Giovedì della XXXII settimana del Tempo Ordinario



È lungo i sentieri dell'esistenza quotidiana
che potete incontrare il Signore! 
Questa è la fondamentale dimensione dell'incontro:
non si ha a che fare con qualcosa, 
ma con Qualcuno, con il Vivente.

 Giovanni Paolo II, Messaggio per la XII giornata mondiale della Gioventù, 1997.





Lc 17,20-25 

In quel tempo, interrogato dai farisei: “Quando verrà il regno di Dio?”, Gesù rispose: “Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!”. 
Disse ancora ai discepoli: “Verrà un tempo in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. 
Vi diranno: Eccolo là, o eccolo qua; non andateci, non seguiteli. Perché come il lampo, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga ripudiato da questa generazione”.

Il commento


Viviamo assetati di scoop, chiedendoci "quando verrà il Regno" in cui Dio, con eventi straordinari, darà finalmente una sterzata al grigiore dei nostri giorni: un figlio, un lavoro, un fidanzato, la guarigione, un sogno realizzato, una vacanza, la fortuna al "gratta e vinci". Ma il Regno di Dio non è magia, esoterismo o fantasia, "non attira l'attenzione" morbosa degli astrologi, si cela, invece, nella "brezza leggera" che ogni mattino ci annuncia la vita concreta che ci attende. La Buona Notizia che i cristiani recano al mondo è la possibilità, in loro realizzata, di vivere ogni giorno nel grigio di quel giorno, sino in fondo, come un "re" nel suo regno. Stare dove il Signore ci ha posti, senza sperare un altro luogo, senza voli mentali in paradisi illusori annunciati da falsi profeti che ci vogliono spingere "qua e là", oggi a destra e domani a sinistra, padri d'ogni ideologia e utopia. Per chi guarda gli eventi con gli occhi della fede, il grigio rivela i colori meravigliosi dell'amore di Cristo che vi si nascondono. Come l'istante nel quale Giacomo e Andrea incontrarono il Signore, e il Regno di Dio era lì, a un passo dalla loro vita. Un incontro e una gioia mai provata, quella pace, quella sobrietà, abbracciavano "come un lampo" la loro esistenza e la pervadevano "da un capo all'altro" di una luce nuova, così che nulla era più come prima. Quel Regno era carne ed ossa, uno sguardo e parole mai udite, e misteriosamente era "in mezzo a loro" come una presenza assoluta, il senso primo e ultimo di tutto: i volti, la famiglia, il lavoro, gli amici, tutto diverso e trasfigurato, rimanendo però agli occhi della carne, quello che era sempre stato.



Ma perché giunga il compimento del Regno, è "necessario" un "prima" intinto nelle "sofferenze" e nel "ripudio", con cui, noi per primi come gli apostoli, abbiamo condotto il Signore sin dentro all'inferno. Ma era proprio lì che Lui "doveva" scendere, altrimenti non ci avrebbe strappato al potere del peccato. Così, è altrettanto "necessario" che anche noi, apostoli e testimoni del suo amore, "soffriamo molto e siamo rifiutati", per preparare ogni "generazione" ad accogliere il trionfo di Cristo. Non è scappando anestetizzando l'esistenza, o resistendo cercando la giustizia umana, che si ha ragione del male, perché il male si assume, un giorno senza sofferenza e senza rifiuto è un giorno perso. I momenti più fecondi, infatti, sono proprio quelli che assomigliano allo spirare di Gesù in Croce, quando anche Dio pare averci abbandonato, e ci consumiamo nel "desiderio di vedere il giorno" della vittoria di Cristo e ci sembra di non essere esauditi. È Il tempo in cui offrire se stessi camminando nella valle oscura, aggrappati alla sola fede che custodisce le primizie del Regno dalla dissipazione, il cui scudo è proprio l'impossibilità di fondare la vita su nulla e nessuno che non sia Cristo. Ma già in questo "prima", come un seme gettato in terra, è presente ed operante il "dopo" del Regno eterno di Dio, verso cui siamo chiamati ad orientare la nostra vita, "afferrando", come scriveva il Card. Van Thuan, "le occasioni che si presentano ogni giorno, per compiere azioni ordinarie in un modo straordinario, e vivere ogni giorno, ogni minuto come l'ultimo della vitaLasciare tutto ciò che è accessorio, concentrandoci soltanto sull'essenziale".


APPROFONDIMENTI


La preghiera per vivere ogni istante intensamente

Per questo è necessario il "prima" della Croce e della sofferenza, dove sperimentare la presenza unica del Signore; dove la fede diviene adulta, a prova di deserto e aridità, perchè fondata sulla Roccia della sua resurrezione fattasi perdono e misericordia innumerevoli volte. Con la caparra dello Spirito Santo, invisibile eppure operante - il sigillo del Regno dentro di noi - potremo incamminarci sui sentieri oscuri, dove nulla si sente e si prova, senza consolazioni e gratificazioni. Nonostante la sua assenza fisica e sensibile, il muro che sembra serrare l'accesso alla sua intimità, vivere l'unione con Cristo in una preghiera granitica, semplice, al di là di ogni sentimento: "Signore Gesù, abbi pietà di me peccatore". Il suo Nome sussurrato ad ogni passo, per vivere con fierezza, e non dimenticare la sua presenza nella solitudine, il Regno nascosto eppure reale, come il sole dietro alle nuvole. L'esichia, la pace di chi ha posto la sua vita, attimo dopo attimo, nel cuore di Dio e sperimenta che nulla e nessuno potrà mai separarlo dall'amore di Cristo. "Tu non temere gli scherzi di quanto ti frastorna, poiché la compunzione non conosce costernazione ne viltà. Coloro, la cui mente sa pregare davvero, parlano con il Signore a faccia a faccia, come all'orecchio del Re. L'uomo a cui è concessa l'esichia, benché viva ancora nella carne, possiede inabitante in sé Dio che lo guida sempre, in ogni parola, opera o pensiero" (S. Giovanni Climaco, La scala del paradiso). 


La precarietà svelata dalla sofferenza ordina le priorità

Vivere nella precarietà che solo la sofferenza è capace di svelare al profondo del nostro intimo, la radicale e cruda verità del nostro essere, la debolezza e la fragilità dove il Regno di Dio si fa in mezzo a noi, nel "secondo" presente che ci è dato. E così orientare tutta la vita secondo i criteri del Regno, ordinando le priorità a partire dalla sua presenza nella nostra storia: cercare sempre "prima" il Regno di Dio, perchè tutto poi ci verrà dato in aggiunta, trasformato dalla linfa che riceve dal Signore, "dato che ogni santo sta sottomesso alla regalità di Dio e obbedisce alle leggi spirituali di Dio, quasi che abiti in una città regolata da buone leggi, presente il Padre e governando Cristo con il Padre". (Origene, La preghiera 25,1). Vivere intensamente ogni istante, come una Parola buona che illumina la volontà del Padre, per imparare a non sprecare nulla: "Per te, il momento più bello è il momento presente. Vivilo appieno nell'amore di Dio. La tua vita sarà meravigliosamente bella se sarà come un cristallo formato da milioni di tali momenti" (Card. Van Thuan, Il Cammino della speranza, n. 997). La bellezza che risuona in un cuore colmo di Lui perchè "tutto è puro per i puri" (Tito, 1,15), e beati sono gli occhi purificati nella misericordia, vedranno Dio in ogni evento. 


Van Thuan. Ogni istante come l'ultimo


"Una volta, Madre Teresa di Calcutta mi ha scritto: «L'importante non è il numero di azioni che facciamo, ma l'intensità di amore che mettiamo in ogni azione». Come attingere questa intensità di amore nel momento presente? Penso che devo vivere ogni giorno, ogni minuto come l'ultimo della mia vitaLasciare tutto ciò che è accessorio, concentrarmi soltanto sull'essenziale. Ciascuna parola, ciascun gesto, ciascuna telefonata, ciascuna decisione è la cosa più bella della mia vita, riservo a tutti il mio amore, il mio sorriso; ho paura di perdere un secondo, vivendo senza senso..." (Card. van Thuan). 



Don Giussani. L'incontro con Cristo.


 "Ciò che quell’uomo aveva detto loro corrispondeva al loro cuore, all’attesa del loro cuore, così intensamente, così evidentemente, così immediatamente che era come se dicessero: «Se non crediamo a quest’uomo, non dobbiamo credere più neanche ai nostri occhi»." (Mons. Luigi Giussani).




Il Regno va custodito

Ma il Regno va custodito dalla dissipazione e il suo scudo è proprio il dolore e l'impossibilità di fondare la vita su nulla e nessuno che non sia Cristo. Pesa una maledizione su chi pone la sua fiducia nella carne e nell'uomo; la illumina il Profeta Geremia: "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo, che pone nella carne il suo sostegno e il cui cuore si allontana dal Signore. Egli sarà come un tamerisco nella steppa, quando viene il bene non lo vede; dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere" (Ger. 17, 5-6). E' la maledizione di non vedere il bene, il Regno quando arriva e quando è in mezzo alla vita, perchè "dove Lui non c'è, niente può essere buono. Dove non si vede Dio, decade l'uomo e decade il mondo" (Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Vol. I)La maledizione di non poter gioire del Regno, di non avere la semplicità per gustare le sue delizie incastonate nel dolore. La maledizione di una vita invivibile, che spera una moglie diversa, un figlio laureato, un lavoro migliore, una vacanza tranquilla, o anche un diverso se stesso... E', soprattutto, la maledizione di sprecare le occasioni per poi marcire nel rimorso per quanto si avrebbe potuto fare, godere, gioire. Perchè arriveranno giorni di silenzio assoluto, il tempo in cui, anche desiderandolo, vorremmo vedere il Regno, e sarà il vuoto, la notte oscura della fede, l'angoscia, il sepolcro del Signore. Giorni da vivere come vedove, nel digiuno di chi ha perduto lo Sposo, ma non per questo cessa di essere la sua sposa.


IN PRIGIONE, PER CRISTO
Card. Van Thuan

Gesù,
ieri pomeriggio, festa di Maria Assunta,
sono stato arrestato.
Trasportato durante la notte da Saigon fino a Nhatrang
quattrocentocinquanta chilometri di distanza
in mezzo a due poliziotti,
ho cominciato l'esperienza di una vita di carcerato. 
Tanti sentimenti confusi nella mia testa: tristezza, paura, tensione,
il mio cuore lacerato
per essere allontanato dal mio popolo.
Umiliato, ricordo le parole della Sacra Scrittura:
«E stato annoverato tra i malfattori
- et cum iniquis deputatus est» (Lc 22,37). 
Ho attraversato in macchina le mie tre diocesi, Saigon, Phanthiet, Nhatrang:
con tanto amore verso i miei fedeli,
ma nessuno di loro sa che il loro Pastore sta passando,
la prima tappa della sua Via crucis.
Ma in questo mare di estrema amarezza,
mi sento più che mai libero. Non ho niente con me, 
neanche un soldo, eccetto il mio rosario
e la compagnia di Gesù e Maria.
Sulla strada della prigionia ho pregato:
«Tu sei il mio Dio e il mio tutto ».

Gesù,
ormai posso dire come san Paolo:
«Io Francesco, a causa di Cristo, ora sono in prigione
- ego Franciscus, vinctus Jesu Christi pro vobis» (Ef 3,1).
Nel buio della notte
in mezzo a questo oceano di ansietà, d'incubo, 
piano piano mi risveglio:
«Devo affrontare la realtà ».
«Sono in prigione,
se aspetto il momento opportuno
per fare qualcosa di veramente grande,
quante volte nella vita mi si presenteranno
simili occasioni?
No, afferro le occasioni che si presentano ogni giorno,
per compiere azioni ordinarie in un modo straordinario ». 

Gesù, 
io non aspetterò, vivo il momento presente, colmandolo di amore.
La linea retta è fatta di milioni di piccoli punti uniti uno all'altro.
Anche la mia vita è fatta di milioni di secondi e di minuti uniti uno all'altro.
Dispongo perfettamente ogni singolo punto
e la linea sarà retta.
Vivo con perfezione ogni minuto
e la vita sarà santa.
Il cammino della speranza è lastricato di piccoli passi di speranza.
La vita di speranza è fatta di brevi minuti di speranza.
Come tu, Gesù, che hai fatto sempre ciò che piace al Padre tuo.
Ogni minuto voglio dirti:
Gesù, ti amo,
la mia vita è sempre una «nuova ed eterna alleanza» con te.
Ogni minuto voglio cantare con tutta la Chiesa: 
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo...

Residenza obbligatoria
a Cây-Vông (Nhatrang, Centro Viet Nam),
16 agosto 1975,
all'indomani dell'Assunzione di Maria



Imitazione di Cristo, trattato spirituale del XV secolo 
lib II, cap. 1,2-3 (I Classici del Cristianesimo)

Dimorare nel Regno di Dio

«Il Regno di Dio è dentro di voi» (Lc 17,21), dice il Signore... Via, anima fedele, prepara il tuo cuore a questo Sposo, cosicché si degni di venire presso di te e di prendere dimora in te. Egli dice infatti: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e verremo a lui e abiteremo presso di lui» (Gv 14,23). Accogli, dunque, Cristo, e non far entrare in te nessun'altra cosa. Se avrai Cristo sarai ricco, sarai pienamente appagato. Sarà lui a provvedere e ad agire fedelmente per te. Così non dovrai affidarti agli uomini. Questi mutano in un momento e vengono meno rapidamente, mentre Cristo «resta in eterno» (Gv 12, 34) e sta fedelmente accanto a noi, fino alla fine. 
Non dobbiamo far molto conto sull'uomo, debole e mortale, anche se si tratta di persona che ci è preziosa e cara; né dobbiamo troppo rattristarci se talvolta ci combatte e ci contrasta. Quelli che oggi sono con te, domani si possono mettere contro di te; spesso si voltano come il vento. Riponi interamente la fiducia in Dio, e sia lui il tuo timore e il tuo amore. Risponderà lui per te, e opererà per il bene, nel modo migliore. 
"Non hai stabile dimora quaggiù" (Eb 13,14); dovunque tu abbia a trovarti, sei un forestiero e un pellegrino (Eb 11,13), né mai avrai pace se non sarai strettamente unito a Cristo.


Benedetto XVI. Venga il tuo regno

Riflettendo sulla domanda relativa al regno di Dio ci torneranno in mente tutte le considerazioni che abbiamo fatto in precedenza sull' espressione «regno di Dio». Con questa domanda riconosciamo anzitutto il primato di Dio: dove Lui non c'è, niente può essere buono. Dove non si vede Dio, decade l'uomo e decade il mondo. È in questo senso che il Signore ci dice: «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,33). Con questa parola viene stabilito un ordine di priorità per l'agire umano, per il nostro atteggiamento nella vita di tutti i giorni.
Non ci viene affatto promesso un paese della cuccagna per il caso che si sia pii o in qualche modo desiderosi del regno di Dio. Non viene prospettato alcun automatismo di un mondo funzionante come quello proposto nell'utopia della società senza classi, nella quale tutto dovrebbe andar bene da sé, solo perché non esiste la proprietà privata. Gesù non ci offre ricette così facili. Stabilisce piuttosto - come detto - una priorità decisiva per tutto: «regno di Dio» vuol dire «signoria di Dio» e ciò significa che la sua volontà è assunta come criterio. Questa volontà crea giustizia, nella quale è insito che noi riconosciamo a Dio il suo diritto e in ciò troviamo il criterio su cui misurare il diritto tra gli uomm1.
L'ordine delle priorità che Gesù qui ci indica può ricordar ci la narrazione veterotestamentaria circa la prima preghiera di Salomone dopo la sua intronizzazione. Lì si racconta che il Signore di notte apparve in sogno al giovane re e gli concesse di porgli una richiesta per la quale gli assicurava l'esaudimento. Un classico tema dei sogni dell'umanità! Che cosa chiede Salomone? «Concedi al tuo servo un cuore docile perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male» (1 Re 3,9). Dio lo loda perché non ha chiesto - come sarebbe stato spontaneo – né ricchezza, né beni, né gloria, né la morte dei suoi nemici e neppure una lunga vita (cfr. 2 Cr 1,11), ma la cosa veramente essenziale: il cuore docile, la capacità di distinguere il bene dal male. E perciò Salomone ottiene poi anche il resto in aggiunta. Con la domanda: «venga il tuo regno» (non il nostro!) il Signore vuole condurci proprio a questo modo di pregare e di stabilire le priorità del nostro agire. La prima cosa, quella essenziale, è il cuore docile, perché sia Dio a regnare e non noi. Il regno di Dio viene attraverso il cuore docile. Questa è la sua via. E per questo noi dobbiamo pregare sempre.
A partire dall'incontro con Cristo questa domanda assume una valenza ancora più profonda, diventa ancora più concreta. Abbiamo visto che Gesù è il regno di Dio in persona; dove è Lui, là è «regno di Dio».
Così la domanda per avere il cuore docile è divenuta la domanda per la comunione con Gesù Cristo, la domanda di poter diventare sempre di più «uno» con Lui (cfr. Gal 3,28).
È la domanda per la vera sequela, che diventa comunione e ci rende un solo corpo con Lui. Reinhold Schneider lo ha espresso in modo penetrante: «La vita di questo regno è la prosecuzione della vita di Cristo nei suoi; nel cuore che non viene più alimentato dalla forza vitale di Cristo, il regno finisce; nel cuore che da essa viene toccato e trasformato, comincia [... ] Le radici dell'albero inestirpabile cercano di penetrare in ogni cuore. Il regno è uno; sussiste soltanto mediante il Signore che è la sua vita, la sua forza, il suo centro...» (p. 31s). Pregare per il regno di Dio significa dire a Gesù: Facci essere tuoi, Signore! Pervadici, vivi in noi; raccogli nel tuo Corpo l'umanità dispersa, affinché in te tutto venga sottomesso a Dio e tu poi possa consegnare l'universo al Padre, cosicché «Dio sia tutto in tutti» (1 Cor 15,26-28).



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