Gv 8,21-30
In quel tempo, Gesù disse ai farisei: "Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire". Dicevano allora i Giudei: "Forse si ucciderà, dal momento che dice: Dove vado io, voi non potete venire?".
E diceva loro: "Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati".
Gli dissero allora: "Tu chi sei?". Gesù disse loro: "Proprio ciò che vi dico. Avrei molte cose da dire e da giudicare sul vostro conto; ma colui che mi ha mandato è veritiero, ed io dico al mondo le cose che ho udito da lui". Non capirono che egli parlava loro del Padre.
Disse allora Gesù: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora saprete che Io Sono e non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre, così io parlo. Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite". A queste sue parole, molti credettero in lui.
COMMENTO
Una porta stretta, il cammino alla vita. Impossibile andare con il Signore, seguirlo fin dove Lui va, senza passare per la porta stretta. Impossibile per il peccato, l'incredulità. Lo scandalo della debolezza. Da Nazaret non può venire nulla di buono, Galilea dei Gentili, lontana, perduta, maledetta. Un branco di cani, così erano chiamati i pagani. E Gesù, questo presunto Messia, proprio da quel posto doveva venire. No. Non sorge profeta in Galilea. No, nessuna salvezza in questa nostra Galilea di oggi, impossibile. Questa famiglia, questi figli, questo lavoro. E la salute, e i soldi, e questo niente che siamo, disprezzati, incompresi, abbandonati. E il peso della storia, la violenza subita, l'ingiustizia patita, la scuola sbagliata, gli amici violenti, la povertà. Galilea dei Gentili, il Messia non viene da queste parti, tutto troppo lontano, diverso da Gerusalemme. La nostra vita dimentica di Dio e da Lui dimenticata. Non cambierà nulla. Mai. Ecco il peccato. L'incredulità, lo scandalo, l'inciampo davanti alla carne di Dio, inverosimile, incredibile. Le Sue piaghe, le Sue lacrime, il Suo dolore. Non si può credere d'essere amati così, al punto che Dio quasi rinunci d'essere Dio per puro amore nostro. Dio fatto carne perchè nulla di noi ci separasse da Lui. Nessuno ci ha mai amati così, non è credibile , è folle il solo pensarlo. E morire nei nostri peccati. Tutti quelli che si ripetono giorno dopo giorno, come gocce che scendono da un rubinetto mal chiuso. L'incredulità, madre d'ogni peccato. Dio non è amore, e questo basta. Appartenere alla terra, il cielo chiuso, nessuna speranza, e gli occhi stampati sull'angusto momento che viviamo. Senza amore, senza senso. E una Croce. Innalzata. E Dio Crocifisso, "Io sono" consegnato al patibolo e al sepolcro. A ciascuno di noi. Per amore. Gratuitamente. E' l'unico segno, l'opera di Dio, la Sua volontà compiuta: l'amore senza limiti, Lui consegnato a noi senza riserve. Lì, sulla Croce, la Sua che è la nostra. La Sua carne crocifissa in una carne con la nostra ferita, moribonda, distrutta. Lui innalzato al centro della nostra vita, quella di oggi, è il Suo Golgota. La nostra storia, tutta, diventa così il centro della Storia, dove il Suo cuore squarciato ha effuso sangue ed acqua a guarire le nostre ferite. La Sua Vita ora a distruggere la nostra morte. Amati, amati, amati. Ora, così come siamo. Ora, laddove noi siamo. Una porta stretta, la nostra croce. La Via, la Verità, la Vita. Lui, crocifisso per noi. E noi crocifissi con Lui. La Sua Croce ad aprirci il cammino per andare dove Lui ci ha preparato un posto. La nostra vita, assunta nella fede nel suo amore, è il cammino al cielo. Lui torna anche oggi a prenderci e a portarci con Lui. Tutto ciò che in noi non è Lui e appartiene alla terra, tutto quello che ci separa da Lui, è ormai crocifisso nei suoi chiodi e distrutto. E, finalmente liberi, abbandonati al Suo amore, crocifissi nella Sua misericordia possiamo entrare, oggi, con Lui nel Regno. Di pace. Di gioia. D'amore.
Meditazione del giorno:
Sant'Atanasio (295-373), vescovo d'Alessandria, dottore della Chiesa
Discorso sull'incarnazione del Verbo, 21-22
Qualcuno potrebbe domandare : se era necessario che Cristo abbandonasse il suo corpo alla morte per il bene di tutti, perché non l'ha abbandonato semplicemente come qualsiasi uomo, ma si è lasciato crocifiggere ? Era più conveniente per lui deporre il suo corpo dignitosamente, piuttosto che subire una morte ignominiosa. Ma costui si domandi se la sua obiezione non sia troppo umana. Quello che ha fatto il Salvatore è veramente divino e degno della sua divinità per più ragioni.
Anzitutto la morte per cui muoiono gli uomini accade per la debolezza della loro natura : non possono durare a lungo e col tempo deperiscono, si ammalano, perdono le forze e muoiono. Ma il Signore non è debole, è la potenza di Dio, il Verbo di Dio : è la stessa vita. Se avesse deposto il suo corpo in forma privata, su di un letto, al modo comune degli uomini, si sarebbe pensato... che egli non aveva nulla di più degli altri uomini... E poi non sarebbe stato conveniente che soccombesse a una malattia, lui che guariva le malattie degli altri...
Perché allora non ha evitato la morte come ha evitato le malattie ? Egli possedeva un corpo appunto per poter morire, e non conveniva che si sottraesse alla morte impedendo così la risurrezione... Qualcuno dirà : Egli avrebbe dovuto schivare il complotto dei suoi nemici, per conservare il suo corpo del tutto immortale. Costui impari dunque che neppure questo conveniva al Signore. Come non era degno del Verbo di Dio, che è la vita, mettere a morte il suo corpo per sua iniziativa, così non era conveniente che egli sfuggisse la morte che gli veniva dagli altri... Tale atteggiamento non mostrava affatto la debolezza del Verbo, ma lo faceva conoscere come Salvatore e Vita... Il Salvatore non veniva a consumare la propria morte, ma quella degli uomini.
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