La castità e le virtù si difendono per amare. Lc. 19, 45-48

La fede è gemella della carità, difenderla perché non si annacqui non significa erigere steccati. L'apertura amorevole della santità è direttamente proporzionale alla sua integrità. Non vi è morale fine a stessa, ripiegata in un narcisismo sprezzante. La castità, la sincerità, la sobrietà, le virtù sono la realizzazione di un abbraccio d'amore verso ogni uomo. Un prete che viva la castità come uno sforzo e un impegno dovuto al suo ministero, senza ravvisarvi, e vivere, la fecondità del dono che essa suppone, il segno incontaminato di una vita oltre la morte, del potere di Gesù sulla concupiscenza, è un prete frustrato che difenderà posizioni, schemi e progetti. Così anche di un giovane che si sforza per essere casto, se non vive la lotta nell'orizzonte autentico dell'amore, cadrà rovinosamente adirandosi come un animale ferito. La Chiesa non insegna la castità come una legge pesante, ma come un servizio d'amore ad ogni uomo: un giovane casto impara ad amare, a rispettare e a far presente, nella propria esperienza, il Cielo. Per questo Gesù manda innanzi tutto i suoi discepoli alle pecore perdute della casa di Israele, per ricondurre ogni suo figlio alla sua identità, che è quella di segno di salvezza per le Nazioni. Così anche la Chiesa ha bisogno continuo di purificazione, di rinnovare la propria primogenitura. Così ciascuno di noi.

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