Sabato della II settimana di Quaresima



Con tenerezza Egli guarda le tue mani e i tuoi piedi;
sente la tua voce, il battere del tuo cuore,
ode perfino il tuo respiro.
Tu non ami te stesso più di quanto Egli ti ama.
Tu non puoi fremere innanzi al dolore
come Egli freme vedendolo venire sopra di te,
e se tuttavia te lo impone,
è perchè anche tu,
se fossi davvero sapiente,
lo sceglieresti per un maggior bene futuro...

John Henry Newman




Dal Vangelo secondo Luca 15,1-3.11-32.


Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.
I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro».
Allora egli disse loro questa parabola: Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno。Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: E' tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo.
Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo.
Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso.
Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».


IL COMMENTO


"Bisognava far festa". Ma dov'è la festa nella nostra vita? Shows televisivi, discoteche, e alcool e droghe, e fine settimana sulla neve, e le liturgie delle domeniche allo stadio, e compleanni per stupire, e Halloween, e molto altro. Per festeggiare senza festa; senza l'unica e autentica ragione per far esplodere la festa, la nostra vita rimane un angolo buio rischiarato ad intermittenza. Perchè l'incombere della fine, della morte non ci abbandona neanche nei momenti più lieti. "Ora, soltanto se c’è una risposta alla morte, l’uomo può essere veramente contento. Ma, se esiste questa risposta, allora è essa l’effettiva e valida autorizzazione alla gioia, ciò che può veramente costituire il fondamento di una festa" (Joseph Ratzinger). La risposta alla morte è il cuore del vangelo di oggi, che si esprime nella gioia del ritrovamento, quella del Padre che ritrova suo figlio.


Il figlio più giovane cerca la pienezza della vita e parte tagliando con suo padre e allontandosi dalla sua casa. Si avvia però su un cammino che si risolve nella morte. S'era perduto progressivamente esaurendo l'eredità ricevuta, perdendo così la sua stessa identità. Non si riconosce più neanche come figlio. In casa lo era, poteva aprire il frigorifero e mangiare a sazietà, la sua dignità di figlio ne costituiva l'essere e il ruolo, era ed ora non è più. E' morto.


Ma quello che a prima vista sembra un esito tragico e definitivo si rivela il momento decisivo per il suo cuore inquieto. La ricerca della felicità si infrange sulla rivelazione cruda e amara della menzogna che lo aveva sedotto. Ritrova un brandello di quella dignità e una consapevolezza misteriosa lo fa sperare d'essere riaccolto. E rientra in se stesso. La misericordia di Dio non lo aveva abbandonato, era lì accanto a lui, non lo aveva limitato, aveva rispettato la sua libertà, anche a costo di vederlo precipitare nell'inferno. Il Padre non aveva smesso un istante di essere padre, anche mentre il figlio aveva rifiutato di essere figlio. Ma, per quanto egli si fosse allontanato sfigurando la somiglianza con suo padre, era rimasto figlio, comunque. Proprio perchè libero era figlio, anche se ha usato la libertà per farsi e fare del male: figlio libero di un Padre libero. E' il più grande paradosso che rivela l'essenza del cristianesimo, nell'abisso del male provocato dalla perversione della libertà appare più fulgido l'immutabile amore di Dio. Proprio perchè simile a Dio l'uomo può peccare, usando male di quanto lo fa somigliante al Creatore: creato per amare nella libertà di chi nulla difende, l'uomo può fallire il bersaglio, peccare, difendersi e chiudersi agli altri per soddisfare le proprie concupiscenze. Ma se l'uomo è stato libero di rivolgersi contro Dio, Questi è libero di amarlo ancor di più, di guardarlo con una più grande misericordia, e con essa, strapparlo al destino di morte che si era preparato. Lo sguardo del Padre era andato ben oltre l'orizzonte dove giunge l'occhio umano. Come la nube della Presenza-shekinà di Dio aveva accompagnato il Popolo sui sentieri dell'esilio, quello sguardo d'amore e gravido di misericordia aveva accompagnato il figlio con una pazienza a noi sconosciuta. La misericordia di Dio non ha misura, è ben oltre quella dei farisei, i più puri e intransigenti religiosi, ai quali la parabola era rivolta. Gli occhi del Padre erano ora posati su quel suo figlio perduto, e si facevano memoria e nostalgia in quel letamaio in cui era precipitata la sua vita.


Rientrando in se stesso aveva ritrovato la traccia di quell'amore, un'ombra forse di quello sguardo paterno che lo riattirava a sè. Confuso nel deserto della sua anima il ragazzo percepisce la voce che parla al suo cuore, e lo fa levare, risuscitare secondo l'originale greco, per tornare da suo padre. Non si riconosce più come figlio, ma riconosce il Padre. Di se stesso ha ritrovato solo quell'ultimo brandello di dignità che lo lega alla vita, ma tanto basta. Non è importante chi egli sia, quanto chi sia il Padre, la radice dalla quale aveva reciso la sua esistenza.


E il Padre accorre ad abbracciare e accogliere il figlio smarrito e ritrovato, morto e ritornato in vita. L'abbraccio di misericordia, unica e reale origine della festa, mistero che attira e muove il cuore alla conversione. E' la pedagogia di Dio che non si pente di aver creato l'uomo libero, ma che lo segue con pazienza sulle tracce dei suoi fallimenti, perchè sperimenti l'originale bellezza e pienezza di una libertà compiuta in amore; Dio scende con ogni uomo per riaccendere in lui la luce della verità, strappando la libertà dalla perversione e riorientarla alla giustizia, alla comunione con il Padre, all'amore: "non offrite le vostre membra come strumenti di ingiustizia al peccato, ma offrite voi stessi a Dio come vivi tornati dai morti e le vostre membra come strumenti di giustizia per Dio... Come infatti avete messo le vostre membra a servizio dell’impurità e dell’iniquità, per l’iniquità, così ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia, per la santificazione" (Rom. 6). La misericordia di Dio conduce e accompagna l'uomo nella sua discesa all'acqua battesimale, dove, nudo d'ogni ipocrisia e schiavitù della carne, seppellisce l'uomo vecchio e ritrova la dignità perduta; risorto a vita nuova può rivestirsi della veste più bella, la veste bianca battesimale, il candore sfolgorante di Cristo risorto; e rinnovare, per pura Grazia, l'alleanza spezzata nel tradimento orgoglioso, e ricevere l'anello della nuova ed eterna alleanza nel sangue preziosissimo di Cristo; è la Pasqua compiuta, il vitello grasso, il banchetto celeste che può gustare solo chi ritorna nella casa del Padre.


Tutti noi siamo questo figlio ferito, perduto e ritrovato perchè egli è, innanzi tutto, immagine del Figlio di Dio crocifisso e trafitto da ogni peccato, perduto nell'oscurità della tomba, ritrovato nella risurrezione. Il Padre lo ha atteso al ritorno dagli inferi, e in Lui ha riabbracciato ciascuno di noi. La Madre, la Vergine Maria sotto la Croce, lo ha atteso, seguendolo nel suo strazio, una spada a trapassarle l'anima, ma senza cancellare in Lei la certezza della risurrezione, come la Chiesa che ci segue senza disperare mai della nostra salvezza, anche quando non vogliamo avere nulla a che fare con lei. In Cristo anche noi possiamo levarci dalla morte, dal peccato, dal fallimento, perchè Lui ha percorso lo stesso nostro cammino, sino a farsi peccato egli stesso. In Lui possiamo convertirci, ritornare all'amore del Padre. Nella pedagogia misericordiosa di Dio siamo tutti allevati; in essa impariamo ogni relazione, ad essere padri e madri, figli, sposi e spose, amici, fidanzati. Gli occhi del cuore e della mente incollati invincibilmente su chi ci è vicino e si allontana, ci rifiuta, nelle piccole come nelle grandi cose; non smettere di intercettare in lui l'identità e il valore, il suo essere figlio libero di un Padre libero. Non dimenticare l'amore nel quale siamo stati riscattati e perdonati, per attendere con pazienza, l'anima trapassata dlla spada del dolore certo, ma nella certezza della vittoria di Dio su ogni peccato. "Tommaso d’Aquino ha coniato in uno dei suoi inni per il Corpus Domini: «Quantum potes, tantum aude», devi osare tutto ciò che puoi per tributargli la lode dovuta... “Cristo è risorto”.... sfrutta tutto lo splendore del bello, se si tratta di esprimere la gioia delle gioie. L’amore è più forte della morte; in Gesù Cristo Dio è in mezzo a noi" (Joseph Ratzinger). La festa del Padre che ritrova suo Figlio risorto, la festa preparata dalla misericordia di Dio per ciascuno di noi, la gioia delle gioie.





Benedetto XVI: La relazione con Dio si costruisce attraverso una storia di libertà, cadute e misericordia.






San Romano il Melode (?-circa 560), compositore d'inni greco
Inno 28, Il Figlio prodigo, str 17-21; SC 114, 257

« Bisognava far festa... perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita »

Il figlio maggiore, arrabbiato, disse a suo padre: «Da tanti anni io ti ho obbedito senza mai trasgredire un tuo comando!... e del prodigo che torna da te, ti fai maggior caso di me!»
Appena sentito suo Figlio parlare così, il padre gli rispose con mitezza: «Ascolta tuo padre. Tu, sei con me, perché mai ti sei allontanato da me; non ti sei, tu separato dalla Chiesa; tu, sei sempre presente accanto a me, insieme a tutti i miei angeli. Ma questi è venuto, coperto di vergogna, nudo e senza bellezza, gridando: «Abbi pietà! Ho peccato, padre, e ti supplico perché sono colpevole davanti a te. Accettami come salariato e nutrimi, perché ami gli uomini, Signore e maestro dei secoli.»
«Tuo fratello ha gridato: «Salvami, padre santo!»... Come avrei potuto non avere compassione, non salvare mio figlio che gemeva, che singhiozzava?... Guidicami, tu che mi biasimi... La mia gioia, in ogni tempo, è amare gli uomini... Essi sono la mia creatura: come potrei non averne pietà? Come potrei non avere compassione del suo pentimento? Le mie viscere hanno generato quel figlio di cui ho avuto pietà, io, il Signore e maestro dei secoli.
«Tutto ciò che è mio è tuo, figlio mio... La fortuna che hai non è diminuita, perché non prendendo in essa faccio dei regali a tuo fratello... Di ambedue sono l'unico Creatore, l'unico padre, buono, amante e misericordioso. Onoro te, figlio mio, perché sempre mi hai servito e obbedito; di questi, ho compassione, perché si abbandona interamente al pentimento. Dovevi dunque condivedere la gioia di tutti coloro che ho invitato, io, il Signore e maestro dei secoli.
Perciò, figlio mio, rallègrati con tutti gli invitati al banchetto e unisci i tuoi canti a quelli degli angeli, perché questo tuo fratello era perduto ed è stato ritrovato, era morto e, contro ogni aspettativa, è risorto.» Sentite queste parole, il figlio maggiore si è lasciato convincere e ha cantato: «Gridate di gioia, voi tutti! 'Beato l'uomo a cui è rimessa la colpa, e perdonato il peccato' (Sal 31,1). Ti lodo, o amico degli uomini, tu che hai salvato anche mio fratello, tu, il Signore e maestro dei secoli.»


Beato Giovanni Paolo II (1920-2005), papa 
Esortazione apostolica «Riconciliazione e penitenza», § 5-6 ( © Libreria Editrice Vaticana)

«Un uomo aveva due figli»

L'uomo - ogni uomo - è questo figlio prodigo: ammaliato dalla tentazione di separarsi dal Padre per vivere indipendentemente la propria esistenza; caduto nella tentazione; deluso dal nulla che, come miraggio, lo aveva affascinato; solo, disonorato, sfruttato allorché cerca di costruirsi un mondo tutto per sé; travagliato, anche nel fondo della propria miseria, dal desiderio di tornare alla comunione col Padre. Come il padre della parabola, Dio spia il ritorno del figlio, lo abbraccia al suo arrivo e imbandisce la tavola per il banchetto del nuovo incontro, col quale si festeggia la riconciliazione. ...
Ma la parabola mette in scena anche il fratello maggiore, che rifiuta il suo posto nel banchetto. Egli rinfaccia al fratello più giovane i suoi sbandamenti e al padre l'accoglienza che gli ha riservato, mentre a lui, temperante e laborioso, fedele al padre e alla casa, non è stato mai concesso - dice - di far festa con gli amici. Segno che egli non capisce la bontà del padre. Fintantoché questo fratello, troppo sicuro di se stesso e dei propri meriti, geloso e sprezzante, colmo di amarezza e di rabbia, non si converte e non si riconcilia col padre e col fratello, il banchetto non è ancora pienamente la festa dell'incontro e del ritrovamento. L'uomo - ogni uomo - è anche questo fratello maggiore. L'egoismo lo rende geloso, gli indurisce il cuore, lo acceca e lo chiude agli altri e a Dio. ...
La parabola del figlio prodigo è, anzitutto, l'ineffabile storia del grande amore di un Padre ... Ma essa, nell'evocare, con la figura del fratello maggiore, l'egoismo che divide fra di loro i fratelli, diventa anche la storia della famiglia umana ... Dipinge la situazione della famiglia umana divisa dagli egoismi, mette in luce la difficoltà di assecondare il desiderio e la nostalgia di una medesima famiglia riconciliata e unita; richiama, pertanto, la necessità di una profonda trasformazione dei cuori nella riscoperta della misericordia del Padre e nella vittoria sull'incomprensione e l'ostilità tra fratelli.


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