Il Cieco Bartimeo, Commenti patristici



Gesù ci indica il modo di seguirlo
Il nostro Redentore, prevedendo che gli animi dei suoi discepoli si sarebbero turbati a causa della sua Passione, predisse loro con molto anticipo sia lo strazio della Passione che la glo- ria della sua Risurrezione, affinch?, vedendolo morente, cos? come era stato predetto, non avessero dubitato che sarebbe anche risorto. E siccome i discepoli erano ancora carnali e del tutto inca- paci di comprendere le parole del mistero, il Signore operò un miracolo. Davanti ai loro occhi, un cieco riacquistò la vista, per- ch? coloro che non capivano le parole dei misteri celesti per p mezzo dei fatti celesti venissero consolidati nella fede. Però, fra- telli carissimi, i miracoli del Signore e Salvatore nostro vanno considerati in modo tale da credere che non soltanto accaddero realmente, ma vogliono altres? insegnarci qualcosa con il loro simbolismo. I gesti di Ges?, invero, oltre a provare la sua divina potenza, con il mistero insito in loro ci istruiscono. Noi non sappiamo in verità chi fosse quel cieco, però sappiamo cosa egli significa sul piano del mistero. Il cieco è simbolo di tutto il gene- re umano, estromesso dal paradiso terrestre nella persona del Primo padre Adamo. Da allora, gli uomini non vedono pi? lo splendore della luce superna, e patiscono le afflizioni della loro . condanna. E nondimeno, l'umanità è illuminata dalla presenza del suo Salvatore si da poter vedere - almeno nel desiderio - il gaudio della-luce interiore, e dirigere cos? i passi delle buone opere sulla via della vita. Una cosa è degna di nota a questo punto ed è il fatto che il cieco riacquista la vista allorch? Ges? si avvicina a Gerico. Gerico sta per luna, e luna, secondo la Scrittura, indica le deficienze della umana natura. Il motivo è forse da ricercare nel fatto che essa va soggetta ogni mese a fenomeni di decrescenza, cosicch? è stata designata quale espressione della fragilità della nostra carne mortale. Sta di fatto che mentre il nostro Autore si appressa a Gerico, il cieco riacquista la vista. Il che vuol dire che allorch? il Signore assunse la debolezza della nostra natura, il genere umano riacquistò la luce che aveva perduto. La risposta al gesto di Dio, che incomincia a patire le umane debolezze, è il nuovo modo di essere dell'uomo, elevato ad altezze divine. Ecco perch?, a buon diritto, il Vangelo dice che il cieco sedeva lungo la via a mendicare. Ges?, infatti, che è la Verità, afferma: Io sono la via (Gv. 14, 6). Chi perciò ignora lo splendore dell'eterna luce è cieco; se, però, già crede nel Redentore, egli siede lungo la via; se però, pur credendo, trascura di pregare per ricevere l'eterna luce, è un cieco che siede lungo la via, senza mendicare. Solo se avrà cre- duto e avrà conosciuto la cecità del suo cuore, pregando per rice- vere la luce della verità, egli siede come cieco lungo la via e mendica. Chiunque perciò riconosce le tenebre della propria ceci- tà, chiunque comprende cosa sia questa luce di eternità che gli fa difetto, invochi con le midolla del cuore, invochi con tutte le espressioni dell'anima, dicendo: Ges?. Figlio di David, abbi pietà di me. Ma occorre anche ascoltare quanto segue al clamore del cieco: Coloro che gli camminavano innanzi lo rimproveravano afinche tacesse con più forza gridava: Figlio di David, abbi pietà di me! (Lc. 18, 39). Vedete? Quello stesso che la turba rimproverava per-ch? tacesse, grida con lena centuplicata, a significare che tanto pi? molesto risulta il tumulto dei pensieri carnali, tanto pi? dobbiamo perseverare nella preghiera. S?, la folla ci impone di non gridare, perch? i fantasmi dei nostri peccati spesso ci mole-stano anche nel corso della preghiera. Ma è assolutamente neces-sario che la voce del nostro cuore tanto pi? vigorosamente insista quanto pi? duramente si sente redarguita. In tal modo, non sarà difficile aver ragione del tumulto dei pensieri perversi e, con la sua assidua importunità, la nostra preghiera perverrà alle orecchie pietose di Dio. Ritengo che ognuno potrà trovare in se stesso la testimo-nianza di quanto vado dicendo. Quando ritraiamo l'anima dal mondo per orientarla a Dio, quando ci votiamo all'orazione, suc-cede che molte cose, fatte per l'innanzi con piacere, ci diventino pesanti, moleste e importune nella preghiera. Allora, s? e no riu-sciamo a scacciare il pensiero di tali cose, allontanandole dagli occhi del cuore, pur usando la mano del santo desiderio. S? e no riusciamo a vincere certi molesti fantasmi, pur levando gemiti di penitenza. Però, allorch? insistiamo con vigore nella preghiera, fermia-mo nella nostra anima Ges? che passa. Per questo viene aggiunto: Ges? si fermò è ordinò che il cieco gli fosse condotto dinnanzi (Lc. 18, 40). Ecco, colui che prima passava, ora sta. È cosf, per-ch? fintanto che sopportiamo le turbe dei fantasmi, sentiamo quasi che Ges? passa. Quando invece insistiamo con forza nel-l'orazione, Ges? si ferma per ridarci la luce. Infatti, se Dio si ferma nel cuore, la luce smarrita è riacquistata... Ma ormai è tempo di ascoltare cosa fu fatto al cieco che domandava la vista, o anche cosa fece egli stesso. Dice ancora il Vangelo: Subito recuperò la vista e si mise a seguire Ges? (Lc. 18, 43). Vede e segue chi opera il bene che ha conosciuto; vede, ma non segue chi del pari conosce il bene, epperò disdegna di farlo. Se pertanto, fratelli carissimi, conosciamo già la cecità del nostro peregrinare; se, con la fede nel mistero del nostro Redentore, già stiamo seduti lungo la via; se, con la quotidiana orazione, già domandiamo la luce del nostro Autore; se, inoltre, dopo la cecità, per il dono della luce che penetra nell'intelletto, siamo illuminati, sforziamoci di seguire con le opere quel Gesù che conosciamo con l'intelligenza. Osserviamo dove il Signore si dirige e, con l'imitazione, seguiamone le orme. Infatti, segue Ges? solo chi lo imita... E siccome noi scadiamo dall'interiore gaudio verso il piacere delle cose sensibili, egli volle mostrarci con quale sofferenza si debba ritornare a quel gaudio. Che cosa non dovrà patire l'uomo per il proprio vantaggio, se Dio stesso ha tanto patito per gli uomini? Chi dunque ha già creduto in Cristo, ma va ancorà die- tro ai guadagni dell'avarizia, monta in superbia per la propria dignità, arde nelle fiamme dell'invidia, si sporca nel fango della libidine, o desidera le prosperità mondane, disdegna di seguire quel Ges? nel quale ha creduto. Uno al quale la sua Guida ha mostrato la via dell'asprezza, percorre una strada diversa, perciò, se ricerca gioie effimere e piaceri.

(Gregorio Magno, Hom. in Ev., 2, 1-5.8)



Cristo è l'autentica luce del mondo


Cristo è dunque la luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (Gv. 1, 9), e la Chiesa, illuminata dalla sua luce, diventa essa stessa luce del mondo, che illumina coloro che sono nelle tenebre (Rom. 2, 19), come Cristo stesso attesta quando dice ai suoi discepoli: Voi siete la luce del mondo (Mt. 5, 14). Di qui deriva che Cristo è la luce degli apostoli, e gli apostoli, a loro volta, sono la luce del mondo... E come il sole e la luna illuminano i nostri corpi, cos? da Cristo e dalla Chiesa sono illuminate le nostre menti. Quanto- meno, le illuminano se noi non siamo dei ciechi spirituali. Infat- ti, come il sole e la luna non cessano di diffondere la loro luce sui ciechi corporali che però non possono accogliere la luce, cos? Cristo elargisce la sua luce alle nostre menti, epperò non ci illu- minerà di fatto che se non vi si oppone la cecità del nostro spi- rito. In tal caso, occorre anzitutto che coloro che sono ciechi seguano Cristo dicendo e gridando: Figlio di David, abbi pietà di noi (Mt. 9, 27), affinch?, dopo aver ottenuto da Cristo stesso la vista, possano successivamente essere del pari irradiati dallo splendore della sua luce. Inoltre, non tutti i vedenti sono egualmente illuminati da Cristo, ma ciascuno lo è nella misura in cui egli può ricevere la luce. Gli occhi del nostro corpo non sono egualmente illuminati dal sole: pi? si salirà in alto, pi? si alzerà  lo sguardo contemplerà la sua levata, e meglio si percepirà anche il chiarore e il calore; analogamente, pi? il nostro spirito, salendo ed elevandosi, si sarà avvicinato a Cristo, esponendosi pi? da vici-no allo splendore della sua luce, pi? magnificamente e brillante-mente si irradierà il suo fulgore, come rivela Dio stesso per mez-zo del profeta: Avvicinatevi a me e io mi avvicinerò a voi, dice il Signore (Zac. 1, 3); e dice ancora: Io sono un Dio vicino e non un Dio lontano (Ger. 23, 23). Non è però che tutti andiamo a lui nella stessa maniera, bens? ciascuno va a lui secondo le proprie possibilità (cf. Mt. 25, 15). 0 andiamo a lui insieme alle folle e allora ci ristora in parabole (cf. Mt. 13, 34), solo perch? il prolungato digiuno non ci faccia soccombere lungo la via (cf. Mt. 15, 32; Mc. 8, 3); op-pure, rimaniamo continuamente e per sempre seduti ai suoi pie-di, non preoccupandoci che di ascoltare la sua parola, senza lasciarci turbare dai molti servizi, scegliendo la parte migliore che non ci verrà tolta (cf. Lc. 10, 39 s.). Avvicinandosi cos? a lui (cf. Mt. 13, 36), si riceve da lui molta pi? luce. E se, al pari degli apostoli, senza allontanarci da lui sia pure di poco, restiamo sempre con lui in tutte le sue tribolazioni (cf. Lc. 22, 28), allora egli ci espone e spiega nel segreto ciò che aveva detto alle folle (cf. Mc. 4, 34) e ci illu-mina con maggiore chiarezza. E anche se si è capaci di andare a lui fino alla sommità del monte, come Pietro, Giacomo e Giovanni (cf. Mt. 17, 1-3), non si verrà illuminati solamente dalla luce di Cristo, ma anche dalla voce del Padre in persona.

(Origene, Hom. in Genesim, 1, 6-7)



Simeone il Nuovo Teologo (circa 949-1022), monaco ortodosso
Etica 5

« Figlio di Davide, abbi pietà di me »

Hai imparato, amico mio, che il Regno di Dio è dentro di te (Lc 16,21) se lo vuoi, e che tutti i beni eterni sono nelle tue mani. Affrettati dunque a vedere, ad afferrare e ad ottenere in te i beni tenuti in serbo per te... Gemi ; prostrati. Come una volta il cieco, di’ ora anche tu : « Abbi pietà di me, Figlio di Davide, e apri gli occhi della mia anima, affinch? io veda la Luce del mondo che sei tu, o Dio mio (Gv 8,12), e diventi anch’io figlio di quella luce divina (Gv 12,36). O clemente, manda il Consolatore anche su di me, affinchè lui stesso mi insegni (Gv 14,26) ciò che riguarda te e ciò che è tuo, o Dio dell’universo. Dimora anche in me, come hai detto, affinch? io diventi a mia volta degno di dimorare in te (Gv 15,4). Dammi di saper entrare in te e di sapere che ti possiedo dentro di me. O invisibile, degnati di prendere forma in me, affinchè, vedendo la tua bellezza inaccessibile, io porti la tua immagine, o celeste, e dimentichi ogni cosa visibile. Dammi la gloria che il Padre ti ha dato (Gv 17,22), o misericordioso, affinchè, simile a te come tutti i tuoi servi, io condivida la tua vita divina secondo la grazia e che io sia con te continuamente, ora e sempre e per tutti i secoli ».




Guglielmo di Saint-Thierry (circa 1085-1148), monaco benedettino poi cistercense
La Contemplazione di Dio, 1-2 ; SC 61

« Che vuoi che io ti faccia ? »


«Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe perché ci indichi le sue vie» (Is 2,3). Voi tutti, intenzioni, desideri intensi, volontà e pensieri, affetti e tutte le energie del cuore, venite, saliamo sul monte, giungiamo al luogo dove il Signore vede e si fa vedere. Ma voi, preoccupazioni, sollecitudini e inquietudini, fatiche e schiavitù, aspettateci qui... finché, andati fin lassù, ritorniamo poi da voi, dopo aver adorato (cfr Gen 22,5). Dovremo infatti tornare, e ahimé, troppo presto.

Signore, Dio della mia forza, rivolgici a te: «Rialzaci, fa' splendere il tuo volto e noi saremo salvi» (Sal 79,20). Ma Signore, quanto è inopportuno, temerario, presuntuoso, contrario alla regola portata dalla parola della tua verità e della tua sapienza, pretendere di vedere Dio con un cuore impuro! O sovrana bontà, bene supremo, vita dei cuori, luce dei nostri occhi interiori, a motivo della tua bontà, Signore, abbi pietà.

Eccola la mia purificazione, la mia fiducia e la mia giustizia: la contemplazione della tua bontà, Signore buono! Tu, mio Dio, hai detto alla mia anima, come sai fare: «La tua salvezza, sono io» (Sal 34,3). Rabbunì, sovrano Maestro e insegnante, tu l'unico medico capace di farmi vedere ciò che desidero vedere, di' al tuo mendicante cieco: «Che vuoi che io ti faccia?» E sai bene, tu che mi dai questa grazia..., con quale forza il mio cuore ti grida: «Ho cercato il tuo volto; il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto» (Sal 26,8).




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