Nessuno parla come Gesù
La Quaresima ci sta insegnando che c'è sempre accanto o
dentro di noi un nemico di Gesù che vorrebbe "arrestare" la sua opera
rendendo vana la Croce. La voce minacciosa del demonio, infatti, ci ammonisce
continuamente a non farci "ingannare" da un profeta così mal messo,
quando gli affari da sbrigare sono così seri che la stoltezza della
predicazione è solo roba per bigotti... Anche nelle nostre famiglie può
"sorgere dissenso", letteralmente divisione, circa l'identità di
Gesù. Ma per favore, a casa litigheremmo perché abbiamo pensieri diversi sul
Signore? Mi sono adirato con il fidanzato perché non condividiamo la stessa
fede? Sì, ogni lite, ogni dissenso è opera del diavolo, il divisore,
che ci separa da Dio per separarci tra noi. Ci tenta e ci inganna su Gesù
incarnato nel fratello dinanzi a noi. Insinuandoci il dubbio che si
possa fare carne proprio lì, in quella relazione difficile, ci sottrae il luogo
della comunione, la carne di Cristo dove perdonarci, accettarci,
accoglierci, amarci. E così, ce ne "torniamo ciascuno a casa sua", al nostro ego imprigionato nella solitudine della superbia. E' lo stesso che accadde nell'Eden. Mentendo, il serpente
ha insinuato un dubbio su Dio e il suo amore, che, accolto, ha poi eroso la
comunione tra i due progenitori. Dovevano essere due in una carne, si sono
ritrovati nudi, soli, divisi, due carni esposte alla morte. Per abbattere il
muro della divisione occorreva che ci fosse rivolta la stessa Parola che ha tratto l'ordine della
creazione dal caos primordiale: le Parole di Gesù. "Mai, infatti, un uomo ha
parlato come parla quest'uomo!": nessun filosofo o politico,
nessuna madre e nessun padre, nessun fidanzato, nessun prete. Le parole di
cui avevamo bisogno non potevano cadere da un Cielo troppo lontano, ma nemmeno
potevano essere così umane come quelle di cui saremmo capaci anche noi. Dovevano essere le
parole di Gesù, la cui divinità era celata nella debolezza di una carne come la
nostra. Lui è la "Parola fatta carne" che "è venuta ad abitare
in mezzo a noi". Nel seno di Maria ha udito le prime parole umane,
nella Santa Famiglia di Nazaret ha appreso a ripeterle, nel cuore del suo
popolo le ha sentite risuonare colme di angosce, speranze, gioie e dolori. Il
Figlio di Dio "ha imparato dalle cose che ha patito" a coniugare la
Parola del Padre in una parola umana: come ha assunto la nostra carne, così ha
assunto il nostro linguaggio, per colmarlo del senso autentico e soprannaturale. Le parole di Gesù, infatti, proprio perché rivestite della nostra debolezza, potevano far giungere il loro potere sino al fondo del cuore dell'uomo peccatore e trasformarlo. Per questo, solo coloro che erano considerati "maledetti", "il popolo" ignorante, potevano ascoltarle ed essere salvati. "Maledetti" non perché non conoscevano la Legge, ma perché non avevano la forza per
osservare tutti i precetti della tradizione; per gli impuri, i pubblicani, le prostitute, i ladri, i pastori, i peccatori, era già troppo il peso di ogni
giorno. La storia li aveva umiliati, e questo, agli occhi dei capi e degli
intelligenti, dei religiosi e dei moralisti, era il segno inequivocabile della
maledizione divina. Ma proprio per loro Dio si è fatto maledizione. Tutti soffriamo perché ci riteniamo impresentabili, vorremmo
essere diversi, ed è quello che, di conseguenza, esigiamo dagli
altri. E tu, ti senti maledetto? Pensi che la sorte si sia accanita contro di te? Pensa ai sentimenti che gli eventi politici di questi giorni stanno generando in te. In chi ti identifichi? E' importante, perché il Vangelo oggi ti scruta chiedendoti: per caso anche tu ti alzi nel Parlamento della tua storia per accusare con violenza e rancore chi e che cosa ritieni responsabile della tua sofferenza? Anche tu stai chiedendo le dimissioni del fratello da qualunque responsabilità e collaborazione nella tua vita? Se sì, significa che sei profondamente ingannato, e non ti rendi conto che da un pezzo hai espulso Dio dalle tue cose, e per questo ti sei ritrovato ancora più debole, incoerente, perché nascostamente peccatore; e per far tacere la tua coscienza, accusi negli altri quello che non accetti in te. Sei scontento e infelice perché ti stai giudicando e disprezzando, mentre starai sicuramente giudicando qualcuno
come maledetto, cioè incoerente, fallito, perduto. Ma coraggio, la Chiesa non è un Parlamento umano che sguazza nel fango sparato da chi, ritenendosi impeccabile a priori, calunnia e accusa qualcuno per poterne prendere il posto. La Chiesa ha già un "capro espiatorio" che ha pagato per tutti, espulso e ucciso fuori della città. E' Gesù, il Figlio di Dio che si è fatto uomo per te, che ha preso la tua carne perché la maledizione ricadesse sulla sua. Lui ti è
accanto, nel fratello che stai giudicando, nella tua vita maledetta perché
incostante nel bene, ipocrita e impaurita, per farne un prodigio. Ma solo la semplicità del
bisogno di amore e misericordia, cioè la situazione di maledizione accettata, può accogliere il figlio di Giuseppe, il falegname "venuto da
Nazaret"; solo chi è schiacciato dai peccati può abbandonarsi all'unico che si è
fatto scandalosamente peccato. Gesù "viene da Nazaret" per te, e ciò significa dal luogo e nelle situazioni e momenti in cui meno te lo aspetti. Oggi, ora, perché è adeso che hai bisogno del suo perdono. Basta disprezzarti e disprezzare. Lui è nato nella tua mediocrità, nell'irrilevanza del tuo
lavoro, nel grigio della tua debolezza, nella tua malattia. Lui è vissuto a Nazaret, nella Galilea
lontana da Gerusalemme, per dirti che ti è stato accanto nei tuoi compromessi pagani, nella tua vita spesa ben distante dal Tempio e dalla sua
santità. Lui è venuto per te; si è fatto come te; Lui ama te, così come sei,
per farti come Lui. Per dimostrare stolta la sapienza del mondo e falsa quella
dei moralisti religiosi, che tanto "studiano" per non accorgersi che
il Messia in persona "viene proprio dalla
Galilea". Sì, il Messia viene dalla povertà e dalla maledizione per fare di
ogni vita una benedizione. Accogliamolo allora, perché ci doni la sapienza
crocifissa che, in tutti quelli che il mondo moralista ritiene maledetti e senza speranza, sa discernere le sembianze di Gesù, per accostarci a loro senza esigere nulla, con
pazienza e misericordia, annunciando le stesse "parole" con cui Cristo ha salvato noi, così divine e perciò così pienamente umane.
![]() |
L'ANNUNCIO |
Disse allora Nicodèmo, uno di loro, che era venuto precedentemente da Gesù: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea». E tornarono ciascuno a casa sua.
(Dal Vangelo secondo Giovanni 7, 40-53)
"Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!": nessun filosofo, nessun politico, nessuna madre e nessun padre, nessun fidanzato, nessun figlio, nessun prete. Nessuno, parlandoci, ha sfiorando con tanta dolcezza e misericordia le nostre più aspre sofferenze. Solo Dio poteva scendere sino al punto più profondo e nascosto del nostro cuore, perché solo Lui lo conosce interamente. Le parole di cui avevamo bisogno non potevano cadere da un Cielo troppo lontano. Così come non potevano essere così umane come quelle di cui saremmo capaci anche noi. Dovevano essere parole celesti dette da una bocca umana; le parole di un Uomo che usa le parole degli uomini ma non parla come ogni altro uomo. Gesù, la cui divinità è celata nella debolezza di una carne come la nostra, proprio parlandoci rivela il suo potere, il suo essere Dio. Lui è la "Parola fatta carne" che "è venuta ad abitare in mezzo a noi" per condividere la nostra stessa vita: "Dio, il vero Dio, Creatore di tutto, ha percorso come uomo le nostre strade, entrando nel tempo dell’uomo, per comunicarci la sua stessa vita" (Benedetto XVI). Nel seno di Maria ha udito le prime parole umane, nella Santa Famiglia di Nazaret ha appreso a ripeterle, nel cuore del suo popolo le ha sentite risuonare colme di angosce, speranze, gioie e dolori. Il Figlio di Dio "ha imparato dalle cose che ha patito" a coniugare la Parola del Padre in una parola umana: come ha assunto la nostra carne, così ha assunto il nostro linguaggio, per colmarlo del senso autentico, l'unico capace di risuonare nel cuore di ogni uomo come la Verità tanto attesa. Per questo, le parole di Gesù generano la Pace che abbiamo smarrito, la gioia a cui tendiamo, l'amore che mendichiamo. Le sue Parole creano la novità della vita nel caos dell'esistenza. All'ascoltarle ne percepiamo la forza dirompente che ci spinge all'Amen che le accolga, per sperimentare, gratuitamente, il loro compimento. Ma il pericolo è sempre dietro l'angolo, dove si nasconde, instancabile, il nemico della Verità. Quello di cui non si avvedono le "menti" dei giudei, sempre d'una spanna più in alto, sapienti secondo la carne e incapaci d'essere semplici. Anche in noi, gli inganni carnali del demonio possono indurci a tirare il freno sulle apparenze, a scrutare perversamente le Scritture in cerca di ragioni alla nostra ragione, e cedere allo scandalo di fronte alle parole di un povero figlio di falegname, in bottega sino ad ieri e oggi a insegnare. Parole troppo semplici, proprio quelle che dovrebbero schiudere allo stupore e alla felicità; troppo umane per chi ha ormai il cuore diviso. La divisione, opera del diavolo che significa appunto il divisore, sorge dall'incapacità di penetrare il mistero di Gesù, la stessa incapacità di stupore di chi non ha mai sperimentato un amore che sorprende nella sua gratuità. Il mistero di Gesù è la sua intimità con il Padre, un amore abbandonato alla sua volontà al punto che ogni gesto, ogni parola, ogni sguardo non è altro che l'incarnazione visibile, percepibile e sperimentabile di quel Dio che nessuno ha mai visto. Solo chi ha dimestichezza con lo stringente bisogno di amore, può cogliere questo mistero. Solo la semplicità, la povertà di spirito, l'umiliazione dei giorni, la nudità e l'indigenza dell'anima possono intuire, e desiderare, l'amore capace di rispondere, curare, consolare, perdonare, saziare.
Il paradosso del rifiuto dei giudei si riassume nella maledizione che, secondo loro, pesa sul popolo che non conosce la Legge. Il Popolo che non sa leggere, che soffre, piange, pecca. La maledizione degli impuri, dei pubblicani, delle prostitute, dei ladri, dei pastori, di quanti vivono nell'ombra di morte. Tutti questi non conoscono la Legge, non hanno la forza per osservare i precetti della tradizione, per loro è già troppo il peso di ogni giorno. La storia li ha umiliati, e questo, agli occhi dei capi e degli intelligenti, dei religiosi e dei moralisti, è il segno inequivocabile della maledizione divina. Ma proprio per loro Dio si è fatto maledizione. Per loro Dio ha preso una carne perchè fosse appesa ad un legno, la croce da cui ciascuno di loro, disprezzato e rifiutato, potesse ricevere gratuitamente la benedizione.Per questo è solo la semplicità del bisogno che può accogliere la luce dell'amore che illumina la Verità e fa semplici le cose. Pane al pane e vino al vino. Amore al peccatore e vita ad un morto. Libertà ad uno schiavo, felicità ad un infelice. La Buona Notizia predicata ai poveri. Il figlio di Giuseppe, il falegname venuto da Nazaret ha carne e sangue, occhi, orecchie e bocca, mani e piedi; attraverso di essi ha ascoltato, guardato, parlato, camminato e toccato e guarito. In Lui Dio ha amato di un amore concreto, quell'amore di Padre visibile nel Figlio è giunto ai poveri, ai maledetti. Sino all'estremo, al dono di quella carne e di quel sangue perchè ogni carne ed ogni sangue fossero attirati nello stesso amore che vince la morte. Gli orfani hanno incontrato il Padre, quel Figlio così umano, così prossimo e buono, misericordioso e compassionevole, ha aperto loro le porte della sua intimità; Gesù ha accolto ogni figlio senza padre, e nel suo amore concreto, che si fa pane da mangiare, in quell'esperienza unica, rivela, presenta, gli fa conoscere suo Padre, l'origine della sua vita. Rivelando se stesso, Gesù accompagna ogni uomo a scoprire anche la fonte della sua esistenza, la stessa del Figlio di Dio. In Lui ogni uomo può scoprire la sua origine, l'unica che coincida con l'aspirazione del suo cuore, con ogni fibra del suo essere, come due pezzi di un puzzle finalmente combacianti, trovati tra i mille provati e riprovati. Ecco, deve essere stata proprio questa l'ineffabile esperienza di Pietro a Cesarea; condotto da Gesù sino a quel momento della solenne professione di fede, attraverso la sua presenza, le parole annunciate, i miracoli compiuti, e la stessa ordinarietà della sua vita quotidiana, Pietro scopre in quel rabbì e amico, come in un lampo di luce tra la nebbia, la natura soprannaturale, la sua origine celeste. "Voi, chi dite che io sia?": la domanda su di Lui, in fondo, è anche il quesito circa la stessa identità degli apostoli, ed è un parlare come nessuno ha mai parlato, la domanda sfuggita mille volte e, in quell'istante, giunta finalmente come libertà e verità. Come nella trasfigurazione, Pietro riconosce il Padre nel volto del Figlio, ed è l'approdo, la pace, la rivelazione che illumina la sua vita. Proprio perchè ha conosciuto Gesù come uomo lo può riconoscere come Dio! Proprio perchè lo ha visto tante volte, ha mangiato con lui, ha conosciuto sua madre, sa di dove viene, proprio perchè è un galileo come lui, suo amico, una carne del tutto identica alla sua, Pietro comprende, per una Grazia del Cielo, che tutto ciò che riguarda Gesù riguarda anche lui. Il destino che attendeva il Maestro era lo stesso del discepolo, perchè provenienti dalla stessa origine, figli dello stesso Padre. Da questa esperienza, da questa professione, sorgerà poi in Pietro il combattimento, apparirà lo "scisma" nei suoi pensieri: aveva riconosciuto Dio nella carne, ma il suo pensiero non era ancora quello di Dio, lo contrastava e rifiutava la croce. Avrebbe dovuto camminare ancora dietro a Gesù, sino alle rive del Mare di Galilea, sino all'amore figlio del perdono, l'unico capace di accordare la rivelazione celeste con la vita nella carne. Sarà infatti il Figlio risorto dalla morte ad accogliere Pietro nel perdono del Padre, nelle viscere di misericordia che lo libereranno dalla paura e dai limiti carnali per inviarlo sul suo stesso cammino con destino la croce, la vita del figlio nel Figlio diletto nel quale il Padre si compiace. Così anche il Vangelo di oggi è per noi la Buona Notizia di cui abbiamo bisogno. Se sperimentiamo oggi la stessa maledizione del Popolo, la stessa fatica di vivere che si fa ignoranza della Legge, se i comandamenti sono divenuti per noi un abito che non possiamo indossare, se siamo precipitati a terra e non riusciamo a risolvere nulla, se, come per Pietro, il cammino della croce ci appare assurdo, il Figlio di Giuseppe, Gesù che viene da Nazaret ci viene incontro, ci guarda, ci ama. In Lui possiamo oggi ritrovare ogni centimetro della nostra vita, ogni fallimento della nostra storia; in Lui è aperta per noi, gratuitamente, la porta alla sua intimità con il Padre, la nostra origine che ci illumina il destino identico a quello di Gesù, il mistero pasquale che trasfigura in un fascio di luce la nostra storia; in Lui oggi possiamo trovare pace, nella misericordia e nell'amore.
αποφθεγμα Apoftegma
La verità cristiana è attraente e persuasiva
perché risponde al bisogno profondo dell’esistenza umana,
annunciando in maniera convincente
che Cristo è l’unico Salvatore di tutto l’uomo e di tutti gli uomini.
Questo annuncio resta valido oggi
come lo fu all’inizio del cristianesimo,
quando si operò la prima grande espansione missionaria del Vangelo.
Papa Francesco
Nessun commento:
Posta un commento