"Fuori di sé" per essere amore in tutti noi
Gesù era fuori di sé. Si, non viveva in se stesso, per se stesso, la sua era una vita totalmente consegnata. L'amore che lo rendeva pane gli impediva di prender pane. Gesù si nutriva di un cibo che né i suoi parenti più stretti, né ciascuno di noi conosce: il cibo della volontà di Dio che consiste, secondo le stesse parole di Gesù, nel suo desiderio che nessun uomo vada perduto, che tutti possano essere salvati. Gesù aveva dentro un fuoco, e non vedeva l'ora che fosse acceso. Il fuoco che infiammerà il mondo, la Croce dalla quale attirerà tutti a sé.
La carne è incapace di comprendere le ragioni del cuore e dello Spirito, anzi, vi muove guerra. Per questo i suoi secondo la carne, quelli che avevano visto Gesù bambino, e poi adolescente, e poi giovane nella bottega del padre, non potevano accettare la follia di un amore che lo sospingeva ben oltre i limiti della carne, al punto da darla da mangiare nei luoghi che tutti evitavano, per le persone che tutti ritenevano ormai spacciate. Al punto di offrire la sua carne perché fosse da presa, vilipesa, fustigata, ferita, spezzata, uccisa. Il cibo di Gesù era offrire se stesso come alimento, e consumarsi, donarsi sino alla fine, per sfamare, per colmare, per amare. Un linguaggio duro diranno poi coloro che lo avevano seguito sui sentieri dei miracoli che sfamavano la fame del corpo; linguaggio duro e incomprensibile per i criteri mondani e carnali, tutti stretti tra calcoli e convenienze, in attesa di riscontri e contraccambi.
Gesù era la gratuità totale, qualcosa di sconosciuto, mai visto prima in un uomo. Al punto che penseranno di Gesù cose malvagie, che fosse il principe stesso dei demoni. L'amore, quell'amore, smisurato, abbaglia, ubriaca, scandalizza. I cuori induriti e con le soluzioni e le interpretazioni preconfezionate ne restano tramortiti. L'amore di Dio, non essendo di questo mondo, diviene segno di contraddizione per svelare i pensieri del cuore, e per questo così spesso viene preso per il suo esatto contrario. Non è possibile che sia reale un amore così, i nostri occhi non lo hanno mai visto, il nostro cuore non lo ha conosciuto. Ci deve essere qualcosa sotto, non si può vivere e amare così.
Quante volte anche noi rimaniamo sconcertati dinanzi ad una gentilezza ricevuta in risposta ad un'offesa fatta; quante volte, di fronte alle attenzioni da parte dei figli, degli amici e parenti, pensiamo a nascosti doppi fini, e ci chiudiamo a difenderci invece di aprirci e ricevere il dono. Non siamo preparati, la carne non sa dilatarsi e accogliere la gratuità. La carne, ferita e avvelenata dal peccato e dall'inganno del demonio, vede il male ovunque, pensa sempre male, non è semplice e limpida. Il demonio che la soggioga distorce tutto e scambia il bene in male, la libertà per schiavitù, l'amore per follia. E ci fa chiudere nell'egoismo che si risolve sempre in un'angosciata solitudine. Chi non sa amare non vede l'amore. Chi è chiuso vivendo solo per se stesso non può riconoscere la gratuità. Chi confida nella carne, dice la Scrittura, è maledetto, è come un temerisco nella steppa, quando viene il bene non lo vede; è come terra deserta che non vede mai l'acqua scendere a dissetarne le zolle riarse. Così è la vita di chi confida nei propri giudizi, che fa un assoluto dei propri criteri, che si appoggia all'uomo, a ciò che vedono gli occhi della carne, alle abitudini, ai costumi, alla cultura, al pensiero comune, al relativismo propalato dai media e dai cattivi maestri che pontificano ovunque, alla routine delle relazioni, del lavoro, degli svaghi.
Ma, in fondo, chi è davvero fuori e lontano dalla verità sono i suoi secondo la carne, i parenti di Gesù, che, come appare nel Vangelo, escono per andare a prenderlo. Mentre Gesù è ben dentro la volontà del Padre, il Cielo che plana sulla terra, l'amore che sazia il vuoto e la solitudine. E' questa la vita vera, alla quale siamo tutti chiamati. Accogliere - come i piccoli e i poveri, i peccatori e i falliti del Vangelo - l'unico cibo che non perisce, quello fatto carne che ha oltrepassato la morte e che può donarci la vita e l'amore senza confini. Accogliere semplicemente e umilmente il folle amore di Dio per uscire con Lui fuori dalle prigioni della carne egoista, e dilatare il cuore, e le ore, ed ogni cellula della nostra esistenza in un amore gratuito e senza riserve che, solo, può saziarci davvero. E' questo che la carne, ogni carne, anche la più depravata e corrotta, desidera, proprio attraverso il grido di dolore che sorge nell'imbattersi con i limiti e i fallimenti.
Perdere la vita, offrirla in dono, completamente, è l'unica via per ritrovarla vera ed eterna. Farsi cibo per saziarci, il paradosso divino, il segreto dell'amore di Dio, incarnato in Gesù e nei suoi santi. Come San Francesco Saverio ad esempio, che in una lettera scritta a Sant'Ignazio di Loyola dalla terra di missione scriveva: "Quando sbarcai in questi luoghi, battezzai tutti i fanciulli che ancora non erano stati battezzati, e quindi un gran numero di ragazzi, che non sapevano neppure distinguere la destra dalla sinistra… Mi assediava una folla di giovani, tanto che non riuscivo più a trovare il tempo per dire l’Ufficio, né per mangiare, né per dormire; chiedevano insistentemente che insegnassi loro nuove preghiere. Cominciai a capire che a loro appartiene il regno dei cieli". Che Dio ci conceda l'umiltà per accogliere l'amore, e che esso trasformi la nostra vita in un'unica, gioiosa, oblazione.
αποφθεγμα Apoftegma
Venne per soddisfare la nostra fame di Dio.
E come fece questo ?
Egli in persona diventò il Pane della Vita.
Si fece piccolo, fragile, disarmato per noi.
Le briciole di pane sono così minuscole
che pure un bambino può masticarle,
pure un agonizzante può mangiarle.
È diventato il Pane della Vita
per sfamare il nostro appetito di Dio,
per sfamare il nostro appetito di Dio,
la nostra fame di Amore.
Beata Teresa di Calcutta
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