Venerdì della II settimana del Tempo Ordinario





Stare con Gesù


Gesù ha chiamato a sé quelli che Egli volle: la vocazione scaturisce esclusivamente dal suo volere. Il Signore vuole proprio noi, con i nostri nomi, con le nostre storie, così come siamo. Ci conosce e per questo ci chiamaIl Signore non è il responsabile umano dell'ufficio risorse umane della Chiesa, non assume in base al curriculum. Gesù chiama "quelli che vuole" perché i suoi occhi vedono quello che nessun occhio umano è capace di captare; Lui sceglie in base al requisito che chiunque rifiuterebbe, si innamora di quello che nessun ragazzo o ragazza vorrebbe mostrare di sé alla persona di cui sono innamorati: Gesù cerca la debolezza, la stoltezza secondo il mondo, ciò che è nulla agli occhi "intelligenti" della carne. Non ci ha Per scelto per le nostre capacità, per la pazienza, per l'arguzia, per la forza, per presunte disposizioni umane alla santità... Come fu per Davide, come per tutti i profeti, Dio non guarda all'apparenza, ma al cuore. Se ha guardato quei dodici uomini è perché conosceva profondamente il loro cuore, anche quello di chi lo avrebbe tradito. E se Lui non ha problemi con noi, anzi, perché averne noi? Guardare alle nostre capacità, all'adeguatezza delle nostre risorse umane e spirituali è come tradire il Signore. Quando entriamo in crisi dinanzi alla nostra debolezza è per orgoglio. Il demonio, infatti, attacca quelli che Dio chiama sempre allo stesso modo: li afferra per il bavero delle proprie debolezze per spingerli prima verso la sfiducia, e poi nella disperazione. Al contrario la Parola di oggi è una buona notizia che ci invita ad aver pazienza con noi stessi, a non voler farci santi e adeguati stringendo i pugni, ad accettare le imperfezioni, i difetti, e a scacciar via come subdola tentazione ogni immagine illusoria di quello che vorremmo essere. E' il Signore che porterà fedelmente a compimento la sua volontà in noi. Perché tutto è racchiuso dentro la sua chiamata gratuita. Possiamo riposare in essa perché è l'unica garanzia che ci difende dalle tentazioni. Per questo, quando ci assalgono, occorre tornare sempre alle radici della chiamata. Nel matrimonio, nel presbiterato, nella vita religiosa, e poi nel lavoro, nello studio, in tutto vi è una chiamata che ci precede e su cui Dio ha fondato la nostra vita. Non siamo noi il fondamento, è Lui! In questa gratuità che disarma il nostro orgoglio possiamo ricominciare ogni giorno, anche se siamo passati attraverso una tempesta di peccati che sembra aver distrutto tutto. L'abbandono del ministero, il divorzio, le fughe di ogni giorno dal sacrificio e dalla sofferenza nascono sempre da un errore di prospettiva che ci fa scambiare la sabbia con la roccia, il figlio con il Padre, colui che chiama con colui che risponde. Il compimento di ogni missione, invece, si fonda sull'amore gratuito che ci raggiunge, seduce e accoglie nella sua intimità. Non sarà mai un apostolo chi non ha conosciuto e non rimane nell'amore di Cristo. E' interessante notare come nella lingua spagnola amare e volere si dicano con la stessa parola: querer. Gesù "vuole" noi perché ci "ama", e nell'amore ci "fa" apostoli, come recita l'originale greco. "Costituire" gli apostoli significa farli, crearli, plasmarli, sino ad essere immagine di Lui"Apostolo", infatti, significa "inviato" e, secondo l'etimologia ebraica, esso costituiva un altro se stesso di colui che lo inviava. Per questo la chiamata di Gesù è sempre il primo passo dell'"andare a Lui" in un cammino di conversione nel quale "lo stare con Lui" ci fa assomigliare ogni giorno di più a Lui, ad avere il suo stesso pensiero di Cristo, il suo cuore, il suo sguardo, sino a diventare un "Alter Christus", come San Francesco. Non si tratta di fare molte cose, ma di camminare dietro a Lui in una compagnia come fecero gli apostoli. E ciò si realizza essenzialmente nella comunità cristiana che è il suo Corpo vivo nella storia. Accanto ai momenti di preghiera personale siamo chiamati a "stare con Lui" nella Chiesa, dove possiamo ascoltarLo e parlarGli nelle liturgie, accogliere e sperimentare il suo amore anche attraverso la comunione con le sue membra che sono i fratelli. In essa siamo al riparo dalle fughe pseudo mistiche destinate ad evaporare al sorgere delle difficoltà e delle persecuzioni: "Il cristiano non è una monade, ma appartiene ad un popolo. Un cristiano senza Chiesa è una cosa puramente ideale, non è reale. E’ una cosa di laboratorio, una cosa artificiale, una cosa che non può dar vita" (Papa Francesco). La missione, infatti, si fa feconda quando lo "stare con Lui" si fa più intenso e autentico: sulla Croce, ovvero nei momenti di più grande debolezza. Come ha sperimentato il Signore stesso, che ha salvato ogni uomo quando non ha potuto far altro che gettarsi, nella morte, tra le braccia del Padre. Stare con Gesù è dunque essere crocifisso con Lui. Allora comprendiamo perché ci ha scelti così deboli e fragili, incoerenti e nevrotici: per insegnarci ad abbandonarci a Lui e così poter operare in noi con illimitata libertà, facendo di noi un vessillo di speranza innalzato per tutti i peccatori. In quanto crocifissi, poveri, deboli, ultimi nel mondo, siamo inviati a portare ad ogni uomo i segni dell'amore del Padre, le piaghe benedette del Figlio impresse nelle nostre vite. Non a caso gli esorcismi si compiono mostrando ai demoni la Croce. Ecco, siamo un esorcismo sbattuto in faccia al demonio di questa generazione: con le sofferenze, i fallimenti, le frustrazioni lo "scacciamo". Sì, proprio quando agli occhi del mondo sembriamo soccombere al figlio, al collega, al coniuge, è il momento in cui, crocifissi con Cristo, esercitiamo con amore il "potere di scacciare i demoni" per dischiudere loro il "Regno" che "predichiamo" con zelo inesausto. 












L'ANNUNCIO
Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni. Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananèo e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì.

 (Dal Vangelo secondo Marco 3,13-19)









Gesù ha chiamato a sé quelli che Egli volle: la vocazione scaturisce esclusivamente dal suo volere. Per questo la volontà di Dio si manifesta sempre come una chiamata che ci raggiunge, improvvisa, libera, gratuita. Il rapporto con Dio è racchiuso in un chiamare e un andare. Parola, ascolto, obbedienza, la gioia e il riposo scaturiscono da questo cocktail. Nella Scrittura e nell'esperienza dei santi è ricorrente l'esperienza del riposo nella volontà di Dio. Perché è il Signore che vuole proprio noi, con i nostri nomi, con le nostre storie, con i nostri caratteri, con i nostri difetti. I criteri di scelta di Dio son ben diversi da quelli del mondo. Come fu per Davide, come per tutti i profeti, Dio non guarda all'apparenza, ma al cuore. Se ha guardato quei dodici uomini è perché conosceva profondamente il loro cuore, anche di chi lo avrebbe tradito. 
Lui, infatti, conosce i suoi più di quanto essi si conoscano. Si può riposare nella chiamata del Signore perché è essa stessa la garanzia. Guardare alle nostre capacità, all'adeguatezza delle nostre risorse umane e spirituali è tradire il Signore. Occorse a Pietro mentre, chiamato a sé da Gesù, guardandosi si bloccò, e cominciò ad affondare nel mare; e poi, quando presuppose in sé una fedeltà granitica che invece si sbriciolò per paura; illusioni frantumate che però lo condussero ad un abbandono totale alla misericordia di Gesù. Occorse la stessa cosa a Giuda che però si giudicò e si condannò, ritenendo impossibile il perdono, e si suicidò. Il demonio, infatti, attacca i chiamati sempre allo stesso modo. Li afferra per il bavero delle proprie debolezze per spingerli prima verso la sfiducia, e poi nella disperazione. Il Vangelo di oggi invece ci mostra il vero ed unico cammino alla pace e alla gioia: Gesù ci vuole con Lui, e ci chiama essenzialmente per stare con Lui. Ci conosce e per questo ci chiama. Esattamente come siamo ora, Lui sa come siamo stati e anche come saremo. Il Signore non è il responsabile dell'ufficio risorse umane della Chiesa, non assume in base al curriculum. Gesù chiama quelli che vuole, perché i suoi occhi vedono quello che nessun occhio umano è capace di captare; Lui sceglie in base al requisito che chiunque rifiuterebbe, si innamora di quello che nessun ragazzo o ragazza vorrebbe mostrare di sé: Gesù cerca la debolezza, la stoltezza secondo il mondo, ciò che è nulla agli occhi "intelligenti" della carne. Per questo ha scelto ciascuno di noi, e non per le nostre capacità, per la pazienza, per l'arguzia, per la forza, per presunte disposizioni umane alla santità... Lui non ha problemi con noi, anzi, ed allora perché averne noi? Per orgoglio, purissimo orgoglio. Al contrario la Parola di oggi è una buona notizia che ci invita ad aver pazienza con noi stessi, a non voler farci santi e adeguati stringendo i pugni, ad accettare le imperfezioni, i difetti, e scacciar via come subdola tentazione ogni immagine illusoria di quel che vorremmo essere. E' il Signore che porterà fedelmente a compimento la sua volontà in noi. Perché tutto è racchiuso dentro la sua chiamata gratuitaNelle crisi, nei dubbi, occorre tornare sempre alle radici della chiamata, che sono il cuore e la volontà di Dio. Nel matrimonio, nel presbiterato, nella vita religiosa, e poi nel lavoro, nello studio, in tutto vi è una chiamata che ci precede, su cui è stata fondata la nostra vita. Non siamo noi il fondamento, è Lui, è la sua chiamata, la sua Grazia. In questa gratuità che disarma il nostro orgoglio possiamo ricominciare ogni giorno, anche se siamo passati attraverso una tempesta di tentazioni e di peccati che sembra aver distrutto tutto. La sua chiamata è irrevocabile, come lo è stata per Israele. L'abbandono, il divorzio, la fuga nascono sempre da un errore di prospettiva che ci fa scambiare la sabbia con la roccia, il figlio con il Padre. Fondare sulla sabbia è assicurarsi il fallimento. 

E così, nella luce della gratuità e insondabilità dell'elezione divina, possiamo imparare a guardare anche gli altri, nella chiesa, nella famiglia, ovunque. Dio chiama a sé quelli che vuole, sarà Lui ad accompagnare e a recidere, a tempo opportuno, la zizzania dal cuore nostro come quello degli altri. Non siamo stati noi a scegliere il Signore, anche se tante volte enfatizziamo questo aspetto - la famosa "opzione per Dio, e poi per i poveri, per gli ultimi" - esigendo poi contraccambi materiali e spirituali. E' stato Lui a pensarci nella preghiera notturna, immagine dell'eternità alla quale risale la nostra elezione. E' stato Lui a cercarci e a chiamarci, a costituirci e a inviarci perché dessimo un frutto che rimanga. E' interessante notare come nella lingua spagnola amare e volere si dicano con la stessa parola: querer. Gesù "vuole" noi perché ci "ama". Andare a Lui, lasciarsi amare e introdurre nella sua intimità è il cuore di ogni missione. Non si tratta di fare cose, si tratta di stare con Lui, di contemplare il suo volto, ascoltare la sua Parola, rimanere nel suo amore. La missione si fa feconda quando l'intimità, lo stare con Lui si fa più intenso e autentico: sulla Croce. Esattamente come ha sperimentato il Signore stesso, che ha salvato ogni uomo nel momento in cui non ha potuto far altro che gettarsi, nella morte, tra le braccia del Padre. Stare con Gesù è dunque essere crocifisso con Lui; la fecondità e il valore della nostra vita e della nostra missione appaiono nei momenti di più grande debolezza. Ci ha scelti perché deboli, per insegnarci ad abbandonarci a Lui e per poter operare in noi con illimitata libertà. Gli eventi che ci umiliano, la Croce che ci inchioda all'impotenza, nella luce della sua chiamata, si rivela come la fonte dalla quale il potere infinito di Dio può sgorgare per la salvezza del mondo. In quanto crocifissi, poveri, deboli, ultimi nel mondo, siamo inviati a portare ad ogni uomo i segni dell'amore del Padre, le piaghe benedette del Figlio impresse nelle nostre vite. Non a caso gli esorcismi si compiono mostrando ai demoni la Croce. Ecco, siamo un esorcismo sbattuto in faccia al demonio di questa generazione: con le sofferenze lo "scacciamo". Sulla Croce siamo una sola carne con Cristo, non siamo più noi a vivere ma è Lui a vivere in noi; e, proprio prendendo su di noi i peccati di chi ci è accanto, accettando le debolezze e le contraddizioni che ci caratterizzano, entrando nella malattia e nella precarietà, possiamo esercitare il "potere di scacciare i demoni" in coloro ai quali siamo inviati. Sì, proprio quando agli occhi del mondo sembriamo soccombere al figlio, al collega, al coniuge, è il momento in cui, crocifissi con Cristo, "scacciamo" il demonio e dischiudiamo il Regno. E' Lui, infatti, che ci "fa" apostoli, come recita l'originale greco. Costituire gli apostoli significa farli, crearli, plasmarli, sino ad essere immagine di Lui. Apostolo infatti significa inviato e, secondo l'etimologia ebraica, esso costituiva un altro se stesso di colui che lo inviava. Per questo lo stare con Gesù si risolve, naturalmente attraverso un cammino di amicizia e di intimità, ad assumere, per grazia, i tratti di Lui. Avere lo stesso pensiero di Cristo, il suo cuore, il suo sguardo. Alter Christus, come San Francesco, nella certezza che il Signore è sempre con noi, accompagnandoci e precedendoci ogni giorno, ed è Lui ad operare i segni e i prodigi che, dal Cielo, testimoniano qui sulla nostra terra la sua vittoria sulla morte, della quale il potere sui demoni e sulle malattie, fisiche e spirituali, ne è il segno inequivocabile.


APPROFONDIMENTI



Benedetto XVI. Perchè stessero con Lui...
Incontro con i seminaristi di Freiburg im Breisgau, sabato, 24 settembre 2011


Mi colpisce sempre più di tutto il modo in cui san Marco, nel terzo capitolo del suo Vangelo, descrive la costituzione della comunità degli Apostoli: “Il Signore fece i Dodici”. Egli crea qualcosa, Egli fa qualcosa, si tratta di un atto creativo. Ed Egli li fece, “perché stessero con Lui e per mandarli”: questa è una duplice volontà che, sotto certi aspetti, sembra contraddittoria. “Perché stessero con Lui”: devono stare con Lui, per arrivare a conoscerlo, per ascoltarlo, per lasciarsi plasmare da Lui; devono andare con Lui, essere con Lui in cammino, intorno a Lui e dietro di Lui. Ma allo stesso tempo devono essere degli inviati che partono, che portano fuori ciò che hanno imparato, lo portano agli altri uomini in cammino – verso la periferia, nel vasto ambiente, anche verso ciò che è molto lontano da Lui. E tuttavia, questi aspetti paradossali vanno insieme: se essi sono veramente con Lui, allora sono sempre anche in cammino verso gli altri, allora sono in ricerca della pecorella smarrita, allora vanno lì, devono trasmettere ciò che hanno trovato, allora devono farLo conoscere, diventare inviati. E viceversa: se vogliono essere veri inviati, devono stare sempre con Lui. San Bonaventura disse una volta che gli Angeli, ovunque vadano, per quanto lontano, si muovono sempre all’interno di Dio. Così è anche qui: come sacerdoti dobbiamo uscire fuori nelle molteplici strade in cui si trovano gli uomini, per invitarli al suo banchetto nuziale. Ma lo possiamo fare solo rimanendo sempre presso di Lui. Ed imparare ciò, questo insieme di uscire fuori, di essere mandati, e di essere con Lui, di rimanere presso di Lui, è – credo – proprio ciò che dobbiamo imparare... Il modo giusto del rimanere con Lui, il venire profondamente radicati in Lui – essere sempre di più con Lui, conoscerLo sempre di più, sempre di più non separarsi da Lui – e al contempo uscire sempre di più, portare il messaggio, trasmetterlo, non tenerlo per sé, ma portare la Parola a coloro che sono lontani e che, tuttavia, in quanto creature di Dio e amati da Cristo, portano nel cuore il desiderio di Lui.



αποφθεγμα Apoftegma




Se gli apostoli sono veramente con Lui, 
allora sono sempre anche in cammino verso gli altri, 
allora sono in ricerca della pecorella smarrita, 
allora vanno lì, devono trasmettere ciò che hanno trovato, 
allora devono farLo conoscere, diventare inviati. 
E viceversa: se vogliono essere veri inviati, 
devono stare sempre con Lui,
per arrivare a conoscerlo, per ascoltarlo, 
per lasciarsi plasmare da Lui; 
devono andare con Lui, 
essere con Lui in cammino, 
intorno a Lui e dietro di Lui. 


Benedetto XVI



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