Gesù, se è necessario che la tavola insozzata da essi
sia purificata da un’anima la quale vi ama,
voglio ben mangiare sola il pane della prova
fino a quando vi piaccia introdurmi nel vostro Regno luminoso.
Santa Teresa di Lisieux, Storia di un’anima
Mc 2,13-17
In quel tempo, Gesù uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».
IL COMMENTO
Scriveva Santa Teresa di Lisieux nella sua Storia di un’anima. “... Il Re della Patria luminosa è venuto a vivere trentatrè anni nel paese delle tenebre. Ahimè! Le tenebre non hanno capito che quel Re divino era la luce del mondo. Ma, Signore, la vostra figlia ha capito la vostra luce divina, vi chiede perdono per i suoi fratelli, accetta di nutrirsi per quanto tempo voi vorrete del pane di dolore e non vuole alzarsi da questa tavola colma di amarezza dove mangiano i poveri peccatori prima del giorno che voi avete segnato. Ma anche lei osa dire, a nome proprio e dei suoi fratelli: Abbiate pietà di noi Signore perchè siamo poveri peccatori. Oh Signore, rimandateci giustificati.... che tutti coloro che non sono illuminati dalla fiaccola limpida della fede, la vedano finalmente... Gesù, se è necessario che la tavola insozzata da essi sia purificata da un’anima la quale vi ama, voglio ben mangiare sola il pane della prova fino a quando vi piaccia introdurmi nel vostro Regno luminoso. La sola grazia che vi chiedo è di non offendervi mai” (Manoscritti autobiografici, n. 277). Teresina aveva imparato che cosa significhi la misericordia. Le viscere appassionate di Dio. Il sacrificio nella misericordia.
Teresa, chiamata, scelta, eletta, come noi, come Matteo. Amati esattamente dove eravamo, come eravamo. La certezza di non essere migliori di nessuno, la santa umiltà. Con Teresa impariamo anche noi a ripetere al Signore, a nome nostro e dei nostri fratelli, di avere pietà di tutti noi poveri peccatori. E’ questo il cuore autentico di una madre, di un padre, di un figlio, di un amico, di un collega di lavoro. Insieme a chi vive con noi, a chi ci fa del male, a chi sta gettando la vita nella tomba dei peccati. In ogni prova che ci attende sul cammino, in ogni sofferenza brilla la luce della fede, occhi limpidi che vi intuiscono l’occasione propizia di tendere una mano di salvezza. Le nostre angosce, le sofferenze di oggi, e di domani, sono la mano di Gesù che cerca peccatori da salvare. Le Sue ferite nelle nostre ferite. La nostra vita insanguinata offerta per chi ci è caro, perchè tutti ci sono cari, anche i nemici, schiavi come lo eravamo noi. Il loro male - il male di un figlio che disperde i suoi giorni, di un marito prostrato nel dolore di una malattia, il dolore nella prova qualunque essa sia - diviene, nell'offerta a Cristo, un balsamo di salvezza.
E' questo il modo di amare, vero, gratuito, divino. Crocifisso. Con Teresa, nell’ora della prova, la luce della fede ci fa sapere d’essere, proprio in quel momento, seduti alla mensa dei peccatori. Con Teresa, con Gesù. Ogni spada che ci trapassa il cuore è una sorgente di salvezza per infinite persone. La nostra com-passione per chi non ha fede, per chi soffre la vera atrocità, che è non conoscere l’amore di Cristo. Ogni momento di sofferenza è dunque un momento di Grazia, un tesoro che ci accumuliamo in cielo, per noi, e per molti altri.
E' l'esperienza di Matteo il pubblicano, così come appare nel Vangelo. Il Signore si è avvicinato al tavolo dove strozzava la vita ai poveri, agli orfani, alle vedove, ai suoi fratelli, al suo stesso sangue tradito. Gesù è sceso sino al suo inferno, al peccato più grande, e lo ha guardato, fissato, amato. Senza l'ombra di un giudizio ha lasciato che il suo sguardo di misericordia incontrasse lo sguardo sperduto e impaurito di Matteo. Ed è sorto lo stupore, un'esperienza travolgente, insperata, inattesa. Matteo ha conosciuto il perdono nel bel mezzo del peccato. Il pubblicano, il reietto aveva incontrato il Santo, il Puro, l'Amore. Gesù si era seduto alla sua tavola, ne aveva condiviso la solitudine, il disprezzo, la morte. Nella Chiamata di Matteo risuona il grido crocifisso, "Dio mio, perchè mi hai abbandonato?". Il Figlio fatto peccato, giusto tra i peccatori, ha sperimentato l'estrema solitudine, la più atroce, l'inferno, l'assenza di Dio. Gesù è sceso al fondo dell'abisso perchè nessuno di quelli che vi giacciono rimanga escluso dalla misericordia. La chiamata di Matteo è il riscatto, il perdono, l'invito al banchetto delle nozze. E' la chiamata a lasciare la solitudine per entrare nella comunione, nell'intimità con Dio, perduta a causa del peccato.
Così Gesù si è seduto alla nostra mensa, quando eravamo malvagi e con il cuore lontano da Lui. Il Cristianesimo non è una serie di sacrifici per scalare il cielo, e tantomeno semplice filantropia. E’ misericordia, persone che hanno sperimentato la misericordia e in essa incontrano e amano tutti gli altri uomini. Matteo rinato ha immediatamente e naturalmente moltiplicato la sua esperienza, ne ha fatto cibo per i suoi amici, peccatori come Lui. La sua chiamata si è trasformata immediatamente in cento, mille chiamate. La Grazia sperimentata è diventata Grazia per molti altri. L'esperienza del perdono ha coinvolto il Signore in un'opera ancor più grande. Matteo, il peccatore, è divenuto così la porta ad un fiume di Grazie. Gesù si era seduto alla sua tavola. Ora accompagna Gesù a sedersi con lui alla mensa dei suoi amici, poveri e disgraziati compagni di solitudine e peccato. Matteo fonte di misericordia, amato da Gesù ne diviene l'amico, il fratello e lo conduce sui passi della sua vita, della sua storia, a diffondere la stessa misericordia da lui sperimentata.
In Matteo appare la nostra stessa chiamata. Perdonati per accompagnare Cristo sulle strade dei nostri giorni. Spendere la vita donata e riscattata alla mensa dei peccatori, lasciando che scenda, con Cristo, nelle macchie della storia, le grandi e le piccole, purificate dalle nostre anime amate infinitamente dal Signore. Seduti, sino all’ultimo giorno, accanto a chi non Lo conosce. Per donare, con gioia, la misericordia che salva.
Ratzinger - Benedetto XVI. Catechesi su San Matteo
Sant'Agostino (354-430), vescovo d'Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Confessioni, X, 27
« Egli, alzatosi, lo seguì »
Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace.
Quando mi sarò unito a te con tutto me stesso, non esisterà per me dolore e pena dovunque. Sarà vera vita la mia vita, tutta piena di te. Tu sollevi chi riempi; io ora, non essendo pieno di te, sono un peso per me... le mie afflizioni maligne contrastano le mie gioie oneste, e non so da quale parte stia la vittoria. Ahimè, Signore, abbi pietà di me! Ahimè! Vedi che non nascondo le mie piaghe. Tu sei medico, io sono malato; tu sei misericordioso, io sono misero.
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