L'ANNUNCIO |
(Dal Vangelo secondo Luca 2, 22-40)
Chi di noi non si trova oggi nella
situazione di Abramo, sfiduciato per le mille incognite che lo assediano? “Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado
senza figli e l'erede della mia casa è Elièzer di Damasco”: la vita sembra
sfuggirci senza riuscire a trasmettere integra la primogenitura della fede ai nostri figli. I nostri eredi troppo
spesso assomigliano a dei pagani che il mondo vuol divorare.
E’ difficile, anzi impossibile
passare indenni nella
precarietà del lavoro e di ogni istituzione, sotto i bombardamenti continui di
una cultura che aggredisce noi e i nostri figli con la pornografia dei corpi e
dell’ideologia. Non riusciamo ad arginare la friabilità delle relazioni
indebolite dalla latitanza dell’educazione e dall’immersione voyeuristica nei social
networks.
Ma in questa Festa il Signore ci
invita ad alzare gli occhi e guardare il Cielo. Perché il segreto di ogni
famiglia è scritto lassù, tra le stelle. E’ una grazia avvolta in una promessa
che si compie in chi la accoglie con umiltà
“Non
sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te”: i tuoi figli non sono condannati
ad essere pagani che vivono seguendo il mondo, ma saranno cristiani che nasceranno nella tua
fede. Ecco il segreto: la fede di Abramo,
che sperò contro ogni speranza. La tua fede di marito e padre, di moglie e
madre.
Dio ama ogni uomo di questo mondo e la sua
volontà è che nessuno di essi vada perduto. Per questo ha scelto te e i tuoi
fratelli, la tua e le loro famiglie e vi ha chiamati nella Chiesa, per offrire
a tutti il segno indicato dagli
angeli ai pastori nella notte di Natale.
Un padre, una madre e un Bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, ecco la Buona Notizia per i pastori di ogni generazione, i più lontani, quelli che non vanno in chiesa, che neanche credono in Dio e vivono schiavi dell’inganno del demonio.
Per questo la Festa della Santa Famiglia di
Nazaret è una chiamata a conversione per tutti noi; non avrebbe senso una
celebrazione di famiglie che si specchiano narcisisticamente nella propria
presunta diversità da opporre al degrado del mondo.
La primogenitura della quale parla il Vangelo è
invece un servizio d’amore per il mondo. Gesù è presentato al Tempio come la
primizia di ogni uomo, perché in Lui sono presentati a Dio tutti i peccatori
della terra.
E’ il primogenito di una moltitudine immensa
nella quale ci siamo noi, che per primi abbiamo creduto in Lui. Primi in questa
generazione, come ogni cristiano nella sua. E dietro di noi tutti gli altri
che, contemplando il “segno di contraddizione” che è la vita dei cristiani, si
lasceranno trafiggere il cuore per “i pensieri malvagi” che essa svela, accogliendo
la misericordia di Dio.
Non li vediamo oggi, ma ci sono tutti: tuo
cugino, il tuo vicino di casa, la collega, quel ragazzo che spaccia droga all’angolo…
Come Abramo, nella nostra fede saranno benedette tutte le famiglie della terra!
Per questo anche oggi il Signore viene a
“visitarci” chiamandoci a conversione. Per aprire il cammino al Cielo dobbiamo accogliere
ogni giorno e difendere in noi e nella
nostra famiglia la primogenitura: tornare sempre al Battesimo, dove siamo stati
presentati al Signore e offerti al
mondo.
Ciò significa ascoltare la predicazione
attraverso la quale Dio ci vuol donare la fede. E “obbedire” alla sua chiamata
per “partire” come Abramo in un cammino serio di conversione, nel quale la
Grazia possa dare compimento alla nostra vocazione.
Non illudiamoci, non è possibile per noi e per la
nostra famiglia, senza una comunità dove si diventa cristiani vivendo come la
Santa Famiglia di Nazaret, in umiltà, semplicità e lode. In essa la vita nuova
di Gesù “cresce e si fortifica piena di Spirito Santo”, mentre la Grazia di Dio
scende su di noi.
Nella comunità cristiana, come Simeone,
possiamo abbracciare il Signore nella
sua Parola, nei sacramenti e nella comunione con i fratelli. E così “vedere con
i nostri occhi la salvezza preparata per noi e per tutti i popoli” per imparare
a discernere come necessaria la
“spada” che ha trafitto l’anima della Vergine Maria.
Essa deve raggiungere anche il cuore della
Chiesa, penetrando nella nostra vita. Per questo il male ci ghermisce e ci
porta in Egitto come la Famiglia di Nazaret. E’ lì, nel mondo, che la nostra
famiglia diviene segno di salvezza.
Secondo i rabbini, la schiavitù in Egitto è stata
causata dalla malvagità dei fratelli di Giuseppe che lo hanno venduto per
invidia. Il midràsh ci spiega che il prezzo del riscatto dei primogeniti
fu fissato dalla Torà in base al denaro ricevuto dai fratelli per la vendita di
Giuseppe.
I primogeniti sono così il segno del riscatto di Giuseppe che rivela l’amore di Dio che
perdona i discendenti di Giacobbe caduti in schiavitù. Gesù, come Giuseppe, è
stato venduto per poche monete. Ma Dio lo ha riscattato dalla morte,
primogenito di molti fratelli, divenendo così il segno che contraddice per
sempre il peccato e la morte.
Così l'offerta della nostra vita diviene il
sigillo della misericordia che Dio pone in questa generazione. Le famiglie cristiane sono la prova e la memoria del suo amore
offerte a ogni uomo che giace schiavo in Egitto a causa dei suoi peccati.
La parola ebraica che definisce il "primogenito" è "bekhor", e deriva dal radicale bkr che significa "portare frutti primaticci".
Siamo dunque chiamati a portare i frutti
primaticci dello Spirito Santo che Dio effonde su di noi nella Chiesa, ovvero
l'amore capace di lasciarsi crocifiggere per i nemici. E’ questo il segno che testimonia la verità
dell’indissolubilità del matrimonio, la bellezza dell’apertura alla vita, la
fecondità della diversità e complementarietà tra uomo e donna.
Questo amore è la primizia che il mondo triste perché
stretto nelle catene della menzogna attende dalla Santa Famiglia di Nazaret
incarnata nelle nostre famiglie.
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