Nel termine “perseveranza” risuona anche l’attesa, come il protendersi di una corda tesa, “qaw” in
ebraico, da cui “qawāh” (aspettare, sperare) tradotto dalla versione greca della
Bibbia proprio con “hypomonê – perseveranza”. Trattare duramente il proprio corpo per ridurlo in
schiavitù, la perseveranza
unita alla temperanza che fa
combattere contro le concupiscenze e l'avidità idolatrica, non è un masochismo
per privarsi di qualcosa di bello e buono; è invece l'abito di chi fissa Cristo, di chi ama
anelando all'autenticità, al destino eterno, al desiderio più profondo del
proprio cuore. E', secondo l'accezione di perseverare che si trova in Omero, "rimanere
indietro, arrestarsi e non deviare, tenere duro, resistere" per non cadere
e dimenticare il traguardo. Ma è anche attesa, un protendersi come quello di
una corda tesa, qaw in ebraico, da cui qawāh
(aspettare, sperare) tradotto
dalla versione greca della LXX proprio con hypomonê - perseveranza. Perseverare è dunque vivere in una
tensione carica di attesa, l'amore che desidera il bene dell'altro in tutto, il
compimento della Verità in ogni momento, e per questo il cuore e la mente sono
sempre desti, fissi su Cristo. Se
fisso Lui nella fidanzata, persevero nell'amore, perchè non mi perdo in quello
che, in lei, non c'entra con Lui; e così posso portare il peso dell'odio di
quella parte dell'altro e di me che non c'entra nulla con Cristo. Senza
preoccuparsi di nulla, perchè per chi ha il cuore retto, perseverante, lo
Spirito Santo provvederà a tutto, a parole colme di sapienza, capaci di
resistere ai sofismi della carne. Parole spirituali, che non cadono nel
sentimentalismo, nella gelosia, nell'invidia, buone solo per ferire e mostrarsi
indifesi; parole e pensieri dettati dalla Sapienza della Croce, capace di dare
ragione, e perseverare in essa, degli atteggiamenti santi ispirati dallo
Spirito Santo. E' Lui che ci fa stare saldi nella castità, nella verità che
rifugge l'ipocrisia, nella sobrietà e nella purezza. E' Lui che persevera in noi,
che ci attesta che nessun capello del nostro capo perirà, e che tutto di noi è
custodito per essere trasfigurato e consegnato a Cristo. Scriveva San Benedetto
nella sua Regola: "Come c’è uno zelo amaro che allontana da Dio e conduce
all’inferno, così c’è uno zelo buono che allontana dai vizi e conduce a Dio e
alla vita eterna. È a questo zelo che i monaci devono esercitarsi con
ardentissimo amore: si prevengano l’un l’altro nel rendersi onore, sopportino
con somma pazienza a vicenda le loro infermità fisiche e morali… Si vogliano
bene l’un l’altro con affetto fraterno… Temano Dio nell’amore… Nulla assolutamente antepongano a
Cristo il quale ci potrà condurre tutti alla vita eterna" (capitolo
72). La perseveranza di cui parla il Signore è un combattimento intriso
d'amore, per non anteporre nulla a Lui, assolutamente.
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