Mosaico della Visitazione, Basilica eufrasiana, Parenzo - Istria
E c'è l'altro modo di
usare la ragione,
di essere
sapienti,
quello
dell'uomo che riconosce chi è;
riconosce la propria
misura e la grandezza di Dio,
aprendosi nell'umiltà
alla novità dell'agire di Dio.
Così, proprio
accettando la propria piccolezza,
facendosi piccolo come
realmente è, arriva alla verità.
In questo modo, anche
la ragione può esprimere tutte le sue possibilità,
non viene spenta, ma
si allarga, diviene più grande.
Benedetto XVI
Dal Vangelo secondo Luca
10,21-24.
In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: «Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto.
Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare».
E volgendosi ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete.
Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l'udirono».
In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: «Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto.
Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare».
E volgendosi ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete.
Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l'udirono».
Il commento
La nostra piccolezza è la gioia del Signore. Il Padre, infatti, ha voluto rivelare
"queste cose" - “il grande mistero del Figlio” (Benedetto XVI) - ai
“nèpioi”, i “piccoli” e ultimi
della terra. Incontrando i settantadue discepoli al ritorno dalla missione,
dove erano stati inviati "come agnelli in mezzo ai lupi, senza borsa,
né bisaccia, né sandali", Gesù
“riconosce” - secondo il significato del greco originale dell’espressione “ti
rendo lode” - il riflesso di Dio
in ciò che i loro “occhi hanno visto” pieni di gioia, e, “in quello stesso istante”, “esulta nello stesso Spirito” che li aveva preceduti e
accompagnati. L'annuncio del Vangelo aveva segnato la sconfitta di satana
impotente contro i piccoli discepoli del Signore; durante la
missione si era compiuta in loro la stessa beatitudine che, attraverso la predicazione, aveva
raggiunto la "messe" alla quale erano stati inviati: beati i poveri perché "vedono"
avvicinarsi il Regno dei Cieli preparato per loro. Il Vangelo, infatti, è
sempre annunciato dai poveri per i poveri, perché solo loro sanno guardare
Cristo nell’umiltà che si
fa semplicità e che
esplode in una lode purissima. Scriveva San Tommaso d’Aquino che “la
luce della fede fa vedere le cose che sono credute…; l’habitus della
fede inclina lo spirito dell’uomo ad assentire alle cose della vera fede, non
alle altre”. E’ lo stesso Spirito che agisce in chi annuncia
e in chi ascolta, come accadde nell’incontro tra la Vergine Maria ed
Elisabetta, entrambe immagini degli ’anawim,
i poveri e i piccoli che attendono la salvezza. Non a caso, infatti, Giovanni
“esultò” di gioia nel grembo di Elisabetta all’udire
lo “shalom” di Maria, il saluto della prima evangelizzatrice
incamminatasi per portare alla cugina l’annuncio che Dio aveva finalmente
visitato il suo popolo deponendo nel suo grembo il Figlio di Dio; la stessa gioia “nello stesso Spirito Santo“
sboccia poi sulle labbra di Maria all’udire la benedizione di Elisabetta, e ancora
su quelle di Gesù suo Figlio, il più
piccolo tra i piccoli. In loro, infatti, vi è una connaturalità che li rende docili all’opera del
Padre che prepara e precede sempre l’annuncio del Vangelo. I piccoli figli della pace
accolgono senza indugio la pace, come gli apostoli accolsero, con
"grandissima gioia", il saluto di Gesù risorto la sera di Pasqua. In
quell’uomo avevano riconosciuto, come Maria, come Elisabetta, come i poveri, il
"mistero" nascosto anche agli angeli, che "molti profeti e re hanno desiderato vedere e udire".
Nella sua infinita misericordia Dio prepara
nello stesso modo gli apostoli e chi è destinato ad ascoltare il loro annuncio.
La storia, infatti, ci fa tutti piccoli. E’ pur vero che ci riesce molto difficile accogliere i
fatti che ci umiliano e accettare d'essere quello che siamo. Nessuno che ci
abbia detto che proprio nell'indigenza e nella totale precarietà che ci
definisce è nascosto il segreto dell'autentica beatitudine. Ma oggi,
in questo inizio di Avvento, la gioia prorompente di Gesù vuole raggiungerci e
contagiarci, assorbirci nella verità che ci può fare davvero liberi. Piccolezza infatti è sinonimo della
verità che scioglie le catene del dover dimostrare sempre e a tutti i costi
qualcosa. Siamo piccoli e bisognosi di tutto: ogni mattina ci svegliamo dal
sonno ed è come il giorno in cui siamo nati, nudi, fragili, incapaci. L’Avvento
ci annuncia che Cristo torna ogni giorno a visitarci, come
Maria fece con Elisabetta, con gli eventi, con le persone e con la predicazione. Certo, potrebbe
trovare le porte del nostro cuore sbarrate dalla “sapienza” della carne,
quell’orgoglio che ci fa "dotti" secondo il mondo e che ci
"nasconde" le "cose" di Dio, la sua intimità e i suoi
segreti d'amore. Ma Cristo ha il potere di passare anche attraverso le barriere
dei nostri peccati e mostrarci il “frutto benedetto” del suo amore, la vita
nuova e piena che è pronto a donarci. Infatti, dinanzi ai problemi più grandi di noi e che non possiamo risolvere, risuonano le parole di San Paolo: "Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione". Solo Lui
“conosce” il Padre, e lo “vuole rivelare” a ciascuno di noi, proprio perché piccoli, un "nulla ignobile e disprezzato" agli occhi del mondo orgoglioso, "per ridurre a nulla le cose che sono". Siamo chiamati allora ad abbandonare le certezze, gli schemi e i criteri per
fare nostra la sapienza di Cristo che ci invia nel mondo piccoli per parlare ai piccoli, "perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini". Abbiamo i sospiri, le lacrime, i dolori, le ansie, le preoccupazioni,
l'apparente routine di cose sempre uguali - la stessa fermata dell'autobus, le
stesse scartoffie, gli stessi libri, gli stessi banchi al mercato - questa
nostra vita visitata dalla Croce del Signore, con la quale annunciare
ai piccoli che incontreremo, la beatitudine di essere e sentirsi amati sempre e
ovunque, "vedendo" lo sguardo di Cristo in ogni circostanza, l'unico
capace di far risuonare nell'intimo la gioia che il mondo soffoca nella
menzogna.
APPROFONDIMENTI
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