XXV Domenica del Tempo Ordinario. Anno C


Marinus van Reymerswaele. Parabola dell'amministratore disonesto

 Tu ti procuri dunque degli amici, 
porti avanti la tua speranza, 
coltivi il desiderio, 
tolleri con pazienza la condizione presente, prospera o avversa, 
perché cosa da tollerare qui è anche la felicità, 
per chi cerca la felicità che sorpassa quella terrena. 
La si tollera infatti perché, fino a quando siamo in cammino, 
va considerato tra i mali tutto ciò che ci trattiene dal nostro Dio
Sostiene anzi maggior lotta l'animo che combatte contro la felicità, 
per non lasciarsene corrompere, 
che contro la sfortuna per non lasciarsene abbattere. 
A prezzo di questa pazienza, 
finito il mondo o finita la nostra vita, mèta non lontana, 
al cui termine si va ciascuno avvicinando, 
saremo tranquilli nelle dimore eterne, 
poiché ci siamo fatti degli amici con " le ricchezze inique ".

S. Agostino





Dal Vangelo secondo Luca 16,1-13

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: 
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».


Il commento

«Che cos'è questo che sento dire di te?». Le voci dei fratelli ci «accusano» di aver «sperperato» e sottratto loro gli «averi» del Signore. Ad essi, infatti, spettava l’amore che Dio ci ha dato in «amministrazione». L’egoismo ci ha chiusi a nostra moglie, e niente, non riusciamo più a percepire i suoi bisogni. Come il figlio prodigo abbiamo “sperperato” l’eredità e ora siamo così aridi da non accorgerci di quello che accade intorno a noi.
Il lavoro ci assorbe ed è diventato così importante che gli sguardi impauriti e affamati dei figli sono solo un’immagine sfocata. Abbiamo dimenticato che il nostro tempo libero dal lavoro è loro ed è per loro. Gli appartiene e invece ce ne siamo appropriati, e non possiamo “restituirglielo”.
E così ci comportiamo con chiunque, egoisti e illusi. Stolti nella presunzione di sapere che cosa sia importante e cosa no, avvelenati dall’inganno di essere diventati come Dio e di conoscere e stabilire cosa sia bene e male, abbiamo tralasciato un milione di “piccole cose” che, invece, erano decisive; e siamo così diventati insensibili e ciechi da essere incapaci di “essere fedeli” in quelle grandi, quelle che chiunque saprebbe riconoscere come importanti.
Non abbiamo ascoltato le “piccole cose” che avevano da dirci marito, moglie, figli e colleghi? Siamo stati “disonesti” rubando l’amore a chi lo chiedeva con piccoli gesti di attenzione e premura? Stiamone certi, quando lanceranno l’SOS perché in pericolo di vita, non ce ne accorgeremo e non potremo far nulla. Saremo “disonesti” chiudendoci egoisticamente nelle questioni decisive: non sapremo aiutare a discernere un figlio nella scelta dell’università o se sposarsi o no; non potremo dare una parola di fede e speranza alla moglie depressa; impauriti, scapperemo dalla nave che affonda della malattia del fratello.
Questo ci accade perché, invece di gestire con generosità i frutti del «giardino» del Padre, abbiamo allungato la mano avidamente cercando di diventare ricchi come il padrone. Così «non possiamo più essere amministratori», «allontanati» da Lui e dai suoi averi come Adamo ed Eva dal Paradiso. Ma imprevedibilmente, proprio quando dovremmo «rendere conto», si schiude per noi la porta della conversione.
È quando ci accorgiamo che senza le «sostanze» di Dio da amministrare siamo nulla, incapaci di qualsiasi cosa. «Non abbiamo forze» per «zappare» un terreno che non darà mai il raccolto d’amore che solo Dio può concedere. Spogliati della nostra identità, ci «vergogniamo di mendicare» la dignità che solo Dio può donarci. Non abbiamo che una possibilità, ripartire da dove abbiamo fallito, dagli «averi» del Signore.
Perché non cadano di nuovo nelle nostre avide tasche ma siano fecondi per tutti, occorre fare come i “figli di questo mondo”, molto più pragmatici dei “figli della luce”, spesso perduti tra sogni e presunte visioni. Usi ai favori illegali e interessati perché «i loro pari» contraccambino nel bisogno, i primi sanno essere generosi con i denari altrui…
Questa è proprio la “politica economica” alla quale Dio chiama le nostre famiglie e le nostre comunità. Sì, il Signore ci chiama a fare dei nostri figli, dei parenti, dei colleghi, anche di chi ci odia, delle lobby che facciano pressione per la nostra salvezza. Li dobbiamo “comprare” con ogni “disonesta ricchezza”, quella di proprietà “altrui” che abbiamo rubato. E' la qualità che il Signore vuol darci, phronimos: "la lucidità di avvertire la gravità della situazione, la prontezza nel cercare una soluzione perché non ci saranno altre opportunità, il coraggio di prendere decisioni" (B. Maggioni). Le qualità dell'amore con il quale siamo stati amati. Di fronte alle nostre infedeltà, al male causato dai nostri peccati Dio ha prontamente trovato e offerto la soluzione: il suo Figlio, Gesù, crocifisso per noi. E' dunque la Croce la scaltrezza autentica, che purifica ogni ricchezza mettendola a servizio della giustizia e della misericordia. Così con il coniuge, con i figli, nella consapevolezza che il coraggio è lo zelo dello Spirito Santo che ci fa allargare le braccia e donarci, incondizionatamente, proprio a chi abbiamo rubato... 
Era, infatti, di Dio quel denaro che non abbiamo dato a nostra moglie per lasciarlo marcire nell’avarizia. Era di Dio e quindi anche di mia moglie…  Era di Dio il tempo che abbiamo tenuto per noi, e quindi era anche di mio figlio. E così di ogni aspetto della nostra vita macchiato dalla concupiscenza. Prendere la ricevuta e cambiare la cifra del debito significa allora soltanto ristabilire la verità e la giustizia. Questa è la “scaltrezza” che piace a Dio, perché è quella che sa sintonizzarsi sulla sua misericordia.
L’“amministratore disonesto” secondo l’onestà del mondo era stato invece molto onesto secondo il cuore di Dio: Lui, infatti, dà la stessa paga agli operai della prima come dell’ultima ora; Lui fa scendere la pioggia su buoni e cattivi; Lui fa primi gli ultimi e ultimi i primi. Il Signore ci chiama ad amministrare secondo il suo cuore, perdonando e restituendo a chi ci è accanto quello che gli spetta e che noi, avendolo sottratto a Dio, abbiamo rubato anche a loro.  
Certo, per il mondo giustiziere e perennemente indignato, si tratta di una condotta scandalosa. Sembra mafia, sembra quel lobbysmo clientelare lapidato ogni giorno sui media. Sembra… ma è puro amore, quello rivelato in Cristo Gesù, che “ha dato se stesso in riscatto per tutti”. Secondo la logica mondana potremmo dire che Gesù è un corrotto, venduto alle lobby di assassini, ladri, ingannatori e schiavi di sesso, potere e denaro. Possiamo dirglielo, perché è la pura verità. Sulla Croce Gesù ha pagato ogni spicciolo che abbiamo sottratto; e ci ha “comprato”, cancellando senza condizioni il nostro debito – tutto e non solo una parte – stornandolo dai conti del Padre.
Mentre abbandonavamo la famiglia per servire il lavoro e “mammona” ; mentre ci “affezionavamo” al prestigio e ai denari “disprezzando” Dio e la sua immagine riflessa nella moglie; mentre “amavamo” passionalmente idoli corrotti e “odiavamo” l’unico e vero Dio della Vita, Cristo pagava per noi il debito che si andava accumulando. Guardava il Padre e diceva: “Perdonali, perché non sanno quello che fanno”. Sì, Gesù ha fatto la cresta sugli “averi” del Padre per darci la “ricchezza vera”, quella “nostra”,  ovvero l’amore che ci appartiene e che, per l’inganno del demonio, avevamo dimenticato.
Con esso potremo restituire il debito contratto con il Padre; come? amando i fratelli e perdonando i loro debiti come  Dio li ha perdonati a ciascuno di noi… Per questo, quando per il mondo “verrà a mancare” la “ricchezza disonesta”, ci “accoglieranno nelle dimore eterne” proprio le persone per le quali avremo perduto tutto, anche le “cose più piccole” - un programma televisivo, la meta di una vacanza o, ancor più insignificante, quel pezzo di dolce rimasto e che avremmo proprio voluto…

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