Benedetto XVI: «Maestro col suo silenzio profondo»

Lasciamoci contagiare dal silenzio di san Giuseppe. Ne abbiamo tanto bisogno, in un mondo spesso troppo rumoroso, che non favorisce il raccoglimento e l’ascolto della voce di Dio». Così Benedetto XVI ha invitato a guardare a san Giuseppe durante l’Angelus del 18 dicembre scorso.

«È l’evangelista Matteo – spiegò il Papa in quell’occasione – a dare maggior risalto al padre putativo di Gesù, sottolineando che, per suo tramite, il Bambino risultava legalmente inserito nella discendenza davidica e realizzava così le Scritture, nelle quali il Messia era profetizzato come "figlio di Davide". Ma il ruolo di Giuseppe – aggiunse il Pontefice – non può certo ridursi a questo aspetto legale. Egli è modello dell’uomo "giusto" (Mt 1,19), che in perfetta sintonia con la sua sposa accoglie il Figlio di Dio fatto uomo e veglia sulla sua crescita umana. Per questo è quanto mai opportuno stabilire una sorta di colloquio spirituale con san Giuseppe, perché egli ci aiuti a vivere in pienezza questo grande mistero della fede».

In quell’occasione Benedetto XVI citò anche la «mirabile meditazione» su questa figura proposta da Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica «Redemptoris custos». «Tra i molti aspetti che pone in luce – continuò Ratzinger –, un accento particolare dedica al silenzio di san Giuseppe. Il suo è un silenzio permeato di contemplazione del mistero di Dio, in atteggiamento di totale disponibilità ai voleri divini. In altre parole, il silenzio di san Giuseppe non manifesta un vuoto interiore, ma, al contrario, la pienezza di fede che egli porta nel cuore, e che guida ogni suo pensiero ed ogni sua azione.

Un silenzio grazie al quale Giuseppe, all’unisono con Maria, custodisce la Parola di Dio, conosciuta attraverso le Sacre Scritture, confrontandola continuamente con gli avvenimenti della vita di Gesù; un silenzio intessuto di preghiera costante, preghiera di benedizione del Signore, di adorazione della sua santa volontà e di affidamento senza riserve alla sua provvidenza. Non si esagera – concluse Benedetto XVI – se si pensa che proprio dal "padre" Giuseppe Gesù abbia appreso – sul piano umano – quella robusta interiorità che è presupposto dell’autentica giustizia, la "giustizia superiore", che Egli un giorno insegnerà ai suoi discepoli».

Nessun commento: