In un mondo angosciato e oppresso da tanti problemi,
che tende al pessimismo,
l'annunziatore della Buona Novella
deve essere un uomo che ha trovato in Cristo la vera speranza.
Giovanni Paolo II
Dal Vangelo secondo Giovanni 15,18-21.
Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato.
IL COMMENTO
Parafrasando il titolo di un film si può affermare che "Il mondo non è un paese per cristiani". Nessun luogo di questo mondo è realmente favorevole ai cristiani. Solo una lettura sentimentale e rassicurante del Vangelo e della storia ci fa pensare che il mondo possa divenire la dimora di Cristo e dei suoi discepoli; che, con un po' di buona volontà, con un dialogo sereno, pacato, illuminato, si potrà un giorno fare di esso un luogo di pacifica convivenza dove saranno rispettate e accolte le differenze con tollerenza e giustizia.
Non è così. Laddove i cristiani vivono secondo il Vangelo ne diventano testimoni, ovvero martiri. Anche nei Paesi che concedono ampie libertà religiose, se la vita dei cristiani si fa autentica, la loro presenza diviene scomoda e, alla lunga, insopportabile. Laddove i cristiani sono accettati o amati significa che hanno perduto l'unicità della loro primogenitura. La Chiesa è per sua natura una profezia che illumina e scuote, un segno di contraddizione. E il mondo, di norma, non la può sopportare, il mondo la odia.
E' pesante, è duro, è doloroso. Ma non può essere che così. Il mondo ama ciò che è suo, e rifiuta ciò che non gli appartiene. La Chiesa non è del mondo, pur essendo nel mondo. La Chiesa è un anticipo di Cielo annunciato ed offerto ad ogni uomo che, imbattendosi in essa, scopre d'improvviso la menzogna che lo tiene schiavo. Ed è insopportabile - spesso anche per noi - e accade che, come Gesù dice nella parabola degli invitati al banchetto, mentre alcuni declinano l'invito ad una vita diversa e migliore significata dal banchetto, altri uccidono i messaggeri, mostrando l'odio per chi contesta e denuncia la propria forma di vita, smascherandone le ambiguità, la malizia e l'incompiutezza. La Chiesa fa la Verità, la vive e la mostra, la annuncia in modo opportuno ed inopportuno, trafigge le coscienze, non può lasciare tranquilli. Quando questo non accade significa che si sta corrompendo e mondanizzando, il dramma più grande, perchè priva l'umanità dell'unica opportunità di salvezza.
La Chiesa è Cristo vivo nella storia. Il capitolo XV del Vangelo di Giovanni è un trattato di ecclesiologia che svela la natura essenziale della Chiesa: è unita a Cristo come i tralci alla vite, senza di Lui non può far nulla; sorge dall'elezione gratuita dell' amore di Dio, è amata e curata dal Signore che, giorno dopo giorno, si inchina a lavare i piedi dei suoi figli, offrendo loro la sua stessa vita. La Chiesa è il passo oltre il confine della carne, del peccato, del dolore, della morte. La Chiesa è amore che fa presente il Cielo, la comunione e l'intimità alle quali gli uomini sono chiamati, esperienza visibile della vita di chi rimane in Cristo, per sempre. La Chiesa è il segno del destino di ogni uomo, la verità che illumina e infonde speranza.
Ma il mondo non può accettare questa profezia, perchè vive sotto il dominio di satana. Da lui ingannato vive schiavo del potere, della concupiscenza, del peccato. Basta guardarsi intorno, sfogliare un giornale, partecipare ad una riunione di condominio. Il mondo odora di morte e corruzione, e si illude di godere della vanità di cui si nutre. In questo mondo la Chiesa vive, come un asteroide conficcato nel suolo di un deserto, o piombata nel centro di una megalopoli. Come un insetto penetrato nell'occhio, e dà fastidio, e deve essere rimosso. La Chiesa è una sveglia che suona ad ogni minuto, ricordando l'appuntamento ineludibile che attende ogni uomo. La Chiesa è l'arca di Noè costruita nel bel mezzo di una pianura, annuncia qualcosa che la stoltezza piegata sul contingente non può discernere. Per questo è irrisa e perseguitata. Come quell'arca profetizza il diluvio che svelerà la vanità del mondo, offrendo in anticipo, come segno di un amore più forte del peccato, il legno che può salvare. I figli della Chiesa sono angeli che trasmettono una notizia che stravolge e turba, tanto grande da apparire incredibile: la morte è vinta, Cristo è risorto!
I discepoli sono scelti dal mondo per incarnare questo grido di speranza, per essere voce di chi non ha voce. Cristo è risorto nelle loro vite, nella vita della Chiesa. "Saulo, perchè mi perseguiti?". L'intimità del discepolo con il Signore ne fa un alter Christus, lo trasforma in Cristo stesso. Per questo la missione della Chiesa è essenzialmente una comunione ogni giorno più profonda con Gesù. Tutto quello che accade nella vita di un cristiano accade a Cristo. E' Lui che ama, è Lui che lavora, che si innamora, che si sposa, che ha dei figli, che diventa prete, monaca, che gioca a pallone, che va a scuola e studia, che sale sulla metropolitana o passeggia in montagna. E' Lui che si corica e che si desta, è Lui che mangia, che riposa, che guarda la televisione e prende un caffè al bar. Nel cuore della Chiesa vi è lo Shemà, l'ascolto obbediente di ogni Parola creatrice di Dio che plasma il suo Figlio in ogni cristiano. Per questo la sua vita consiste nell'amare con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze il Signore unico e vero Dio che lo ha scelto liberandolo e riscattandolo dal mondo come una primizia; stringersi a Lui senza compromessi, in un amore esclusivo. Solo in esso si può amare e abbracciare ogni altro uomo di un amore gratuito, autentico, che arde di compassione.
Il mondo perseguita Cristo perchè odia Lui. Il mondo odia e deve rigettare ciò che non gli appartiene, perchè il mondo è morte, e Cristo è la Vita. Il mondo è come il sepolcro nel quale fu deposto il Signore, e dal quale è uscito vittorioso perchè, secondo la Scrittura, non era possibile che la morte lo tenesse in suo potere. Per questo la Chiesa dei discepoli di Cristo è deposta nel mondo come in un sepolcro. La loro vita è la vita di Cristo, più forte della morte. I loro matrimoni sono immagine del Cielo, fondati sul perdono che rompe le barriere dell'egoismo e del peccato, come i fidanzamenti sono casti perchè nella vittoria di Cristo si può rispettare e amare senza cedere alla concupiscenza, come il lavoro, come lo studio, come ogni aspetto ed istante delle loro esistenze. Tutto in loro è segno della vita stessa del Signore e così la Chiesa nel mondo riproduce il suo Mistero Pasquale. Si comprende allora la sua storia, il cammino che in ogni generazione e ad ogni latitudine l'ha condotta e la conduce alla Croce e al sepolcro, soffrendo una costante e violenta persecuzione. La Chiesa deve essere rifiutata per salvare il mondo. Come il suo Signore doveva essere rifiutato, e torturato, e ucciso. Perchè il mondo si salvi, deve vomitare il male sino all'ultima goccia, e questo deve raggiungere e uccidere e seppellire la Chiesa e i suoi figli. In India come duemila anni fa nelle province dell'Impero Romano, nel Giappone di tre secoli fa come nella Vandea della Francia rivoluzionaria. Come in ogni luogo dove oggi giungiamo noi con le nostre storie, perseguitati dall'esterno e dall'interno, con il mondo a farci guerra per provare l'autenticità della nostra fede, perchè appaia in noi l'amore di Cristo. Derisi dai parenti e dai compagni di scuola e di lavoro, scossi dalle tentazioni della carne nei fremiti della sessualità, dell'orgoglio, dell'ira, della giustizia umana. Il mondo, la carne e il demonio come un solo esercito muovono guerra alla Chiesa e a ciascuno di noi, ogni giorno, per indurci ad abiurare, a scarificare agli idoli, per strapparci la primogenitura, per cancellare in noi la prova dell'esistenza di Dio, il suo amore unico nostro tesoro.
Tutto questo accade perchè appaia la Verità, che il male non ha l'ultima parola, che l'uomo non è fatto per essere schiavo del demonio, che Cristo ha vinto l'uno e l'altro, e lo mostra nella sua Chiesa. Ed ogni evento è l'occasione perchè noi si possa sperimentare che davvero Lui solo basta, che Lui solo colma ogni desiderio, che nella tomba non finisce tutto, ma che, anzi, è proprio dall'oscurità del sepolcro che inizia la vita vera. Spogliati di tutto, insultati, rifiutati, nudi e feriti possiamo incontrare quell'amore che ha sperimentato Gesù sul cammino della sua passione, sulla Croce e nel sepolcro: l'amore infinito del Padre che nulla e nessuno potrà mai rubare. Crocifissi con Cristo per attestare al mondo che siamo fatti per il Cielo, che ogni uomo può intercettare in noi quel segno cui appoggiarsi per credere all'amore di Dio e abbandonare il peccato.
Questo mistero di salvezza si compie innanzi tutto nella vita di ogni cristiano. Le difficoltà, le sofferenze, i fallimenti potano ogni sedimento di male, purificano il lievito vecchio di malizia, e lo preparano alla missione. Dietro ad ogni evento della vita dei cristiani vi è l'amore geloso di Dio che lo unisce sempre più al suo Figlio perchè non sia più lui a vivere ma sia Cristo vivo in lui. Per questo il cristiano vive crocifisso con Cristo, e diviene così un argine di fronte allo tsunami del peccato e della morte. Esso allora si potrà abbatere su di lui come su Cristo stesso e infrangersi, e scomparire. I cristiani altro non sono che il manipolo di giusti uniti intimamente all'unico Giusto che ogni giorno, dal Cielo, Dio incontra nelle migliaia di Sodoma e Gomorra di ogni generazione. Per essi frena la sua ira e salva le città. La loro giustizia, la vita santa e celeste alla quale siamo chiamati e per la quale siamo stati scelti dal mondo, prende su di sè il rifiuto ed il peccato perchè il mondo riceva in cambio la salvezza, il perdono e la vita eterna.
Origene (circa 185-253), sacerdote e teologo
Esortazione al martirio, 41-42
Esortazione al martirio, 41-42
« Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me »
Se «dalla morte siamo passati alla vita» (Gv 5,24), in quanto dal paganesimo siamo venuti alla fede, non meravigliamoci se il mondo ci odia. Perché nessuno che non sia passato dalla morte alla vita, ma sia rimasto nella morte, può amare quanti hanno abbandonato la tenebrosa dimora della morte per entrare nella dimora «fatta di pietre vive» (1 Pt 2,5), da cui irradia la luce della vita...
È ormai tempo, o cristiano, di glorificarci. Dice infatti l'Apostolo: «Noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza; la speranza poi non delude. Purché l'amore di Dio ricolmi i nostri cuori mediante lo Spirito Santo» (Rm 5, 3-5)...
«Come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così per mezzo di Cristo abbonda anche la nostra consolazione» (2 Cor 1,5). Prendiamo con entusiasmo su di noi le sofferenze di Cristo e alle nostre sofferenze corrisponderanno le consolazioni che cerchiamo, quelle di cui godranno tutti coloro che piangono (Mt 5,5)... Coloro che condividono le sofferenze, nella misura in cui partecipano alle sofferenze di Cristo ne condivideranno anche la consolazione. Lo sappiamo da chi ci assicurò: «Come siete partecipi delle sofferenze, così lo siete anche della consolazione» (2 Cor 1,7).
È ormai tempo, o cristiano, di glorificarci. Dice infatti l'Apostolo: «Noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza; la speranza poi non delude. Purché l'amore di Dio ricolmi i nostri cuori mediante lo Spirito Santo» (Rm 5, 3-5)...
«Come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così per mezzo di Cristo abbonda anche la nostra consolazione» (2 Cor 1,5). Prendiamo con entusiasmo su di noi le sofferenze di Cristo e alle nostre sofferenze corrisponderanno le consolazioni che cerchiamo, quelle di cui godranno tutti coloro che piangono (Mt 5,5)... Coloro che condividono le sofferenze, nella misura in cui partecipano alle sofferenze di Cristo ne condivideranno anche la consolazione. Lo sappiamo da chi ci assicurò: «Come siete partecipi delle sofferenze, così lo siete anche della consolazione» (2 Cor 1,7).
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