« Nel mistero del Verbo incarnato è apparsa agli occhi della nostra mente la luce nuova del tuo fulgore, perché conoscendo Dio visibilmente, per mezzo suo siamo rapiti all’amore delle realtà invisibile » (Prefazio di Natale I)
Vedere e essere rapito
L’estetica teologica di Balthasar ci aiuta ad approfondire alcuni aspetti del mistero di Natale. Egli si riferisce al prefazio di Natale per presentare la logica dell’estetica divina. Ci invita a contemplare con gli « occhi del nostro spirito » toccati da una nuova luce che proviene da Dio la « forma misteriosa sacramentale » del « Verbo incarnato ». Il mistero di Natale apre all’uomo la possibilità di vedere nella luce della fede un mistero di Bellezza che supera ogni splendore intramondano : « Lo splendor di questo mysterium che offre se stesso non può quindi essere equiparato ad un qualsiasi altro splendore estetico che si incontra nel mondo… »1. Nello stesso tempo Balthasar evidenzia il « rapimento » dell’uomo che è suscitato dalla « mediazione » di questo sguardo e che porta tutto l’uomo all’amore del Dio invisibile. Queste considerazioni teologiche illustrano in modo originale l’atteggiamento che dovrebbe essere nostro in questo tempo di Natale : siamo invitati a prostrarci e adorare il Verbo incarnato nel Bambino di Betlemme.
Prostrarsi e adorare
Per Balthasar il mistero di Natale è Epifania; è la manifestazione, il risplendere di Dio in questo misero bambino che i tre Maggi adorano. L’adorazione del Nuovo Testamento ci rimanda al mistero di Natale. In effetti « l’Antico Testamento ha adorato Dio nella sua maestà, nella sua giustizia giudicante, nella sua bontà come Signore dell’Alleanza. Adesso, invece, lo si deve adorare in un bambino »2. Adorare in una prospettiva estetica significa « riconoscere che Dio è l’essenza di ogni bellezza, che noi perciò con entusiasmo dobbiamo dargli ragione e servirlo con letizia.. »3. Nel contesto del Nuovo Testamento, « se noi dunque qui ci prostriamo e adoriamo, non adoriamo carne, ma Dio, l’unica cosa che noi sicuramente non siamo, Dio, il Tutt’Altro, l’Essere per sé, l’Onnipotente, al quale però è piacuto mostrarci che egli è abbastanza onnipotente da poter essere anche impotente, abbastanza beato da poter anche soffrire, abbastanze pieno di gloria da poter anche collocarsi all’utlimo posto della creazione »4. E’ proprio questa onnipotenza paradossale che genera nel cristiano un atteggiamento di adorazione davanti ad una Omnipotenza umile. Ecco perché « solo adesso noi possiamo arrivare a intuire fin dove può giungere in realtà la divina Onnipotenza. Non può, perciò, darsi adorazione più profonda di quella cristiana, se essa è autentica »5.
Evidenza dell’amore
La bellezza del Bambino non fa violenza alla libertà dell’uomo. E’ una bellezza legata alla povertà e alla fragilità del bambino neonato. La bellezza di Cristo possiede l’evidenza dell’amore (Liebesevidenz)6; per questo la bellezza di Cristo genera, secondo Balthasar, un movimento d’adorazione. Inoltre, questa bellezza della figura di Cristo si caratterizza per una potenza propria che segna l’esistenza del soggetto contemplatore. È la dynamis interiore della figura proveniente dallo Spirito Santo e che dona a questa figura una profondità plastica e una potenza vitale7. La bellezza di Cristo ha dunque una forza esistenziale (Balthasar l’attribuisce allo Spirito Santo) che porta l’essere umano al rapimento e che corrisponde al movimento d’uscita dell’uomo verso Dio, un movimento che avviene sotto la luce stimolante della grazia, cioè la luce dello Spirito8. È ancora opera dello Spirito Santo rendere presente questa bellezza a tutti i tempi, realizzando l’unità tra il Cristo della fede ed il Cristo storico. La chiamata che emana dalla bellezza di Cristo resta allora la stessa di quella che fu all’origine del cristianesimo.
Vedere e adorare Dio nell’altro
E. Levinas parla dell’epifania del volto. Con Balthasar l’altro riceve una determinazione ulteriore « ..ognuno dovrebbe divenire per l’altro un’occasione di epifania, un’occasione di adorare la presenza di Dio in ogni uomo singolo »9, perché il cristiano vede l’amore divino che ama ogni uomo in particolare e questo amore è degno di adorazione. È solo a partire da Gesù Cristo che possiamo vedere l’altro come un figlio del Padre che possiede in Gesù Cristo una sua unicità. L’altro non è così un numero, « un esemplare ambiguo, un essere da nulla, un esemplare del tutto imperfetto della specie umana, bensì qualcuno che Dio stesso ama con amore immutevole »10. Il cristiano sa che l’altro è, per grazia di Dio, destinato, eletto e chiamato ad essere figlio del Padre, fratello di Gesù e portatore dello Spirito Santo. In questo senso Balthasar parla del sacramento del fratello. Questo modo di concepire l’adorazione dell’amore di Dio nell’altro offre a Balthasar la possibilità di fondare una spiritualità concreta incarnata nella vita quotidiana : « se una volta, riflettiamo sul mistero dell’Epifania penetriamo sino all’amore (degno di adorazione) di Dio, allora non c’è più motivo di rinunciare al nostro atteggiamento di adorazione durante il lavoro quotidiano ; non solo noi siamo circondati sempre nuovamente da questo mistero, ma attraverso ogni incontro con qualsiasi persona diventiamo sempre profondamente familiari con questo mistero »11. Il Natale non è dunque una celebrazione nostalgica di un evento del passato ma « questo Figlio donato sta davanti ai nostri occhi. Qui nel tempo di Natale, ma ugualmente sulla croce, nel giorno di Pasqua, e in ogni giorno feriale dell’Anno Liturgico »12.
A tutti coloro che leggeranno questo editoriale, al nome dei collaboratori del Centro di Studi Hans Urs von Balthasar della Facoltà di Teologia di Lugano, auguro un santo Natale.
André- Marie Jerumanis
1 G 1, 106 (H 1, 114).
2 BALTHASAR, H.-U. von, Tu coroni l’anno con la tua grazia, Jaca Book, Milano 1990, 19 (Du krönst das Jahr Deiner Huld, Johannes Verlag, Einsiedeln 1988).
3 Ibid, 20.
4 Ibid, 20.
5 Ibid, 21.
6 Cf. G 1, 452-453 (H 1, 464).
7 Cf. G 1, 460 (H 1, 471).
8 Cf. G 1, 106 (H 1, 114).
9 Tu coroni…, 21.
10 Ibid, 21.
11 Ibid., 22.
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