Silvano Fausti, Beppe Lavelli. Levarono la sua spoglia e la deposero in un sepolcro



Erode rappresenta il nostro rapporto ambiguo con la Parola, perché il nostro modo di vivere è in dissonanza con essa.


Salmo 73 (72)

Quanto è buono Dio con i giusti con gli uomini dal cuore puro!
Per poco non inciampavano i miei piedi, 
per un nulla vacillavano i miei passi 
perché ho invidiato i prepotenti vedendo la prosperità dei malvagi.
Non c’è sofferenza per essi, sano e pasciuto è il loro corpo.
Non conoscono l’ affanno dei mortali e non sono colpiti come gli altri uomini. 
Dell'orgoglio si fanno una collana
e la violenza è il loro vestito. Esce l'iniquità dal loro grasso,
Scherniscono e parlano con malizia, minacciano dall'alto con prepotenza.
Levano la loro bocca fino al cielo, e la loro lingua percorre la terra. 
Perciò seggono in alto, 
non li raggiunge la piena delle acque. 
Dicono:”Come può saperlo Dio?” 
C’è forse conoscenza nell'Altissimo?”. 
Secco, questi sono gli empi: 
sempre, tranquilli, ammassano ricchezze. 
Invano dunque ho conservato puro il mio cuore, e ho lavato nell'innocenza le mie mani, 
poiché sono colpito tutto il giorno, 
e la mia pena si rinnova ogni mattina. 
Se avessi detto:”Parlerò come loro”, avrei tradito la generazione dei tuoi figli. 
Riflettevo per comprendere: ma fu arduo agli occhi miei, 
finché non entrai nel santuario di Dio e compresi qual è la loro fine. 
Ecco, li poni in luoghi scivolosi, li fai precipitare in rovina. 
Come sono distrutti in un istante, sono finiti, periscono di spavento! 
Come un sogno al risveglio, Signore, quando sorgi, fai svanire la loro immagine. 
Quando si agitava il mio cuore e nell'intimo mi tormentavo, 
io ero stolto e non capivo, 
davanti a te stavo come una bestia. 
Ma io sono con te sempre! 
Tu mi hai preso per la mano destra. 
Mi guiderai con il tuo consiglio 
e poi mi accoglierai nella tua gloria. 
Chi altri avrò per me in cielo? Fuori di te nulla bramo sulla terra. 
Vengono meno la mia carne e il mio cuore;
ma la roccia del mio cuore è Dio,
è Dio la mia sorte per sempre. 
Ecco, perirà chi da te si allontana, tu distruggi chiunque ti è infedele. 
Il mio bene è stare vicino a Dio:
nel Signore Dio ho posto il mio rifugio, per narrare tutte le tue opere
presso le porte della città di Sion.

Questo salmo presenta un po’ le sorti di coloro che il salmista definisce “i giusti” - nella prima strofa - rispetto a coloro che chiama “i malvagi”, sembra che siano così bene caratterizzati, forse se leggiamo siamo presi dal desiderio di metter le distanze rispetto a questi “malvagi”, però poi lo stesso salmista ci dice che non è qualcosa che avvenga in maniera automatica, o sempre facile, dice “per poco non inciampavo nei miei piedi, per un nulla vacillavano i miei passi”… perché ? “Perché ho invidiato i prepotenti vedendo la prosperità dei malvagi”.

C’è poi la descrizione appunto di coloro che sono i prepotenti, i malvagi e anche il fascino che questo può esercitare: perché se noi diciamo la prepotenza, la malvagità forse automaticamente vorremmo appunto prender le distanze, in realtà quello che avviene

è qualcosa che ci affascina: allora giunge a dire “Invano ho conservato puro il mio cuore e ho lavato nell'innocenza le mie mani”, come se non vedesse il frutto di quello che compie.

E dice che ci vuole del tempo, “riflettevo per comprendere: fu arduo agli occhi miei, finché non entrai nel santuario di Dio e compresi qual è la loro fine” dove appunto la fine degli empi, dei malvagi, è di sperimentare che questo male che si compie poi rischia appunto di tornare sull'empio che lo compie: quando si dice “tu distruggi i malvagi “– come abbiamo letto “ tu distruggi chiunque ti è infedele” – va tenuto insieme con quello che diceva, che i malvagi prosperano: allora non è tanto una distruzione a livello fisico, non vedi nessuna saetta che colpisce i malvagi, ma riesce a leggere dove porta una vita di quel tipo.

Vedete non è l’apparenza, perché l’apparenza dice che i malvagi prosperano; ma quello che il salmista riesce finalmente a comprendere potremmo dire che il Bene è premio a sé stesso. Non si cerca il Bene, non si cerca la giustizia, non si cerca la verità per chissà quale altra cosa ma perché appunto è bene, è giusto ed è vero.

Allora in questo modo, attraverso un lungo percorso che viene descritto qui attraverso il salmo, questo salmista ci dice qual è il cammino che siamo chiamati a compiere; e di questo cammino vedremo qualcosa in particolare nel brano di questa sera.

Una premessa che inquadra il testo: con la missione che abbiamo fatto la volta scorsa, la prima parola di Gesù era di non portare pane, perché si parla sempre di pane fino al capitolo ottavo, praticamente. È la cosiddetta “sezione del pane”, che richiama l’Eucarestia, cioè lo stile di vita nuovo.

E il Vangelo di oggi ci presenta uno stile, la prossima volta vedremo l’altro stile di vita: i due modelli. Ed è importante capire che modello di vita viviamo perché l’uomo si comporta in base ai modelli, non è come l’animale che ha l’istinto e quindi va bene, l'istinto è già programmato e non può sbagliare: l'uomo sbaglia perché non ha l’istinto per sé, ha l'uso di ragione. Ha il discernimento e impara dalla storia cos’è il Bene e cos’è il Male. È uno che desidera, desidera la felicità ma la felicità non è un oggetto, l'avete mai vista a passeggio la Felicità?

Allora ci sono delle cose che sembrano belle e buone e desiderabili che promettono felicità e poi ti fregano; e per questo ci sbagliamo, non per cattiveria, perché abbiamo un modello sbagliato. E questa sera vedremo un bel modello che tutti adoriamo, che è il principio di tutti i mali ed è un testo che fa da antivirus, che smaschera in fondo quel modello che tutti abbiamo introiettato da Adamo ed Eva in poi: e poi vedremo la volta prossima il modello successivo. Sono due banchetti, il banchetto vuol dire mangiare, vuol dire vivere, due modi di vivere, stasera vediamo il modo di vivere che tutti vogliamo - coi bei risultati che porta - vedremo poi l'altro banchetto, il banchetto di Gesù.

Mi sembra che tu abbia a considerare Erode uno molto cattivo. Invece no, vedete che non è per niente molto cattivo, lui non vuole uccidere nessuno, anzi lo conserva, anzi gli vuol bene, lo stima, dice che è giusto, che è santo. È uno che è giocato, nella vita come capita a tutti noi, quindi prendiamo Erode come nostro modello di lettori della Parola di Dio, ecco, così riusciamo a capire perché non riusciamo a capire il Vangelo, se prendiamo Erode come modello.

Innanzitutto Erode è il re, il re rappresenta l'ideale dell'uomo, tutti vogliamo essere come lui, è il modello; è Dio in terra, da che mondo è mondo eleggiamo chi ci rappresenta proprio perché rappresenta gli ideali che abbiamo noi. Ecco, qui vediamo gli ideali di Erode: in questo banchetto – banchetto vuol dire vivere, mangiare. Come termina il banchetto, l'ultima portata qual è? La testa. Bellissimo. Ecco vediamo allora gli ingredienti di questo banchetto che è lo stile di vita normale, che va per la maggiore, lo vedete sui giornali, nella televisione, come proposta.

14E udì il re Erode, poiché il suo nome era diventato noto, e diceva: Giovanni il battezzatore è risorto dai morti! Per questo operano in lui le potenze. 15E altri dicevano: È Elia. E altri dicevano: Un profeta, come uno dei profeti. 16Ma Erode, udito, diceva: Quel Giovanni che io decapitai, questi è risorto.

La volta scorsa il brano terminava con l'invio in missione a due a due, e prima che appunto gli apostoli tornino da Gesù viene raccontata questa vicenda. E si dice che appunto il re Erode udì, il re Erode è uno che ascolta quello che si dice ma anche interpreta. E questo re un po’ ci rappresenta, viene a conoscere qualcosa di Gesù e si esprime riguardo a quello che sente, c’è un prendere posizione. Erode non è indifferente: Erode è uno che “ascolta” e che “dice”.

“Udì e diceva”. E quello che dice è che Giovanni il Battezzatore è risorto dai morti. Questo è la notizia: nel capitolo quinto avevamo visto Gesù che risuscita la figlia di Giairo ma qui c’è una proclamazione, che è quasi inaspettata, che Erode creda nella resurrezione, proclama che Giovanni il Battezzatore è risorto dai morti. Quindi Gesù sarebbe Giovanni risorto.

È come appunto se di questa figura di Erode venisse messo in evidenza come prima cosa che lui sembra non aver nessun problema a proclamare questo, tanto che anche quando sente altre interpretazioni lui dice no, “quel Giovanni che io decapitai, questi è risorto”. Lo dice e lo ribadisce. In un certo senso vediamo quale profondità di rapporto c’è tra Erode e Giovanni il battezzatore.

La Resurrezione è la buona notizia: e per Erode, che notizia è questa? È un incubo! Da quando gli ha tagliato la testa ce l'ha sempre presente, e dice “Ecco, è risorto! è risorto! ”. Dice qualcosa di molto profondo. Questo serve come introduzione e fa un flash back e racconta adesso come l'ha ucciso. Tutta la memoria di Erode che sempre immagina dentro come è capitata la storia. E allora racconta la storia del suo banchetto, che è esattamente uno spaccato della storia umana, è lo stile di vita che porta all'uccisione del profeta.

E anche quello che si dice di Gesù in questo caso, sia di Erode sia degli altri, ritroveremo queste espressioni anche più avanti al capitolo ottavo: chi è Gesù? Giovanni il Battista? Elia? Uno dei profeti? Un profeta che è uno dei profeti? Dove in questo da un lato c’è la grandezza di questa persona, ma dall'altra parte c’è la fatica a cogliere la novità, cioè quasi un ridurre Gesù a qualcosa che io conosco già. E in un certo senso anche in questo Erode forse ci assomiglia: perché la prima difficoltà che facciamo è pensare di avere già le categorie in cui inglobare anche Gesù. Quello che è il nostro passato ci serve per interpretare Gesù. È La difficoltà che ha Erode, ma è la difficoltà che anche hanno altri, è la difficoltà che possiamo avere noi. Invece che cogliere la novità di questo Gesù essere più prigionieri dei nostri schemi anche religiosi e quasi proiettarli su Gesù.

E tra l'altro l'uccisione del Profeta, per sé è il peccato maggiore: perché fare il male capita e si sbaglia, ma se uno ti dice che è male e gli tagli la testa è male perché non vuoi sapere che quel male è male. Già è il massimo male perché tagli la testa a uno: ma anche perché vuol dire che non vuoi cambiare, quindi l'uccisione del Profeta per sé è la consumazione del male. Lui ti dice che è male e allora terminiamolo, così è fatto tutto bene, è tutto a posto; cioè vuol dire far tacere la Verità. E siccome non c’era la televisione da mandar via o da spegnere o da oscurare, bastava tagliare la testa. Anche adesso più o meno è così: si toglie il mezzobusto e se ne mette un altro. È un modo per spegner la Verità.

E sembra quasi che con le sue parole Erode riconosca l'impotenza del suo male di fronte alla Parola. Cioè quello che ho decapitato è risorto, c’è qualcuno che è più forte di me, vuol dire che quella Parola che Giovanni ha detto lo accompagna ancora, che quel Giovanni lì se lo sta portando dentro, nonostante tutto quello che ha fatto.

Adesso vediamo la storia, che è il suo rapporto con Giovanni e il resto.

17Lo stesso Erode infatti aveva mandato a prendere Giovanni, e lo legò in prigione, a causa di Erodiade, moglie di Filippo suo fratello, perché l’aveva sposata. 18Diceva infatti Giovanni a Erode: Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello. 19Ed Erodiade ce l’aveva con lui, e voleva ucciderlo e non poteva. 20Erode infatti temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e lo preservava, e, ascoltandolo, restava molto perplesso, e lo ascoltava volentieri.

Vorrei un pochino rilevare adesso, lasciando da parte Erodiade, che cosa fa Erode: aveva mandato a prendere Giovanni, come Gesù, legato in prigione, ma la colpa non è sua, è per Erodiade. Ma cosa faceva Erode ? “Temeva Giovanni”, vuol dire che lo rispettava, sa che è giusto e sa; lo custodiva, lo osservava - preservare è proprio come osservare i Comandamenti - lo ascoltava, restava perplesso, ma ascoltava volentieri. Cosa volete di più? È il più buon uomo del mondo, no? Veniva il martedì anche a Villapizzone, risulta dai documenti antichi.

È come se questa persona ci facesse vedere un tipo di legame con la Parola, dove di fatto Erode non vuole eliminare Giovanni, anzi, lo vuole ascoltare, era andato anche in carcere ad ascoltarlo.

Se lo teneva in casa, tranquillo.

L'aveva lì accanto a sé, come dire “dimora in casa mia”, la Parola è lì, anzi, la custodisce ben bene, impedisce che venga uccisa questa Parola. Il fatto che lo mandi a prendere, lo leghi in prigione eccetera, sembra da un lato il tentativo di ridurre all'impotenza questa cosa ma la Parola continua, sullo sfondo c’è sempre l'invio in missione dei dodici. Questo un po’ anticipa quasi la sorte della Parola: e quello che fa appunto non lo fa perché lo decide lui, ma a causa di Erodiade. E questo Giovanni che dice a Erode “non ti è lecito” come se Erode, potremmo dire, ammirasse, anche se poi gli costa, in questa persona una persona che con franchezza gli dice le cose.

Tra l'altro è bello i verbi tutti all'imperfetto, vuol dire che era un'azione continua: temeva, preservava, lo ascoltava, restava, lo ascoltava, lo frequentava, è proprio affascinato anche, addirittura volentieri.

E quello che appunto Giovanni dice a Erode, riguarda appunto la donna che è con lui: ma come dire, questo è qualcosa che può riguardare il popolo, quando si è con qualcuno che non è la nostra persona, come se il popolo fosse sposato con qualcun altro, rappresenta anche il popolo di fronte alla situazione con il Signore, siamo sposati con qualcun altro.

E il fatto che Giovanni gli dica “non ti è lecito” rivela da parte di Giovanni la libertà di questa persona: andare dal re e dire “non ti è lecito” qualunque cosa tu dica al re vuol dire che tu da quel re non ti dovrai aspettare nessun favore. Non è che stai lì e dici “meglio che non dirgli niente, chissà mai che poi possiamo avere qualche favore da questo re” o " se andiamo a dir qualcosa chissà cosa mi fa ”.

C’è un legame di Giovanni che è un legame libero, franco: e in un certo senso anche questo colpisce Erode, che una persona gli si possa rivolgere così, che lui possa sentirsi dire delle parole che lo possono richiamare alla sua verità, quando magari tutto intorno faranno di tutto per nascondere questa verità, e per cercare complicità e non verità.

Tra l'altro c’è sotto anche un'immagine, sotto questo adulterio. Adulterio è quando non è la tua donna. Ora, il re è simbolo del popolo, di Israele, dei credenti e qual è il primo comandamento? Amerai, chi? Il Signore Dio Tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua vita, con tutte le tue forze. Vuol dire non amare il Signore ma amare gli idoli, non so se è chiaro: cioè la sposa è colei che devi sposare, che è il Signore. Sposi i tuoi idoli quindi è segno dell'idolatria questo, cioè non si son sposati. L'uomo è fatto per sposar la Sapienza: la donna è simbolo del Bene e del Male non perché la donna sia più buona o più cattiva dell'uomo ma perché è così. Eva ad esempio è simbolo della Stoltezza perché ha sposato l'ipotesi del serpente, poi invece c’è la Sapienza, che sposa la Parola di Dio, la Sapienza è quella che realizza l'uomo. Quindi ogni uomo, e anche la donna, dipende da chi sposa, se sposa la Sapienza o la stoltezza, cioè il modello di vita che sposi.

Quindi Erode che era buono, voleva bene alla Parola, apprezzava il profeta e lo custodiva però aveva sposato un altro modello di vita, che è quello che verrà fuori qui. Non so se mi spiego: tanti si dicono cristiani ma che modello di vita fanno? Il modello di vita di quello che vedremo del pane nel deserto o di quello che fa Erode per il suo compleanno? Cioè qual è lo stile di vita che abbiamo? È uno stile davvero di amore, di dono, di perdono, di comprensione, di comunione oppure un altro stile che vediamo qui?

Di fronte a queste parole di Giovanni si dice che Erodiade ce l'aveva con lui, non si dice che Erode ma Erodiade: e “voleva ucciderlo e non poteva”. Allora Giovanni viene “preso”: questo è uno dei termini anche da Genesi 3 in avanti in cui c’è una logica che punta più o meno all'eliminazione dell'altro, ma Erodiade ha questa volontà omicida, pensa che eliminando Giovanni lei possa vivere più.

Cioè che vivere di fronte a questa Parola per lei non è vivere: e ritiene che debba eliminare Giovanni perché lei possa vivere. Lei deve mettere a tacere questa parola perché lei possa vivere, pensa che quella Parola sia una Parola che le tolga la vita, e allora vuole togliere lei la vita a Giovanni. E si scontra.

È interessante perché in questi versetti noi vediamo delle situazioni, degli atteggiamenti che sono ambigui: lei che vuole ucciderlo ma non può, dall'altra parte c’è Erode che lo tiene in prigione però lo ascolta volentieri, rimane perplesso, però lo ascolta, lo ritiene uomo giusto e santo. Uno potrebbe dire: “Bene, se lo ritieni giusto e santo, che cosa ti impedisce di trarre le conseguenze da questo?”.

Ma allora forse qui ritroviamo quello che Silvano diceva all'inizio, cioè rivela il nostro atteggiamento di fronte alla Parola, perché forse non è poi così vero che siamo così liberi, così pronti di fronte a questa Parola che ascoltiamo, perché forse anche su di noi un'altra logica può esercitare maggior fascino se non stiamo attenti, così come anche il salmista diceva. Perché da una parte c’è Erodiade che vuole ucciderlo, dall'altra parte c’è Erode che vuole preservare Giovanni: e Giovanni è in prigione.

Adesso andiamo avanti e vediamo il giorno propizio.

21E venne il giorno propizio, quando Erode, per il suo anniversario di nascita, fece un banchetto per i suoi grandi, gli ufficiali e i primi della Galilea, 22ed entrata la figlia della stessa Erodiade e avendo danzato, piacque a Erode e ai commensali. Ora il re disse alla ragazza: Domandami ciò che vuoi, te lo darò. 23E le giurò: Ciò che mi domanderai, te lo darò: anche la metà del mio regno.

Ecco qui vediamo gli ingredienti dello stile di vita di Erode, che sono: il giorno propizio - è interessante l'anniversario di nascita sarà il giorno dell'uccisione. È un banchetto per i “grandi”: i grandi sono i ricchi proprietari terrieri antichi, i nobili e i ricchi, i generali e gli altri sono i rampanti, cioè quelli che ormai son giunti a livelli di essere i primi più ricchi, e rispetto ai nobili che sono ricchi di tradizione, sono i potenti, quelli che oggi hanno in mano il potere insomma. È il banchetto e gli invitati sono questi.

E poi che altre cose ci sono in questo banchetto? C’è una danza, c’è il piacere – piace a tutti – c’è la magnanimità - “domandami ciò che vuoi e te lo darò, anche la metà del mio regno” -, cioè è un banchetto bellissimo: ci sono i ricchi, i nobili, i potenti, i generali, una bella ragazza che balla e piace a tutti, un re generosissimo, dà anche metà del regno e lo giura davanti a tutti; quindi c’è anche il mantener la parola, c’è la bellezza, la danza, il piacere. Cosa manca ?

Sembra che non manchi niente e quando si comincia con un banchetto, per uno “potente”, bisogna sempre guardarsi: in Genesi 40 dove c’è il banchetto per il compleanno del Faraone, ne impicca uno; qua, c’è il banchetto di Erode, taglia la testa a un altro. Guardatevi bene quando vi arrivano gli inviti per i compleanni dei potenti! Perché c’è questo fatto che è tremendo: perché si festeggia la nascita con la morte. Quasi a dire che: “io vivo perché uccido qualcun altro”. È il potere. Questo è il potere. Cioè posso festeggiare il mio potere, la mia nascita, la mia vita uccidendo l'altro. Questo è il modo con cui io vado avanti a vivere, altro che spegner le candeline.

Si spengono le candeline, appunto. Ma c’è il potere.

Questo è il modo. Ma quello che fa qui Erode: noi forse possiamo avere dei preconcetti e dire: ma guarda questi sono cattivi, no: questo è il fascino, queste sono le tentazioni che Gesù ha vissuto all'inizio della sua vita. È questa è l'ambiguità di fronte alla Parola: pensare che si possa vivere così con la Parola in casa !

Vedete che allora Erodiade è questa follia che pensa che la vita sia fatta dai potenti – i nobili -, dai prepotenti – i generali – e dagli imbroglioni – i neoricchi. È questa la vita. Poi la danza, la bellezza, tutta la coreografia che è l'avere il potere e l'apparire: è questa la vita, no?

Sono gli ingredienti che da sempre vanno avanti: il potere, il piacere, il prestigio.

L'onore, l'amore, il denaro,soprattutto: senza quello non c’è nulla.

C’è Amos al capitolo ottavo che dice: “manderò una grossa maledizione nel paese, la più terribile: manderò fame e sete”. Ma non fame e sete di pane, quello c’è: “fame e sete di verità, di Parola, e non la troverete”. Perché? Ve lo dice pochi versetti prima: “Perché voi imbrogliate i poveri, li dominate, li sfruttate, voi vivete nell'ingiustizia”. Una vita nell'ingiustizia non può ammettere la Verità: è l'uccisione dell'altro, anche se non lo vuole.

È come se si venisse presi in un gioco più grande: come si diceva prima. Alla fine si viene giocati! Sembrano tante piccole cose messe lì e poi si viene travolti da queste stesse cose che si è messo lì.

Ma anche nel nostro piccolo, credo ognuno di noi nel suo lavoro, se non sta attento, è travolto da queste cose: prendere un po’ di più, occupare il posto migliore, salire un po’ di più. Poi ti accorgi che la vita si stringe, si stringe, muori tu, muoiono i tuoi e hai sacrificato una vita alla carriera: non sarai diventato re ma insomma, almeno capo ufficio.

Sono dinamiche, se si pensa agli invitati di questo banchetto, possiamo ben immaginare che dinamiche sono, ma forse possono essere quelle dinamiche appunto in cui ognuno cerca di sistemarsi. Sono logiche molto quotidiane, forse non c’è bisogno di andare nel palazzo di Erode per vivere queste dinamiche qui, anzi Erode sarà là perché ai quei tempi non si votava ma in un certo senso perché si riconosce, ci si riconosce in questo re e magari si invidia, come diceva il salmista, “ invidio i prepotenti”, perché forse piacerebbe a me essere lì, occupare quel posto di potere lì.

E il modello di vita che si presenta, qual è? È questo: la televisione, la stampa, i desideri, il mercato è tutto qui.

È anche interessante il fatto che di fronte a questa ragazza che entra, che danza, che piace a tutti i commensali Erode cosa dice: “domandami ciò che vuoi e te lo do ”.  È generoso …

Perché fa questo? Quella aveva già danzato non è che le ha detto “danza e ti darò queste cose”. No, ha già danzato! Mi sembra che da un lato ci sia la seduzione della bellezza, ma dall'altro c’è la seduzione del potere, si crea un legame tra queste persone dove una seduce con la bellezza e l'altro seduce con il potere. Quindi non c’era bisogno, è come se avesse un delirio di onnipotenza, posso darti ciò che vuoi. Il ritenersi chissà chi. Mi viene in mente una battuta, è uno dei miei teologi preferiti che è Linus.

È un teologo, davvero !

Quando contempla le sue mani e dice “Queste mani possono costruire ponti, queste mani possono costruire case, queste mani possono trasformare il mondo. E arriva Lucy, la sorella di Linus e le guarda e dice “Sono sporche di marmellata”. Come dire c’è un delirio di onnipotenza che ci fa perdere il legame con la realtà. Si creano delle relazioni che non hanno a che fare con la realtà, si chiudono gli occhi sulla realtà. Erode e questi sono di fatto dentro in questo mondo.

E poi è bello vedere che nel testo prima di tutto nessuno mangia però ci son tante cose buone perché in fondo il grande, la danza, la bellezza, il piacere, mica son cose negative, anche il giuramento, anche la generosità sua di per sé, poi però dopo il motivo è un altro. Anche le cose migliori possono essere usate in modo distorto perché c’è un'altra regia: è la festa del compleanno addirittura. Ma chi guida questa vita, questa nascita, questo stile? È Erodiade, mica lui. È interessante che il re sarebbe quello che ha il potere ma alla fine a chi obbedisce ? A chi comanda? A nessuno. Fa ciò che non vuole e non riesce a fare ciò che vuole. Per dire come il potere è giocato da una logica più sottile di lui.

Come se chiamato a governare altri non riesce a governare neanche se stesso, non fa quello che desidera attraverso questi passi. E vediamo allora di fatto l'entrata in scena della regista del banchetto.

24E, uscita, disse a sua madre: Che chiederò? Ora quella disse: La testa di Giovanni il battezzatore. 25Ed entrata subito in fretta dal re, domandò dicendo: Voglio che qui ora mi dia su un piatto la testa di Giovanni Battista!

Notate anche che bel ritmo: “E, uscita, disse a sua madre: Che chiederò? / Quella disse: La testa di Giovanni il Battista. Ed entrata/ subito/ in fretta/ dal re, domandò dicendo: Voglio/ qui /ora/ che tu mi dia/ su un piatto/ la testa /di Giovanni Battista!”

Come se la figlia di Erodiade, che cerca di piacere al re e ai commensali, però poi quando le si chiede: “Che cosa vuoi?”, non lo sa. Deve uscire: questa entra, esce e rientra. Va a prendere suggerimento da fuori, dalla regista del banchetto: ed è interessante questo, che la regista del banchetto sembra non essere al banchetto. Ci sono queste persone che sono lì che stanno banchettando e in realtà chi decide sta fuori. Vengono dominati da qualcuno che sta fuori e che sa bene che cosa vuole. Non ci pensa due volte a dire alla figlia che cosa vuole.

E tra l'altro la protagonista della morte poi è proprio la figlia che non sa niente, che poi semplicemente è bella e piace a tutti, e non è mica un male questo.

Come se appunto dovesse andare dalla madre per sapere lei che cosa vuole: cioè non ha un desiderio suo, dipende anche lei dalla madre, dipendono tutti da Erodiade. Erode, la figlia, di fatto anche il Battista morirà a causa di questo desiderio di Erodiade, anche se il Battista sapeva bene che cosa voleva. Come se da un lato la figlia non sa ciò che vuole, Erode non fa ciò che vuole e invece Erodiade sa ciò che vuole e fa quello che vuole. E quello che produce è la morte.

Tra l'altro è bello che questa danza piace a tutti e l'ultima movenza di danza cos’è? Questa testa. E perché vuole la testa del Battista? Perché il Battista è quello che presenta l'altro modello di vita, una vita che è vita, che non è morte: non una vita che sia delirio, una vita che sia verità, che sia relazione, che sia onestà. Quindi la testa del Battista è la testa semplicemente dell'uomo: questo stile di vita uccide l'umanità dell'uomo.

E anche il modo con cui la figlia rientra - “entrata subito in fretta dal re“- come a dire che il male lo devi far subito: se aspetti forse puoi darti del tempo. Altrimenti no, altrimenti fai come lei che rientra e va subito in fretta da Erode a dire quello che vuole, come se non desse il tempo ad un'altra parola di poter entrare in lei, si affida a quest'altra parola, si affida alla volontà della madre, la fa sua, “voglio”,  lei  lo  vuole.  Si  è  appiattita  appunto  sul  desiderio  di Erodiade.

26 E, rattristatosi il re per il giuramento e per i convitati, non volle rifiutare a lei. 27E subito il re, inviata una guardia, ordinò di portare la sua testa. E andò e lo decapitò nella prigione, 28e portò la sua testa su un piatto, e la diede alla ragazza, e la ragazza la diede a sua madre. 29E, avendo udito i suoi discepoli, vennero, e levarono la sua spoglia, e la deposero in un sepolcro.

Ecco, il re rimane triste, non vuol farlo, però ha giurato, quindi deve esser fedele al giuramento - chissà perché - allora: “subito il re, inviata una guardia, ordinò di portare la sua testa. E venne e lo decapitò nella prigione, e portò la sua testa su un piatto,e la diede alla ragazza,e la ragazza la diede a sua madre”. La danza finisce vedete, proprio un ritmo di danza, incalzante e la fine della danza è questa testa su un piatto. Che sensazione provate a un banchetto dove l'unica portata che c’è in tutto il banchetto è una bella ragazza che ti porta la testa mozzata di uno? È reso molto efficacemente cosa fa questo stile di vita. L'unica cosa che mangi è questa.

Con questo re che appunto si rattrista: era cominciato con un banchetto per la sua festa, per l'anniversario della nascita e si conclude con un re triste, quello che doveva essere un momento di gioia si trasforma in tristezza perché di fatto è triste per quello che ha fatto ma è triste anche perché non riesce a fare ciò che vuole.

Forse anche questo maschera una cosa che una volta che entri nel gioco sei “depossessato” dalla tua volontà, cioè devi giocare a quello, sei giocato. Sei giocato dal gioco che hai messo in moto, insomma.

Con questa guardia che viene mandata, con questo Giovanni che si vede arrivare la guardia. Non sappiamo che cosa si aspettasse Giovanni nella prigione, ma poi vede arrivare questa guardia. Questi giochi che si fanno in alto, nelle alte sfere, e che poi arrivano a far fuori chi è lì in prigione e questa testa che arriva alla fine da Erodiade: “voleva ucciderlo e non poteva”. Alla fine può. Erodiade fa ciò che voleva fare.

C’era don Primo Mazzolari che diceva che “la testa del Battista ha più ragione sul vassoio che sul collo”. E se ricordiamo come è iniziato questo brano, dove appunto Erode dice che “Quel Giovanni che io decapitai, questi è risorto”. Come dire: non l'ha fermato nemmeno quello. Cioè c’è l’Annunciatore, il Battezzatore, che prima che con le parole sta parlando con la sua vita, sta formando i suoi discepoli che vanno lì a prenderlo, con la sua vita. I discepoli che vanno appunto a prendere le spoglie del Battista.

Vi ricorda qualcosa i discepoli che vengono a prendere le spoglie e lo deposero nel Sepolcro? Vi ricorda qualcos'altro nel Vangelo? Gesù. Ma non finisce così la storia, comincia: “È risorto!”

E per cui quella del Battista non è la morte è veramente il testimone che vince la morte che è risorto, che è vero. L'altro è il gioco che gioca alla morte, quello del Battista è il gioco che porta alla resurrezione. Addirittura per Erode è risorto! Quindi c’è il preannuncio della risurrezione di Gesù. Ed è il tipo di vita nuova che è quella che si vedrà dopo, che è quella del pane condiviso. Quindi nel Battista si compie il passaggio da questo banchetto di Erode, dove lui ne fa le spese, al banchetto di Gesù che da il suo corpo e diventa pane per tutti.

E il Battista, se prima era uno che parlava, una parola, ora è lui stesso Parola, ha realizzato la Parola, ha dato la vita per questa Parola. E questa parola è Parola di Vita, è risorto infatti, e non si è piegata davanti al male e ha detto la verità. E anche dopo morto, ancora di più. Quindi la morte realizza addirittura tutto, come in Gesù. È risorto.

Forse possiamo comprendere le prime parole del salmo che abbiamo pregato questa sera: “quanto è buono Dio con i giusti”. Allora al termine di questo brano la bontà del Signore verso i giusti non è nel fatto che i giusti prosperano come i malvagi perché i malvagi continuano a prosperare e il giusto qui l'hanno decapitato.

Allora cos’è questa bontà di Dio con i giusti ?

Se non nel fatto che il giusto continua ad essere giusto e continuerà ad essere Parola, anche rivolto ad Erode. Cioè quello che Erode dice all'inizio “Questo Giovanni il Battista è risorto” significa che si accorge forse che quella parola gli sta ancora parlando, gli è ancora data un possibilità, non è che il giusto si è convertito, la tentazione era quella di invidiare i prepotenti ma appunto il giusto non è arrivato ad invidiare i prepotenti.

Faccio notare anche proprio l'astuzia scenica di questo brano, è veramente splendido, è una cosa bellissima. Questo quadro che è la vita del re, di Erodiade, la follia del divertimento, il piacere, la danza, la bellezza, i giuramenti, tutte le cose grandi ed alla fine si sta mangiando ma non c’è nessun cibo, c’è il macabro di quella testa.

Che senso si prova di questo? Disgusto. Appunto vuol farci provar disgusto di queste cose che sembrano belle. Tutta la nostra televisione è abitata da queste cose, non proviamo disgusto? E viene il vomito a vedere una testa mozzata a pranzo. Dovrebbe venirti il vomito a vedere questo stile di vita invece che ammiriamo.















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