, la stessa nella quale è rinato, gratuitamente.


Asterio D'Amasea, Vescovo di Amasea nel Ponto,
Omilia protrepticos peri metanoia.

«Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro»

Se volete imitare Dio, a immagine del quale siete stati creati, conformatevi al vostro modello. Voi cristiani, voi che portate un nome che significa amore, imitate la carità di Cristo. Osservate la ricchezza del suo amore per gli uomini. Sul punto di manifestarsi a loro nella sua umanità, ha mandato Giovanni per invitarli alla penitenza e condurli al pentimento e, ancora prima di lui, ha inviato tutti i profeti che hanno insegnato la conversione. Quando poi poco tempo dopo, si è presentato Cristo stesso, ha gridato con la propria voce facendosi avanti in persona: Venne a me tutti voi che siete affaticati e oppressi e io vi consolerò (Mì. 11,28). E quelli che hanno accolto l'invito, come li ha ricevuti? Ha concesso loro, senza difficoltà, n perdono dei peccati e immediatamente li ha liberati dalle loro afflizioni. Il Verbo li ha resi santi, lo Spirito ha 'impresso su di loro il suo sigillo. L'uomo vecchio è stato sepolto ed è nata la nuova creatura, rigenerata per grazia. Di conseguenza l'uomo, che era estraneo, è diventato un intimo, da straniero è diventato figlio; prima escluso, ora è stato 'introdotto nel mistero, è da empio che era è diventato santo.
Se qualcuno, dopo aver ricevuto in dono ricchezze così grandi ed eccezionali, offendesse il suo generoso benefattore noi saremmo senz'altro per lui giudici duri e inflessibili Lo metteremmo subito a morte, senza permettergli di difendere la sua causa, e lo priveremmo non solo di questa vita, ma anche dell'altra. Ma ben diverso è il giudizio del Signore, la cui misericordia è senza limiti. Egli non vuole la morte del peccatore, ma attende la sua conversione. Per questo non vengono puniti quelli che per una volta hanno disprezzato la grazia: la misericordia infatti si aggiunge alla misericordia, e il perdono si unisce all'oblio. Le lacrime versate hanno l'efficacia di un bagno purificatore e i gemiti del pentimento riportano la grazia che per breve tempo era stata perduta...
Voi dunque che siete duri e incapaci di dolcezza imitate la bontà del nostro creatore. Non siate, per i vostri compagni di schiavitù, dei giudici rigorosi e crudeli, nell'attesa che giunga colui che svelerà i segreti dei cuori e che, con la sua potenza, darà a ciascuno il posto che gli spetta nella vita futura. Non pronunciate giudizi severi, per non essere giudicati con severità e per non essere trafitti, come da denti acuti, dalle parole. Mi sembra infatti che le parole del Vangelo: Non giudicate, per non essere giudicati (Mt. 7, 1) vogliano appunto metterei in guardia da questo peccato. Conciò non si vuole escludere la facoltà di valutare le cose con intelligenza e rettitudine: il Vangelo chiama «giudizio» una condanna troppo severa. Noi tuoi giudizi dunque, adopera, per quanto è possibile, un peso leggero, se non vuoi che anche le tue azioni facciano scendere il piatto della condanna quando -la nostra vita sarà pesata dal giudizio di Dio, come su una bilancia... Non rifiutare allora, di usare misericordia, per non essere escluso dal perdono quando anche tu ne avrai bisogno.


Giovanni Taulero (circa 1300-1361), domenicano a Strasburgo 
Primo discorso  per la quarta domenica dopo la Trinità, 1

«Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro»

        E' pericoloso e rischioso che un uomo giudichi un altro uomo; ognuno sia attento a pensare ai suoi peccati. Poiché colui che è la Verità ha detto: «Con la misura con cui misurate sarà misurato a voi». Se sei molto misericordioso, troverai grande misericordia; se lo sei poco, ne troverai poca; se non hai misericordia, non ne troverai per te. Occorre provare ed esercitare la misericordia interiormente, nella propria volontà profonda, in modo da provare compassione profonda e sincera per il proprio prossimo ovunque lo si veda soffrire e da chiedere a Dio con tutto il cuore di consolarlo.
        Se puoi soccorrerlo esteriormente, con qualche consiglio o dono, con parole o fatti, lo farai per quanto ti è possibile. Se non puoi fare molto, fa' comunque qualcosa, un'opera di misericordia interiore o esteriore: digli almeno una buona parola. In questo modo, adempi ciò che gli devi, e troverai un Dio misericordioso.


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