Mercoledì della XXV settimana del Tempo Ordinario



Apparve così la fragilità d'una fronte
che si presentava con la sfrontatezza della propria superbia, 
e vinse la fronte che recava l'umiltà della croce di Cristo.
Sant'Agostino




Lc 9,1-6

In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi. 
Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro». 
Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni.


IL COMMENTO

Il Regno dei Cieli è vicino, gli Apostoli ne sono gli ambasciatori. Un giapponese in Italia, ovunque vada, faccia quel che faccia, manifesta chiaramente la propria origine. È disegnata nei suoi occhi, l'annunciano le sue parole, la si intuisce dall’approccio alle cose della vita. Così è per gli Apostoli del Regno, ovunque giungano appare il Cielo. È impresso nelle loro vite, così diverse, così scandalose. Per questo non hanno bisogno di nulla che li accrediti, nessuna sicurezza. Sono d’impiccio bastone, sacca, pane, e denaro. Il bagaglio degli apostoli è quello di Davide dinanzi a Golia, solo cinque pietre, i cinque libri della Torah, la Parola che li ha costituiti e inviati, forza e potere su ogni demonio, medicina per ogni malattia. Le cinque piaghe di Cristo, la parola della Croce, che, come la spada di Davide, taglia la testa al gigante e distrugge gli inganni di satana.

Nella numerologia biblica cinque è il numero della Grazia: il quattro è il numero del mondo, e rappresenta la debolezza dell'uomo alla quale però si aggiunge la potenza di Dio, che fa proprio dell'impotenza umana lo strumento per manifestarsi pienamente. Annunciando il Vangelo, gli apostoli, piccoli e impotenti come Davide, lanciano la pietra che ha il potere di sottrarre il popolo al giogo di Satana. Con le piaghe della Croce aprono il cammino al Regno. Anche noi, deboli e inadatti come loro, siamo chiamati e inviati ad uscire in battaglia contro il principe di questo mondo. Il Signore ci da forza e potere per schiacciare la sua testa superba. Unica condizione, abbandonarci a Lui, senza portar nulla per il viaggio. Ma spesso, come il Popolo di Israele con le sue tragiche alleanze, preferiamo appoggiarci al potere di questo mondo. E ne restiamo schiavi. Per questo, come già con la razione quotidiana di manna nel deserto, ogni mattina ci attende l'unica tunica, resa candida nel sangue dell'Agnello, la misericordia che ci fa, per Grazia, cittadini del Regno. Così, rivestiti di Cristo, possiamo annunciare il suo Vangelo a chi ci è accanto e attende con ansia una Parola che lo guarisca. 



Sant'Agostino su Davide e Golia.

Questo è dunque l'uomo: tutto ciò che Dio gli comunica, il fatto che gli dà la sua grazia, su cui Davide riponeva la propria fiducia. Golia, viceversa, confidava in sé e nelle sue forze: era superbo, orgoglioso, sprezzante; fin dal principio ripose esclusivamente in se stesso la completa vittoria di tutto il suo popolo. E siccome ogni superbia comporta della sfrontatezza, ecco perché fu abbattuto da un sasso che gli andò dritto in fronte. Apparve così la fragilità d'una fronte che si presentava con la sfrontatezza della propria superbia, e vinse la fronte che recava l'umiltà della croce di Cristo.


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