Silvano Fausti. Signore è il Figlio dell’uomo anche del sabato


È un brano un po’ misterioso questo che chiude il capitolo
secondo.
Il capitolo che si apriva con il Figlio dell’uomo che perdona i
peccati.
Ecco la gente si domanda “Chi è costui?”, costui che perdona
e il capitolo 2° è una rivelazione di Gesù come questo Figlio
dell’uomo.
La prima cosa che fa è quella di perdonare e perdonare è il
potere di Dio, ciò che Gesù è venuto a portare sulla terra è il potere

del perdono, quel potere che fa camminare l’uomo invece che
giudicarlo, inchiodarlo al suo male, lo sblocca: fa camminare il
paralitico all’inizio del capitolo.
Poi vediamo che chiama Levi il peccatore, non solo perdona,
ma il peccatore è chiamato all’intimità con Dio.
Non è escluso, non è semplicemente perdonato, è chiamato,
ma non solo chiamato così - chiamiamo tutti, chiamiamo anche lui -
Gesù si ferma a casa sua e magia con lui, cioè Gesù entra in intimità
con lui. È chiamato all’intimità con il Signore, non solo mangia con
lui in modo qualunque: Gesù spiega che è il banchetto nuziale, è il
vestito nuovo, è il vino nuovo.
Il Figlio dell’uomo è Colui che porta il perdono di Dio, si dona
ai peccatori, mangia con loro, inizia la festa delle nozze del mondo
nuovo ed ora in questo brano c’è il compimento, questo Figlio
dell’uomo è il Signore del sabato.
Ora il sabato è il giorno di Dio.
Uno che è Signore del giorno di Dio è qui a far festa con noi.
Entriamo in questo brano che è la penultima discussione di
Gesù, dopo la discussione successiva decidono di ucciderlo, perché
dicono “questo è troppo”.
Ora ci fermiamo su questa discussione che parla del sabato.
Il tema del sabato c’è in tutte le religioni.
La festa. L’uomo è fatto per la festa, per la pienezza di vita.
Ecco Gesù dice il contrario: l’uomo non è fatto per la festa, è
la festa ormai che è fatta per l’uomo, è il sabato per l’uomo.
L’uomo desidera sempre la festa, ma non la raggiunge mai,
sempre dopo, Gesù dice no, ormai il sabato che è la festa, il
compimento è qui ora per l’uomo.

Praticamente il sabato è il simbolo di Dio, non è che Dio verrà
chissà quando nella nostra vita, Dio è già qui ora con noi e noi
possiamo mangiare.
Questo brano racconta attraverso immagini molto semplici
come adesso possiamo fare ciò che non è lecito, cioè mangiare di
sabato.
Il  sabato è Dio, mangiare vuol dire vivere, possiamo vivere di
Dio. Questo è il senso profondo del brano e vediamo di capirlo.
Riprendiamo il testo al versetto 23:

E avvenne che lui di sabato passava per i seminati, e i suoi 
discepoli cominciarono a fare cammino cogliendo le spighe.

La scena è molto semplice, ci sono dei campi seminati che
ormai germogliano ed hanno il grano maturo. Siamo quindi verso
Pasqua in Israele, è la stagione in cui matura il grano, il giorno della
festa, questo campo seminato che germoglia, i discepoli che
camminano, lui con loro e loro che mangiano cogliendo spighe.
Come vedete ci sono dei simboli molto grossi, il primo è il
sabato.
Il sabato è il giorno della festa e il grande desiderio dell’uomo
è di raggiungere la festa, cioè di raggiungere Dio, la pienezza di vita.
In Israele il sabato era ed è regolato ancora da leggi molto
precise, in cui non si può lavorare, non si può far niente. Perché?
Perché il sabato è il giorno del riposo di Dio, in cui si gode e basta, è
finita la fatica, è finito il lavoro, si gode semplicemente del frutto del
lavoro, si gode della presenza di Dio
L’uomo è fatto per raggiungere il settimo giorno, cioè per
raggiungere Dio e il senso del riposo è questo, non c’è nulla da fare,
è già tutto fatto. Dio non lo devi fare, c’è già, l’altro non è da fare, è
fatto, ti si concede, la realtà e la natura non la devi fare, c’è già.
Quindi il sabato è quel momento in cui tu capisci il valore profondo

della realtà come dono, come vita, come amore, come festa, come
gioia.
Il regolamento, le regole, le norme molto severe che regolano
il sabato ebraico ancora adesso osservato dagli ebrei ortodossi e
osservanti è tale da sconcertare. Ad esempio a parte il fatto che non
si poteva cucinare, quindi si doveva preparare il cibo il giorno prima,
addirittura anche non si potevano accendere le lampade e anche nei
nostri tempi con la luce elettrica in alcune famiglie molto osservanti
si chiamano dei bambini non ebrei che vengono chiamati
appositamente per accendere l’interruttore.
Ma questo cosa vuol dire ? Che noi siamo sempre abituati ai
risultati di un’azione fatta attraverso  la nostra abilità. Tutto quello
che noi facciamo è opera delle nostre mani, è opera del nostro
lavoro. Il sospendere tutta l’attività voleva dire esprimere l’assoluta
gratuità.
Noi siamo abituati anche a lavorare durante la festa, cioè a
riposare o divertirci lavorando, ore e ore di auto poi al mare oppure
giù per le piste con code, cioè anche il nostro godere è una fatica.
Queste regole in fondo volevano eliminare ogni gesto perché il
risultato volesse dire “questa è la festa”. Quindi una festa  che non
fosse il risultato di un fare, ma pura accettazione. Allora queste
regole così strette e questo far niente, voleva proprio dire che era
qualcosa che si riceveva, si riceve totalmente.
Cosa vuol dire questo allora? Tutta la creazione è stata fatta
in cinque giorni, al sesto giorno è fatto l’uomo, l’uomo cosa deve
fare? Perché non fa niente al settimo?
Al settimo semplicemente gode del dono che gli è stato fatto
della creazione e di se stesso.
Gode di Dio che glielo ha  dato, entra nella dimensione divina,
nella gioia, nella pienezza senza far nulla.

Il far nulla è profondissimo.
Vuol dire che sei fatto per gioire, non per fare, se no sei
condannato ai lavori eterni che è l’inferno.
Siamo destinati alla gioia e il fare va bene ha la sua funzione,
però non è tutto. Il togliere il riposo domenicale vuol dire che non si
sa più riposare, non si sa più godere, non si sa più gioire.
Vuol dire che l’uomo è semplicemente ciò che produce,
mentre io non sono ciò che produco, posso fare anche niente, anzi
l’uomo è fatto alla fine per riposare e gioire. Le relazioni non le
produci, le accogli, l’altro non lo produci, lo accogli, tutta la vita non
la produci, la accogli.
Quindi le dimensioni più profonde sono preservate dal
sabato, che è il senso della vita.
Perché si vive e si lavora? Per gioire e per godere della festa,
per stare  in relazione, riposare, per avere la pienezza di vita.
Ecco, quindi avviene di sabato e Gesù passa per i seminati.
È interessante, c’è quasi una sovrimpressione di Gesù che
cammina sui campi, i discepoli mangiano le spighe, Gesù ha appena
parlato del banchetto nuziale, Gesù parla del pane, della casa, del
prendere, del dare.
Vi richiama qualcosa la casa, il pane, il prendere, il dare?
L’Eucaristia, cioè c’è quasi una sovrimpressione tra questi campi
seminati e Gesù che passa, è lui questo pane.
Di fatti subito dopo dal capitolo quarto Gesù parla del seme,
poi dal capitolo sesto all’ottavo parlerà del pane che è lui. Cioè Dio è
pane, è vita e allora cosa fanno? Cominciano a camminare cogliendo
le spighe. Il cammino è il tema del capitolo secondo: “va a casa
tua”, questi possono camminare perché mangiano il grano.
L’episodio per sé è banale, la gente osserva “perché i tuoi
discepoli fanno questo?”. Gesù poteva rispondere “perché sono

maleducati, non rispettano bene la legge”. Invece Gesù si serve di
questo per arrivare molto in profondità.
Cosa vuol dire quel mangiare le spighe in giorno di sabato?
Perché l’uomo di sabato non deve fare nulla?
Perché il sabato è Dio e allora noi possiamo fare una cosa di
sabato: mangiare il grano, mangiare il pane di sabato.
Ora questo pane è Dio stesso, il Figlio dell’uomo è Signore del
sabato, cioè io posso ora vivere di Dio, perché? Perché lui mi ha
perdonato, perché lui è venuto a casa mia, perché lui si è preso cura
di me, perché lui celebra le nozze con me. Ora io posso vivere di Lui
come Lui vive di me. Quindi è abolita la separazione tra uomo e Dio.
Questo è il senso del sabato abolito.
È abbastanza consolante a questo punto del Vangelo che i
discepoli appunto cominciano a fare queste cose, come dire erano
stati appena chiamati, facevano i primi passi dietro a Gesù e anche
se noi conosceremo nel seguito tutte le loro false immagini del
Messia, tutti i loro inciampi e le loro difficoltà, qui dimostrano già di
avere un certo attaccamento a Gesù. Cosa vuol dire? Vuol dire che
ognuno di noi di fronte a Gesù può cominciare questo cammino e
sente che è qualcosa di essenziale che può essergli ricordato e
donato.

E i farisei dicevano a lui: Vedi cosa fanno di sabato, che non è 
lecito?
E dice loro: Non avete mai letto cosa fece David, quando 
ebbe bisogno ed ebbe fame lui e quelli con lui?
Come entrò nella 
casa di Dio sotto Abiatar sommo sacerdote, e mangiò i pani della 
proposizione, che non è lecito mangiare se non ai  sacerdoti, e 
diede anche a quelli che erano con lui?
E diceva loro: Il sabato è 
fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato.
E così Signore è il 
Figlio dell’uomo anche del sabato.


Cosa fanno i discepoli di sabato? Mangiano di sabato.
Non è lecito perché di sabato non si può fare il minimo lavoro
per gli ebrei, mentre i discepoli fanno il lavoro di cogliere le spighe e
mangiare.
Gesù prenderà questo gesto in un senso più profondo.
Cosa vuol dire mangiare di sabato? Se il sabato è Dio,
mangiare di sabato è mangiare di Dio, cioè vivere di Dio.
Ora Gesù utilizza questo gesto per dire che ormai l’uomo può
vivere di Dio.
Il sabato  che è il grande desiderio dell’uomo non è più il
giorno lontano, Dio non è più lontano, ora ne puoi vivere, ne puoi
mangiare, è nelle spighe, è nel pane.
Il tuo pane è Dio, la tua vita è Dio.
E per gli ebrei non è lecito far nessun lavoro di sabato perché
profanare il sabato è profanare Dio, cioè vuol dire che non riconosci
che è dono di Dio la vita, quindi è proibito lavorare.
Invece i discepoli possono non lavorare, ma mangiare che è
un’altra cosa. Allora Gesù risponde molto indirettamente con un
esempio dell’antico testamento sul quale adesso ci fermiamo.

E dice loro: Non avete mai letto cosa fece David, quando ebbe 
bisogno ed ebbe fame lui e quelli con lui?
Come entrò nella casa 
di Dio sotto Abiatar sommo sacerdote, e mangiò i pani della 
proposizione, che non è lecito mangiare se non ai  sacerdoti, e 
diede anche a quelli che erano con lui?

È interessante la domanda è:  non è lecito.
Gesù risponde che c’è qualcosa che non è lecito eppure l’ha
fatto Davide, cioè qualcosa che non è lecito, eppure lo stiamo
facendo ed è giusto e non è lecito.

Non so se capite l’importanza! Qualcosa di illecito è molto
giusto. Qualcosa di contro la legge ed è molto giusto.
Che cos’è contro la legge? La legge separa l’uomo da Dio: non
è lecito all’uomo raggiungere Dio, perché Dio è Santo, è Diverso.
Ora non solo va bene, si fa questo.  È la più grande
trasgressione che si possa fare corrompere il sabato. Il cristianesimo
è la grande trasgressione dove Dio non è più separato dall’uomo.
Abbiamo visto all’inizio del capitolo quando Gesù perdona, dicono:
“Costui bestemmia, non è lecito perdonare i peccati, il peccatore va
condannato, se no che giustizia è se Dio perdona?”.
Dio è il primo che trasgredisce, cioè che fa il passo oltre sé
incontro all’uomo. Noi viviamo di questa trasgressione, facciamo ciò
che non è lecito: vivere di Dio. Perché Dio è venuto, si è fatto uomo,
ha toccato noi, è entrato nella nostra situazione perché noi
entriamo nella sua. Quindi il cristianesimo è radicalmente
trasgressione. È il passaggio dalla legge che separa Dio dall’uomo
alla libertà nel rapporto tra uomo e Dio, per cui si mangia, si vive
con Lui, si vive la sua vita.
È il dono dello Spirito raffigurato dal frumento che è il pane, è
la vita nel sabato che è Dio.
Cioè in modo molto velato qui c’è il senso profondo della
rivelazione cristiana.
Gesù ricorre ad un episodio dell’antico testamento citando
Davide. Chi è Davide? Davide è il grande re, prototipo del Messia e,
quindi, indirettamente  dice se lo fece lui prototipo del Messia, lo
faccio Io che sono il Messia.
E cosa fece Davide? “Avete letto cosa fece Davide?” Gesù cita
l’Antico Testamento per dire che l’Antico Testamento è qualcosa da
leggere.
C’è una storia che parla di Dio. Cioè il pericolo è di leggere
l’Antico Testamento come una legge: è lecito, non è lecito.

Invece, non è solo una legge, è una storia e una storia, come
ogni storia, ha un principio e ha un compimento.
Quindi l’Antico Testamento è qualcosa da leggere in modo
simbolico ancora per noi oggi.
Quindi puoi prendere Davide come una figura morta e
fossilizzata: è così ed ha fatto così, oppure prendere Davide come
figura del Messia, di ciò che sempre si farà.
Quando uno ha bisogno, quando uno ha fame ed è con gli
altri, che cosa fa? Fa quello che fan tutti, mangia, cioè fa ciò che non
è lecito secondo la legge, mangia i pani della Proposizione. Quindi
già anche Davide avrebbe trasgredito. La trasgressione di Davide è
figura della trasgressione che farà il Messia.
Cioè cosa farà il Messia? Porterà Dio nell’umanità e l’umanità
in Dio.
Questo è il bisogno, è la fame profonda di Davide che è il
prototipo del Messia e di tutti i suoi compagni, perché questa è la
fame dell’uomo: la fame del sabato, la fame di Dio.
Però l’uomo chiaramente non può mai raggiungere Dio con
nessuna legge.
Solo con il figlio dell’uomo, con Gesù che è il Signore del
sabato e che ci tocca come tocca il lebbroso e ci fa camminare e ci
perdona come col paralitico e mangia con noi come con Levi, solo
allora noi mangiamo di sabato, se no noi non mangeremmo mai di
sabato, cioè vivremmo sempre nell’attesa che venga.
Credo che la difficoltà ad entrare nella pienezza della vita
nuova portata da Gesù sia proprio dovuta al fatto che anche senza
saperlo ci si ferma all’Antico Testamento e si continuano a coltivare i
segni quando è già avvenuto ciò che i segni prefiguravano. Quindi si
assolutizza l’attesa e non si riconosce il compimento.

Per questo Gesù all’inizio del Vangelo dice: “Il tempo è
compiuto, convertitevi”. Perché l’accogliere il compimento vuol dire
proprio superare questo ostacolo. Non irrigidirsi nell’osservanza di
qualcosa che annunciava una realtà che adesso c’è, e allora, bisogna
sapere fare il passo, accogliere ed entrare pienamente in questa vita
nuova.
Provate a notare le parole che sono in questa reminiscenza. Si
parla di Dio, di pani dell’offerta, di mangiare, di dare con quelli che
sono con Lui. Sono tutte parole che usciranno nell’ultima cena
quando si parla dell’Eucaristia dove Gesù dona a noi addirittura se
stesso, la sua vita, il suo Spirito.
Quindi in questa libertà che hanno i discepoli di mangiare di
sabato le spighe, può sembrare una cosa banale, ma c’è sotto invece
la capacità nella concretezza della vita di ogni giorno di vivere ormai
la dimensione di Dio, cioè di vivere il sabato.
Per me è interessante che quella che può sembrare una
semplice trasgressione, magari anche banale  - mangiare un po’ di
spighe di sabato cosa sarà mai, perdonali anche se non è lecito - ha
invece un significato profondissimo.
È la grande libertà che porta Dio a noi.  Cioè ormai viviamo
della libertà dei figli, ogni giorno. Ed è questa l’interpretazione che
dà Gesù.
Come Davide coi suoi compagni mangiò i pani riservati ai
sacerdoti - i pani di Dio che stavano lì davanti all’Arca - così oggi,
questi miei compagni, di sabato mangiano tranquillamente, che
cosa? Quello che abbiamo visto la volta scorsa, il banchetto nuziale
promesso da Isaia, l’unione dell’umanità con Dio: vivono la pienezza
di vita anche nei gesti minimi.
Potremmo dire, usando un’espressione e rifacendoci ai
fenomeni che osserviamo riguardo alla religione, che qui assistiamo
ad un superamento della tentazione di un fondamentalismo, di una

lettura fondamentalistica non dico della scrittura, ma
dell’interpretazione fondamentalistica di una legge.
Perché vediamo che gli estremismi in ogni religione, con la
giustificazione di portare veramente l’uomo a Dio, di fatto lo
separano. È questo che avviene qui: una regola fatta per mettere in
comunione l’uomo con Dio di fatto diventa un ostacolo, di fatti
questi sono gli effetti di non libertà, di oppressione e di non felicità
che danno queste assolutizzazioni.
Versetto 27:
27
E  diceva loro: Il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il
sabato.
Fermiamoci su questo versetto.
Dove il primo senso è che il sabato rappresenta la legge e la
legge è per l’uomo, non l’uomo per la legge.
Quindi è posto un principio di critica radicale ad ogni legge
anche religiosa.
Ogni legge vale nella misura in cui aiuta l’uomo a vivere. La
legge è data per la vita, non per la morte. La legge non è fatta per
punire nessuno, quindi è un ridimensionare la legge, cioè ogni legge
è in funzione dell’uomo, non l’uomo in funzione della legge.
Quindi è un principio di critica radicale a tutte le leggi. Questa
è utile davvero all’uomo o non è utile? Qual è il principio della
validità delle leggi? Non è il lecito o non è lecito. Cioè il valore della
legge non è la legge, è se giova o no alla libertà dell’uomo, se fa
crescere l’uomo nella sua verità.
Quindi è il principio della libertà dalla legge ed è una cosa
grossissima perché di solito uno ritiene il bene e il male
nell’osservanza o meno della legge e invece no, il bene e il male sta

nell’uomo se cresce nella sua libertà di amare oppure no. La legge
deve servire a questo se non serve, è sbagliata.
Quindi questo principio dichiara la libertà dalla legge, non il
libertinismo del faccio ciò che voglio, ciò che mi pare e piace, ma il
dare alla elegge la sua vera dimensione. La legge è in funzione
dell’uomo, non l’uomo in funzione della legge. Quindi tutte le forme
di legalismo anche religioso sono contrarie a questo principio:
questa è la religione della libertà dei figli.
Le leggi ci sono, ma perché? Perché servono all’uomo. Cioè la
legge di tenere la destra in Italia è utile, se tieni la sinistra vai contro
gli altri che vengono, quindi è utile osservarla.
Dopo c’è sotto un senso anche più profondo sul quale si può
tornare, perché la libertà della legge in fondo ce lo ha chi sa amare,
fino a quando non sappiamo amare siamo schiavi giustamente della
legge, perché la legge mi dice che se fai così sbagli, quindi mi
denuncia l’errore ed è un’azione positiva.
Come nell’educazione ha funzione positiva, fa scontrare con
la realtà.
Anche la legge di gravità, per cui non ti puoi buttare
dall’ultimo piano perché se no ti fai male, è importante saperla. La
legge rappresenta il principio di realtà, quindi è utile
nell’educazione.
Poi, invece, per quella che è non più la legge come principio di
realtà che mi pone il limite, ma come vivere positivamente i miei
limiti nell’amore e nello sviluppo, qui non c’è legge che tenga. È
proprio l’intuito dell’amore nella libertà ed è l’uomo adulto.
Questo è il primo senso sul quale magari torniamo ancora.
Poi c’è il secondo: il sabato rappresenta anche Dio.
Allora proviamo a tradurre: Dio è fatto per l’uomo e non
l’uomo per Dio.

In tutte le  religioni si sacrifica l’uomo a Dio, l’uomo è
osservante, è zelante. Nel cristianesimo invece è Dio che fa così con
l’uomo, va incontro all’uomo, si sacrifica per l’uomo, dà la vita per
l’uomo.
Dio è per l’uomo.
È Dio che serve l’uomo non è l’uomo che serve Dio, Lui per
primo ci ha serviti e amati.
Quindi rappresenta in fondo la libertà davanti a Dio.
Paradossalmente, intendiamo bene, è meglio uno che
bestemmia e che è un peccatore, piuttosto che uno che è
osservante per paura di Dio. Perché l’osservante per paura di Dio
dice “Dio è cattivo e mi punisce” . L’altro che trasgredisce
implicitamente dice “Dio mi ha fatto per la libertà, quindi mi capirà”.
È la parabola del fratello maggiore, non la sto inventando io,
lo ha detta Gesù! Quella dei due fratelli, del minore e del maggiore.
Cioè è più vicino alla verità quello che sbaglia non perché sia giusto
l’errore, ma perché ha capito la libertà, quindi di essere figlio,
rispetto a quello che è schiavo e suddito della legge e non capisce di
essere figlio. Non perché sia sbagliato far bene: è giusto far bene, è
sbagliato l’atteggiamento moralistico, cioè della paura di Dio.
Questo fa la differenza radicale come abbiamo già detto varie
volte tra cristianesimo e le varie religioni. Nelle varie religioni si
presenta Dio come punto d’arrivo di una grande ascesi. Se uno
osserva bene le leggi e fa il bravo, è un uomo di Dio, è figlio di Dio.
Il cristianesimo rappresenta invece esattamente un Dio che
viene incontro all’uomo, così com’è, non l’uomo incontro a Dio.
Dio che serve l’uomo, non l’uomo che serve Dio.
Non c’è nessun sacrificio nel cristianesimo; tutte le religioni
hanno sacrifici a Dio, nel cristianesimo l’unico sacrificio è la Messa
che è il sacrificio di Dio all’uomo. È Lui che dona se stesso a noi.

Non è l’uomo che deve amare Dio, paradossalmente, è Dio
che deve amare l’uomo. Tant’è vero che quando si usa la parola
“deve” nel Nuovo Testamento si intende sempre il dovere che ha
Dio di cercare l’uomo per dare la vita per lui se necessario. Perché è
il dovere del genitore di amare.
Come vedete allora con questa semplice affermazione  “il
sabato è fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato” Gesù capovolge
tutta la forma di religiosità che è propria di tutte le religioni e,
invece della legge, pone la libertà di chi ha creduto all’amore di Dio.
Allora puoi cogliere il grano a camminare, puoi magiare di
sabato, mangiare di Dio e camminare da figlio di Dio, se no sei
sempre schiavo del  “è lecito, non è lecito”, sei sempre fatto per il
sabato e per la gioia ma la gioia non è mai per te. Sei sempre fatto
per Dio, ma Dio non è per te, cioè ti escludi sempre.
No, è Dio che è per te, non tu per Lui.
Quindi, è grandissima questa semplice affermazione.
Poi si dice il perché di questo.
L’ultimo versetto:

E così Signore è il Figlio dell’uomo anche del sabato.

Il sabato è il giorno di Dio, è il giorno del Signore e Gesù qui si
proclama Signore del sabato.
Chi è allora Gesù? Quest’Uomo, questo Figlio dell’Uomo? È il
Signore del sabato.
Siccome il Signore del sabato si è fatto uomo, ha toccato il
lebbroso, ha perdonato il peccatore, mangia con i peccatori, sta con
noi, siccome questo Figlio dell’Uomo che è il Signore del sabato sta
con noi, allora il sabato è per noi, allora Dio è per noi, non possiamo
più dubitarne.

In questo Uomo che è il Signore del sabato, cioè che è Dio,
noi vediamo come Dio ci viene incontro. Ci viene incontro come al
lebbroso, come al paralitico ci fa camminare, come a Levi ci chiama,
come agli altri peccatori con lui mangia insieme e con loro celebra le
nozze.
Perché c’è questo Figlio dell’Uomo con noi, allora
comprendiamo che Dio è per noi, il sabato è per noi e noi possiamo
ormai vivere la pienezza della vita divina, noi peccatori oggi. Per cui
viviamo ormai sempre di sabato, sempre di festa.
C’è un detto antico attribuito a Gesù che dice  “bisogna
sabatizzare ogni giorno”, cioè far festa ogni giorno ormai, perché lui
è sempre presente.
Nel brano parallelo di Luca c’è un codice antico che continua il
racconto: “E Gesù camminando vide un uomo che lavorava il giorno
di sabato e gli disse: - Se sai quello che fai, beato te, se no, sei un
semplice maledetto e trasgressore della legge -“.
È molto chiaro, se sai quello che fai, beato te - sei libero - , se
no sei semplicemente un maledetto trasgressore che lavora anche
di festa.
Come vedete il brano con immagini molto semplici, ma molto
evocative  - questo sabato che è la festa, è la gioia, questi campi
seminati con la gioia del frutto della terra, camminare sui campi,
mangiare le spighe e i farisei dietro “Non è lecito” - e Gesù che dice :
“Certo che non è lecito, anche Davide fece ciò che non è lecito” e fa
ciò che non è lecito perché c’è qualcos’altro di diverso tra ciò che è
lecito e l’illecito.
C’è che il sabato, Dio e ogni legge è ormai fatta per l’uomo,
perché il Figlio dell’Uomo è con voi e Dio stesso è per voi. Allora il
problema non è  lecito o non lecito, il problema è  vivi e non vivi di
questo amore? di questo mondo? di questa libertà?

È questa la nuova legge: vivi di sabato, cioè vivi della festa,
della gioia di Dio?
Oppure sei ancora lì a vedere  è lecito, non è lecito? Cioè
ancora schiavo della legge?
Oppure vivi la nuova economia della  libertà, di uno che sa
amare perché è amato, quindi mangia di sabato.
Questo brano è un invito ad entrare in modo più pieno nel
sabato, nella gioia di Dio. Perché? Perché ormai quest’Uomo è il
Signore stesso del sabato, quello che sta con noi, che ci perdona, ci
tocca e ci chiama.
Come vedete Gesù è venuto a dare un’immagine nuova di
Dio. Un’immagine molto umana, che - se volete - risponde anche al
desiderio più profondo dell’uomo, di vivere di Dio. Però che
contraddice tutta una forma di religiosità che si basa sulla
distinzione tra uomo e Dio, sulla legge, sulle norme, non sulla
comunione di vita tra l’uomo e Dio.
Questo brano, invece, parla della comunione di vita: mangiare
di sabato è questo, comunione di vita con Dio da vivere qui è ora,
per cui non siamo persone che stanno in attesa di un futuro in cui se
facciamo i bravi Dio ci concederà qualche cosa, siamo persone che
nel presente vivono nella gioia di Dio che si dona, che ci perdona
dove sbagliamo e nella gioia di poter vivere la libertà dell’amore
verso di Lui e verso gli altri - questo è il senso del pane, cioè di una
vita vivibile.


















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