Il Vangelo di oggi e il commento, Santa Marta (Oppure martedì XVII Sett. Tempo Ord.)



A te mi abbandono. - Gesù, non lasciarmi mai sola quando soffro! Tu conosci la mia assoluta nullità, conosci l'abisso della mia miseria. La mia debolezza è tanto grande, che non c'è davvero da stupirsi se io cadrò, lasciata sola. Sono impotente, mio Signore, e non so, da sola, comportarmi bene. In te confido,

e a te m'abbandono!

(Santa Faustina Kowalska)



Lc 10,38-42

In quel tempo, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi.
Pertanto, fattasi avanti, disse: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti».
Ma Gesù le rispose: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta».


IL COMMENTO


Per chi sono, oggi, i nostri occhi? C'è Gesù, lo abbiamo accolto con amore, con gioia, ma il nostro sguardo si perde tra giudizi e mormorazioni. Lo sguardo di Marta, riflesso delle sue troppe preoccupazioni e agitazioni, è appesantito e fissato su quel che non conta. Gli occhi tradiscono il cuore. "La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!" (Mt. 6, 22-23). Tenebra sono i giudizi, le gelosie, le mormorazioni, avanguardie della carne malata. Lo sguardo piantato su sé stessi, dimentico del Signore che è proprio lì, accanto a noi. Occhi per la Parola.
Di questi abbiamo bisogno. Non si tratta di una parola qualsiasi, è Dio fatto carne, la Parola eterna che cerca la nostra vita. La parte "buona", non solo "migliore" come recita la traduzione. La Parola di Gesù è Lui stesso, la parte buona, l'unica, della vita. Guardarlo con il cuore, spalancargli le porte, accovacciarci ai Suoi piedi come un discepolo. Pendere dalle Sue labbra. E' l'amore, la nostra possibilità di amore. E' Lui l'indispensabile, lo sappiamo, lo abbiamo sperimentato. Ma il nostro Io purtroppo ci fagocita e lo sguardo si fa tenebroso. E' la nostra vita d'ogni giorno. Camminiamo con il Signore, ma restiamo intrappolati nella tristezza. Siamo bloccati dai nostri progetti, dalle nostre idee, dal nostro "fare" da cui speriamo un improbabile "essere". Mentre tutto, assolutamente, ci sfugge di mano, castelli di sabbia che un'onda si porta via.
Lavoro, amici, figli, amori, in tutto una precarietà disarmante. Per quanto difendiamo, come Marta, i nostri diritti, le nostre cose, nulla ci può garantire dalla precarietà. Tutto è vanità. Il cielo e la terra passeranno, solo la Sua Parola non passerà in eterno. Scomparirà la scena di questo mondo, resisterà solo chi fa la volontà di Dio. E una sola certezza, una sola parte buona che non sarà mai tolta: la parola fatta carne, la volontà del Padre vivente in Cristo. Guardare Lui, fissarlo e ascoltarlo, non v'è altro cammino al Cielo. I nostri occhi tutti rapiti dal Suo volto. Oggi, nella storia concreta che ci attende. La Sua Parola per noi, la Vita e la gioia. Una bandiera bianca, sventoliamola oggi di fronte alla nostra superbia. Chiediamo al Signore la Grazia di stare, oggi, con Lui. Che tutto il nostro desiderio, che ogni nostro pensiero, che ogni sguardo sia per Lui.
«Chi altri avrò per me in cielo? Fuori di te nulla bramo sulla terra (sal. 16) Il mio bene è stare vicino a Dio: nel Signore Dio ho posto il mio rifugio» (Sal 72). Che sia davvero il Signore "mia parte di eredità e mio calice" e che la nostra eredità sia magnifica. Scriveva in proposito Giovanni Paolo II commentando il Salmo 15: "...il simbolo dell’«eredità»... si parla, infatti, di «eredità, calice, sorte». Questi vocaboli erano usati per descrivere il dono della terra promessa al popolo di Israele. Ora, noi sappiamo che l’unica tribù che non aveva ricevuto una porzione di terra era quella dei Leviti, perché il Signore stesso costituiva la loro eredità. Il Salmista dichiara appunto: «Il Signore è mia parte di eredità… è magnifica la mia eredità» (Sal 15,5.6)... Sant’Agostino commenta: «Il Salmista non dice: O Dio, dammi un’eredità! Che mi darai mai come eredità? Dice invece: tutto ciò che tu puoi darmi fuori di te è vile. Sii tu stesso la mia eredità. Sei tu che io amo… Sperare Dio da Dio, essere colmato di Dio da Dio. Egli ti basta, fuori di lui niente ti può bastare» (Sermone 334,3: PL 38,1469). Il secondo tema è quello della comunione perfetta e continua col Signore. Il Salmista esprime la ferma speranza di essere preservato dalla morte per poter rimanere nell’intimità di Dio, la quale non è più possibile nella morte. Le sue espressioni, tuttavia, non mettono nessun limite a questa preservazione; anzi, possono venire intese nella linea di una vittoria sulla morte che assicura l’intimità eterna con Dio. Due sono i simboli usati dall’orante. È innanzitutto il corpo ad essere evocato: gli esegeti ci dicono che nell’originale ebraico (cfr Sal 15,7-10) si parla di «reni», simbolo delle passioni e dell’interiorità più nascosta, di «destra», segno di forza, di «cuore», sede della coscienza, persino di «fegato», che esprime l’emotività, di «carne», che indica l’esistenza fragile dell’uomo, e infine di «soffio di vita». È, quindi, la rappresentazione dell’«essere intero» della persona, che non è assorbito e annientato nella corruzione del sepolcro (cfr v. 10), ma viene mantenuto nella vita piena e felice con Dio.
Ecco, allora, il secondo simbolo del Salmo 15, quello della «via»: «Mi indicherai il sentiero della vita» (v. 11). È la strada che conduce alla «gioia piena nella presenza» divina, alla «dolcezza senza fine alla destra» del Signore. Queste parole si adattano perfettamente ad una interpretazione che allarga la prospettiva alla speranza della comunione con Dio, oltre la morte, nella vita eterna. È facile intuire a questo punto come il Salmo sia stato assunto dal Nuovo Testamento in ordine alla risurrezione di Cristo. San Pietro nel suo discorso di Pentecoste cita appunto la seconda parte dell’inno con una luminosa applicazione pasquale e cristologica: «Dio ha risuscitato Gesù di Nazareth, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere» (At 2,24)." (Cfr. Giovanni Paolo II, UDIENZA GENERALE Mercoledì, 28 luglio 2004).
Dietro alle Parole di Gesù rivolte a Marta vi è questo salmo, parole che schiudono alla vita eterna, alla vita salvata dalla corruzione; tutte le esperienze, ogni evento fissato in eterno dall'intimità con il Signore. Il Cielo, l'eredità magnifica che ci attende, anticipata dalla Parola del Signore preparata per noi. La parte buona della quale Maria, seduta ai piedi di Gesù, ha cominciato a gustarne le primizie. Guardarlo, ascoltarlo, è già la Vita eterna. Tutto di noi già eterno. In Lui, con Lui, per Lui. Gioia piena e dolcezza senza fine alla Sua presenza. In Cielo, e oggi. Gli occhi fissi nei Suoi occhi, la nostra vita nella Sua vita.

"Il Signore è il nostro specchio
aprite gli occhi e volgetevi a lui,
osservate come sono i vostri volti!
Glorificate altamente il suo Spirito!
Togliete lo sporco dai vostri visi,
amate la sua santità e rivestitevene,
siate irreprensibili al suo cospetto.
Alleluia!"

Odi di Salomone, 13









Perchè. Fino a quando sopportare dentro e fuori di noi lotte e disprezzi, tentazioni e precarietà. Perchè. Il male accanto al bene. Perchè il peccato è accovacciato alla nostra porta. Perchè la zizzania continua crescere e a prosperare. Il mistero dell'iniquità. Una luce sola ad illuminare la tremenda realtà che così spesso ci opprime. Il Regno dei Cieli. La Vita eterna. Il Paradiso.
E noi Suoi figli, nel mondo ma non del mondo. Portando ogni giorno nella nostra esistenza le contraddizioni di qualcosa, il Cielo, che è "già e non ancora".
La totale precarietà di chi, per la prossimità al male, al dolore mortale del peccato, all'inferno, comprende e impara che nulla può fare senza l'Autore della Vita. Accanto alla zizzania, abbandonati al Signore. Con Lui uniti indissolubilmente, stretti alla Pietra che ci salva, nella Chiesa nostra Madre, dentro i marosi della vita. Lazzaro moriva e Gesù si attardava lontano. Il mare infuriava e Lui dormiva. Satana è sciolto e fa scempio della vita e Lui giace appeso ad una Croce. Il grande mistero è tutto in quel Legno. Scandalo e stoltezza, il più insignificante di tutti i semi, piccolo come la senapa, seminato fin dentro la notte della terra. Invisibile, disprezzato, deriso, come l'Agnello che si carica del dolore e del peccato del mondo.
Tutti lo hanno giudicato castigato mentre Lui intercedeva per ogni uomo, anche per il peggior peccatore. Il seme caduto in terra, morto per non restar solo, il lievito confuso nella pasta del male, perchè il mondo ritrovi un senso e la salvezza. La Croce, l'esatto contrario d'ogni umana sapienza. L'albero che accoglie ogni uomo, i pagani che vivono senza Dio, uccelli che volano alla ricerca di un nido. La Croce unico approdo, e il Signore crocifisso che dal Trono del dolore e del trionfo chiama e attira tutti a sè, nella fornace ardente della Sua misericordia.
La Sua Croce, la Nostra Croce, questa vita gomito a gomito con l'iniquità, fuori e spesso dentro di noi, e la Sua vittoria. In noi. Ogni giorno salvati e amati. Crocifissi con Cristo, nella semplicità di chi non rincorre vendette, giustizia, che non pretende di capire ed estirpare il male con le tecniche sofisticate del principe di questo mondo. Semplici e irreprensibili, figli nel Figlio, astri splendenti in mezzo ad una generazione perversa e degenere. Segni del Cielo in questo mondo di tenebra. I figli del regno, noi e le nostre vite, accanto alla zizzania perchè il mondo veda e vedendo creda. La morte d'ogni umana speranza, la tomba di Lazzaro e la voce potente del Signore, il Suo grido di vittoria. Per vedere e credere.
La nostra vita di oggi e di domani è la voce del Signore, l'annuncio del Regno che anticipa, ogni giorno, la fine del mondo. Noi i Suoi angeli, ogni nostro istante è il Suo messaggio perchè il mondo non sia condannato e possa credere e salvarsi. Il Suo amore più forte della zizzania, la notra vita crocifissa il braccio di misericordia teso all'umanità. Per accompagnarla al Cielo. La nostra Patria. Già ora. E per sempre.

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