ciò che Dio ha dato al Figlio suo che egli amava al di sopra di tutto;
in questo potrete riconoscere quale sia la sua volontà.
Sì, tali sono proprio i beni che egli fa a noi in questo mondo.
Dà in proporzione all'amore che nutre per ognuno di noi.
Santa Teresa d'Avila
Mt 6, 7-15
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome;
venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».
IL COMMENTO
Papà. Tanto basta. Il segreto della nostra vita è tutto in questa parola. Papà. Si può vivere da orfani o da figli. Schiavi o liberi. Infelici o felici. Potremmo chiederci oggi come sono vissute le nostre vite. I rapporti con le persone. Gli affetti. Il lavoro. La salute. Tutto. Siamo figli? O siamo schiavi, di un sorriso, di un'attenzione, di un affetto? Le nostre parole, i nostri sguardi, i nostri pensieri, le nostre telefonate, i nostri regali, il nostro tempo, i messaggi sul cellulare, i tag su facebook: perchè, per chi? La nostra vita è un pedaggio per entrare nelle grazie degli altri, una serie di mendicanze di considerazione, di stima? Non spendiamo per caso il tempo inseguendo uno straccio d’amore che dia un po’ di tepore alle nostre giornate? Sarebbe davvero interessante fermarsi e controllare. Guardare in faccia, senza sconti, atti, parole, sentimenti, e cercarne lo spunto reale, quello che muove le nostre vite. Che cosa cerchiamo. Di che cosa abbiamo bisogno. Che cosa temiamo. Di che che cosa manchiamo.
Una preghiera piena di parole sprecate è segno di una vita sprecata, ingannata, vissuta da chi si sente tradito, inutile, disprezzato. Soprattutto dimenticato. Di chi si vede al lato della storia che conta, degli affetti, delle scelte importanti, e tenta, con sussulti di parole blaterate, di farsi notare e cerca d’essere importante. Di chi si costruisce un’identità che non possa essere ignorata. Tutto per fuggire una vita insignificante. Le molte parole della preghiera segnano una vita in ginocchio davanti agli uomini e alle cose, perché prostrata dinanzi a sé stessi, al proprio vuoto pneumatico. Come i pagani, e le loro tante parole. Come i loro tanti idoli. I pagani: molti dei, nessun Padre. E noi, così spesso come loro. Dimenticando, o forse non avendo mai conosciuto veramente nostro Padre. Conoscere Lui infatti, dice Gesù, è la vita eterna. Conoscere il Padre è sapere d’essere amati, ora, così come siamo, senza condizioni. I rabbini raccontavano questa breve parabola: "Il figlio di un re aveva preso una cattiva strada. Il re gli inviò il suo precettore con questo messaggio: “Ritorna figlio mio!”. Ma il figlio gli fece rispondere: “Con che faccia posso tornare? Mi vergogno a comparirti dinanzi”. Il padre allora gli mandò a dire: “Può un figlio vergognarsi di tornare da suo padre? E se tu torni, non torni da tuo padre?" (Dt R. 2,24). Conoscere il Padre ci dona la libertà di ritornare sempre alla fonte e all'origine del nostro essere, la parresia di gettarsi tra le braccia di nostro Padre nella certezza di essere accolti con misericordia, con semplicità schietta, fiducia filiale, umile audacia (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2777). “La consapevolezza che abbiamo della nostra condizione di schiavi ci farebbe sprofondare sotto terra, il nostro essere di terra si scioglierebbe in polvere se l’autorità dello stesso nostro Padre e lo Spirito del Figlio suo non ci spingessero a proferire questo grido: “Abbà, Padre!”. Quando la debolezza di un mortale oserebbe chiamare Dio suo Padre se non soltanto allorché l’intimo dell’uomo è animato dalla potenza dall’alto?” (S. Pietro Crisologo, Ser. 71). Chi ha una stanza dove ritirarsi e sfogare le proprie angosce, confessare i propri peccati, piangere e stringersi al petto di suo Padre, non ha più bisogno di prostrarsi agli idoli, la sofferenza procurata dai rifiuti, dalle incomprensioni, dai fallimenti, non ha il potere di strappargli la speranza e la pace. Conoscere il Padre, avere l'esperienza del suo amore presente in ogni evento della nostra vita, ci sazia e ci fa persone, ci rende la dignità che ci spetta, l’attenzione, la stima, l’amore. Di tutto questo l'unica fonte autentica ed incorruttibile è il cuore di nostro Padre. Chi vi attinge sa amare gli altri di un amore libero, sganciato dalle rincorse affannate e deluse di un po’ di affetto, sfugge ai compromessi, lotta per la castità, vive nella luce della verità, dona la sua vita senza appropriarsi di quella altrui: "Chi va verso Dio non si allontana dagli uomini, ma si rende invece ad essi veramente vicino" (Benedetto XVI, Deus caritas est, 42).
Nell'intima preghiera che si abbandona totalmente a mio Padre, ritroviamo anche tutti gli altri uomini. In mio Padre nessuno mi è più estraneo, ma ogni relazione assume i contorni della libertà e della verità. L'incontro con mio Padre fa scaturire il Padre nostro nel quale vivere ogni istante, ogni evento, ogni rapporto. Il Padre nostro ci fa uno con il Padre e con ogni uomo: come Gesù nel Getsemani. L'Abbà che sgorga dal cuore attira a Dio, misteriosamente, schiere di uomini. Il Padre nostro è la prima missione che ci è affidata, avere nel cuore ogni figlio di nostro Padre, ogni nostro fratello. Per loro - perduti, dispersi, sofferenti - è la nostra vita di figli, ritmata e accompagnata dalle parole del Padre nostro: esse invocano il Nome di Dio incarnato e santificato nelle nostre esistenze - perchè si veda il Cielo in terra nelle opere che Dio compie in ciascuno di noi, opere sante, separate dal mondo ma ben presenti nella sua storia- ; implorano l'avvento del Regno nel quale vivere, e regnare sul denaro, sul lavoro, sugli affetti, come figli del Re - per dischiudere a tutti le porte della speranza nel destino che attende ogni uomo -; desiderano il compimento della volontà di Dio - "umiltà nella conversazione, fermezza nella fede, discrezione nelle parole, nelle azioni giustizia, nelle opere misericordia, nei costumi severità... non fare dei torti e tollerare il torto subito, mantenere la pace con i fratelli, amare Dio con tutto il cuore... nulla assolutamente anteporre a Cristo, poiché neppure lui ha preferito qualcosa a noi. Volontà di Dio è stare inseparabilmente uniti al suo amore, rimanere accanto alla sua croce con coraggio e forza, dargli ferma testimonianza quando è in discussione il suo nome e il suo onore, mostrare sicurezza della buona causa, quando ci battiamo per lui, accettare con lieto animo la morte quando essa verrà per portarci al premio" (S. Cipriano, Trattato «Sul Padre nostro»); sono affamate del pane della vita - il cibo di cui si è alimentato Gesù, la Croce che ci attende ogni giorno nella quale entrare per annunciare l'amore vittorioso di Dio - ; parole che sperano la vittoria sul demonio e il male, che desiderano il perdono sul quale si infrangano l'odio e il rancore; in questa preghiera ogni uomo prende posto nel nostro cuore. E' la sorgente dell'amore vero.
Per questo S. Atanasio citato da Benedetto XVI, scriveva di S. Antonio del deserto parole che ci chiamano oggi a conversione, a ritornare all'intimità con nostro Padre, e a preoccuparci davvero solo di Lui e della vita che da Lui solo proviene: "Che fosse dappertutto conosciuto, da tutti ammirato e desiderato, anche da quelli che non l’avevano visto, è un segno della sua virtù e della sua anima amica di Dio. Infatti non per gli scritti né per una sapienza profana né per qualche capacità è conosciuto Antonio, ma solo per la sua pietà verso Dio. E nessuno potrebbe negare che questo sia un dono di Dio. Come infatti si sarebbe sentito parlare in Spagna e in Gallia, a Roma e in Africa di quest’uomo, che viveva ritirato tra i monti, se non l’avesse fatto conoscere dappertutto Dio stesso, come egli fa con quanti gli appartengono, e come aveva annunciato ad Antonio fin dal principio? E anche se questi agiscono nel segreto e vogliono restare nascosti, il Signore li mostra a tutti come una lucerna, perché quanti sentono parlare di loro sappiano che è possibile seguire i comandamenti e prendano coraggio nel percorrere il cammino della virtù" (Sant'Atanasio, Vita di Antonio 93,5-6).
Benedetto XVI: Il Padre Nostro. Da 'Gesù di Nazaret'
Emiliano Jimenez. Il Padre Nostro.Il cammino di perfezione, cap.32/34
«Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra». O mio tenero Maestro, quale gioia per me che tu non abbia fatto dipendere il compimento della tua volontà, da un volere così debole quanto il mio! ... Quanto infelice sarei, se tu avessi voluto che dipendesse da me che si compia o no la tua volontà. Ora, ti do liberamente la mia volontà, anche se in un momento in cui questo dono non è meramente desinteressato, poiché una lunga esperienza mi ha fatto conoscere i vantaggi di tale abbandono. Che profitto immenso, amiche mie! Ma d'altra parte, che perdita immensa, se non adempiamo ciò che offriamo al Signore in questa domanda del Padre nostro...
Voglio dunque dirvi, o richiamarvi, qual'è questa volontà. Non temete che questa sia di darvi delle ricchezze, dei piaceri, degli onori né alcun bene di quaggiù. Egli non nutre per voi un amore così piccolo da darvi queste cose! Egli dà molta importanza al presente che gli offrite, e intende ricompensarvi molto per questo, poiché fin da questa vita vi dà il suo Regno... Guardate figlie mie, ciò che Dio ha dato al Figlio suo che egli amava al di sopra di tutto; in questo potrete riconoscere quale sia la sua volontà. Sì, tali sono proprio i beni che egli fa a noi in questo mondo. Dà in proporzione all'amore che nutre per ognuno di noi..., tenendo conto anche del coraggio che vede in ognuno e dell'amore che abbiamo per lui. Colui che lo ama molto, viene riconosciuto come capace di soffrire molto per lui, e colui che lo ama poco, di soffrire poco. Per parte mia, sono certa che la misura della nostra forza per portare una grande croce oppure una piccola croce, è la misura del nostro amore...
Tutti i miei consigli in questo libro tendono a questo scopo: darci interamente al Creatore sottomettere la nostra volontà alla sua, distaccarci dalle creature; sicuramente ne avete capito tutta l'importanza, non dirò di più a questo proposito. Indicherò soltanto per quale motivo il nostro buon Maestro formula questa domanda del Padre nostro. È perché conosce quale grande vantaggio ci sia per noi nel fare questo piacere al Padre suo eterno. In questo ci disponiamo a giungere prontamente allo scopo del nostro viaggio e a dissetarci alle acque vive della fonte di cui vi ho parlato. Se invece non doniamo interamente la nostra volontà al Signore affinché lui stesso si prenda cura di quanto ci riguarda, mai ci permetterà di bervi.
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