L'uomo, anche se creato per contemplare la luce dall'alto,
è stato scacciato dal paradiso per colpa dei suoi peccati
e, per conseguenza, le tenebre regnano nella sua anima,
facendogli perdere l'appetito delle cose dell'alto
e portare la sua attenzione verso le cose del basso.
San Gregorio Magno
Dal Vangelo secondo Luca 13,10-17.
Una volta stava insegnando in una sinagoga il giorno di sabato.
C'era là una donna che aveva da diciotto anni uno spirito che la teneva inferma; era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo.
Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei libera dalla tua infermità»,
e le impose le mani. Subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, rivolgendosi alla folla disse: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi curare e non in giorno di sabato».
Il Signore replicò: «Ipocriti, non scioglie forse, di sabato, ciascuno di voi il bue o l'asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi?
E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto legata diciott'anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?».
Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.
IL COMMENTO
La Parola guarda, chiama a sé e libera. La Parola si fa mani che toccano le infermità, e raddrizzano. La Parola schiude alla lode chi è curvo, incapace di raddrizzarsi in alcun modo. La Parola compie il sabato del riposo, il destino cercato, sperato e mai raggiunto.
Gesù insegna di sabato rivelando cosa sia il sabato. Esso vede, chiama a sé e guarisce: shabbat è la porzione di Cielo dischiusa nel tempo, il kairos che, come una ferita, spezza la trama grigia dei giorni; shabbat impedisce al tempo di chiudersi su se stesso, e spegnere così la speranza. La donna inferma, curva e incapace di drizzarsi è immagine del nostro tempo senza shabbat. La nostra storia che ha smarrito il sigillo dell'Alleanza, la caparra della vita eterna, la breccia che circoncide la carne aprendola ad un destino più grande. Questa donna è immagine di ciascuno di noi curvo sui suoi pensieri, sulle ansie, sulle nevrosi. Incapaci di rizzarci dalle paure per un passato non risolto, pesante come un macigno sul presente. Una offesa, chissà. Un'ingiustizia non digerita. I peccati, gli inganni del demonio come una mano sulla nuca a obbligarci con gli occhi abbassati. Non un pezzo di cielo, lo sguardo sempre sul selciato, senza sapere da dove veniamo e dove andiamo.
Ma Gesù colma shabbat; Egli denuncia l'ipocrisia che si indigna della libertà facendo di shabbat un idolo muto. Di chi rende le nostre chiese, la Parola, il Signore stesso come lo shabbat pervertito dal capo della sinagoga: un peso in più, un moralismo, una garanzia sulla vita che uccide la vita. Gesù guarda oggi la nostra vita, non se ne scandalizza, e dischiude le porte di shabbat perchè esso accolga il nostro tempo curvo sul non senso. Gesù ci dona oggi shabbat in tutto il suo splendore, nel suo sapore unico di festa e libertà. Oggi ci scioglie dalle catene delle menzogne e ci conduce a magiare e a bere i frutti della terra, la vita autentica per la quale siamo nati.
San Gregorio Magno (circa 540-604), papa, dottore della Chiesa
Omelie sui Vangeli, 17 § 6-7
«Donna, sei libera dalla tua infermità»
« Gesù insegnava in una sinagoga il giorno di sabato. C'era là una donna che aveva da diciotto anni uno spirito che la teneva inferma; era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo. » Il peccatore, preoccupato delle cose della terra e non cercando quelle del cielo, è incapace di guardare verso l'alto: siccome segue i desideri che lo spingono verso il basso, la sua anima, perdendo la sua rettitudine, s'incurva, e non vede più che ciò a cui pensa continuamente. Ritornate nei vostri cuori, fratelli carissimi, e esaminate continuamente i pensieri che non cessano di girare nella vostra mente. Uno pensa agli onori, l'altro al denaro, un altro ancora ad aumentare le sue proprietà. Tutte queste cose sono basse, e quando lo spirito ne è investito, s'incurva perdendo la sua rettitudine. E poiché non si raddrizza per desiderare i beni dell'alto, egli è come la donna curva che non può assolutamente guardare verso l'alto...
Il salmista ha descritto molto bene la nostra curvatura quando ha detto di lui stesso, come simbolo di tutto il genere umano : « Sono curvo e accasciato, triste mi aggiro tutto il giorno. » (Sal 38,7). Egli considerava che l'uomo, anche se creato per contemplare la luce dall'alto, è stato scacciato dal paradiso per colpa dei suoi peccati e, per conseguenza, le tenebre regnano nella sua anima, facendogli perdere l'appetito delle cose dell'alto e portare la sua attenzione verso le cose del basso... Se l'uomo, perdendo di vista le cose del Cielo, non pensasse che alle necessità di questo mondo, sarebbe senza dubbio curvo e umiliato, ma comunque non « a l'eccesso ». Ora, siccome non solo le necessità fanno cadere questi pensieri..., ma inoltre il piacere proibito lo stermina, egli non è solamente curvo, ma « curvo a l'eccesso ».
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