La festa dell'Ingresso del Signore nel Tempio Beato il sacerdote che oggi offre al Padre il Figlio del Padre

di Manuel Nin

La tradizione liturgica siro-occidentale celebra come grande festa il quarantesimo giorno dopo la nascita di Cristo, a partire dal vangelo di Luca (2, 22-40). Già Egeria, nella seconda metà del iv secolo, ci parla di questa celebrazione a Gerusalemme, presso la basilica della Risurrezione e la paragona quasi alla Pasqua: cum summa laetitia ac si per Pascha. Nei secoli v e vi la festa si celebra ad Alessandria, Antiochia e Costantinopoli e alla fine del vii viene introdotta a Roma da papa Sergio 1.
In tutte le liturgie cristiane la festa del 2 febbraio è un annunzio evidente della Pasqua. Nella tradizione siro-occidentale l'Ingresso di Gesù nel tempio si celebra in un contesto di prefigurazione pasquale e viene messo in parallelo con la sua discesa agli inferi. Una delle prime preghiere dei vespri recita: "Per salvare gli uomini fatti dalla polvere, ecco che Dio scende fino allo Sheol; concede ai prigionieri la salvezza e la libertà, ai ciechi la vista, e ai muti la voce per cantare: sei benedetto Signore, Onnipotente Dio dei nostri padri".
Diversi testi dell'ufficiatura vespertina leggono allegoricamente lo stesso testo evangelico: "Tu che accetti i sacrifici e porti a compimento i misteri, tu hai, secondo la Legge, presentato un paio di tortore. Ed ecco che l'anziano Simeone seppe che tu sei il Signore dei due Testamenti, dell'Antico e del Nuovo". Simeone è paragonato, nell'accogliere e reggere il bambino, agli angeli attorno al trono di Dio: "Simeone fu un cherubino spirituale e anche un serafino; nelle sue braccia, come delle ali, tenne il Signore dei serafini e chiese a un bambino, come fosse un re, la sua liberazione".
Gli Inni di sant'Efrem cantati nell'ufficiatura della notte sottolineano diversi aspetti della teologia della festa. Simeone viene presentato allo stesso tempo come offerente e offerto, titolo che la liturgia bizantina poi darà direttamente a Cristo: "Per amore di Lui divenne grande il vecchio Simeone, al punto di poter offrire, lui, un mortale, colui che vivifica tutto. Con la forza che viene da Lui Simeone lo poté portare; proprio lui, che lo offriva, era da Lui offerto".
Ancora Efrem presenta Simeone e Anna come due nonni che cantano delle nenie al bambino. In una strofa si ritrovano il tema della discesa agli inferi e il collegamento con la Pasqua: "Nel tempio santo Simeone lo portava cantandogli una nenia: Sei venuto, o clemente, tu che hai clemenza della mia vecchiaia e fai entrare le mie ossa in pace nello Sheol. Grazie a te risusciterò dal sepolcro al paradiso". Come Adamo Simeone verrà introdotto dal Signore in paradiso.
Per Anna una delle strofe utilizza immagini fortemente sacramentali nel descrivere il suo incontro con il bambino: "Lo abbracciò Anna, e pose la propria bocca sulle sue labbra. E lo Spirito si posò sulle sue labbra, come fu con Isaia: muta era la sua bocca, ma il carbone ardente avvicinato alle sue labbra aprì la sua bocca".
Anna è quasi paragonata alla Chiesa e ai cristiani che ricevono i Santi doni. Infatti, la tradizione liturgica siro-occidentale chiama "brace" e "carbone ardente" il Corpo e il Sangue di Cristo nella celebrazione eucaristica. L'altra strofa presenta Anna che contempla nel bambino il Figlio di Dio fattosi piccolo: "Ribolliva Anna dello Spirito dalla sua bocca e gli cantò una nenia: O figlio di condizione regale, o figlio di condizione vile, in silenzio ascolti, invisibile vedi, nascosto intendi, Dio figlio d'uomo sia gloria al tuo nome".
E Simeone, toccando il bambino, viene purificato e santificato: "Beato il sacerdote che, nel santuario, ha offerto al Padre il Figlio del Padre; frutto raccolto dal nostro albero, pur provenendo interamente dalla divina maestà. Beate le sue mani, santificate dall'averlo portato, e la sua canizie, ringiovanita dall'averlo abbracciato. Nel tempio lo Spirito attendeva con ardore il suo ingresso e quando fu crocifisso uscì, strappando il velo".
L'icona della festa mette in luce l'incontro di Dio con l'uomo, manifesta il mistero dell'incarnazione e prefigura la passione, morte e risurrezione di Cristo. Diventando l'annuncio dell'altro grande incontro, quando l'uomo nuovo, Cristo, scende nell'Ade per annunciare ad Adamo la sua salvezza e la sua risurrezione.


(©L'Osservatore Romano - 1-2 febbraio 2010)

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