La vita cristiana esige il «martirio» della fedeltà quotidiana al Vangelo,
il coraggio cioè di lasciare che Cristo cresca in noi
e sia Cristo ad orientare il nostro pensiero e le nostre azioni.
Ma questo può avvenire nella nostra vita solo se è solido il rapporto con Dio.
Benedetto XVI
Mt 11,11-15
In quel tempo Gesù disse alla folla: “In verità vi dico: tra i
nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il
più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.
Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono.
La Legge e tutti i Profeti infatti hanno profetato fino a Giovanni. E se lo volete accettare, egli è quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi intenda”.
Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono.
La Legge e tutti i Profeti infatti hanno profetato fino a Giovanni. E se lo volete accettare, egli è quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi intenda”.
Il commento
La Storia della Salvezza è intessuta di carne e di sangue.
"I nati di donna", infatti, sono concepiti nel peccato. Come ogni
profeta, come Giovanni il Battista, il "più grande" tra tutti i
profeti, possono giungere sulle soglie del Regno dei Cieli, non vi possono
entrare. Non per una questione giuridica, ma sostanziale. Chi non è
rinato dall'alto non può vedere il Regno dei Cieli; chi non rinasce dallo
Spirito nelle acque del Battesimo non vi può entrare. E sono le parole di Gesù
rivolte a Nicodemo: quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato
dallo Spirito è Spirito. Occorre rinascere e diventare come bambini, come
"il più piccolo" tra i bambini, un bimbo appena nato; un neofita
liberato dal peccato e rinato in Cristo è il più grande nel Regno dei Cieli. Vi
è entrato, vive nella Grazia e non più nella Legge. I due regimi non si possono
neanche paragonare, anche se quello della profezia ha preparato quello del
compimento. Giovanni ha esultato nel grembo di sua madre perché, udendo la voce
di Maria ha intuito che il Messia era ormai giunto. E' in quell'esultanza che
inizia la missione di Giovanni, dalla gioia fondata sulla certezza che quanto
avrebbe annunciato si stava compiendo. Per questo "il Battista è il
più grande tra i nati dalla carne": i suoi occhi avevano visto quanto
tutti gli altri profeti avrebbero voluto vedere, esultando per il compimento
della stessa gioia che sperimentò Abramo quando vide profeticamente il giorno
di Gesù. Per questo "la Legge e tutti i Profeti infatti hanno profetato
fino a Giovanni"; ma con lui si inaugura la pienezza dei tempi, la sua
profezia è diversa da tutte le altre, è come una sirena di ambulanza, come un
allarme che squarcia la notte, è il grido che annuncia il compimento dell'evento
atteso da sempre. Giovanni Battista è Elia che "doveva venire",
il profeta che, rapito in Cielo, dal Cielo doveva tornare per
aprire al Messia la porta della terra; Elia, che con il fuoco dello zelo aveva
mostrato effimeri gli idoli del mondo e lo strazio della carne che essi
serviva, con la sua ascesa aveva profetizzato il destino celeste di ogni uomo
rinnovato nello Spirito Santo. Il discepolo Eliseo, erede di una parte dello
Spirito di Elia, partecipò del suo potere sulla morte, operando quei miracoli
che Gesù avrebbe portato a compimento. I segni disseminati durante il tempo
dell'attesa erano tutti lì, di nuovo presenti e annunciati in Giovanni:
predicava la penitenza, chiamava a conversione, invitava a preparare il cammino
al Signore. Sulla soglia del Regno dei Cieli ne dischiudeva le porte perché la
carne potesse prepararsi all'incontro con lo Spirito di Dio.
Anche per noi
Giovanni grida nel deserto di questa generazione: grida come un banditore che
annuncia l'avvento del Re invitandoci ad andare incontro al nostro unico
Salvatore. Come Giovanni la Chiesa ci indica il cammino di conversione. Esso è
identico a quello al quale si riferisce Gesù con le parole del Vangelo di oggi,
quello percorso dai cristiani delle prime generazioni, certi del martirio che
avrebbero incontrato diventando cristiani, o forse anche durante il
catecumenato. Un percorso "violento", durante il quale la
misericordia si faceva spesso strada nelle durezza dei cuori con le spine della
corona intrecciata sul capo di Gesù o i chiodi che ne avevano trapassato le
membra. La violenza che scolpisce il marmo più duro, perché giunga a somigliare
al modello. Non c'è conversione, infatti, senza un serio catecumenato,
una iniziazione cristiana che, "con violenza", ci insegni a combattere
ogni giorno la buona battaglia della fede. Nella pienezza della
storia inaugurata dal Battista, "il Regno dei Cieli soffre la
violenza" del demonio: "il
grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e Satana e che
seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra... pieno di grande
furore, sapendo che gli resta poco tempo" (Cfr. Ap. 12). Ha fretta il
demonio, deve strappare gli uomini a Gesù, e per questo muove guerra alla
"discendenza" di Maria, ai "più piccoli del regno dei
Cieli", "contro quelli che custodiscono i
comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù". Per questo si impadroniscono del Regno dei Cieli solo
quanti hanno saputo combattere con violenza. Con l'inerme violenza della Croce:
"essi lo hanno vinto grazie al sangue
dell'Agnello e alla parola della loro testimonianza, e hanno odiato
la loro vita fino a morire". Ecco dunque la violenza alla quale ci
chiama oggi il Signore: quella che ci fa andare dietro a Gesù odiando la carne
per rivestirci di Lui ed essere colmi di Spirito Santo. La violenza che apre le
braccia per caricarsi della violenza del male, la violenza di un bambino appena
nato. E' Lui che il drago vuole divorare, perché sa che, una volta fatto fuori
il più piccolo può far cadere anche i più grandi. E' a noi che muove guerra, in
famiglia e al lavoro. Il demonio sa che, se riesce a farci insuperbire, può distruggere il rapporto con il coniuge e i figli, e
trascinare tutti nella disperazione. La vera guerra, infatti, non è contro tuo
figlio! Il demonio sta attaccando te; tuo figlio può cadere da un momento
all'altro, ma la tua umiltà e la tua violenza crocifissa possono salvarlo! Quanto
siamo ingannati.... Ci accaniamo contro gli altri, perché in fondo li
giudichiamo, e non ci rendiamo conto che la battaglia vera sta infuriando
contro di noi. Se stiamo giudicando moglie, marito, figli o chi sia, per quanto
deboli e peccatori siano, possiamo starne certi: il demonio ci ha puntato per
far fuori anche gli altri. Apriamo gli occhi in questo Avvento, e umiliamoci,
come un bimbo in braccio a sua madre. Come Dio che si è lasciato adagiare in una
lurida stalla, come il più piccolo, come l'ultimo. Quando nostro figlio sta
peggio è il momento di umiliarci di più, di lasciarci trafiggere dagli insulti,
dalle menzogne, dal rifiuto, ovunque e soprattutto con lui. Contro questa
violenza il demonio non può nulla, e così, e solo così, noi e nostro figlio
potremo entrare nel Regno dei Cieli.
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