Terra buona e feconda di frutti per salvare la terra infruttuosa
Una barca sul mare, e sulla terra “una
folla enorme” di volti e cuori in attesa. Di che cosa hanno bisogno? Di una
parabola, che li strappi uno ad uno dall’anonimato che stinge l’unicità di
ciascuno impedendo un rapporto vivo con Cristo. Tra le “molte cose” che Egli
insegnava, il Vangelo ne registra una, trasmessa attraverso una parabola che
racconta di un Seminatore che è “uscito a seminare” il seme della Parola.
Immaginiamo che si riferisse alla terra che aveva davanti, la Galilea, fatta di
pescatori e peccatori, uomini capaci di gesti generosi e coraggiosi come quando
ci si infila nel mare per strappargli il cibo per vivere; ma anche testardi e
duri di cuore, incapaci di comprendere la Parola. La Galilea, così simile alla
terra della nostra vita, attraversata dalle "strade" del pensiero
mondano dove corrono veloci le menzogne del demonio per scipparci la Parola
ascoltata. Piena di "pietre", dure come i nostri cuori gonfiati
dall'ego, che si infiammano al sole dei facili entusiasmi, mentre però occupano
con la superbia spazi preziosi di terra sottraendoli alle radici del seme.
Aggredita dalle "spine" acuminate come i pensieri che il demonio ci
insinua di fronte alla precarietà per farci dubitare di Dio; si conficcano
nell'intimo condannandoci all'avarizia e all'avidità con cui ci illudiamo di
possedere cose e persone, mentre invece "soffochiamo" il seme che,
fruttificando, ci darebbe libertà e pace. Ma proprio nella descrizione che Gesù
fa della "terra" su cui è seminata la Parola è celata la chiave che
ci apre all'intelligenza di tutte le parabole: a noi, infatti, è
"confidato il mistero del regno di Dio", ovvero l'esistenza di un
lembo di "terra buona" in mezzo alla "terra infruttuosa".
Tutte le parabole ne parlano, descrivendolo piccolo come un "seme"
appunto, perseguitato, nascosto, accerchiato dalla zizzania, mentre la sua
crescita sarà proprio come avviene quando "un uomo getta un seme nella
terra". La Parola che il seminatore è uscito a seminare è dunque
il seme del Regno di Dio! Esso è rifiutato dalla maggioranza degli
uomini, ma accolto da un resto, chiamato ed eletto perché il seme
possa crescere e divenire un sacramento di salvezza per il mondo. Gesù sta
parlando della Chiesa, del suo stare nel mondo come “terra bella” e feconda di
"frutti" che hanno il sapore della vita eterna, il destino per il
quale ogni uomo è venuto al mondo. Ma quello che Gesù dice della Chiesa vale
anche per ciascuno di noi, che siamo chiamati nella Chiesa a "dare
frutto" per la salvezza del mondo. Come ogni uomo anche noi, a causa del
peccato, viviamo su una "terra" che non è quella "buona e
bella" del Paradiso, proprio come annunciato da Dio ad Adamo: "poiché
hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero di cui ti avevo
comandato: «Non devi mangiarne», maledetto
il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i
giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e
mangerai l'erba dei campi" (Gen 3,17-18). In
queste parole sono profetizzati i tipi di terra nei quali il seme della Parola
non attecchisce, cioè la situazione concreta del mondo e di chi ne è parte. Eppure,
come è accaduto agli apostoli, anche in noi il Signore ha visto un pezzo di
"terra buona", così piccolo e nascosto che probabilmente nessuno ci
ha mai fatto caso; neanche noi, che forse ci sentiamo "abbattuti"
perché "incostanti" e fragili dinanzi ai problemi e alle sofferenze,
induriti nell'orgoglio e schiavi delle concupiscenze. Ma il Vangelo di
oggi ci annuncia che in noi c'è un
frammento di Paradiso, e lì Gesù vuol seminare la sua Parola! La natura
umana, infatti "non
è interamente corrotta: è ferita nelle sue proprie forze naturali, sottoposta
all’ignoranza, alla sofferenza e al potere della morte, e inclinata al peccato
(questa inclinazione al male è chiamata « concupiscenza »)". Ma "il
Battesimo, donando la vita della grazia di Cristo, cancella il peccato
originale e volge di nuovo l’uomo verso Dio; le conseguenze di tale peccato
sulla natura indebolita e incline al male rimangono nell’uomo e lo provocano al
combattimento spirituale" (Catechismo
della Chiesa Cattolica 405). Il
battesimo, ecco il “mistero del Regno di Dio” che Gesù “ci confida” oggi! Come
descritto nella parabola, nella Chiesa primitiva si giungeva al battesimo dopo
una lunga preparazione che iniziava con la “semina”, ovvero con l’ascolto del
kerygma, della Buona Notizia. I pagani raggiunti dallo zelo degli apostoli erano peccatori, schiavi delle concupiscenze, concubini e adulteri, non importava quanto fosse infeconda la loro terra. Importava che la Chiesa li avesse raggiunti, che i cristiani avessero offerto la testimonianza dei propri frutti chiamandoli alla fede, e che ascoltassero la predicazione che seminava in loro la Parola. E che iniziassero un serio cammino di conversione guidati dalla Chiesa, proprio perché il seme caduto nella “terra
buona” dei catecumeni giungesse a maturazione. Un cammino
di iniziazione cristiana nel quale essa potesse mettere radici e crescere sino
a dare i frutti di una vita nuova nella "Grazia di Cristo". Grazie ad essa,
infatti, “il sasso può diventare una terra fertile, la strada non essere
più calpestata dai passanti e diventare un campo fecondo, le spine essere
sradicate e permettere al seme di dare frutto liberamente” (San Giovanni
Crisostomo). Si trattava di un lungo cammino di conversione perché doveva essere cacciato “satana” sempre pronto a
“portare via la parola seminata in loro”. Occorreva vincere l’“incostanza”
togliendo una ad una le “pietre” dal loro cuore perché in esso la Parola
potesse mettere “radici” e resistere senza “abbattersi” “al sopraggiungere di
qualche tribolazione o persecuzione a causa della parola”. Era necessario
cambiare mentalità togliendo le “spine” del pensiero mondano, perché la Parola
non restasse “soffocata” dalle “preoccupazioni del mondo, dall'inganno della
ricchezza e da tutte le altre bramosie”. Il battesimo giungeva solo dopo questo
cammino, che alcuni abbandonavano come afferma chiaramente il Signore nella
parabola. Esso sigillava l'opera di Dio nel neofita, che, annegando
nell’acqua l’uomo vecchio schiavo del peccato e per questo infecondo, risorgeva
con Cristo come un figlio del Regno, pronto a offrire al mondo i suoi frutti,
“dove il trenta, dove il sessanta, dove il cento”. Non tutti, infatti, sono
chiamati con la stessa vocazione, ma in ciascuno la Parola produce il frutto
necessario in quel momento, per quella persona che si trova in quella
situazione. Per questo con la parabola di oggi Gesù ci ridesta perché torniamo
al cuore e al fondamento della nostra chiamata; altrimenti, come accade per le
parabole, non capiremo nulla della nostra vita. Perché essa sia compiuta e dia
i “frutti” che Dio ha pensato per noi dobbiamo tornare al battesimo attraverso
i cammini che la Chiesa ci offre. Solo così saremo le primizie del Regno che solca il mare della
morte. Per questo “la barca” di Gesù che, “seduto”, annuncia il Vangelo e
insegna la Verità come l'unico Maestro, è separata dalla
terraferma: è il segno sua risurrezione!. Così è la Chiesa, la “terra buona”
che risplende feconda; così le nostre comunità sparse nel mondo senza
appartenergli; così ciascuno di noi, issati su quella barca per assumere il combattimento spirituale di ogni
giorno per difendere la bellezza della vita celeste in noi, il frutto squisito dell'amore da
offrire a chi ci è accanto.
L'ANNUNCIO |
Di nuovo si mise a insegnare lungo il mare. E si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli salì su una barca e là restò seduto, stando in mare, mentre la folla era a terra lungo la riva. Insegnava loro molte cose in parabole e diceva loro nel suo insegnamento: «Ascoltate. Ecco, uscì il seminatore a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un'altra cadde fra i sassi, dove non c'era molta terra, e subito spuntò perché non c'era un terreno profondo; ma quando si levò il sole, restò bruciata e, non avendo radice, si seccò. Un'altra cadde tra le spine; le spine crebbero, la soffocarono e non diede frutto. E un'altra cadde sulla terra buona, diede frutto che venne su e crebbe, e rese ora il trenta, ora il sessanta e ora il cento per uno». E diceva: «Chi ha orecchi per intendere intenda!». Quando poi fu solo, i suoi insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli disse loro: «A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole, perché: guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano, perché non si convertano e venga loro perdonato». Continuò dicendo loro: «Se non comprendete questa parabola, come potrete capire tutte le altre parabole? Il seminatore semina la parola. Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la parola; ma quando l'ascoltano, subito viene satana, e porta via la parola seminata in loro. Similmente quelli che ricevono il seme sulle pietre sono coloro che, quando ascoltano la parola, subito l'accolgono con gioia, ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della parola, subito si abbattono. Altri sono quelli che ricevono il seme tra le spine: sono coloro che hanno ascoltato la parola, ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e l'inganno della ricchezza e tutte le altre bramosie, soffocano la parola e questa rimane senza frutto. Quelli poi che ricevono il seme su un terreno buono, sono coloro che ascoltano la parola, l'accolgono e portano frutto nella misura chi del trenta, chi del sessanta, chi del cento per uno».
(Dal Vangelo secondo Marco 4,1-20)
Una barca sul mare, e sulla terra “una folla enorme” di volti e cuori in attesa. Di che cosa hanno bisogno? Di una parabola, che li strappi uno ad uno dall’anonimato che stinge l’unicità di ciascuno nel grigio del sentimentalismo e dei desideri dettati dagli umori della carne. Tra le “molte cose” che Gesù insegnava, il Vangelo ne registra una, trasmessa attraverso una parabola con la quale illumina la Chiesa, il suo stare nel mondo come “terra bella” e feconda di frutti che sanno di vita eterna. Comprendere questa parabola è capire tutte le altre, perché in essa è celata la chiave con la quale aprire lo scrigno della Scrittura. Essa racconta di un Seminatore che, per salvare tutta la terra, anche quella dove vi sono solo spine e sassi e dove passa la strada, è “uscito a seminare” il suo seme più prezioso, come il Padre che, per salvare tutti i suoi figli ribelli e dispersi, ha sacrificato il suo Figlio prediletto. Il mondo che ha ingannato e rapito ogni uomo, infatti, è terra dura, ostile e inospitale. In essa la Parola incarnata vi è “caduta” sotto il peso della Croce, sulla strada del Calvario, tra spine e pietre. E' stata rifiutata, derisa, uccisa proprio da coloro ai quali era stata inviata. E il seme è morto, sepolto nella terra del maligno, ma dalla solitudine del sepolcro è scaturito il frutto della risurrezione, donato come una primizia a un pugno di uomini scelti per essere la “terra bella e buona”, come le Terra Promessa sposa della Parola che dà la Vita. Terra di Galilea, fatta di pescatori e peccatori, testardi e duri di cuore, incapaci di comprendere, come tutti gli altri, e per questo segno di un mistero che stupisce, dell'elezione irrevocabile come già fu quella che cadde sul Popolo di Israele. Gli apostoli, le primizie scelte per mostrare "il frutto" del puro amore ad ogni uomo, il destino eterno che tutti ci attende, "nella misura chi del trenta, chi del sessanta, chi del cento per uno". Ciascuno, infatti, ha una storia, una famiglia, un lavoro, luoghi e persone che Dio ha pensato di salvare attraverso di noi. Il frutto non dipende dagli sforzi e dalle capacità, ma dalla Grazia che ci è data in funzione della missione alla quale siamo chiamati. Niente campionati e classifiche, un unico obbiettivo per tutti, la salvezza di ogni uomo.
Per opera della Grazia, in quel pugno di uomini la terra s'è fatta dolce e accogliente, come il seno benedetto di Maria. Dodici uomini fecondati dalla Parola che ritorna al Cielo dopo aver compiuto la missione per la quale era stata seminata: grazie ad essa, infatti, “il sasso può diventare una terra fertile, la strada non essere più calpestata dai passanti e diventare un campo fecondo, le spine essere sradicate e permettere al seme di dare frutto liberamente” (San Giovanni Crisostomo). Parola viva,la vita di Cristo nella vita di quegli uomini diventati Chiesa, Assemblea Santa nello Spirito Santo. La Chiesa Amica e Sposa di Cristo, depositaria dei suoi segreti più intimi, primizia del Regno che solca il mare della morte. Per questo la barca di Gesù che, “seduto”, annuncia il Vangelo e insegna la Verità come l'unico Maestro, è separata dalla terraferma, vittoriosa sul mare della morte. Così è la Chiesa, le nostre comunità sparse nel mondo senza appartenergli; così vivono gli Apostoli, e ciascuno di noi, separati dalla terra per mostrare la vittoria sul mare di morte che incombe su tutti. Su quella barca siamo chiamati a vivere il combattimento di ogni giorno, perché le scorie della vecchia terra sterile sono in agguato con le stesse tentazioni che hanno assalito il Popolo di Israele davanti al Mar Rosso e Gesù nel deserto e sulla Croce; tentazioni che ci scuotono per indurci a riprendere criteri e pensieri mondani, “affanni e preoccupazioni”, “ricchezze e bramosie”, “paure ed angosce di persecuzioni” e fallimenti. La via della Chiesa, infatti, non può che passare sul mare, seguendo le orme spesso invisibili del Signore che ci precede nell'esodo eterno. Come Mosè, la Chiesa è chiamata a trascinare il mondo nella Pasqua della salvezza, nel passaggio dalla schiavitù alla libertà, dall'Egitto, la terra ostile al seme della Parola, alla Gerusalemme celeste, la terra buona e promessa. Anche oggi il Signore ci chiama con sé nella Chiesa, per offrire un'arca d'amore e salvezza ad ogni uomo.
APPROFONDIMENTI
C. Caffarra. Omelie sulla Parabola del Seminatore
Gesù il Maestro che parla in parabole: Il Seminatore
αποφθεγμα Apoftegma
Ma, dirai, a che pro seminare tra le spine, fra i sassi o lungo la strada ?
Se si trattasse di un seme e una terra materiali, non avrebbe nessun senso;
ma poiché si tratta delle anime e della Parola, la cosa è degna di elogi.
A ragione si rimprovererebbe a un coltivatore di agire così;
il sasso non può diventare terra, la strada non può non essere una strada,
né le spine non essere delle spine.
Ma nella sfera spirituale, non è lo stesso:
il sasso può diventare una terra fertile,
la strada non essere più calpestata dai passanti e diventare un campo fecondo,
le spine essere sradicate e permettere al seme di dare frutto liberamente.
Se questo non fosse possibile, il seminatore non avrebbe sparso il seme come ha fatto.
San Giovanni Crisostomo, Discorsi 44 sul vangelo di Matteo, 3-4
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