Mc 12.28-34. Esegesi e interpretazione




ESEGESI

28. uno degli scribi: Nelle due controversie precedenti gli interlocutori di Gesù erano i farisei e gli erodiani (12,13) e i sadducei (12,18). Per gli scribi quali alleati dei capi dei sacerdoti e degli anziani vedi 11,27. Ma questo particolare scriba è ben disposto verso Gesù (12,29), si dice d'accordo con lui (12,32-33) ed è lodato da Gesù (12,34). Qual è il primo di tutti i comandamenti?: In seguito i rabbini avrebbero elencato ben 613 comandamenti contenuti nella Torah - di cui 248 in forma positiva e 365 in forma ne- gativa. Essi inoltre discutevano sulla distinzione tra comandamenti «pesanti» e «leg- geri» (vedi Mt 5,19). Quale fosse il «primo» o più importante dei comandamenti era oggetto di discussione molto comune nei circoli giudaici ed è ragionevole supporre che a un maestro come Gesù era naturale che venisse chiesto di esprimere il suo parere al riguardo.

29. Il primo è: In realtà Gesù cita due comandamenti della Torah (vedi 12,31a.33), il che significa che non c'è nessun comandamento che da solo possa soddisfare appieno la domanda dello scriba. E tuttavia in ultima analisi (vedi 12,31b) i due comandamenti dell'amore costituiscono un unico grande comandamento.
Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore: Questa citazione da Dt 6,4 serve da introduzione o preambolo al comandamento dell'amore di 6,5. L'imperativo singolare ebraico «ascolta!» serve da titolo (Shema) al blocco di tre citazione dell'AT (Dt 6,4-9; 11,13-21; Nm 15,37-41) che erano (e sono tutt'ora) recitate tre volte al giorno dagli Ebrei praticanti. Ai tempi del NT questo versetto era inteso ad esprimere l'idea che il Dio d'Israele era il solo e unico Dio. II riconoscimento del Dio d'Israele come l'unico vero Dio costituisce il motivo per cui questo Dio deve essere amato dall'uomo con tutto il suo essere. 

30. amerai il Signore tuo Dio: Il primo comandamento è una citazione di Dt 6,5, che fa parte della preghiera quotidiana degli Ebrei. Pertanto la risposta di Gesù è in perfetta sintonia con la tradizione ebraica ed è espressa sotto forma di un passo biblico che era del tutto familiare ai Giudei del tempo di Gesù. Nel NT ci sono relativamente pochi riferimenti all'amore dell'uomo per Dio (vedi Lc 11,42; Rm 8,28; 1 Cor 2,9; 8,3; 16,22; Ef 6,24; 1 Gv 4,20-21). Si parla più comunemente di credere, conoscere e obbedire a Dio. con tutto il tuo cuore... anima... mente... forza: Il motivo di questo accumulo di diverse parti della persona è quello di evidenziare che è la persona nella sua interezza che de-ve amare Dio. Il termine «mente» (dianoia) non fa parte del testo ebraico; il suo inserimento qui ed in altri passi (vedi Mt 22,37) potrebbe rispecchiare un maggior interesse per le «cose della mente» proprio dei Giudei con una mentalità ellenistica. L'idea è che Dio merita il nostro amore totale, senza eccezioni e senza riserve. 

31. Il secondo è questo: Per il «primo» comandamento vedi i vv. 28 e 29. Amerai il tuo prossimo come te stesso: Il secondo comandamento è una citazione da Lv 19,18b. Presuppone che uno ami naturalmente se stesso abbastanza da aver cura di se stesso, da proteggere se stesso e badare ai propri interessi. La sfida sta nel mostrare lo stesso genere di amore agli altri. Nel contesto anticotestamentario di Lv 19,17-18 la definizione di «prossimo» è abbastanza stretta e si limita al parentado o a chi appar- tiene allo stesso popolo. La parabola del buon Samaritano presentata da Gesù in Lc 10,29-37 serve ad estendere la definizione di «prossimo» al di là dei rapporti familiari e con amici
Non c'è altro comandamento più grande di questi: Bench? distinti in un «primo» e in un «se- condo», Dt 6,5 e Lv 19,18b - legati tra loro dal termine «amore» - costituiscono un unico comandamento che supera per importanza tutti gli altri.

32. Lo scriba gli disse: L'episodio di 12,32-34 in cui lo scriba si dice d'accordo con Gesù e viene lodato da lui non è riportato nei passi sinottici paralleli (vedi Mt 22,35-40 e Lc 10,25-28). Egli è unico e non vi è altri all'infuori di lui: La parafrasi di Dt 6,4 (vedi Mc 12,29) fatta dallo scriba sottolinea la credenza che il Dio d'Israele è unico ed il solo Dio e pertanto merita tutto l'amore dell'uomo. Costituisce anche il fondamento teologico per il doppio comandamento dell'amore espresso nel versetto seguente ed indica che lo scriba ha compreso Gesù alla perfezione.

33. amarlo con tutto il cuore... e amare il prossimo come se stesso: Lo scriba ripete (senza ostilità n? ironia) quasi esattamente le citazioni di Gesù di Dt 6,5 e Lv 19,18b riportate in Mc 12,30-31. Il suo elenco dei componenti della persona tralascia «l'anima» e al posto di dianoia («mente») usa synesis («comprensione»). Le variazioni sono di scarsa importanza e comunque confermano che si tratta sempre di un amore totale verso Dio.
vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici: I due comandamenti dell'amore sono considerati un tutt'uno («vale»). Lo scriba si spinge oltre (o ne trae la conclusione) la dichiarazione fatta da Gesù in 12,30-31 proclamando la superiorità dell'amore di Dio e del prossimo alle molte leggi della Torah in materia di sacrifici. Per un analogo modo di vedere nell'AT vedi 1 Sam 15,22; Os 6,6; Prv 21,3. Questa posizione collima perfetta- mente con gli episodi in Marco 11 che evidenziano la superiorità di Gesù e della sua predicazione sul regno di Dio rispetto al Tempio di Gerusalemme.

34. vedendo che aveva risposto saggiamente: Questo è l'unico passo nel NT dove compare l'avverbio nounech?s («intelligentemente, a proposito»). Dato che è difficile che Gesù abbia lodato lo scriba per essersi semplicemente limitato a ripetere quello che aveva appena detto lui (che era la citazione di due ben noti testi dell'AT), è molto probabile che questa osservazione si riferisca all'ultima frase dello scriba riguardo alla superiorità dell'amore sui sacrifici.
Non sei lontano dal regno di Dio: Qui si può scorgere una certa eco dell'approvazione di Gesù per l'uomo ricco in Mc 10,21. Lo scriba non è lontano dal regno di Dio in diversi sensi. Ha capito l'insegnamento di Gesù sulla suprema importanza del regno di Dio e sulla sua accettazione quale dono di Dio (vedi Mc 10,13-16). Se vive secondo i coman- damenti dell'amore, lo scriba sarà in grado di «entrare» nella vita del regno di Dio (ve- di 9,43-48). Ed egli si è intrattenuto in conversazione con Gesù nella cui vita ed inse- gnamento il regno di Dio è presente in modo del tutto speciale (vedi 1,15).
E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo: In Mt 22,46 questa osservazione è rimandata alla fine della quinta ed ultima controversia svoltasi a Gerusalemme. 



INTERPRETAZIONE 


Il dibattito su quale sia il più grande comandamento non è tanto un episo-dio di controversia o di conflitto quanto piuttosto una conversazione tra mae-stro e studente, e perciò viene spesso chiamato un dialogo scolastico. In 12,28 uno scriba si avvicina a Gesù per una domanda consueta a quei tempi: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». In 12,29-31 gli risponde citando i comandamenti dell'AT dell'amore verso Dio (Dt 6,4-5) e dell'amore verso il prossimo (Lv 19,18b). In 12,32-33 lo scriba si dichiara d'accordo con Gesù parafrasando la risposta di Gesù ed aggiungendo che il comandamento dell'amore è più importante degli olocausti e dei sacrifici. Infine, in 12,34 Gesù dichiara che questo scriba non è lontano dal regno di Dio. Un aneddoto rabbinico che riguarda Shammai e Hillel, due maestri giudei grossomodo contemporanei di Gesù, serve ad illustrare il contesto della domanda posta a Gesù in Mc 12,28-34. Secondo il Talmud babilonese (b. Shabbat 1a), un pagano si avvicina a Shammai e gli dice: «Fa' di me un proselita a condizione che mi insegni tutta la Torah mentre sto ritto su un solo piede». E Shamai lo scaccia minacciandolo con il bastone che tiene in mano. Quando invece il pagano si avvicina a Hillel e gli fa la stessa richiesta, Hillel gli dà la sua riposta: «Ciò che è odioso per te, non farlo al tuo prossimo; questa è tutta la Torah; tutto il resto è commentario; va' e mettilo in pratica». La risposta di Hillel (a volte chiamata la «Regola d'argento») è evidentemente una versione della “Regola d'oro” che in Mt 7,12 e Lc 6,31 (vedi anche Th 4,15) è attribuita a Gesù. La sintesi della Torah fatta da Gesù è del tutto tradizionale. Consiste in due omandamenti dell'AT (Dt 6,4-5 e Lv 19,18b), il primo dei quali veniva recitato tre volte al giorno dai Giudei devoti nello Shema. Come la regola d'argento i Hillel, questa invocazione costituiva un punto di partenza in base al quale tutti i comandamenti potevano essere compresi e praticati. Se c'è qualcosa di uovo nell'insegnamento di Gesù, è il solo fatto di aver messo insieme i due comandamenti dell'amore riducendoli ad un unico comandamento. In un contesto giudaico-palestinese è improbabile che il doppio comandamento dell'amore proposto da Gesù fosse inteso o interpretato nel senso di un'abrogazione ,del resto della Torah. Piuttosto, la sua funzione doveva essere quella di semplìficare e facilitare l'osservanza di tutti i comandamenti della Torah. Ponendo l'accento sulle disposizioni interiori (amore di Dio e del prossimo) e andando alla radice di tutti i comandamenti, Gesù offre un aiuto e una guida al compimento della volontà di Dio come è stata rivelata nella Torah. La comunità marciana probabilmente leggeva questo testo con un orientamento diverso. Per i neoconvertiti che vivevano in un ambiente politeistico in Mi venivano offerti sacrifici a divinità di ogni genere, era importante assorbirire l'idea che il Padre di Gesù Cristo è il solo ed unico Dio («Egli è unico e non vi è altri all'infuori di lui») e che l'amore di questo Dio e l'amore del prossimo “vale più di tutti gli olocausti e i sacrifice”. Dato che il monoteismo ebraico era mmirato da molti non-giudei, la comunità di Marco poteva ben appellarsi a questo insegnamento di Gesù nella sua missione alle «nazioni». Poteva anche `.vedere nell'impegno di adempiere il doppio comandamento dell'amore l'equivalente dell'adempimento di tutta la Legge - forse in base alle indicazioni tracciate da Paolo nella sua lettera ai Romani: «Chi ama il suo prossimo ha adempiuto la Legge... dunque pieno compimento della Legge è la carità» (Rm 13,8.10). Ciò per cui Marco si distingue nella sua versione della discussione sul comandamento dell'amore è l'atteggiamento amichevole mostrato dallo scriba e la dichiarazione che Gesù fa al suo riguardo che «non è lontano dal regno di Dio». In Mt 22,34-40 la domanda viene posta da un fariseo che è un «dottore della legge», un esperto della legge ebraica, in un contesto che viene presentato come una «prova». In Lc 10,25-28 un «dottore» si propone di «mettere alla prova» Gesù chiedendogli: «Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Per tutta risposta Gesù induce il suo interlocutore ad enunciare il doppio co-mandamento dell'amore, poi approva la risposta e gli dice: «Fa' questo, e vi- vrai». Gli altri evangelisti danno anche un diverso orientamento alla conclusione dell'episodio. Matteo tratta il doppio comandamento dell'amore come parte del suo tema che Gesù non è venuto ad abrogare la Legge e i Profeti, ma ad adempierli (vedi Mt 5,17) e perciò in Mt 22,40 aggiunge l'osservazione: «Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». Luca coglie l'occasione per allargare il concetto di «prossimo» di Lv 19,18b aggiungendo come spiegazione la parabola del buon Samaritano (Lc 10,29-37). In risposta alla domanda del dottore («E chi è il mio prossimo?) Gesù chiede a lui (e a noi) in primo luogo di identificarsi con l'uomo che è stato maltrattato e lasciato mor-to. In tali circostanze il mio «prossimo» è chiunque sia disposto a venirmi in aiuto anche se si tratta di un Samaritano. Al termine Gesù trasforma la parabola in un esempio da seguire: «Va' e anche tu fa' così». L'insegnamento di Gesù sul comandamento dell'amore in Mc 12,28-34 stabilisce un ideale teologico ed etico elevato. Esso è basato sul principio bibli-co che il Padre di Gesù è «unico e non vi è altri all'infuori di lui». Presentando il suo imperativo di amare Dio, Gesù sintetizza l'etica fondamentale della Torah e costituisce la base per cui i cristiani possono apprezzare l'eredità delle Scritture ebraiche. Questo imperativo è anche una risposta all'amore che Dio ha mostrato a noi: «Noi amiamo [Dio] perch? egli ci ha amati per pri-mo» (1 Gv 4,19). E questo amore ci è stato rivelato in special modo in Gesù: «In questo si è manifestato l'amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perch? noi avessimo la vita per mezzo di lui» (1 Gv 4,9). Gesù inoltre insiste sul fatto che l'amore di Dio e l'amore del prossimo sono inseparabili e in ultima analisi costituiscono un unico comandamento. Ma nello stesso tempo tenendoli concettualmente distinti («il primo... il secondo») Gesù contrasta eventuali tentativi di sostituire l'uno all'altro e quin-di di trascurare o l'amore verso Dio o l'amore verso il prossimo (vedi 1 Gv 4,20-21)




Nessun commento: