L'ANNUNCIO |
"Maria allora, presa una
libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i
piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli"
Gesù a casa dei suoi amici
Questa settimana è Betania, la tua e la mia vita. Qui scende oggi Gesù. E, subito, la sua visita ci pone una domanda fondamentale e ineludibile; coinvolge i nostri
giorni, i pensieri e i sentimenti, le parole e le parole. Sfiora il
nostro intimo. Pensiamo forse che consegnare la vita a Gesù sia sprecarla?
Il tempo, le idee, la poesia, gli amori e le passioni, spesso tutto
sembra sprecato, il risultato non compensa mai lo sforzo. Come scriveva
Orazio, “Non domandarti – non è giusto saperlo – a me, a te quale sorte
abbian dato gli dèi, e non chiederlo agli astri, o Leuconoe; al meglio sopporta quel che sarà:
se molti inverni Giove ancor ti concede o ultimo questo che contro gli
scogli fiacca le onde del mare Tirreno. Sii saggia, mesci il vino –
breve è la vita – rinuncia a speranze lontane. Parliamo e fugge il tempo
geloso: cogli l’attimo, non pensare a domani”. Il libro del Qoelet risuona con queste parole: "Ho visto tutte le cose che si fanno sotto il sole ed ecco tutto è vanità e un inseguire il vento... Ho
considerato tutte le opere fatte dalle mie mani e tutta la fatica che
avevo durato a farle: ecco, tutto mi è apparso vanità e un inseguire il
vento: non c'è alcun vantaggio sotto il sole.... Non
c'è di meglio per l'uomo che mangiare e bere e godersela nelle sue
fatiche; ma mi sono accorto che anche questo viene dalle mani di Dio... Egli
concede a chi gli è gradito sapienza, scienza e gioia, mentre al
peccatore dà la pena di raccogliere e d'ammassare per colui che è
gradito a Dio. Ma anche questo è vanità e un inseguire il vento!"
(Qoelet). Perchè
siamo incatenati a questo pensiero che ci spegne la speranza
tramutandola in idolatria di noi stessi, delle nostre libertà, dei
nostri diritti, dei nostri progetti? Da dove ci viene questo sentimento
di frustrazione, questo dubbio quando tutto sembra eclissarsi, quando
anche la missione, il servizio reso a Dio sembra dissolversi nel
fallimento, quando non nell'incomprensione e nella persecuzione? Che cosa ci impedisce di vivere la vita come Maria? Sulla soglia di questa Settimana Santa, unica, diversa da tutte le altre, la Chiesa ci pone dinanzi una casa e tre figure. A Betania (casa dei poveri) la casa di Lazzaro (Dio aiuta), risuscitato dai morti; Maria (amata da Dio), che ha conosciuto e scelto la parte buona della vita; Giuda, intelligente e avaro, prigioniero di se stesso e dei suoi averi, materiali e intellettuali; e Gesù,
oggetto di discussioni, al centro di scelte decisive per la vita o per
la morte. Entriamo in un tempo speciale, la nostra vita può cambiare
davvero. Gesù scende a casa nostra, suoi amici, poveri Lazzaro
resuscitati dal suo amore infinito. Scende in modo particolare, cerca il
fondo del nostro cuore, vuole fare luce sui nostri desideri, sui lacci
che ci impediscono la gioia vera e piena. Gesù è nostro ospite per
liberarci, e non lo può fare se prima non ci illumina senza sconti su
quel che agita le nostre menti e i nostri cuori.
Giuda, il lievito vecchio
Per
fare Pasqua occorre innanzi tutto cercare il lievito vecchio e farlo
sparire. “Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio né con
lievito di malizia e di perversità , ma con azzimi di sincerità e di
verità” (1Cor 5,7-8). Nella Mishnà si legge: “Nella notte precedente il
giorno 14 (di Nissan), si fa la ricerca del Hametz alla luce di un
lumicino”. La parola hametz è usata per designare il pane fatto con il lievito (ossia, il pane che si mangia abitualmente), in opposizione a matzah, nome del pane non fermentato o pane azzimo. La proibizione di mangiare e conservare hametz durante Pesah è
un precetto che troviamo nella Torah: "Nel primo mese, il giorno 14 del
mese, alla sera, voi mangerete azzimi fino al 21 del mese, alla sera.
Per sette giorni non si troverà lievito nelle vostre case, perché
chiunque mangerà del lievito, sarà eliminato dalla comunità di Israele,
forestiero o nativo del paese’ [Esodo 12,18-19]". Perché si proibisce il
pane fermentato? Cos’è hametz? Nel sistema sacrificale del
tempio, l’immolazione degli animali era accompagnata, nella maggioranza
dei casi, da oblazioni o riti complementari. Dato che il lievito cambia
il carattere naturale dell’oblazione, o la profana, tutte le offerte
dovevano essere assolutamente pure; il fermentato (e la farina, se si
inumidisce può fermentare) era considerato impuro, poiché risultava
acido e hametz significa ‘acido’. Hametz e matzah sono
lavorati con la stessa farina e con la stessa acqua e sono anche cotti
nello stesso forno, ma esiste tra essi una minima differenza che li
separa: il riposo. Hametz deve riposare. Dicono i
cabalisti che, come la pasta si gonfia di aria e cresce e prende il
sapore acido del fermento, anche l’uomo si gonfia di vuota vanità e
adotta l’atteggiamento acido dello sciocco. Più appetitoso e gradevole
della matzah, hametz rappresenta l’istinto cattivo. Il
lievito stabilisce una continuità tra il pane di oggi e quello di ieri,
perché il lievito naturale è preso dalla pasta fermentata del giorno
precedente. Il pane azzimo invece segna un nuovo inizio! Per
questo Gesù desidera passare gli ultimi giorni della sua vita a casa dei
suoi amici, immagine della Chiesa: per fare luce e verità, e prepararli
a qualcosa di nuovo e sorprendente. Per prepararli alla Pasqua con la
luce della sua Parola, che penetra sino alle zone più profonde
dell’uomo, scovandone ache i più piccoli frammenti di hametz, il pane
che mangiamo abitualmente, il pane di Giuda. Comprendiamo allora che stiamo entrando in una settimana di liberazione,
nella quale davvero potremo passare dalla morte di una vita schiacciata
su noi stessi alla libertà di una vita donata e consegnata per amore. Vi è in ciascuno di noi lo spirito di Giuda;
la sua arroganza, la sua intelligenza legata indissolubilmente
all’avarizia, il suo credere di capire sempre tutto e di avere per tutto
la soluzione ideale. L’intelligenza che piega la sua mente, il suo
cuore e ogni sua azione su se stesso, in un’avarizia insaziabile che è,
come diceva San Paolo, pura idolatria. Siamo come Giuda, vuoto di vanità
e acido di sciocchezze, che se ne infischia di chiunque gli sia
accanto, pur ostendando un’apparente interesse filantropico per poveri e
bisognosi. Giuda che non sopporta lo spreco perchè lui "ha capito bene
per che cosa vale la pena vivere, e spendere i soldi". Ha capito che
l’unico che davvero importa è il proprio io e il proprio stomaco, e
tutto il resto è spreco: tempo sprecato, denaro sprecato, affetto
sprecato. E’ il nostro cuore avvelenato.
Maria, il profumo sparso e "sprecato" per Cristo
Ma oggi Gesù scende proprio lì, per guarirci, per liberarci, per donarci il cuore di Maria. E’ lei l’immagine della nostra vocazione, un profumo sparso per Cristo.
Molto di più, essere in ogni istante, lo stesso profumo di Cristo
sparso nella casa, la Chiesa, la nostra vita, perchè se ne possa gustare
la fragranza di gioia e di pace in tutto il mondo. Sprecare la vita per Cristo.
Sprecare il tempo, sprecare il denaro, sprecare ogni affetto, ogni
sguardo. Lui ha sprecato sino all’ultima goccia la sua vita per noi. E
non è stato spreco, è stato il guadagno più bello, la nostra salvezza.
In questo “spreco” possiamo gettare e sprecare la nostra vita, in Lui,
il nostro guadagno più bello. Nei paralleli sinottici Gesù loda il gesto di Maria e dice che ha fatto un’opera bella.
Ecco, la nostra vita ci è data per essere un’opera bella, la bellezza
che Dio aveva visto nella creazione, riflesso del suo volto e del suo
cuore. La nostra vita allora è un riflesso della bellezza che salverà il
mondo, il volto di Gesù. Un volto sprecato,
senza apparenza né bellezza umana per attirare gli sguardi, sozzo dei
nostri delitti, consegnato alla peggiore delle morti. Il volto più bello
del più bello tra i figli dell’uomo, profumo crocifisso di un amore che
vince la morte. Ecco la bellezza che oggi ci raggiunge, ci cerca, ci
ama. In essa, in questa bellezza sprecata per amore, possiamo sprecare la nostra vita.
In essa vi è la libertà che ci strappa al lievito vecchio di Giuda,
ipocrita, idolatra e destinato alla morte e alla corruzione. Il lievito
del mondo che ci impedisce di essere felici, di amare. L'opera bella di Maria è stata un'opera profetica, compiuta "in vista della sepoltura di Gesù". Maria ha compreso laddove i discepoli non riuscivano a comprendere; Maria ha accettato ciò che i discepoli avevano respinto: la morte crocifissa del loro Maestro.
Maria credeva, come davanti alla morte di suo fratello, e per questo ha
onorato quel corpo che avrebbe dato vita eterna ad ogni carne. L'opera
bella è dunque un'opera che accoglie ed entra con Cristo nell'assurdo
della Croce, che rende onore alla sofferenza rinvenendovi i bagliori
dell'alba di risurrezione. Maria non spreca, ama. E amare
non è altro che ungere con quanto si ha di più prezioso, con la propria
vita la vita di Cristo, il suo corpo in ogni corpo, la sua sofferenza in
ogni sofferenza. L'opera bella è condividere sino in fondo il dolore di
Cristo, il dolore di ogni uomo. L'opera bella è l'amore che com-patisce,
che fa sua la passione di Cristo incarnata nella passione di ogni uomo.
Maria unge, riveste di onore, il Profeta, il Re, il Sacerdote, il
Messia sofferente e morente. Non vi è sacerdozio, non vi è regno, non vi è profezia se non sono segnate dalle stigmate della Croce. E' la storia della Chiesa, di ciascuno di noi, e non può essere diversamente. Occorre che il vaso dell'unguento si rompa
perchè il profumo si spanda e riempia la casa. Occorre la lancia che ha
trafitto il costato di Cristo, la spada che ha trapassato l'anima della
Vergine Maria. Lo spreco apparente della nostra vita che, come una
lama, ci spezza il cuore, costituisce invece il culmine della nostra
vita, il momento più fecondo, laddove splende l'opera bella e si spande
la fragranza dei doni ricevuti da Dio: l'amore crocifisso, la
compassione incarnata sino a sperimentare lo stesso dolore di Cristo,
quello di ogni uomo, anche del nemico. Il nardo
infatti è un'essenza che si origina ad altissime quote. E' dal Cielo
che Maria e ciascuno di noi ha ricevuto il dono dello Spirito Santo nel
Battesimo. Il nardo è immagine delle grazie delle quali Dio ci ricolma
perchè in noi si dia la vita nuova, la Vita celeste dalla quale si
spande il profumo delle opere che mostrano la vittoria sulla morte di
Cristo: "Siano
rese grazie a Dio che sempre ci fa trionfare in Cristo e che per mezzo
nostro spande dappertutto il profumo della sua conoscenza. Noi siamo
infatti davanti a Dio il profumo di Cristo" (2 Cor 2, 14-15). E il
Vangelo ci dice che si trattava di "vero nardo", autentico, non adulterato, "pistikis" - "degno di fede", secondo il significato dell'originale greco che deriva da "pistis" - "fede". Il
vero nardo è dunque il segno dello Spirito autentico, che ispira opere
di fede degne di fede; il nardo con cui Maria unge i piedi di Gesù è il
profumo autentico della sua vita fedele alla vocazione ricevuta, la
fragranza della fede che si incarna in opere belle che vincono l'olezzo
della corruzione e della morte. Quel nardo, la vita nuova irrorata
di Spirito Santo che compie le opere belle della fede, è un segno che
mostra l'amore di Dio che dalle altezze è disceso tra gli uomini,
profumo squisito del Cielo che ha preso dimora sulla terra. Il
Targum del Cantico dei Cantici mette in relazione il nardo con il
Paradiso: "I tuoi giovani sono pieni di opere buone... I loro odori sono
come quelli dei begli alberi del giardino dell'Eden, come il cipresso
ed il nardo... ". La Letteratura ebraica extra biblica ha ravvisato
nella Torah il profumo della vita e dell'immortalità. Il Primo Libro di
Enoc ha descritto l'albero della vita come un albero profumato che emana
fragranza più fragrante di ogni altra. La Legge e i suoi precetti sono,
per la tradizione rabbinica, come un profumo dall'aroma inconfondibile
che salgono davanti a Dio. Lo studio della Torah che sostituisce i
sacrifici è anch'esso paragonato ad un profumo gradito a Dio. In questo
orizzonte si comprende il gesto di Maria: ella riconosce dinanzi a sé il Messia, il nuovo tempio, Dio stesso. A
Lui tributa l'autentico e fedele sacrifico, lo studio che compie la
Torah della vita, l'amore profumato della sposa adornata delle opere
sante del Paradiso, segno dell'intima comunione che l'ha trasformata
nello Sposo stesso. E' l'amore il cuore di questa pagina del
Vangelo, l'amore della sposa che, nella notte del dolore, dello
sconforto, del fallimento, nella notte della Croce si consegna all'Amato
consegnatosi a lei: "O notte che guidasti, O notte grata più dell’alba chiara; O notte che legasti Amato con amata,Amata nell’amato trasformata!" (San Giovanni della Croce, La notte oscura).
Fratelli di Cristo consegnati a Lui
Lasciamo allora che Gesù entri oggi nella nostra casa,
la famiglia, la storia, la vita che ci è donata. Lasciamo che ci attiri
a sé, ci liberi da noi stessi, perchè possiamo sprecare, donare tutto
di noi, le cose più preziose, i nostri segreti, le nostre intimità, i
nostri desideri, i nostri dolori, le nostre ansie, i nostri sogni, le
nostre speranze, ogni goccia dei nostri giorni, ogni sguardo, pensiero,
palpito del cuore, tutto di noi a Cristo che ha dato tutto se stesso per
noi: "Ora,
nell’offerta del Figlio, si rivela, come già nell’unzione di Betània,
una smisuratezza che ci ricorda l’amore generoso di Dio, la
“sovrabbondanza” del suo amore. Dio fa generosamente offerta di se
stesso. Se la misura di Dio è la sovrabbondanza, anche per noi niente
dovrebbe essere troppo per Dio" (J. Ratzinger, Via Crucis 2005). Fratelli di Cristo che, come scriveva il beato
John Henry Newman, possano “diffondere ovunque il profumo di Cristo,
affinché tutta la loro vita sia soltanto un’irradiazione della sua” (J.
H. Newman, Irradiare Cristo). Ai piedi del Signore,
nell'intimità di una vita completamente consegnata al suo amore,
possiamo dare quanto di meglio vi è in noi, la Grazia dello Spirito
santo ricevuta nel Battesimo di cui l'olio ne è segno. Maria è
discesa nel fonte battesimale, è lì, ai piedi di Cristo - il luogo della
Verità - scoprire chi siamo nel contemplare quei piedi che sono discesi
sino all'intimo delle nostre povertà. Ai suoi piedi, come un profumo
soave e molto costoso, lo Spirito santo diffonde i suoi doni abbondanti:
gioia, pace, zelo, dominio di sè, pazienza, i segni di una vita bella,
buona, giusta. "Un
po’ come è la “forma” per l’atleta e l’ispirazione per il poeta: uno
stato in cui si riesce a dare il meglio di sé" (P. Cantalamessa, Ministri della nuova alleanza dello Spirito, II Predica di Avvento, 11 dicembre 2009). Maria,
come ciascuno di noi, in ginocchio ai piedi di Gesù, diviene la Sposa
più felice di questo mondo. A Lui dare il meglio di sè stessi, per
amore, per puro amore. A sei giorni dal compimento dell'amore più
grande, il vangelo di oggi, come un'overture, ci prepara al compimento
della sinfonia. Come recita il Cantico dei Cantici, "Mentre il re è nel suo recinto, il mio nardo spande il suo profumo" (Ct. 1,12). Il famoso Rabbi Juda ben Ilai, verso il 150, dava la seguente esegesi del versetto citato: "Mentre
il Re dei re, il Santo - benedetto egli sia ! - sedeva alla sua mensa
nel firmamento, Israele emise la sua fragranza davanti al monte Sinai e
disse: Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo e lo ascolteremo (Es
24,3.7)" (Cantica Rabah 1,12.1). L'amore
della sposa che si fa obbedienza, ascolto umile che assorbe il potere
della Parola di Gesù, sino a vederla compiersi in lei. E’
il Cielo, è la gioia, è la pasqua. E’ l’amore nel quale e per il quale
siamo nati. Altro che spreco, è il guadagno più grande, più bello, che
nessuno potrà mai toglierci, l’amore infinito di Dio in Cristo Gesù.
Esso riempie la casa del suo profumo, la colma, secondo l'originale greco: solo l'amore dà pieno compimento alla casa, alla nostra vita, alla famiglia, alla Chiesa: "Per la fragranza sono inebrianti i tuoi profumi, profumo olezzante è il tuo nome, per questo le giovinette ti amano" (Ct. 1,2). L'amore della sua famiglia prepara l'Agnello ad immolarsi. Da oggi Gesù è a Betania, nella nostra vita, perché sia curato e protetto come gli agnelli che dovevano venire sacrificati a Pasqua. Prendiamoci momenti per amarlo! Elemosine, digiuni che nessuno vede come baci segreti allo Sposo, preghiamo facendo di ogni giorno il santuario dell'intimità con Lui; mentre comprimao le mele, o facciamo la doccia, o la fila alla Posta, o dal dentista, lavando i piatti o guidando, nel cuore ripetiamo ti amo e tu abbi pietà di me; prendiamo il rosario e andiamo a Lui con Maria; scrutiamo la Scrittura, chiudiamoci in camera un momento, o anche nel bagno dell'ufficio, e piangiamo, ungiamo i suoi piedi; passiamo davanti al Santissimo e diciamogli che lo amiamo; facciamo una gentilezza a chi non sopportiamo, una parola quando vorremmo star zitti, non lasciamo neanche un'occasione per amare Gesù. Così ci prepareremo con Lui ad entare nella Pasqua come alle nozze dell'Agnello, puro profumo d'amore per salvare ogn uomo.
APPROFONDIMENTI
Benedetto XVI. Sull'unzione di Betania
H. u. Von Balthasar. Maria nel nardo dà il tutto che possiede, ovvero se stessa
Ratzinger - Benedetto XVI. Omelia in suffragio del Papa Giovanni Paolo II, Lunedì Santo 2007
Commento di di mons. Javier Echevarría al Vangelo del Lunedì Santo
Commento al Vangelo del Lunedì Santo.
S. Agostino. L''unzione di Betania.
San Cromazio di Aquileia. « Tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento ». Commento al Vangelo del Lunedì Santo
Ratzinger - Benedetto XVI. Omelia in suffragio del Papa Giovanni Paolo II, Lunedì Santo 2007
Commento di di mons. Javier Echevarría al Vangelo del Lunedì Santo
Commento al Vangelo del Lunedì Santo.
S. Agostino. L''unzione di Betania.
San Cromazio di Aquileia. « Tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento ». Commento al Vangelo del Lunedì Santo
αποφθεγμα Apoftegma
Gesù, aiutaci a diffondere il tuo profumo ovunque noi andiamo;
inondaci del tuo spirito e della tua vita;
prendi possesso del nostro essere così pienamente,
che tutta la nostra vita sia soltanto un' irradiazione della tua;
risplendi in noi e attraverso di noi;
che chiunque ci avvicini senta in noi la tua presenza;
chi viene a noi cerchi Te e veda soltanto Te;
resta con noi, così cominceremo a risplendere come risplendi Tu,
così da essere luce per gli altri;
la luce, Gesù, verrà tutta da Te, e nulla di essa sarà nostra proprietà;
sarai Tu ad illuminare attraverso di noi;
fa che noi Ti lodiamo nel modo che piace a Te,
effondendo la Tua luce su quanti ci stanno attorno;
che noi predichiamo di te, senza predicare,
ma con il nostro esempio, con la forza che trascina,
con il suadente influsso del nostro operare,
con l'evidente pienezza dell'amore di cui il nostro cuore trabocca.
Amen.
John Henry Newman
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