Ma Dio non si arrende:
Dio trova un nuovo modo per arrivare ad un amore libero,
irrevocabile, al frutto di tale amore...
Non siamo noi che dobbiamo produrre il grande frutto;
il cristianesimo non è un moralismo,
non siamo noi che dobbiamo fare quanto Dio si aspetta dal mondo,
ma dobbiamo innanzitutto entrare in questo mistero ontologico:
Dio si dà Egli stesso.
Il suo essere, il suo amare, precede il nostro agire
e, nel contesto del suo Corpo,
nel contesto dello stare in Lui,
identificati con Lui,
nobilitati con il suo Sangue,
possiamo anche noi agire con Cristo.
Benedetto XVI, Incontro con i seminaristi di Roma, 12 febbraio 2011
Mt 18, 21-35
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
A questo proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
A questo proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».
COMMENTO
Il nostro debito è condonato. Ma, come il servo malvagio, probabilmente siamo così presi da noi stessi che riteniamo di aver ottenuto solo una dilazione e non l'estinzione del debito; così tutti i nostri sforzi sono nervosamente diretti a raccattare in qualsiasi modo quel che dobbiamo rendere. Abbiamo implorato clemenza e un po' di pazienza per restituire, mentre il Signore ci ha condonato tutto il debito, nulla più da restituire. E' questa l'esperienza che cambia radicalmente la vita. E' il cristianesimo. Un condannato a morte cui gli siano spalancate le porte della cella. Libero. "O felix culpa, felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore!" (Exultet di Pasqua).
10.000 talenti, una somma esorbitante, se si pensa che 1 talento era pari a 6.000 denari e che uno stipendio medio era di 30 denari: per radunare tale cifra un lavoratore dipendente avrebbe dovuto lavorare per una vita e non sarebbe bastato. Il debito con Dio è inestinguibile, se non a prezzo della vita, come la stessa Legge prescriveva. E non solo con la propria, ma anche con quella della moglie e dei figli. Il peccato che rompe con Dio distrugge tutto, la famiglia, il futuro dei figli, si sparge come un'epidemia, rende schiavi e uccide. Ma Cristo ha pagato sino all'ultimo spicciolo, - con la sua stessa vita - il prezzo della nostra redenzione. "Egli ha pagato per noi all'eterno Padre il debito di Adamo, e con il sangue sparso per la nostra salvezza ha cancellato la condanna della colpa antica" (Exultet di Pasqua).
Ma il servo spietato non aveva capito, era rimasto nella convinzione di dover rifondere il debito. Egli è immagine di chi non ha fatto l'esperienza del perdono, della totale gratuità dell'amore di Cristo e vive il proprio cristianesimo senza gioia. Regole e leggi, e sforzi per compierle e rispettarle. La vita diviene come una corsa ad ostacoli, senza amore. Esigendo da se stessi e dagli altri. Moglie, marito, figli, colleghi, tutti strapazzati perchè non scappino dai propri rigidi schemi, ogni "prossimo" imprigionato perchè paghi il dovuto così che si possa pagare il dovuto per mettere in pace la coscienza. Anche noi viviamo spesso così; il Suo sangue preziosissimo sembra non aver segnato gli stipiti delle nostre porte, e viviamo nel terrore che possa giungere da un momento all'altro l'angelo giustiziere. Una vita senza la Pasqua è una vita preda dell'angoscia e dei sensi di colpa, chiusa nell'oscurità del sospetto e dell'insoddisfazione che avvolge ogni relazione. In debito con Dio vediamo creditori ovunque: tutti ci devono qualcosa, ci sentiamo vittime di ingiustizie di ogni tipo, nessuno ci comprende tributandoci gli onori, l'affetto e la gratitudine che ci spettano. Ma dietro ad ogni atteggiamento di esigenza vi è sempre un cuore che non ha conosciuto il perdono, la profonda riconociliazione con Dio.
Chi invece si è sentito perdonato e riconciliato con Dio, vive in pace, e non pone più limiti all'amore. Perchè la misura dell'amore di Dio è nel non avere misura. Settanta volte sette, cioè infinite volte. Come l'enormità del debito dissolto nella misericordia. Chi ha conosciuto il perdono di Dio vede la sproporzione tra quanto gli è stato condonato e i 100 denari di cui è creditore. I suoi occhi vedono la trave che li appesantisce e non si accorgono della pagliuzza posata sugli occhi del prossimo. Se il nostro debito con Dio è estinto, il debito del nostro prossimo è naturalmente disciolto nelle stesse viscere di misericordia che ci hanno liberato. Un amore senza limiti che risponde ad un debito infinito rompe la catena del male e della rivalsa, e disegna una nuova "economia di misericordia", la follia dell'economia divina: "L'amore appassionato di Dio per l'uomo è nello stesso tempo un amore che perdona. Esso è talmente grande da rivolgere Dio contro se stesso, il suo amore contro la sua giustizia" (Benedetto XVI, Deus caritas est, n. 10). La pace, la gioia, la vita vera è tutta in questo amore. "O immensità del tuo amore per noi! O inestimabile segno di bontà: per riscattare lo schiavo, hai sacrificato il tuo Figlio!" (Exultet di Pasqua).
Liturgia ortodossa della Santa Quaresima
Preghiera di Sant’Efrem Siro
Preghiera di Sant’Efrem Siro
Aver pietà del nostro prossimo, così come Dio ha avuto pietà di noi
Signore e Maestro della mia vita,
Non abbandonarmi allo spirito di pigrizia, di scoraggiamento,
di dominazione o di vanità.
(Si fa una prosternazione)
Fammi la grazia, a me tuo servo/tua serva,
dello spirito di castità, di umiltà, di pazienza e di carità.
(Si fa una prosternazione)
Sì, Signore e Re, concedimi di vedere le mie colpe
e di non condannare mio fratello,
tu che sei benedetto nei secoli. Amen.
(Si fa una prosternazione.
Poi si dice tre volte, inclinandosi fino a terra)
O Dio, abbi pietà di me peccatore.
O Dio, purificami peccatore.
O Dio, mio creatore, salvami.
Dei miei tanti peccati, perdonami !
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