Lunedì della IV settimana del Tempo di Pasqua


Nel recinto di Cristo per prepararci alla missione





αποφθεγμα Apoftegma


Pascimi, o Signore, e pasci tu con me gli altri,
perché il mio cuore non mi pieghi né a destra né a sinistra,
ma il tuo Spirito buono mi indizzi sulla retta via
perché le mie azioni siano secondo la tua volontà
e lo siano veramente fino all'ultimo.

San Giovanni Damasceno



Amen, amen, io vi dico”, cioè è degno di fede quello che vi dico: fermi tutti, è lunedì, immagine della nostra vita qui sulla terra, ascoltiamo che cosa vuole dirci il Signore. Innanzitutto appare un “recinto”. In greco il termine non designa mai un ovile, ma è usato sempre per indicare l'atrio davanti al Santuario nel Tempio di Gerusalemme. Gesù, dunque, parla del Tempio, mentre il contesto è quello della festa di Hanukka'h, che celebrava la riconsacrazione del nuovo Tempio ad opera di Giuda Maccabeo, dopo la profanazione di Antioco Epifane. I Greci Siriani avevano promulgato un decreto che mirava a far "dimenticare la Tua Torà e violare i decreti della Tua volontà"Come sempre, la ragione al servizio della superbia e del potere non sopporta che ci sia un Dio al di sopra di lei. Quando non è illuminata dalla fede, la ragione è sempre schiava, e finisce con il trascinare con sé anche il cuore e la carne. Il Tempio di Gerusalemme si ergeva come un segno e un limite di fronte a tutti i popoli e le culture. C'è un solo Dio, e nessun potere, per quanto illuminato, e nessuna cultura, per quanto sviluppata, potevano paragonarsi a Lui. Per questa ragione i Greci contaminarono l'olio nel Santo dei Santi, come uno sfregio a Dio, a dimostrare che non aveva potere su di loro. Di fronte al pericolo della perdita della propria identità, gli ebrei si opposero e organizzarono una resistenza che fondava le proprie basi sull'adesione all'educazione ebraica. E Hanukka'h, significa anche "educare". Gesù, nel mezzo di questa festa, passeggia nel Tempio, sotto il portico di Salomone. Passeggia come Dio nel paradiso, alla ricerca di Adamo. La sua presenza e le sue parole sono, per ciascuno, un interrogativo: "dove sei?". Dove sono le pecore? Dove sei tu? Dove sono io? Chi ci sta educando?  

Le pecore di cui parla il Signore, infatti, sono quelle molto speciali che si trovavano nel Tempio, nel quale erano allevati gli agnelli per il sacrificio e l'olocausto. Erano agnelli scelti, senza difetto, immagine dei cristiani rinati nelle acque del battesimo, rivestiti di Cristo, l'Agnello di Dio che ha tolto il peccato del mondo. La cura del “guardiano” era orientata a preparare gli agnelli per il sacrificio. Così è per noi nella Chiesa, che ci nutre e ci ammaestra attraverso i sacramenti e la Parola, perché cresca in noi la fede sino a divenire adulta, capace cioè di spingerci ad offrire, senza condizioni, la nostra vita sull'altare preparato ogni giorno in famiglia, al lavoro, a scuola, ovunque. Nel “recinto” cresce e si fortifica la primogenitura degli agnelli di Cristo, allevati all'ombra del Santo dei Santi, illuminati dal suo amore, nutriti della sua misericordia. Ma, non è successo nella nostra vita che, “da un'altra parte”, diversa dalla “porta”, sono “entrati i ladri e i briganti” a profanare l'olio dello Spirito Santo con cui ciascuna pecora è stata unta? Forse Barabba, il "brigante", ci ha sedotto toccando nel nostro intimo le corde più deboli, quelle che fremono di fronte all'ingiustizia? O la sapienza mondana si è infiltrata in noi "rubandoci" la sapienza della Croce? Chiunque, quando si avvicina a noi per parlarci, consigliarci, persuaderci, non "entra" attraverso la Croce, e' “ladro e un brigante”, ci dice menzogne e sofismi, per ingannarci e farci rinnegare Cristo e la sua Croce. E sappiamo che il nemico della Croce è il demonio. Allora vediamo, con sincerità, se nella tua vita, oggi, tu sei un agnello. Di fronte a tua moglie o a tuo marito, ai figli e ai parenti, offri te stesso oppure reagisci, ti ribelli e cerchi di offrirti gli affetti per saziare la tua fame di piacere e tranquillità? Dinanzi alla malattia, all'umiliazione, alla solitudine, al disprezzo, al fallimento, quali sono le tue reazioni? Di fronte alle ingiustizie patite sul lavoro o a scuola, lotti e cerchi di farti giustizia? Ammettiamolo, Barabba e il mondo "sono venuti" e sono "entrati" nel "recinto". Abbiamo aperto al demonio che, con le menzogne camuffate in mezzo alla verità, ci ha sedotto come fece con Eva nel Giardino. Già, ma che ci faceva il serpente nel Paradiso? Che ci fa nel nostro "recinto"? Serve la libertà! Perché se il "recinto", il Tempio, la Chiesa, non ci educa alla libertà non serve a nulla! Si trasforma in una caserma dove imparare a eseguire gli ordini senza un'adesione autentica del cuore e della mente.  E ora siamo nudi, incapaci di offrirci per amore. Schiavi dei nostri appetiti, da pecore ci siamo trasformati in lupi che, come i ladri e i briganti, immolano invece di immolarsi (secondo l'originale greco reso con "uccidere"). Il demonio ci sta obbligando a un culto idolatrico, quello della rivolta sanguinaria di Barabba e quello della sapienza carnale dei greci; abbiamo rinnegato la primogenitura, per vivere contro la natura di figli di Dio donataci nel battesimo, quella che ci fa immagine del Servo sofferente che offre la sua vita. 

Per questo oggi appare Cristo dinanzi a noi, e possiamo riconoscere in Lui la nostra immagine “rubata e distrutta” dai “ladri e dai briganti” che “sono venuti prima di Lui” alla nostra vita. Solo “ascoltando la sua voce” possiamo scoprire che la nostra vita ha sempre e solo cercato Lui, carne della nostra carne, ossa delle nostra ossa. E così “fuggire via dagli estranei” che non hanno il nostro sangue, in loro non scorre quello di Cristo; non lo hanno versato per noi, non ci hanno amato... Solo Cristo, infatti, é il Pastore che ci parla con una voce inconfondibile, l'unica che il nostro intimo "conosce" come vera. E' il Pastore proprio perché é Agnello, e sa cosa significhi vivere e offrirsi come un agnello. Per questo ci può educare alla libertàci conosce “uno ad uno”, le schiavitù, le debolezze, le nevrosi, i complessi, anche i peccati. E, nonostante non siamo senza difetti, è l'unico che sa riconoscere in noi la primogenitura di agnelli scelti per il sacrificio, ed è capace di ridestarla perché abbia compimento nella nostra vita. E' Lui che riconsacra il suo tempio, la nostra vita: “Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti.” (1 Pt. 2,24-26). Gesù è risorto, solo Lui è il Pastore che può passare, anche oggi come nel Cenacolo la sera di Pasqua, attraverso la "porta" che avevamo sprangato per paura di morire come LuiGesù è vivo oggi, e di nuovo "entra nel recinto per la porta", e ci mostra le piaghe che ci fanno liberi di “vivere per la giustizia” della Croce. Le sue piaghe sono la Parola fatta carne nell'unica "voce" che il nostro cuore e la nostra ragione "conoscono". Dio ci ama così come siamo, lo possiamo vedere e sperimentare in Cristo crocifisso per i nostri peccati e risuscitato per la nostra giustificazione. 

E oggi ci chiama di nuovo: siamo liberi, come il Popolo di Israele che "uscì" dall'Egitto. Il verbo greco "condurre - far uscire" usato da Giovanni è infatti quello che, nell'Antico Testamento, è utilizzato per indicare la fine della schiavitù di Israele. Come Mosè, Cristo "cammina innanzi a noi" attirandoci per “seguire le sue orme” che ci "conducono" a vivere, ogni giorno, lo stesso mistero Pasquale. Con Lui possiamo "uscire" dal "recinto" per "entrare" in questa nuova settimana e "uscirne" vittoriosi, ovvero amando e consegnando la nostra vita per ritrovarla piena e "abbondante". Gesù ci attende oggi sulla Croce sulla quale è divenuto per noi “la porta” sempre aperta verso la “vita in abbondanza”, e ci chiama ad "entrare attraverso di Lui", ovvero ad essere crocifissi con Lui per essere "salvati" dal demonio. Da quel giorno sul Golgota, infatti, la Croce è divenuta la "porta della vita"! Ciò significa che gli "atri" - il "recinto" - del Tempio che è la nostra vita - ovvero la nostra carne, gli occhi, la bocca, le mani, i piedi, il cuore e la mente - sono, ogni giorno, in attesa della Pasqua, di Cristo che venga e ci faccia passare oltre la morte che ci ghermisce: che “ci spinga fuori dal recinto”, anzi, secondo il greco originale, che ci "cacci" fuori! Nonostante le nostre resistenze, la forza della carne che ci vorrebbe far rintanare in noi stessi per offrirci cose e persone. Che cosa ti fa paura? Guarda che proprio quello è il “pascolo” dove puoi sperimentare la vita più forte della morte, e la "salvezza" per te e per i fratelli! Il matrimonio è il "pascolo", il lavoro, lo studio, così come ogni fratello. La vita eterna che gustiamo nel recinto la possiamo sperimentare compiuta solo “fuori” dal "recinto"! In esso, attraverso le celebrazioni, l'ascolto della Parola di Dio e il nutrimento dei sacramenti ci prepariamo per salire al sacrificio, perché la nostra vita ha senso solo se è tanto “abbondante” da offrirla senza misura a chi ne ha bisogno. E in questa settimana ne incontreremo tanti, a cominciare da tua moglie e dai tuoi figli.



QUI IL COMMENTO COMPLETO E TANTI APPROFONDIMENTI 

 
    






L'ANNUNCIO
In quel tempo, Gesù disse; «In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. 
Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. 
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. 
E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. 
Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 
Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro. 
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. 
Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 
Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza».    (Dal Vangelo secondo Giovanni 10, 1-11)









Amen, amen, io vi dico”: fermi tutti, è Dio che parla, con un'autorità che nessun maestro sulla terra ha mai avuto. “In verità, in verità vi dico”, cioè è degno di fede quello che vi dico, è molto importante per ciascuno di voi.

Attenzione allora a come ascoltiamo, ne va della nostra vita. Innanzi tutto è bene collocarci dalla parte giusta. Gesù “disse questa similitudine” ai farisei. A quelli che non avevano accettato d'essere ciechi, e avevano cacciato fuori il cieco nato guarito da Gesù.

Ma oggi parla a noi, farisei come loro, pronti a escludere dalla nostra vita l'opera di Dio, in nome dei nostri criteri, religiosi, culturali e politici che siano. Come loro, anche noi “non capiamo che cosa significhi quello che Gesù ci dice”.

Non è così? Davvero crediamo di aver capito la “similitudine” del pastore? Bene, vediamo allora. E forse scopriremo che, al netto di una comprensione sentimentalistica, non solo non abbiamo capito nulla, ma, anche se capita, ci ritroviamo esattamente come i farisei, incapaci di accettarla.

Innanzitutto appare un “recinto”. In greco il termine non designa mai un ovile, ma è usato sempre per indicare l'atrio davanti al Santuario nel Tempio di Gerusalemme. Gesù, dunque, parla del Tempio, mentre il contesto è quello della festa di Hanukka'h, che celebrava la riconsacrazione del nuovo Tempio ad opera di Giuda Maccabeo, dopo la profanazione di Antioco Epifane.

I Greci Siriani avevano promulgato un decreto che mirava a far "dimenticare la Tua Torà e violare i decreti della Tua volontà". I Greci erano dei fans della conoscenza, per questo non importava loro se gli Ebrei apprendevano la saggezza della Torà. Ciò a cui si oppenvano con violenza era l'idea che la Torà provenisse da Dio - "la Tua Torà"...

Come sempre, la ragione al servizio della superbia e del potere non sopporta che ci sia un Dio al di sopra di lei. Quando non è illuminata dalla fede, la ragione è sempre schiava, e finisce con il trascinare con sé anche il cuore e la carne.

La storia dell'umanità ce lo racconta: tutte le dittature e tutte le ideologie hanno sempre perseguitato ferocemente i popoli ebraico e cristiano, perché solo chi riconosce Dio al di sopra di tutto è libero, e non si sottomette a chi ne vuole usurpare il posto. Conosce la propria origine, da dove gli viene la vita, e sa discernere in ogni evento la propria missione.

Il Tempio di Gerusalemme si ergeva come un segno e un limite di fronte a tutti i popoli e le culture. C'è un solo Dio, e nessun potere, per quanto illuminato, e nessuna cultura, per quanto sviluppata, potevano paragonarsi a Lui.

Per questa ragione i Greci contaminarono l'olio nel Santo dei Santi, come uno sfregio a Dio, a dimostrare che non aveva potere su di loro. La rivolta ebraica scoppiò quando i Seleucidi, dominatori della Giudea, imposero agli ebrei di abbandonare progressivamente le proprie tradizioni, costringendoli ad adorare gli idoli nel Tempio di Gerusalemme.

Di fronte al pericolo della perdita della propria identità, gli ebrei si opposero e organizzarono una resistenza che fondava le proprie basi sull'adesione all'educazione ebraica. E Hanukkah, significa anche "educare".

Gesù, nel mezzo di questa festa, passeggia nel Tempio, sotto il portico di Salomone. Passeggia come Dio nel paradiso, alla ricerca di Adamo. La sua presenza e le sue parole sono, per ciascuno, un interrogativo: "dove sei?". Dove sono le pecore? Dove sei tu? Dove sono io? Chi ci sta educando? 

Le pecore di cui parla il Signore, infatti, sono quelle molto speciali che si trovavano nel Tempio, nel quale erano allevati gli agnelli per il sacrificio e l'olocausto. Erano agnelli scelti, senza difetto, immagine dei cristiani rinati nelle acque del battesimo, rivestiti di Cristo, l'Agnello di Dio che ha tolto il peccato del mondo.

La cura del “guardiano” era orientata a preparare gli agnelli per il sacrificio. Così è per noi nella Chiesa, che ci nutre e ci ammaestra attraverso i sacramenti e la Parola, perché cresca in noi la fede sino a divenire adulta, capace cioé di spingerci ad offrire, senza condizioni, la nostra vita sull'altare preparato ogni giorno in famiglia, al lavoro, a scuola, ovunque.

Le pecore del “recinto”, infatti, “erano chiamate a fare il bene sopportando la sofferenza, poiché anche Cristo patì per loro, lasciando un esempio, perché ne seguissero le orme” (cfr. 1 Pt. 2, 20-21). Nel “recinto” cresce e si fortifica la primogenitura degli agnelli di Cristo, allevati all'ombra del Santo dei Santi, illuminati dal suo amore, nutriti della sua misericordia perché, al tempo opportuno, possano essere offerti uniti a Lui per la salvezza di ogni uomo.

Ma, per caso, “da un'altra parte”, diversa dalla “porta”, sono “entrati i ladri e i briganti” a profanare l'olio dello Spirito Santo con cui ciascuna pecora è stata unta? Forse Barabba, il "brigante", ci ha sedotto toccando nel nostro intimo le corde più deboli, quelle che fremono di fronte all'ingiustizia? O la sapienza mondana si è infiltrata in noi "rubandoci" la sapienza della Croce? 

Chiunque, quando si avvicina a noi per parlarci, consigliarci, persuaderci, non "entra" attraverso la Croce, e' “ladro e un brigante”, ci dice menzogne e sofismi, per ingannarci e farci rinnegare Cristo e la sua Croce. E sappiamo che il nemico della Croce è il demonio.

Ma dai, che esagerato, vado a messa sai? E qui non "entra" il demonio, ci mancherebbe... Ecco, la pensiamo esattamente come i farisei... Non ci riconosciamo ciechi, e così è impossibile "ascoltare" la voce del Pastore ed essere guariti. Non accettiamo di aver prestato fede alle parole del serpente, ci difendiamo, e per questo restiamo nei nostri peccati...


Allora vediamo, con sicerità, se nella tua vita, oggi, tu sei un agnello. Di fronte a tua moglie o a tuo marito, ai figli e ai parenti, offri te stesso oppure reagisci, ti ribelli e cerchi di offrirti gli affetti per saziare la tua fame di piacere e tranquillità? Dinanzi alla malattia, all'umiliazione, alla solitudine, al disprezzo, al fallimento, quali sono le tue reazioni? Di fronte alle ingiustizie patite sul lavoro o a scuola, lotti e cerchi di farti giustizia?

Ammettiamolo, Barabba e il mondo "sono venuti" e sono "entrati" nel "recinto". Abbiamo aperto al demonio che, con le menzogne camuffate in mezzo alla verità, ci ha sedotto come fece con Eva nel Giardino. Già, ma che ci faceva il serpente nel Paradiso? Che ci fa nel nostro "recinto"? Serve la libertà! 

Perché se il "recinto", il Tempio, la Chiesa, non ci educa alla libertà non serve a nulla! Si trasforma in una caserma dove imparare a eseguire gli ordini senza un'adesione autentica del cuore e della mente. E, a lungo andare, ci si indebolisce - perché l'uomo non è un computer a cui dare dei comandi - e si finisce con il soccombere agli "estranei" che si fingono "parenti", alle loro menzogne che ci inducono a pervertire la libertà, e così "rubano, immolano e distruggono", esattamente come fecero i greci nel Tempio al tempo dei Maccabei. 

Allora, come Adamo, ci siamo nascosti perché abbiamo paura. Il demonio, infatti, ci ha fatto credere che “il frutto del peccato è bello, buono da mangiare, e desiderabile”. E ora siamo nudi, abbiamo scoperto la concupiscenza, e non siamo più capaci di amare. Schiavi dei nostri appetiti, da pecore ci siamo trasformati in lupi che, come i ladri e i briganti, immolano invece di immolarsi (secondo l'originale greco reso con "uccidere").

Il demonio ci sta obbligando a un culto idolatrico, quello della rivolta sanguinaria di Barabba e quello della sapienza carnale dei greci; abbiamo rinnegato la primogenitura, per vivere contro la natura di figli di Dio donataci nel battesimo, quella che ci fa immagine del Servo sofferente che offre la sua vita.

Per questo oggi appare Cristo dinanzi a noi, e possiamo riconoscere in Lui la nostra immagine “rubata e distrutta” dai “ladri e dai briganti” che “sono venuti prima di Lui” alla nostra vita.

Li abbiamo ascoltati, ma qualcosa ci diceva che non era la verità. Solo “ascoltando la sua voce” possiamo scoprire che la nostra vita ha sempre e solo cercato Lui, carne della nostra carne, ossa delle nostra ossa. E così “fuggire via dagli estranei”, da chi ci inganna interpretandoci i fatti e giudicando le persone con una voce che non ci ha mai dato pace, anzi, ci ha condotto a sperimentare la morte figlia del peccato. Sono “estranei”, non hanno il nostro sangue, in loro non scorre quello di Cristo; non lo hanno versato per noi, non ci hanno amato...

Solo Cristo, infatti, é il Pastore che ci parla con una voce inconfondibile, l'unica che il nostro intimo "conosce" come vera. E' il Pastore proprio perché é Agnello, e sa cosa significhi vivere e offrirsi come un agnello. Per questo ci può educare alla libertàci conosce “uno ad uno”, le schiavitù, le debolezze, le nevrosi, i complessi, anche i peccati. E, nonostante non siamo senza difetti, è l'unico che sa riconoscere in noi la primogenitura di agnelli scelti per il sacrificio, ed è capace di ridestarla perché abbia compimento nella nostra vita.

E' Lui che riconsacra il suo tempio, la nostra vita: “Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti.” (1 Pt. 2,24-26).

Gesù è risorto, solo Lui è il Pastore che può passare, anche oggi come nel Cenacolo la sera di Pasqua, attraverso la "porta" che avevamo sprangato per paura di morire come LuiGesù è vivo oggi, e di nuovo "entra nel recinto per la porta", e ci mostra le piaghe che ci fanno liberi di “vivere per la giustizia” della Croce. 

Le sue piaghe sono la Parola fatta carne nell'unica "voce" che il nostro cuore e la nostra ragione "conoscono". Dio ci ama così come siamo, lo possiamo vedere e sperimentare in Cristo crocifisso per i nostri peccati e risuscitato per la nostra giustificazione. 

E' vero, "abbiamo rinnegato il Giusto e chiesto che ci fosse graziato Barabba, un assassino", ma Dio lo ha risuscitato e oggi il Giusto è vivo dinanzi a noi, e ci chiama di nuovo: siamo liberi, come il Popolo di Israele che "uscì" dall'Egitto. Non a caso, infatti, il verbo greco "condurre - far uscire" usato da Giovanni è quello che, nell'Antico Testamento, è utilizzato per indicare la fine della schiavitù di Israele.

Come Mosè, Cristo "cammina innanzi a noi" attirandoci per “seguire le sue orme” che ci "conducono" a vivere, ogni giorno, lo stesso mistero Pasquale. Con Lui possiamo "uscire" dal "recinto", dal Tempio che abbiamo convertito in una "spelonca di ladri", ed "entrare" nel matrimonio, al lavoro, a scuola, nel letto d'ospedale e nelle ore angosciate in cerca di un lavoro, nelle ingiustizie e nei soprusi. E "uscirne" vittoriosi, ovvero amando e consegnando la nostra vita per ritrovarla piena e "abbondante". 

Gesù ci attende oggi sulla Croce dove ha già ha steso le braccia per accoglierci e farci una sola cosa con Lui. E' Lui, infatti, che sulla Croce è divenuto per noi “la porta” sempre aperta verso la “vita in abbondanza”. Da quel giorno sul Golgota, la Croce è divenuta la "porta della vita"! La Croce di ciascuno non è più un patibolo, ma il letto d'amore dove conoscere il Signore, ed essere offerti con Lui per chi ci è accanto.

Per questo la Chiesa, con San Paolo, annuncia sempre Cristo e Cristo crocifisso. Per questo, il primo segno dei riti del battesimo è proprio essere segnati dalla croce. Per questo Gesù ci chiama ad "entrare attraverso di Lui", ovvero ad essere crocifissi con Lui per essere "salvati" dal demonio. 

Sulla Croce, infatti, ha vinto il demonio; attraverso di essa è sceso negli inferi della superbia che ci tenevano prigionieri, per liberare in noi l'elezione nella quale, da prima della fondazione del mondo, Dio ci ha creati. Sulla "porta" del "recinto", sugli stipiti della nostra croce cola il suo sangue, come la notte dell'esodo quello degli agnelli! 

Su tutto quello che nella nostra storia ci ha inchiodati alla paura di morire - sia la morte di nostro padre, sia una violenza patita da bambini, sia il nostro fisico o qualunque esperienza che abbiamo vissuto come un'ingiustizia - è scesa la misericordia di Dio. 

Ciò significa che gli "atri" - il "recinto" - del Tempio che è la nostra vita - ovvero la nostra carne, gli occhi, la bocca, le mani, i piedi, il cuore e la mente - sono, ogni giorno, in attesa della Pasqua, di Cristo che venga e ci faccia passare oltre la morte che ci ghermisce: che “ci spinga fuori dal recinto”, anzi, secondo il greco originale, che ci "cacci" fuori! Nonostante le nostre resistenze, la forza della carne che ci vorrebbe far rintanare in noi stessi per offrirci cose e persone. 

Così la Chiesa, che celebra la Pasqua in ogni sua liturgia, in ciascun gesto e nella comunione dei fratelli, esiste perché il Pastore risorto la "getti" nel mondo a far risplendere la sua luce. Ogni comunità è viva solo se feconda, sparsa come seme di vita sino agli estremi confini della terra.

Lui, che è stato "cacciato" fuori dalla morte perché non era possibile che lo trattenesse, sa che essa non può tenere schiavi neanche noi. Per questo ci chiama personalmente e ci butta fuori dall'egoismo, dall'autoreferenzialità, dal narcisismo che non sono il nostro luogo, non sono le attitudini del cuore per le quali siamo stati eletti.

Per questo Cristo risorto “cammina innanzi a noi” verso il “pascolo” e la “salvezza". Che cosa ti fa paura? Guarda che proprio quello è il “pascolo” dove puoi sperimentare la vita più forte della morte, e la "salvezza" per te e per i fratelli! Il matrimonio è il "pascolo", il lavoro, lo studio, così come ogni fratello.

La vita eterna è “fuori” dal "recinto"! Non si può viverci sempre dentro, a guardarci narcisisticamente, come ripete Papa Francesco: "Cioè, fuori metafora, Gesù propone all’uomo una libertà da tutti i recinti per camminare nella libertà della fraternità dei figli di Dio. Mentre le altre religioni e i capi religiosi e politici hanno tutti bisogno di tenerle nel recinto delle loro idee, sotto il loro dominio e sotto il loro controllo perché così ci campano sopra" (Silvano Fausti). 

E ciò, purtroppo, accade anche nella Chiesa, quando si preoccupa più di se stessa e dei suoi riti, che di chi è "fuori". Nel “recinto” ci prepariamo per salire al sacrificio, perché la nostra vita ha senso solo se è tanto “abbondante” da offrirla senza misura a chi ne ha bisogno. 

Siamo chiamati, infatti, ad “entrare” nella morte e “uscirne” vittoriosi, e così trascinare con noi questa generazione sino al Cielo: "E’ solo attraverso questa «porta» del Sacrificio pasquale che gli uomini e le donne di tutti i tempi e luoghi possono entrare nella vita eterna; è attraverso questa «via santa» che possono compiere l’esodo che li conduce alla «terra promessa» della vera libertà, ai «pascoli erbosi» della pace e della gioia senza fine" (Benedetto XVI).



APPROFONDIMENTI

CONCORDANZE

Concordanze di Gv. 10, 1-10
Percorso esegetico per scrutare il Vangelo della IV Domenica di Pasqua, anno A.



COMMENTI

Benedetto XVI. Io sono il Buon Pastore

Ratzinger - Benedetto XVI. Il Pastore (da Gesù di Nazaret)
RATZINGER - Benedetto XVI: Omelie sul Buon Pastore 
Giovanni Paolo II. Omelie sul Buon Pastore
P. R. Cantalamessa: IL BUON PASTORE
Josemaria Escrivà. IL BUON PASTORE
Pastore nel Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento
Daniel-Rops. La vita del buon pastore in Palestina ai tempi di Gesù



L'INIZIAZIONE CRISTIANA, IL BATTESIMO E IL BUON PASTORE


J Danielou. Il Sal. 23 e il Buon Pastore figure dell'iniziazione cristiana


ESEGESI


Pastore nel Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento
Schnackemburg. Gesù Buon Pastore
S. A. Panimolle. La porta delle pecore e il Buon Pastore
R. Fabris. Il pastore e le pecore
IL buon pastore... la porta... entrare.. uscire...
L'annuncio del buon pastore




COMMENTI PATRISTICI
Sant'Agostino. Il buon Pastore e i mercenari. (Giov. 10, 11-13)
Sant'Agostino. Omelia sul Buon Pastore
Sant'Agostino. Il buon Pastore dà la vita.
San Gregorio Magno. Cristo, il buon pastore
San Beda il Venerabile. Dall’Omelia II sul Buon Pastore
S. Cirillo di Gerusalemme. Dal Commento al Vangelo di Giovanni sul Buon Pastore




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