Vi prego, in tutte le vostre cose,
di fondarvi totalmente in Dio,
senza confidare nel vostro potere o sapere od
opinione umana,
e in tal modo faccio conto che voi siate
preparati
per tutte le grandi avversità, sia spirituali sia
corporali,
che vi possono accadere, poiché Dio solleva e
fortifica gli umili,
soprattutto quelli che nelle cose piccole e
basse
hanno visto le loro debolezze come in un limpido
specchio
e in esse seppero vincersi.
Questi tali, quando si vedono in tribolazioni
maggiori di quelle in cui mai si siano
trovati,
e sprofondando in esse,
né il demonio con i suoi ministri,
né le molte tempeste del mare,
né le genti malvage e barbare tanto del mare come
della terra,
né alcun'altra creature li può danneggiare:
essi sanno per certo
— stante la grande confidenza che hanno in Dio
—
che senza il Suo permesso o licenza non possono far
niente.
San Francesco Saverio
Mc 16, 15-20
In quel tempo, apparendo agli Undici, Gesù disse loro: "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.
E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno".
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano.
Il commento
I "segni che
accompagnano quelli che credono" mostrano il Cielo; sono opere soprannaturali,
miracoli che l'uomo, per quanto onesto, "civile" e tollerante non può compiere. Non
si possono pianificare in un consiglio pastorale, su di essi vi è,
inconfondibile, il copyright di Dio, impresso nella vita di Gesù come in quella di ogni
cristiano. Alter Christus si diceva di San Francesco
d'Assisi: un altro Cristo, questo è un santo, un cristiano, uguale a tutti
eppure diverso. Santo è chi, amato da Cristo, ha un cuore che brucia d'amore che lo getta sulle strade del mondo sino agli estremi confini della terra a “predicare”
il Vangelo che, per primo, ha salvato lui. Il cuore di San Francesco Saverio, che bruciava letteralmente le sue camicie, e che ha fatto della sua vita un lampo
di Cielo sulle terre dove ha posato i suoi passi. Come fa ogni buon ebreo la
vigilia di Pesah, come ha fatto Cristo, che con il suo sangue ha lavato le
impurità di ogni uomo e con la sua carne ha offerto il vero e puro pane azzimo,
anche San Francesco Saverio ha percorso ogni centimetro dell’Asia nel desiderio
ardente di cercare tutto ciò che era hametz,
ogni lievito della menzogna di Satana che impedisce all’uomo di passare
dalla morte alla vita piena e felice. Francesco Saverio, un chiodo fisso nella
mente, la salvezza d'ogni uomo. Un fuoco inestinguibile nel cuore, l'amore a
Chi lo aveva amato infinitamente. Macinava chilometri, a piedi, sotto il sole e nella neve, andando a scovare tutti gli uomini che, lui lo sapeva, senza
conoscere Cristo, giacevano nella morte. Oggi nessuno, tranne il Papa e pochi altri, osa più dire che senza
Cristo la vita è, quanto meno, mutilata. Eppure il Signore risorto ha inviato gli apostoli di
ogni generazione ad evangelizzare dicendo: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non
crederà sarà condannato”; ma oggi questa parola suona scandalosa, e lo zelo si spegne tra riunioni,
stesure di documenti, e paure d’essere troppo diversi dal mondo nel quale si
vive. “Molto spesso mi viene in mente di percorrere le Università d'Europa,
specialmente quella di Parigi, e di mettermi a gridare qua e là come un pazzo e
scuotere coloro che hanno più scienza che carità con queste parole: Ahimè,
quale gran numero di anime, per colpa vostra, viene escluso dal cielo e
cacciato all'inferno! Oh! se costoro, come si occupano di lettere, così
si dessero pensiero anche di questo, onde poter rendere conto a Dio della
scienza e dei talenti ricevuti!”: dopo un lungo cammino di conversione, San
Francesco Saverio aveva compreso l’unica urgenza improcrastinabile: “annunciare
il Vangelo ad ogni creatura”, perché finché l’uomo non incontra Cristo non è
autenticamente libero, e per questo “è condannato all’inferno”. Ma no, si ripete nelle “Parigi” contemporanee, tutte le
religioni sono uguali, è sufficiente cercare Dio che si rivela a tutti in diversi modi. E le persone scivolano nell’inferno,
già qui, già ora, accanto a noi, in famiglia, in ufficio, ovunque, tra la nostra
colpevole indifferenza. A chi importa la “salvezza” dei figli? Non vengono
prima lo studio, il lavoro, la libertà di fare le proprie esperienze, la
sicurezza economica? A chi importa la “salvezza” del marito, della moglie, del
fidanzato, del collega? Ma, se non abbiamo a cuore la “salvezza” dell’anima di
chi ci è accanto, allora significa che non lo amiamo davvero. Significa che guardiamo ancora alle persone con occhi mondani, illudendoci che gli altri abbiano bisogno di
tutto prima che di Cristo.
Anche Francesco
Saverio, giovane e brillante studente, a Parigi cercava tutt’altro che Cristo.
Ma il Signore lo ha sedotto strappandolo all’egoismo e alla vanagloria, e da allora,
in lui non vi fu nessun’altra volontà che quella di Dio. Aveva incontrato
Cristo nel suo “inferno”, aveva conosciuto se stesso, e così non poteva più staccare
gli occhi da ogni persona senza vedere in tutti lo schiavo che anche lui era stato, per
annunciare a “ogni creatura” la liberazione che egli stesso aveva sperimentato.
Nulla lo ha più fermato, nulla ha avuto potere sulla vita divina che portava
dentro come in un tabernacolo. Per “salvare” tutti quelli a cui era stato
inviato, ha bruciato nel “fuoco” dello zelo e dell'amore ogni energia, morendo sfinito a quarant’anni
dopo aver fatto cose per le quali ne sarebbero stati necessari duecento: “Questo è il
modo dell’evangelizzazione: «Accéndat ardor proximos», che la verità diventi in me carità e la carità
accenda come fuoco anche l’altro. Solo in questo accendere l’altro attraverso
la fiamma della nostra carità, cresce realmente l’evangelizzazione, la presenza
del Vangelo, che non è più solo parola, ma realtà vissuta…così il fuoco della
sua presenza, la novità del suo essere con noi, diventa realmente visibile e
forza del presente e del futuro” (Benedetto XVI). Quanti “serpenti” ha
preso nelle sue mani incandescenti, bruciando i demoni che si insinuano nelle
culture e nei cuori che non conoscono Cristo; quanti “malati e infermi sanati” nel
“fuoco” della misericordia. Quanti “veleni” bevuti davanti ai nemici del Vangelo,
evaporati nel calore del suo zelo senza che ne soffrisse “alcun danno”. E la “nuova
lingua” ardente della
misericordia con la quale ha annunciato il Vangelo alle più estreme periferie
come nei palazzi dei Re. Sino all'alba d'un mattino di dicembre, alle porte
della Cina, quando, esausto e abbandonato da
tutti, come il suo Signore, ha fatto
ritorno al Padre consumato sino all'ultimo respiro come un olocausto offerto per aprire all'evangelizzazione anche quell'immenso Paese dove non era
potuto arrivare. La sua storia è un “segno”
dell'irripetibile avventura che è la vita di un uomo che appartiene a Cristo. Dio ha avuto molta
pazienza con San Francesco Saverio, come ne ha con noi, ogni giorno. Ma spesso
siamo paralizzati non comprendendo a che cosa Dio ci stia chiamando. Dubitiamo
che Egli sia davvero l'amore che cerchiamo, e ci spaventa consegnargli la vita. Diceva Benedetto
XVI inaugurando il suo pontificato: "Non abbiamo forse tutti in qualche
modo paura - se lasciamo entrare Cristo totalmente dentro di noi, se ci apriamo
totalmente a lui – paura che Egli possa portar via qualcosa della nostra vita?
Non abbiamo forse paura di rinunciare a qualcosa di grande, di unico, che rende
la vita così bella? Non rischiamo di trovarci poi nell’angustia e privati della
libertà? No! chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla – assolutamente
nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No! solo in
quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest’amicizia si
dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in
quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera… Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi
si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo – e
troverete la vera vita". Oggi, con lui, può nascere in ciascuno di noi, un santo capace di incendiare d’amore
ogni luogo dove siamo chiamati a vivere. Fidanzati, sposati, studenti, anziani,
per tutti è pronto lo stesso zelo di Francesco Saverio, l'amore indomito e
paziente di Dio che brucia il peccato e fa di ogni istante delle nostre vite un
irripetibile atto d'amore. Vivere come Saverio, ognuno dove è stato inviato, con il carattere e le attitudini, con le debolezze e i doni che ci
appartengono e ci fanno unici e preziosi agli occhi di Dio, perché tutto di noi
è santo, “segno” della presenza di Dio qui sulla terra. Non possiamo buttar via
nulla, neanche un istante. Questa vita ci è donata per essere vissuta sino in
fondo con Gesù che “opera i prodigi” che “accompagnano la parola” d’amore
predicata sulle strade del mondo: “il
nostro tempo richiede cristiani che siano stati afferrati da Cristo, che
crescano nella fede grazie alla familiarità con la Sacra Scrittura e i
Sacramenti. Persone che siano quasi un libro aperto che narra l’esperienza
della vita nuova nello Spirito, la presenza di quel Dio che ci sorregge nel
cammino e ci apre alla vita che non avrà mai fine” (Benedetto XVI, Udienza del 24 ottobre 2012).
APPROFONDIMENTI
Antonio
Socci. San Francesco Saverio.
Benedetto XVI. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.
Benedetto XVI. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.
Benedetto
XVI. Nell'evangelizzazione occorre riaprire il Cortile dei Gentili
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