Caro Cardo Salutis (Tertulliano, De resurrectione
mortuorum VIII, 6-7): La carne è cardine della salvezza. Le parole pregate da
Gesù che compaiono nel frammento odierno della grande preghiera
sacerdotale ci svelano un segreto decisivo: la vetta della
contemplazione mistica coincide con la più semplice quotidianità.
"Essi sono ancora nel mondo": il mistero di Dio si svela nella nostra
storia. Il mondo nel quale siamo posti è il luogo dove sperimentare la pienezza
della gioia di Cristo. "Noi non siamo angeli, ma abbiamo un corpo. Volerla
fare da angeli, mentre siamo sulla terra, è una vera pazzia…» (Santa
Teresa d'Avila, Vita 22,10): non apparteniamo al mondo, ma siamo nel
mondo. E non si tratta di una sventura, anche se spesso crediamo che lo sia. In
noi, come nella Chiesa, si fanno guerra due concezioni del cristianesimo,
entrambe eretiche: o terra o Cielo, o mondo o Dio, o carne o Spirito. E'
l'astuzia più subdola e perversa del demonio, dove cela il peccato che negenera ogni
altro, la superbia. Per questo Gesù non prega il Padre di togliere dal
mondo i suoi discepoli, ma di custodirli dal maligno. Gesù prega perché
i suoi discepoli trovino il loro posto nel mondo. E non è questo il
problema principale nel quale ci imbattiamo e al quale non sappiamo
dare risposta? Qual'è la volontà di Dio per la mia vita? Qual'è la mia
vocazione? E ora, in questa situazione concreta, cosa debbo fare? Il diavolo vuole gettare di
traverso la nostra vita, dividerla, secondo l'etimologia del suo nome
(dal latino diabŏlus, traduzione del termine greco, diábolos,
"calunniatore", "accusatore"; derivato dal greco diabàllo,
dia "a traverso" e bàllo "getto, metto", getto di
traverso). Il maligno vuole mettere sottosopra la nostra esistenza, confondere
le acque, dividerci interiormente dividendoci da Dio e dagli altri.
Per questo la preghiera di Gesù implora al Padre l'unità per i suoi discepoli, che è la
pienezza della sua stessa gioia: "perché siano una cosa sola, come
noi". Siamo stati creati a immagine di Dio, che è comunione d'amore,
unità perfetta. Il compimento della nostra vita, l'identità che ci costituisce,
è la stessa unità che vi è in Dio. Il male è il contrario dell'unità, è
divisione, frammentazione, dissipazione. Stiamo male quando la nostra vita ha
perduto l'unità, il senso fondamentale che la costituisce. Non comprendiamo più
nostra moglie, gli eventi ci appaiono pezzi di un puzzle che non
riusciamo a riordinare. E vorremmo scappare, e prendiamo in odio la carne, la
storia, il mondo; oppure, al contrario, ci gettiamo a capofitto in esso
tentando di cambiarlo, di piegarlo ai nostri desideri e ai nostri criteri,
illudendoci di avere il potere di rimettere ordine, il nostro ordine. Ma il
problema non è nel mondo, nella carne, negli eventi della storia, negli altri.
Certo, tutto ciò che ci circonda può condizionarci, ma non in maniera decisiva.
Il problema è dentro di noi, dove si è insinuata la divisione primordiale,
quella che ci ha separato da Dio: ci siamo nascosti, sfuggendo la verità, e la
nostra vita è andata in frantumi. Sulla Croce Gesù ha attirato tutti a sé, ha come
catalizzato ogni scheggia impazzita dell'esistenza di ciascun uomo e,
attraverso il suo passaggio nella morte, ha distrutto l'opera del mentitore e
del divisore; la sera di Pasqua apparendo ai discepoli consegna loro la Pace,
il segno dell'ordine e dell'unità ristabilita. La Pace che scaturisce dalla
Verità rivelata in quell'istante: Gesù di Nazaret è Dio, è il Signore.
In Lui l'uomo è stato riconciliato con Dio, la carne è stata redenta definitivamente.
Egli ha oltrepassato la barriera della morte, il muro di divisione che sino ad
allora aveva impedito l'autentica comunione tra l'uomo e Dio, tra l'uomo e se
stesso, e tra l'uomo e l'altro uomo. Gesù si è incuneato attraverso la morte,
l'ha vinta, è entrato nel Cielo con la nostra stessa carne, ci ha introdotti
nell'intimità con il Padre, ha posto ciascuno di noi nella comunione e
nell'unità divina: "Tremunt videntes Angeli Versam vicem mortalium: Peccat
caro, mundat caro, Regnat Deus Dei caro. Gli Angeli tremano, mentre vedono la
rovesciata sorte dei mortali: pecca la carne, la Carne apporta la
purificazione, la "carne di Dio" regna come Dio" (Inno Aeterne
Rex altissime del Breviarium Romanum proprio dell’Ascensione). Gesù ha
assunto la carne che pecca, ne ha fatto uno strumento per purificare il genere
umano e la ha associata al suo trionfo, al punto di fare di essa, di questa
nostra carne, la carne di Dio! E quando è
apparso vivo come primizia di ogni carne, ha consegnato ai suoi discepoli le
chiavi di quell'intimità. In Lui, nel suo Spirito vivificante, ogni suo
discepolo può ritrovare il Paradiso, l'innocenza perduta, l'unità profonda
nella quale è stato creato: “In ognuno c’è qualcosa di prezioso che non c’è in
nessun altro. Ma ciò che è prezioso dentro di sé, l’uomo può scoprirlo
solo se coglie veramente il proprio sentimento più profondo, il proprio
desiderio fondamentale, ciò che muove l’aspetto più intimo del proprio essere”
(M. Buber, Il cammino dell’uomo). Ogni cosa della nostra vita è
come assorbita dal nucleo d'amore di Dio, attirata e legata dalla forza di
gravità che scaturisce dal cuore di Dio che ci svela il nostro sentimento più
profondo. Matrimonio, famiglia, lavoro, studio, amicizie, svaghi, sino alle
cose più piccole e routinarie, tutto è innestato come i raggi della ruota di
una bicicletta sul suo mozzo centrale. Quando, a causa del terreno accidentato,
il cerchio della ruota si deforma, occorre provvedere alla centratura.
Quando questa è ben fatta i benefici si sentono nella frenata, si evitano certe
cadute sul bagnato, e si hanno effetti positivi sulla comodità della
bicicletta, risolvendo i problemi dei continui sbalzi provocati da una ruota
difettosa. Cristo ha provveduto alla centratura della nostra vita,
raddrizzando e ricentrando i raggi della nostra storia. Centrando in Lui ogni
aspetto della nostra vita possiamo frenare di fronte alle tentazioni, evitare
di cadere sul terreno viscido degli inganni, viaggiare comodi, in letizia e
pace, sulle strade che ci attendono. "La manifestazione di Dio nella
carne è l’avvenimento che ha rivelato la Verità nella storia... Solo perché
veramente il Figlio, e in Lui Dio stesso, “è disceso” e “si è fatto carne”,
morte e risurrezione di Gesù sono eventi che risultano a noi contemporanei e ci
riguardano, ci strappano dalla morte e ci aprono ad un futuro in cui questa
“carne”, l’esistenza terrena e transitoria, entrerà nell’eternità di
Dio.Lasciamoci trasformare totalmente da Colui che è entrato nella nostra
carne... Tale mistero è il compimento della vocazione dell’uomo."
(Benedetto XVI), La preghiera di Gesù ci annuncia questa notizia
sconvolgente: qui ed ora possiamo essere felici cominciando a
pregustare le delizie del Cielo. Qui, in questo mondo, in questa storia
concreta, in quest'ora che ci accoglie, possiamo sperimentare la gioia di
Cristo, la letizia infinita della sua comunione con il Padre. Non si tratta di
brevi spazi riservati alla preghiera. Anche nell'esperienza dei santi più
grandi le consolazioni di questo tipo sono state rarissime e brevissime. La
mistica più autentica, la contemplazione dei misteri (dal greco mystikòs
= misterioso) si realizza nella storia, negli eventi apparentemente più
banali. E' nella carne che incontriamo Cristo; è nella vita di ogni giorno che
egli ci custodisce nella sua intimità, perché ogni istante della nostra
esistenza è un tesoro prezioso che Egli difende nello scrigno del suo amore:
“La nostra autentica missione in questo mondo in cui siamo stati posti non può
essere in alcun caso quella di voltare le spalle alle cose e agli esseri che
incontriamo e che attirano il nostro cuore; al contrario, è proprio quella di
entrare in contatto, attraverso la santificazione del legame che ci unisce a
loro, con ciò che in essi si manifesta come bellezza, sensazione di benessere,
godimento. Il chassidismo insegna che la gioia che si prova a contatto con il
mondo conduce, se la santifichiamo con tutto il nostro essere, alla gioia in
Dio... L’uomo deve allontanarsi dalla natura solo per ritornarvi rinnovato e
per trovare, nel contatto santificato con essa, il cammino verso Dio.” (M.
Buber, Il cammino dell’uomo). Per questo non possiamo disprezzare
nulla di noi, della storia che viviamo. Alla fine della sua vita, il curato di
campagna del celebre romanzo di Bernanos, scrive sul suo diario: "Non
importa! E' finita. Quella specie di diffidenza che avevo di me, della mia
persona si è dissipata, credo, per sempre. Questa lotta è giunta al suo
termine. Non la capisco più. Sono riconciliato con me stesso, con questa povera
spoglia. Odiarsi è più facile di quanto si creda. La grazia consiste nel
dimenticarsi. Ma se in noi fosse morto ogni orgoglio, la grazia delle grazie
sarebbe di amare umilmente noi stessi, allo stesso modo di qualunque altro
membro sofferente di Gesù Cristo" (G, Bernanos, Diario di un
curato di campagna). Morendo, questo giovane prete che ha vissuto dentro di
sé le tensioni e le contraddizioni della propria natura, ha sussurrato:
"Che importa? Tutto è grazia". Gesù prega il Padre
perché in ciascuno di noi si dissipi la diffidenza di noi stessi, del mondo,
della carne. Gesù prega per i suoi che rimangono nel mondo, e non li vuole
strappare dalla realtà, dalle contraddizioni: essi sono inviati nel mondo come
è stato inviato Lui, povero, debole, inerme. "Lasciate che la carne faccia
il suo ufficio. Rammentatevi quello che disse Gesù nella preghiera dell'orto:
La mia carne è inferma e ricordatevi quel suo sorprendente e doloroso sudore.
Se, come lui stesso dice, era pure inferma la sua carne divina che non aveva
peccati, come vorremmo che la nostra sia tanto forte da non sentir paura per le
persecuzioni e i travagli che la minacciano? Non preoccupiamoci delle nostre
paure né perdiamoci di animo per la nostra debolezza" (Santa Teresa
D'Avila, Pensieri sull'amore di Dio, 3, 9 ss). Gesù prega perché,
nella storia che ci è data, impariamo ad amare umilmente noi stessi, dimora
della sua presenza, sperimentando giorno dopo giorno il potere del suo
amore; Gesù è ormai in Cielo, ma è anche qui, nella carne reale dei
suoi discepoli, per compiere la sua missione. L'amore che rompe ogni
barriera, l'amore tra di loro che si traduce in un'unità a prova di bomba
atomica, l'amore agli altri come a se stessi, questo amore è la Verità che può
liberare il mondo, salvarlo dall'inganno e dalla dissipazione: "Tutto ciò
che il Santo, Benedetto Egli sia, ha creato nel mondo, creò nell’uomo” (Abot
de Rabbi Natan, 31). Quando nell'uomo si compie l'unità originaria,
anche il mondo ritrova la stessa unità. E' in fondo questa la missione
della Chiesa, degli apostoli, di ciascuno di noi: provvedere, in Cristo, alla
centratura del mondo. Attraverso le nostre vite riconciliate, consacrate nella
verità, sospingere il mondo nella stessa unità, accompagnarlo in Cielo. Infatti
"l’altro è lo scopo stesso della creazione dell’adam, dell’uomo:
“Il Creatore ha creato il primo essere
umano
Adam
a Sua immagine, quindi capace di
esprimersi
Amar
perché aiuti sé e gli altri a scoprire
la Verità
Emet
che trasforma ogni distruttiva
inimicizia
Eiva
in creativo amore
Ahavah
Cinque in fila, e al numero 5 corrisponde e sempre corrisponderà la gematrijah di chajim, vita” (G. Limentani, Il Midrash. Come i Maestri ebrei leggevano e vivevano la Bibbia). Ristabiliti nel centro possiamo amare: il posto che Dio ci ha donato nel mondo è l'amore, l'unica Verità, Cristo stesso. Per questo siamo nel mondo ma non gli apparteniamo, perché siamo di Cristo, consacrati nella sua Verità per testimoniarla al mondo: "Consacrali nella verità. Io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati in verità. I discepoli devono essere coinvolti nella consacrazione di Gesù; anche in loro deve compiersi questo passaggio di proprietà, questo trasferimento nella sfera di Dio e con ciò realizzarsi il loro invio nel mondo... il loro passaggio nella proprietà di Dio, la loro consacrazione è legata alla consacrazione di Gesù Cristo, è partecipazione al suo essere consacrato... Secondo il Libro dell'Esodo la consacrazione sacerdotale dei figli di Aronne si compie mediante la vestizione con gli indumenti sacri e mediante l'unzione; nel rituale del giorno dell'Espiazione si parla anche di un bagno completo primo di indossare le vesti sacre. I discepoli di Gesù vengono santificati, consacrati «nella verità». La verità è il lavacro che li purifica, la verità è la veste e l'unzione di cui hanno bisogno. Questa «verità» purificatrice e santificatrice, in ultima analisi, è Cristo stesso. In Lui devono essere immersi, di Lui devono essere come «rivestiti», e così sono resi partecipi della sua consacrazione, del suo incarico sacerdotale, del suo sacrificio" (Benedetto XVI).
L'ANNUNCIO |
«Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.
Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità». (Dal Vangelo secondo Giovanni 17, 11-19)
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