Dal Vangelo secondo Marco 6,53-56.
Compiuta la traversata, approdarono e presero terra a Genèsaret. Appena scesi dalla barca, la gente lo riconobbe, e accorrendo da tutta quella regione cominciarono a portargli sui lettucci quelli che stavano male, dovunque udivano che si trovasse. E dovunque giungeva, in villaggi o città o campagne, ponevano i malati nelle piazze e lo pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello; e quanti lo toccavano guarivano.
IL COMMENTO
Secondo la tradizione rabbinica, registrata nel Talmud, Dio al Principio, al momento della creazione, come in una liturgia, si avvolse nel Suo mantello come il pio israelita nell'atto della preghiera: " Il Santo, sia Egli benedetto, si avvolse nella propria veste come il preposto al servizio liturgico e mostrò poi a Mosè il precetto della preghiera.... si avvolse nella luce come in un manto e irradiò lo splendore del proprio fasto..." (dal Talmud). Il mantello di Gesù, che rievoca la Shekinà, la presenza creatrice del Signore stesso, è il suo stesso amore misericordioso, capace di perdonare e ricreare laddove il nemico ha seminato distruzione e morte. Eccoci con le nostre malattie, proprio quelle di quest’oggi, e Lui è vicino a noi, nelle piazze delle nostre giornate. Un desiderio, la preghiera, toccare le frange del Suo mantello di misericordia. Le frange applicate alle estremità del mantello infatti simboleggiavano la Torah, il cuore stesso della Scrittura, quanto di più caro avesse Israele. "Avrete pertanto una frangia e quando la guarderete allora ricorderete tutti i precetti del Signore e li praticherete..." ( Num. 15, 39). La Parola e il suo potere, la Parola che crea, le frange del mantello del Signore sono dunque la porta della salvezza dischiuse sul manto di Grazia e misericordia, il cuore della Torah, il cuore di Cristo Parola fatta carne. Toccare il Signore è dunque accostarsi alla Sua Parola, l'unico necessario. Toccare le frange del Suo mantello è dunque ascoltare la Sua Parola. Oggi, per subito guarire.
Meditazione del giorno:
San Gregorio Magno (circa 540-604), papa, dottore della Chiesa
Commento sul salmo 50, PL 75,581-582
Poniamo davanti al nostro sguardo interiore un ferito grave, sul punto di rendere l'ultimo respiro. La ferita dell'anima è il peccato, di cui parla la Scrittura in questi termini : « Ferite e lividure e piaghe aperte che non sono state ripulite, né fasciate, né curate con olio » (Is 1, 6). Riconosci dentro di te il tuo medico, o ferito, e scopri perché egli le veda, le piaghe dei tuoi peccati. Lascia che lui, che conosce ogni pensiero segreto, oda il gemito del tuo cuore. Che le tue lacrime lo commuovano. Che ci sia perfino un po' di testardaggine nella tua richiesta. Senza sosta lascia salire dal tuo cuore verso di lui, profondi sospiri. Il tuo dolore giunga a lui affinché, anche a te, dica : « Il Signore ha perdonato il tuo peccato » (2 Sam 12, 13). Grida con Davide. Senti ciò che ha detto : « Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia » (Sal 50, 3).
È come se dicesse : « Sono in grave pericolo a causa di una ferita mortale, che nessun medico può guarire, a meno che il medico onnipotente non venga in mio soccorso ». Per questo medico onnipotente, nulla è incurabile. Egli cura gratuitamente ; con una parola rende la salute. Dispererei a causa della mia ferita, se io non mettessi, in anticipo, la mia fiducia nell'Onnipotente.
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