Per san Tommaso, ogni essere creato ha una natura che lo spinge verso la propria finalità, e anche la capacità di realizzare questo fine. Questo valeva anche per la natura umana, prima che essa venisse ferita dal peccato originale. Dopo la caduta del peccato, Dio con la redenzione non l’ha soltanto guarita dal peccato, ma ha operato l’adozione degli uomini a figli, attraverso il sacrificio del suo Figlio unigenito, Signore nostro Gesù Cristo. Come scrive san Paolo ai Galati, «quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio» (Gal 4, 4-7). Vuol dire che nella libertà della redenzione operata per mezzo di Cristo c’è una seconda gratuità di Dio, più mirabile rispetto alla gratuità della creazione. Nella condizione creaturale, ferita dal peccato originale, l’uomo sperimenta la propria insufficienza nel tendere al compimento della propria finalità naturale. L’aspirazione al compimento segna l’intera condizione umana. La natura stessa dell’uomo, segnata dal peccato originale, è in sé stessa una domanda aperta, che non conosce la propria risposta. E la risposta che Dio ha operato attraverso suo Figlio Gesù Cristo non era immaginabile, è sovrabbondante, non era esigibile a partire dalle istanze insite nella natura del’uomo. Come scrive san Paolo nella prima Lettera ai Corinzi, le cose che il Signore ha preparato per coloro che lo amano non sono uscite dal cuore dell’uomo (cfr. 1Cor 2, 9).
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