La presentazione del messaggio evangelico
non è per la Chiesa un contributo facoltativo:
è il dovere che le incombe per mandato del Signore Gesù,
affinché gli uomini possano credere ed essere salvati.
Sì, questo messaggio è necessario. È unico. È insostituibile.
Non sopporta né indifferenza, né sincretismi, né accomodamenti.
È in causa la salvezza degli uomini.
Esso rappresenta la bellezza della rivelazione.
Comporta una saggezza che non è di questo mondo.
È capace di suscitare, per se stesso, la fede,
una fede che poggia sulla potenza di Dio.
Esso è la Verità.
Merita che l'Apostolo vi consacri tutto il suo tempo,
tutte le sue energie, e vi sacrifichi, se necessario, la propria vita.
Paolo VI, Evangelii nuntiandi
Dal Vangelo secondo Marco 16,15-20
In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
Il Commento
Per credere occorre essere accompagnati dai segni elencati dalle parole stesse del Signore: quelli che credono infatti, scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno. Gesù non specifica chi siano "quelli che credono"; questi possono essere nello stesso tempo gli apostoli che annunceranno il Vangelo e chiunque ad esso crederà. Si tratta di un affare serio, dell'opera del Signore che si compie attraverso la storia: Dio non si è fatto carne, non è entrato nella morte, non è risorto per dare una pacca sulle spalle dell'umanità, un incoraggiamento e una consolazione a buon mercato. C'è di mezzo salvezza e condanna per "ogni creatura". Dimenticare il dramma che costituisce la vita dell'uomo, la reale possibilità di perdere o salvare la propria anima è forse il rischio più grande che corre la Chiesa. Se essa non freme di zelo e compassione autentiche per "ogni creatura", compromette la sua missione. La Chiesa è mandata ad annunciare il Vangelo, custodendo il deposito della fede che si fa visibile attraverso segni concreti e inequivocabili negli apostoli e in chi accoglie il loro annuncio: "Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio" (Paolo VI, Evengelii nuntiandi).
Gesù è risorto e dal Cielo accompagna i discepoli "dappertutto" agendo con loro, autenticando la loro parola con i segni celesti che svelano la presenza di Dio. Sono segni soprannaturali, opere, prodigi, miracoli che l'uomo, per quanto onesto, buono, rispettoso non può compiere. Su di essi vi è, inconfondibile, il copyright di Dio. Opere di Dio nella carne debole degli uomini, che svelano la loro natura celeste. Chi crede al Vangelo opera quanto esso annuncia; è passato dalla morte alla vita e ogni sua opera ha il sapore del Cielo, come un aereo che supera la barriera del suono, essa oltrepassa la barriera della carne e della corruzione. Il veleno che uccide, la condanna di chi non crede, non reca danno a chi è passato oltre il sepolcro. Il veleno dell'invidia, del rancore, del giudizio, del male, non può nulla in chi crede. Gli apostoli passano indenni nelle fiamme delle persecuzioni, la loro fede vince il mondo; attraverso la stoltezza della loro predicazione, Dio dona la fede, e coloro che accolgono l'annuncio degli apostoli la ricevono gratuitamente. Così, la stessa fede che muove gli araldi del Vangelo irrora la vita di chi lo accoglie, ed essa si fa visibile come un sigillo nei segni che l'accompagnano. Esattamente gli stessi segni accompagnano la fede di chi annuncia e chi crede: quello che gli apostoli predicano e mostrano appare in coloro che accolgono e credono. Perchè chi crede non muore, chi crede ama oltre la morte. Chi crede è strappato e strappa alla condanna.
I segni di cui ci parla il Signore non si possono pianificare in un consiglio pastorale, preparare nelle riunioni delle Conferenze Episcopali. Non si studiano. Sono miracoli, saette che trafiggono la normalità d'una vita senza Dio. Gesù non ha frequentato un corso su Dio, non lo ha imparato da nessuna parte, era, semplicemente, Suo Figlio. Così è di ogni figlio nel Figlio, d'ogni cristiano. Così è per la Chiesa che attraversa i secoli con lo zelo appassionato che freme di compassione e la spinge ad andare dappertutto, nella consapevolezza che ogni evento che la riguarda, ogni persecuzione, ciascun istante della vicenda concreta dei suoi apostoli, è legato alla missione di annunciare il Vangelo: "La Chiesa resta nel mondo, mentre il Signore della gloria ritorna al Padre. Essa resta come un segno insieme opaco e luminoso di una nuova presenza di Gesù, della sua dipartita e della sua permanenza. Essa la prolunga e lo continua. Ed è appunto la sua missione e la sua condizione di evangelizzatore che, anzitutto, è chiamata a continuare. Infatti la comunità dei cristiani non è mai chiusa in se stessa. In essa la vita intima... non acquista tutto il suo significato se non quando essa diventa testimonianza, provoca l'ammirazione e la conversione, si fa predicazione e annuncio della Buona Novella. Così tutta la Chiesa riceve la missione di evangelizzare, e l'opera di ciascuno è importante per il tutto" (Paolo VI, ibid). Nulla della nostra vita è fine a se stesso, perchè tutto è in funzione della missione alla quale siamo chiamati. Il veleno che oggi ciascuno di noi dovrà bere - l'incomprensione del marito, la ribellione el figlio, la malattia, la precarietà economica - è il segno con il quale il Signore accompagna e sostiene e certifica la nostra fede e quella di coloro ai quali siamo inviati. Anche oggi prenderemo in mano il serpente antico, il seduttore di tutta la terra, la menzogna che che avvelena la vita di ogni uomo, e lo renderemo innocuo in virtù della fede, per noi e per chi ci è accanto. Parleremo lingue nuove, la lingua dell'amore che solo in Cielo si parla, perchè supera le grammatica della carne per distendersi sulle declinazioni che raggiungono le debolezze, le sofferenze, le ansie e le speranze di chi ci è accanto senza il filtro dei nostri criteri, senza le correzioni che l'affettività vorrebbe apporre alle parole che descrivono la loro vita. Guariremo i malati, sì, in virtù della fede toccheremo il cuore ferito di chi ci è vicino deponendovi la misericordia di Dio.
La nostra storia concreta è un segno per i figli, i coniugi, i fidanzati, gli amici, i colleghi. Tutto è segno di un amore che vince la morte, il peccato, che trasforma la condanna in Grazia. Anche oggi siamo mandati dappertutto, in ogni istante della nostra giornata, e nulla ci è indifferente, da nessuna situazione dobbiamo scappare. Niente ci cade addosso improvviso, perchè è il Signore che ci invia a vivere ogni evento da risorti con Cristo; non subiamo la vita, la affrontiamo da protagonisti, come la missione più importante: liberare i prigionieri, cancellare la condanna che pesa su ogni uomo, spalancare per tutti le porte del Cielo, il destino di felicità eterna che il Vangelo annuncia: "l mondo, che nonostante innumerevoli segni di rifiuto di Dio, paradossalmente lo cerca attraverso vie inaspettate e ne sente dolorosamente il bisogno, reclama evangelizzatori che gli parlino di un Dio, che essi conoscano e che sia a loro familiare, come se vedessero l'Invisibile" (Paolo VI, Ibid).
Beato John Henry Newman (1801-1890), sacerdote, fondatore di una comunità religiosa, teologo PPS vol. 2, n°16
«Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura»
«Rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia infiacchite» (Eb 12,12; Is 35,3)... Preso da Barnaba e Paolo per il loro primo viaggio apostolico, davanti al pericolo, Giovanni [Marco] si separò da loro e ritornò a Gerusalemme (At 13,13 ; 15,38)... Ora, in seguito, egli è stato l' aiutante di san Pietro a Roma (1Pt 5,13). E' là che ha scritto il suo vangelo, soprattutto con ciò che l'apostolo gli aveva raccontato. Infine, è stato inviato da Pietro ad Alessandria d'Egitto, dove ha fondato una Chiesa tra le più strutturate e potenti, in quei primi tempi... Colui che aveva abbandonato la causa del Vangelo di fronte ai primi pericoli si è dimostrato in seguito... un servitore molto determinato e fedele a Dio... Lo strumento di tale cambiamento sembra essere proprio san Pietro, che ha saputo rinfrancare quel discepolo timido e pavido in modo davvero ammirevole.
Ci viene dato un insegnamento attraverso questa storia: con la grazia di Dio, il più debole può diventare forte. Quindi, occorre non fidarsi di se stessi, né disprezzare mai un fratello che dà prova di debolezza, né disperare mai nei suoi confronti, ma invece aiutarlo a portare i propri pesi (Ga 6,2) e ad andare avanti... La storia di Mosè ci fornisce l'esempio di un temperamento fiero orgoglioso ed impulsivo che lo Spirito ha domato al punto da farne un uomo di una mitezza eccezionale: «molto più mansueto di ogni uomo che è sulla terra» (Nm 12,3). ... La storia di Marco offre il caso di un cambiamento ancora più raro: il passaggio dalla timidezza all'audacia. ... Ammiriamo dunque in san Marco una trasformazione più sorprendente di quella di Mosé: «Per fede ... trovarono forza dalla loro debolezza» (Eb 11,34).
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