La parabola della pecorella smarrita, che il pastore cerca nel deserto,
era per i Padri della Chiesa un’immagine del mistero di Cristo e della Chiesa.
L’umanità – noi tutti - è la pecora smarrita
che, nel deserto, non trova più la strada.
Il Figlio di Dio non tollera questo;
Egli non può abbandonare l’umanità in una simile miserevole condizione.
Balza in piedi, abbandona la gloria del cielo,
per ritrovare la pecorella e inseguirla, fin sulla croce.
La carica sulle sue spalle, porta la nostra umanità, porta noi stessi.
Egli è il buon pastore, che offre la sua vita per le pecore.
Benedetto XVI, Omelia per l'Inizio del Pontificato
Dal Vangelo secondo Luca 15,1-10.
Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». Allora egli disse loro questa parabola: «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione. O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta. Così, vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
IL COMMENTO
L'invidia corrode i cuori. Spesso ci ritroviamo in un angolo, come un pugile stonato, e non riusciamo a tirarci su. Contempliamo una palese ingiustizia e precipitiamo un un abisso di tristezza. Qualcuno molto peggio di noi, qualcuno che ne ha fatte di cotte e di crude è lì a gustarsi l'amore di Dio, perdonato, salvato, risuscitato. E noi invece..... Appare in questo Vangelo la gioia incontenibile di Dio nell'aver salvato una pecora perduta. Tutto contento è Dio se può perdonare un uomo! Diciamolo senza ipocrisia: è proprio il nostro esatto contrario.
Certo ci prodighiamo anche noi per aiutare, salvare, come bravi volontari al servizio degli altri. Ma vi è sempre un prezzo, una promessa strappata al beneficiario dei nostri sforzi, almeno di non essere più come prima, almeno di cambiare, in fondo per contraccambiare. La gratutità ci spaventa. Il nostro cuore, confessiamolo, è una banca con bilanci dalle regole ferree. Ma Dio no. Dio ha sempre i conti in rosso, lascia il successo, la fama, i guadagni sicuri di 99 pecore ben custodite e si lancia alla ricerca di una, una sola pecora che s'è smarrita. Probabilmente la peggiore, la più egoista, persa in se stessa, una di quelle che è meglio perderla che trovarla. E giosce per lei. Non per le altre.
Questo è il folle cuore di Dio. Per me e per te, pecore perdute dentro le nostre stesse invidie, forse scappate dal gregge perchè non comprese, tradite, ingannate. E sporche, ferite, perdute. Arriva ora il nostro Pastore, che ci conosce e non può star tranquillo sino a che non ci ritrova e ci carica sulle sue spalle. Questo è il cielo, una curva esultante ad ogni gol del Signore, uno di noi strappato alla solitudine dell'inganno del nemico. Anche se alla fine sembra che il Signore perda 99 a 1 fuori casa. In questa sua sconfitta è la nostra vittoria. Siamo Suoi. La gioia, la vera gioia, è questo amore. La gioia del Cielo, la gioia di Cristo. Non ve ne sono altre. La gioia piena di restare uniti a Lui e, nascosti nel Suo cuore, vivere tutto con Lui, per Lui, in Lui. Ritrovati, amati, trasformati.
Con Lui ogni istante alla ricerca della dramma perduta, ogni nostro fratello dentro le sue debolezze, caduto nei propri peccati. Posare su ciascuno lo sguardo di Cristo, e cercare, sperare senza stancarsi, sperare che tutti siano ritrovati da Cristo. E' questo il cuore di Dio, e, nel suo, il cuore rinnovato d'ogni madre, padre, amico, fidanzato, prete o suora. Il cuore di Dio, unica fonte dell'unica gioia. Il suo sguardo su ciascuno di noi, perduti, non cattivi. La sua speranza laddove nessuno osa sperare, invincibile dinanzi ad ogni nostro smarrimento. Nei suoi occhi, nei suoi passi alla ricerca dei nostri incerti cammini, "la più profonda contraddizione insita nella nostra esistenza perde la sua importanza assoluta" (Althaus). La sua ostinata ricerca di ciò che è perduto, vite e persone, spezza la catena di giudizi e rancori, e apre la porta su di un orizzonte nuovo di relazioni. Compassione e misericordia, la vita nuova dei "ritrovati", di tutti noi cercati, portati, riaccolti. Noi, la gioia di Dio.
San Giovanni Maria Vianney (1786-1859), sacerdote, curato d'Ars
Omelia per la III domenica dopo Pentecoste, I della Misericordia
«Vi è gioia tra gli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte»
Il comportamento di Gesù sulla terra dimostra la grandezza della sua misericordia verso i peccatori. Vediamo che gli si fanno intorno e lui, lungi dal respingerli o dal tenersi lontano da loro, al contrario, fa di tutto per stare con loro e attirarli al Padre suo. Li raggiunge nell'intimo della loro coscienza turbata; li richiama con la sua grazia e li conquista col suo amore. Li tratta con tanta bontà che li difende persino davanti agli scribi e ai farisei che li biasimano e sembrano non sopportare la loro presenza accanto a Gesù.
Non solo : egli giustifica il suo comportamento verso di loro con una parabola che non potrebbe spiegare meglio il suo immenso amore per i peccatori. Un pastore che aveva cento pecore, avendone perduta una, lascia tutte le altre per andare in cerca di quella perduta e, trovatala, se la carica sulle spalle per risparmiarle la fatica del cammino. Dopo averla riportata all'ovile, chiama gli amici a far festa con lui per aver ritrovato la pecora che credeva perduta. Poi racconta la parabola di una donna che aveva dieci monete e, avendone perduta una, accende la lampada per cercarla in tutti gli angoli della casa e, dopo averla trovata, invita le amiche per rallegrarsi insieme a loro. Così – continua Gesù – il cielo fa festa per un solo peccatore che si converte e fa penitenza. «Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori; non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati» (Lc 5,31-32).
Vediamo che Gesù applica a se stesso queste vivide immagini della sua grande misericordia verso i peccatori. Quale felicità, per noi, sapere che la misericordia di Dio è infinita! E quale desiderio struggente dovrebbe nascere in noi, di andare a gettarci ai piedi di un Dio che ci accoglierà con tanta gioia!
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