Questa svolta della
sua vita, questa trasformazione di tutto il suo essere
non fu frutto di un
processo psicologico,
di una maturazione o
evoluzione intellettuale e morale,
ma venne dall’esterno:
non fu il frutto del suo pensiero,
ma dell’incontro con
Cristo Gesù.
In questo senso non fu
semplicemente una conversione,
una maturazione del
suo "io",
ma fu morte e
risurrezione per lui stesso:
morì una sua esistenza
e un’altra nuova ne nacque con il Cristo Risorto.
Solo l'avvenimento,
l'incontro forte con Cristo,
è la chiave per capire
che cosa era successo:
morte e risurrezione,
rinnovamento da parte
di Colui che si era mostrato e aveva parlato con lui.
In questo senso più
profondo possiamo e dobbiamo parlare di conversione.
Questo incontro è un
reale rinnovamento
che ha cambiato tutti
i suoi parametri.
Adesso può dire che
ciò che prima era per lui essenziale e fondamentale,
è diventato per lui
"spazzatura";
non è più
"guadagno", ma perdita,
perché ormai conta
solo la vita in Cristo.
Benedetto XVI
Dal Vangelo secondo
Marco 16,15-18.
Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.
Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.
Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il commento
Un uomo lanciato nel fuoco di uno
zelo smisurato, e un
amore più grande d'ogni
entusiasmo, che arriva come un fendente, e rovescia la vita: una voce
improvvisa, una luce che abbaglia, e tutto quello che è stato - certezze che
sembravano granito, la storia, i Padri, le tradizioni, l'elezione e l’Alleanza –
viene assorbito travasato nel buio della cecità. E poi, anni di silenzi, il
deserto, occhi poggiati sul nulla, e quella
voce che risuona dentro,
insieme alle voci amiche di chi era stato nemico che raccontano l'amore che ha
vinto la morte. La vita di Saulo era precipitata in un frullatore che rimestava
ogni molecola; soprattutto, non lo lasciava il ricordo vivo di pietre e sangue
e il volto di Stefano, come quello di un angelo piegato sulle ginocchia, quella
sapienza sconosciuta che consegnava la vita per lui. Moriva quel gemello fedele
dell'eretico di Nazaret, e sussurrava le stesse, strane parole, moriva
perdonando, e non era cosa di questo mondo. Quell'immagine, quell'uomo piagato
eppure sfolgorante di Cielo gli si era conficcata nella memoria, e
s'intrecciava con quella voce che lo aveva afferrato e scaraventato giù dalla
vita. Saulo di Tarso, quello che incarcerava e
uccideva i cristiani era lì, in quell'eremo d'Arabia, ridiventato bambino, la
mano stretta in quella di Anania, e camminava a ritroso nella sua storia e in
quella del suo Popolo; ad ogni passo si dileguava un frammento di buio, e le
cose si facevano prima chiare, e poi vere, e poi nette come un mattino sferzato
di tramontana. E sempre e di nuovo Stefano impresso nella memoria, la sua voce
così simile a quella voce che lo aveva rapito e sconvolto, il suo volto così
uguale a quello che lo aveva sedotto sulla via di Damasco. Era Stefano, ma era anche
il Rabbì di Nazaret, ma erano anche i piccoli che aveva messo in catene. La
Verità aveva bussato, senza nessun altro preavviso che quel volto tumefatto di
chi, morendo, lo aveva scusato, perdonato, amato; ora comprendeva, ora che
quella misericordia senza condizioni, quel non tener conto delle intenzioni
malvagie, degli errori e dei peccati, lo aveva raggiunto e chiamato a seguire e diventare
come l'eretico giustiziato sulla Croce; ora ci vedeva, e capiva perché il volto
di Stefano gli era sembrato come quello di un angelo del Cielo. Era vero quel
morire come un agnello, era vero che il Messia doveva patire come il Servo di
Yahwé delle Scritture, era vero, il Crocifisso è risorto, e Gesù è il Figlio di
Dio. La Storia di salvezza, le promesse,
l'Alleanza, la Terra, la Legge, la Pasqua, le tradizioni, tutto parlava di Gesù,
lo annunciava e lo attendeva; come egli stesso, sbagliando mira, aspettava la
redenzione, il compimento, il Messia. Saulo non lo aveva capito, correva verso
Damasco a perseguitare i discepoli di Colui che il suo cuore desiderava più
d'ogni altra cosa al mondo. Per il Messia Saulo avrebbe considerato tutto
spazzatura; per l'atteso del suo popolo avrebbe consegnato la vita, sino
all'ultimo respiro. Per questo voleva estirpare la spazzatura che si opponeva
all'avvento del Messia, bruciava di desiderio e doveva cancellare ogni menzogna
ed eresia, non v'era posto per i falsi profeti. Ma Saulo non poteva prevedere
che dietro a quel suo zelo si nascondeva il bisogno bambino di essere amato,
salvato, rigenerato. Giudicava senza pietà perché cercava pietà; voleva
estirpare la menzogna perché bramava la Verità; correva e cercava perché voleva
essere trovato; era certo di non sbagliare perché desiderava qualcuno che lo
amasse quando sbagliava; era geloso delle sue cose perché cercava un fondamento
più forte di se stesso.
Ma proprio sull'orlo dell'abisso, appare Gesù, l'amato sconosciuto
del suo cuore; ora era Lui ad averlo trovato, fermato, perdonato, amato. Gesù,
vivo in tutti quelli che Saulo stava per consegnare alla morte; Gesù e quel suo
"perché?" che illumina
tutta la sua vita come un'unica, spesso disperata ricerca d'amore. Perché mi
perseguiti? Perché dai calci contro il pungolo? Perché vuoi uccidere l'amore
che cerchi? In quel "perché?" c'era tutto: la Chiesa, la Vita, la
Verità, la Via, il perdono; e l'amore mai sperimentato che s'era impadronito di
lui, ed era divenuto fuoco, incontenibile. La certezza che quell’amore aveva
vinto il peccato ed era più forte della morte, diveniva un dovere impellente, un’urgenza
che gli premeva dentro, un incarico improcastinabile: partire, correre, e
annunciare, non era possibile arrestare quel fiume in piena, l'amore si faceva
gratitudine e poi avventura, e lingue nuove da parlare in ogni centimetro del mondo
e dei secoli, e poi malati guariti, e comunità fondate in ogni città; e
serpenti tra le mani, e veleni nella gola, e nulla poteva che potesse recar
danno al Vangelo; e poi persecuzioni dietro ad ogni angolo, e il dolore più
grande, lancinante, come quello che aveva trapassato il costato del suo nuovo
Signore: i suoi fratelli, il suo stesso sangue, che s'erano fatti nemici. Era
vivo Gesù, era vivo in Lui, era vittorioso e vinceva, nelle sue parole, ogni
demonio. Saulo era come ciascuno di noi,
fieri e certi in apparenza, ma in realtà pavidi e insicuri. Come lui, anche noi
cerchiamo, ci affanniamo, lottiamo, ci indigniamo e giudichiamo, ci
appassioniamo e ci spendiamo, soffriamo e sudiamo per nulla, incapaci di
afferrare l'Unico che il nostro cuore davvero desidera. Come Saulo non ci
rendiamo conto di cercare proprio quello che stiamo rifiutando, la verità e
l'amore che si celano in tutto quello che mettiamo a morte ogni giorno. Ma
lo stesso perché che
ha salvato il Fariseo di Tarso, bussa oggi alla nostra vita: perché corriamo
per mettere in galera la moglie, il marito, il capoufficio, o la fidanzata?
Perché pretendiamo vita e felicità e ce le prendiamo incatenando chi ci è
intorno, appropriandoci di tutti per soddisfare i nostri desideri, esigendo
comprensione, reclamando giustizia. Perché?
Perché siamo ciechi e non abbiamo compreso che in tutto e in tutti si nasconde
il Messia, Colui che il nostro cuore desidera ardentemente. Ma ogi, di nuovo,
Egli appare sulla strada che ci conduce alle nostre Damasco di superbia e
vanità, odii e rancori, concupiscenze, gelosie e avarizie; ci guarda e ci parla,
e il suo amore ci tramortisce, illuminando la storia e le persone di una luce
sconosciuta. Perseguitando chi ci è vicino, abbiamo perseguitato Lui, l'unica
salvezza; rifiutando gli eventi e lottandoci contro, abbiamo gettiamo fuori
dalla nostra vita Cristo, l'unica fonte di gioia e pace. La conversione è
ritorno, secondo il significato ebraico del termine teshuvà; è un cammino, sin dentro le radici, per scoprire
un'elezione e un amore eterni. Anche per noi è preparato, oggi e ogni giorno,
come per Paolo, l'incontro decisivo che disarciona dai giumenti delle certezze
perché ci abbandoniamo a un amore più grande, che illumina ogni rivolo delle
nostre vite, che svela il senso misterioso di chi ha perduto la sua per noi. Ci
attende oggi, dove meno ce lo aspettiamo, un incontro che è preludio alla
conversione, una dolcezza ferma e vera che seduce e accompagna nel cammino alla
Verità, il ritorno alle radici d'ogni nostra unica e irripetibile vita; alle
origini, nell'Eterno che ci ha generati, vi è il suo amore infinito nel quale è
racchiuso il senso autentico che colma l'esistenza. Da esso sgorga lo zelo che
muove una vita nuova e santa: il volto presentato ai flagellatori invece delle
pietre scagliate contro l'Agnello, perché la vita è una missione meravigliosa, che
annuncia il Vangelo ovunque, sino al dono totale di sé.
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