Potremmo allora chiederci quale sapienza sia all'origine dei nostri pensieri, delle nostre aspirazioni, delle nostre scelte. E, conseguentemente, dei nostri atti. Se in noi tutto è scomposto, frammentato, se i dubbi la fanno da padrone, allora è certa la patria del nostro agire. Viviamo in una stagione dove il relativismo si insinua in tutto: "Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf. Ef. 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie" (J. Ratzinger, Omelia nella Missa pro eligendo Romano Pontifice). La dittatura del relativismo che governava anche i pensieri dei contemporanei di Gesù, la gente che diceva su di Lui le cose più diverse. Esattamente come farà Pietro prendendo in disparte il Signore per rimproverarlo. La gente ha i propri schemi, il Dna del pensiero disegna sugli eventi presenti unacatena di informazioni che inducono a prendere posizione, a discernere, a fissare obiettivi, ma sono tutti secondo la carne. Le risposte che danno, segni di un relativismo di fondo, sono tutte confinate in un passato - Giovanni Battista, Elia, uno dei profeti - che si proietta sul presente allungandosi sul futuro. E' la traccia evidente dell'opera di satana, il suo Dna millantatore e ingannatore. Gli effetti si rivelano in Pietro, adirato, scandalizzato, in contrapposizione con la stessa opera di Dio della quale si protestava addirittura difensore.
Gesù infatti lo apostroferà con il nome che smaschererà l'origine satanica del suo pensiero. Pietro ha intuito, perchè il Padre glielo ha rivelato, la vera identità del suo Maestro, ma la concupiscenza della carne impedisce lo sguardo di fede, e ne incita la ribellione. San Paolo descrive bene nel capitolo 8 della Lettera ai Romani la realtà di Pietro. La nostra. Appartiene a Cristo chi ne ha lo Spirito, potremmo dire il pensiero secondo altri testi paolini. Pensare secondo la carne, seguirne i desideri significa essere nemici di Dio. Pietro con i suoi pensieri umani, carnali, era un nemico di Dio, sino ad identificarsi con esso, con il nemico, Satana. Diventava così scandalo, l'inciampo sul cammino di obbedienza che il Figlio doveva percorrere. Il pensiero di Pietro si era posto innanzi e di traverso a quello di Dio. Gesù doveva soffrire ed essere rifiutato per risorgere. Era questo il Cristo, il Messia, che Pietro aveva pur riconosciuto e confessato. Era il Figlio dell'uomo, l'Uomo che realizzava il pensiero di Dio. Era la Sapienza stessa di Dio, la scandalosa Sapienza della Croce. Per questa sapienza Eglidoveva donare la vita, e non era un dovere morale, ma, come suggerisce l'originale greco, era una necessità di tipo naturale. Era nel Suo Dna l'amore per i propri amici e anche per i propri nemici, sino alla morte. Lui pensava un amore infinito.
Altro aveva in mente Pietro. Altro abbiamo in mente noi. Anziani, sacerdoti, scribi, sono tutte categorie che portiamo dentro. Costituiscono la catena del Dna dei nostri pensieri. Prestigio, potere, intelligenza, religione. Si, anche la religione, come un totem capace di soddisfare i nostri desideri.Gesù sarà rifiutato proprio dai nostri pensieri, la cui immagine appare chiaramente nelle categorie "religiose" che storicamente lo condurranno al supplizio: "Sono le tre maschere dell'unico male, l'egoismo... Corrispondono alle tre concupiscenze sulle quali si struttura il mondo...e ai tre aspetti seducenti e illusori del frutto proibito, che già ad Eva parve buono, bello e desiderabile" (S. Fausti,Ricorda e racconta il Vangelo, Milano 1990, pagg 262-263). Il veleno di satana, il Dna impazzito dei nostri pensieri.
E proprio qui appare la salvezza. Per Pietro, e per ciascuno di noi. L'amore infinito di Gesù, che per amore ci chiama per nome, per tirar fuori ed espellere il veleno che ci distrugge. Satana. Pietro. Tu. Ed io. Satana che occulta la verità scoprendone un pezzettino. Satana che mostra il rifiuto e la morte e nasconde la risurrezione. E Pietro ci casca, e sgrida il Signore. Non ha sentito, non ha potuto ascoltare la buona notizia che il Signore aveva annunciato, si era bloccato alla parte che riguardava il dover soffrire, il suo pensiero inquinato gli aveva sottratto l'epilogo di Gloria. Non aveva compreso l'amore, il dover morire per risuscitare, il dover caricarsi del rifiuto e dei peccati, per cancellarli e per risorgere, garanzia del perdono e della vita eterna. Lo capirà più tardi, quando l'evento annunciato si farà carne in Lui. La carne santificata dallo Spirito di Cristo risorto. Quando il pensiero sarà, per mezzo dello Spirito Santo, lo stesso pensiero di Cristo, e guiderà la sua carne ad essere offerta in una missione identica a quella del Signore. Sino alla Croce. Quello che ora rifiuta sarà il suo destino, la morte con la quale glorificherà chi ha rifiutato. E così per noi. Esattamente quello che stiamo oggi rifiutando sarà il nostro trofeo, il candelabro sul quale brillerà la luce del Padre in noi. Malattie, fallimenti, rifiuti. La nostra croce.
Per ora Pietro deve scendere, tornare, convertirsi. Tornare a camminare dietro Gesù. La traduzione scelta non ci aiuta a capire l'amore di Gesù verso Pietro. In greco non dice "lungi da me" ma "dietro di me". Quest'ultima è l'espressione che caratterizza il discepolo in altri passi del Vangelo. Gesù vuole Pietro vicino. Ci vuole con Lui, ma al nostro posto. Non ci giudica, ci illumina. Ci dice la verità e svela quel che abbiamo nel cuore e nella mente. E ci attira a sé. Con amore, per imparare a seguirlo, a camminare umilmente ogni giorno con Lui, per conoscerlo negli eventi della vita. Seguirlo e conoscerlo nella misura in cui conosciamo noi stessi. Pregare con San Francesco "Chi sei tu Signore, e chi sono io?" (Consid. sulle stimmate, 3; FF, 1915). Camminare con Lui per ricevere da Lui, in dono, il Suo Spirito, il Dna sano della Sapienza celeste, quella della Croce, per pensare le cose secondo Dio, quelle di lassù per vivere quaggiù. "Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. “Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità" (J. Ratzinger, Omelia nella Missa pro eligendo Romano Pontifice).
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