Martedì della III settimana del Tempo di Pasqua





L'ANNUNCIO
Allora gli dissero: «Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete. (Dal Vangelo secondo Giovanni 6, 30-35)



"Non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero"




Dio ci ama, ci dona ogni giorno il suo Figlio, ma siamo profondamente increduli perché non sopportiamo la precarietà di ciò che sfugge al rigido incasellamento della realtà che abbiamo prodotto. Per credere dobbiamo vedere, ma siamo ciechi; non affermiamo la realtà che ci è di fronte, le persone e gli eventi, ma li inglobiamo nei nostri pregiudizi, falsandone i contenuti autentici, in favore di ciò che vogliamo vedere. Ed è perché manca l'amore, che ci disporrebbe a lasciar perdere i nostri criteri per farci interpellare e mettere in gioco da chi e cosa ci è dinanzi; l'amore, infatti, è l'unico che ci può far uscire da noi stessi, disposti a perdere qualcosa, o molto, o tutto di noi stessi, perché sia affermato l'altro, secondo un pensiero caro a don Giussani. Ami tua moglie? E' facile scoprirlo, basta scrutare il tuo modo di porti di fronte a lei. O a tuo marito, o tuo figlio, o il tuo fratello, chiunque egli sia. Ti fai domande, le poni? Perché un matrimonio, come ogni altra relazione, si nutre di domande sempre nuove  che sorgono da un cuore che è costantemente alla ricerca della verità. L'altro, infatti, è come la manna che Dio ha donato al suo popolo: "Al mattino ci fu uno strato di rugiada intorno all'accampamento. Lo strato di rugiada se ne andò, ed ecco sulla superficie del deserto qualcosa di fine, granuloso, minuto come la brina sulla terra. I figli d'Israele videro e si dissero l'un l'altro: «Cos'è quello?», perché non sapevano che cosa era" (Es. 16,4 ss). I rimproveri che oggi tua moglie ti farà, l'atteggiamento urticante di tuo figlio, i gesti e le parole che ti attendono sono come uno strato di rugiada che ogni giorno Dio depone dinanzi a te. Quando essa evapora appare qualcosa che in essa era celato, come la brina sulla terra, e non sai che cosa sia. Chi ama sa porsi le domande, e cerca di "vedere" oltre le apparenze senza restarsene rinchiuso nei propri schemi. Chi ama non si muove mai in automatico, si chiede sempre "Cos'è quello ?" Perché mi parlano così? Perché si comportano in questo modo? Invece siamo come i giudei che chiedono a Gesù di mostrare, secondo i loro criteri, se Lui è davvero il Messia: "Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi?". Se Gesù era il nuovo Mosè doveva dimostrarlo compiendo la sua stessa opera, come troviamo scritto nella Mekhilta: "nel mondo futuro il profeta Elia riprenderà il flacone di manna fresca nascosto all'epoca della distruzione del Tempio e lo restituirà all'assemblea di Israele". Ma così dimostrano di equivocarsi: "non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero". Volgendo il verbo dal passato al presente, Gesù annuncia che l'azione di Dio non è ferma a un momento di cui si attende la ripetizione. Mosè era un segno per il Popolo, indicava Dio stesso, perché essi non fissassero l'attenzione sulle opere degli uomini, fossero anche quelle dei profeti, ma sull'Opera di DioI giudei non avevano compreso che il "segno" che chiedevano era già di fronte a loro! Era quell'uomo che pretendevano di conoscere, avendo smesso di porsi la domanda fondamentale: "Chi è costui?". Lui era l' "opera" del Padre, Lui era la manna deposta sulla terra, Dio stesso fatto carne da mangiare. Ma era rivestito di rugiada, la sua famiglia, i suoi amici, il suo lavoro; le sue parole e i suoi gesti erano come brina la mattino, per accoglierlo e saziarsene occorreva uscire e chiedersi chi fosse. Per nutririsi del "pane di Dio", ovvero di "colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo", occorreva lasciarsi sorpendere da Dio e rinnegare se stessi. Occorreva l'umiltà di chi, nel deserto, ha fame ma non ha nulla da mangiare, e ha imparato che proprio lì si vive della Parola che esce dalla bocca di Dio. Non possiamo dimenticare che la manna è stata la risposta misericordiosa di Dio alla mormorazione del popolo. Pur di mangiare, gli israeliti avrebbero preferito tornare nell'angoscia dell'Egitto: "Fossimo morti per mano del Signore nel paese d'Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatti uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine" (Es. 16,3). Meglio morire sazi di agli e cipolle conosciuti, che avventurarsi nel deserto sconosciuto dietro a quel pazzo di Mosè. E' l'immagine di chi non può seguire la volontà di Dio che lo conduce per cammini sconosciuti, quelli dell'amore all'altro così com'è. Siamo noi, che preferiamo morire nel rancore e nel giudizio piuttosto che convertirci e rinnegare noi stessi. Per questo, svegliandoci ogni giorno nel deserto con una fame da morire - perché non abbiamo l'amore con cui accogliere e perdonare chi ci è accanto - mormoriamo e ci adiriamo, preferendo restare schiavi dei nostri pregiudizi. La manna, quindi, era la pedagogia di Dio che spingeva il popolo a uscire fuori dall'accampamento per imparare a chiedersi che cosa fosse quel cibo; era l'alimento dell'uomo libero, da se stesso e dal faraone, il demonio che obbliga tutti a ripetere gli stessi peccati figli della superbia. La manna guariva la mormorazione come una rugiada di misericordia, l'unica capace di attirare l'uomo nella libertà dell'amore. Per questo il Signore viene anche oggi per destarci alle domande che abbiamo smesso di porci. Il "segno" che cerchiamo con la nostra ragione macchiata dall'inganno del demonio è già dinanzi a noi! E' Cristo risuscitato che "discende dal Cielo" come la rugiada del mattino di Pasqua; è Lui la manna che non conosciamo, il Messia che si fa carne in chi ci è accanto, negli eventi che ci attendono. In Lui, infatti, tutti si rivestono di risurrezione, e divengono così il dono che Dio depone sulla soglia del nostro cuore per offrirci la stessa occasione di accogliere la misericordia che fu offerta al popolo; per accompagnarci a uscire da noi stessi e porci la domanda a cui poter rispondere: la storia e chi mi è accanto oggi sono il "pane disceso dal Cielo" per me. E così imparare ad amare e gustare ogni giorno la prelibatezza della mensa preparata dal Padre. In ogni parola e gesto degli altri vi sono il profumo e il sapore di Cristo, adeguati al gusto di ciascuno, come dice il Libro della Sapienza a proposito della manna. Ogni giorno l'alimento giusto e adatto che ci nutre e ci fa crescere a immagine e somiglianza di Dio. Per questo, insieme ai giudei, siamo chiamati a pregare implorando che il Signore ci dia "sempre questo pane", l'unico che ci sazia perché realizza in noi la volontà d'amore nella quale siamo stati creati. "Sempre", perché "la fede non ha permanenza di per se stessa. Non la si può mai semplicemente presupporre come una cosa già in se conclusa. Deve continuamente essere rivissuta. E poiché è un atto che abbraccia tutte le dimensioni della nostra esistenza, deve anche essere sempre ripensata e sempre di nuovo testimoniata" (da La fede della Chiesa di Roma, dell’allora cardinal Joseph Ratzinger, durante il Sinodo Romano, il 18 gennaio 1993). Solo la fede che cresce e si rinnova in un continuo andare a Cristo ci fa capaci di accogliere quello che realmente il nostro cuore desidera. "Sempre", perché ogni giorno è diverso, ogni istante la persona che ci è vicino cambia, e occorre uscire da se stessi per amarla ed entrare nella storia; uscire da se stessi per andare a Cristo, "il pane della vita", perché solo "chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete"; chi lo accoglie si nutrirà del suo amore e in Lui amerà, e non avrà più fame dell'affetto dell'altro e sete di prestigio, denaro e potere. Infatti, "chi non prende la sua croce, la sua manna ogni giorno, non può essere mio discepolo", cioè non può seguire Cristo nella Pasqua che fa passare dalla morte, il peccato mio e dell'altro, alla vita, il perdono e l'amore che è il Cielo sulla terra. Questo è l'Eucaristia, il "cibo dei forti", ovvero dei sapienti che ruminano e studiano la Torah scritta e orale, di coloro che "credono" perché ascoltano la Parola proclamata e predicata, e "vanno" verso di essa che si fa "carne" nella storia e nel prossimo: "Il nostro atto di santità più grande è proprio nella carne del fratello e nella carne di Gesù Cristo. L’atto di santità di oggi, nostro, qui, nell’altare, è non vergognarci della carne di Cristo che viene oggi qui! È il mistero del Corpo e del Sangue di Cristo. È andare a dividere il pane con quelli che non possono darci niente in contraccambio: quello è non vergognarsi della carne!" (Papa Francesco). Siamo chiamati a uscire dall'accampamento, sorgendo dalla tenda dove a Shabbat - il giorno del riposo - ci siamo nutriti della sovrabbondanza. Ecco il segno che Gesù aveva mostrato: la moltiplicazione dei pani era il segno della manna che il popolo raccoglieva in razione doppia il giorno di venerdì, quello che introduce nello shabbat, il giorno dove si sta "seduti" e non si fa nulla, nel quale l'unica opera consentita è la "fede", ovvero accogliere l'amore nel giorno che unisce il Cielo alla terra, nella Pasqua che ci sazia della vita che non muore. Era il segno di Lui, Pane del Cielo che ci sazia e ci trasforma in pane. E da questo miracolo, dalla tenda, dalla comunità, continuare ogni giorno a "uscire" verso Cristo, verso i fratelli, sino al giorno in cui entreremo nella Terra Promessa, nel Cielo, dove cesserà anche la manna, e Gesù sarà tutto in tutti. 



APPROFONDIMENTI




αποφθεγμα Apoftegma


Rabban Shimon ben Gamliel diceva: 
Vieni e guarda come sono cari i figli di Israele al Santo Benedetto Egli Sia, 
tanto che ha cambiato per loro l’Opera della Creazione: 
ha fatto diventare per loro 
i superiori inferiori e 
gli inferiori superiori’. 
In passato il pane saliva dalla terra e la rugiada scendeva dal cielo, 
ed ora è sceso il pane dal cielo e la rugiada è salita dalla terra!’ 

Midrash Tanchumà 





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