Gesù e Barabba davanti a Pilato. Evangeliario di Rossano
L'ANNUNCIO |
(Dal Vangelo secondo Matteo 13, 35-43)
In questo brano del Vangelo Gesù in
persona commenta la sua parabola: con semplicità e chiarezza, senza giri di
parole. Non annacqua, non trucca, non cede ai compromessi. Per i suoi discepoli
la Parola delle parabole diviene chiara come un alba, non è possibile
sbagliare: la Parola non è come quei disegni appena abbozzati che si trovano
nei settimanali enigmistici, il cui esito definitivo è lasciato all'abilità dei
lettori. Non si tratta di aggiungere, togliere, correggere, colorare a proprio
piacimento. La Parola del Signore è una spada, arriva diritta al cuore, senza
sconti. Per questo è Verità che genera libertà. "Per mezzo delle realtà
comuni [Gesù] vuole indicarci il vero fondamento di tutte le cose e così la
vera direzione che dobbiamo imboccare nella vita di tutti i giorni, per seguire
la retta via. Egli ci mostra Dio, non un Dio astratto, ma il Dio che agisce,
che entra nella nostra vita e ci vuole prendere per mano" (J. Ratzinger -
Benedetto XVI). La Parabola della zizzania illumina la natura della Chiesa
e l'identità dei cristiani: sono figli di un Regno che non è di questo mondo,
ma vi camminano giorno dopo giorno. Nel mondo ma non del mondo si trovano
gomito a gomito con la zizzania, con i figli del maligno; e qui Gesù precipita
inesorabilmente nel politicamente scorrettissimo: esistono i figli del demonio.
Coloro che ne compiono i desideri, che obbediscono a un padre che è nemico
acerrimo di Dio. Figli del maligno, assassini che cercano di uccidere Cristo.
Spesso travestiti da figli di Abramo, battezzati chissà, ma con tra le mani
opere che di Abramo non hanno neanche l'ombra. "Se, con l’incarnazione del
Verbo, la figliolanza divina fosse attribuita immediatamente a ogni uomo, il
mistero della scelta o elezione e quindi la
fede, il battesimo e la Chiesa non avrebbero più alcun ruolo costitutivo per la
salvezza: la missione della Chiesa nel mondo sarebbe solo quella di far
prendere coscienza a tutti gli uomini di questa salvezza già presente nella
profondità di ognuno. Insomma, ogni uomo, in virtù dell’incarnazione del Verbo,
acquisirebbe automaticamente, anche se inconsapevolmente, “l’esistenza in
Cristo” ricevendo così, in virtù della sua trascendenza come persona umana, gli
effetti salvifici della redenzione operata da Gesù Cristo. Sarebbe un
“cristiano anonimo”. (Ignace De La Potterie). Ma non è così. Nelle
parole del Signore emerge, come una saetta, una verità incontrovertibile:
esistono i figli del Regno ed i figli del maligno. Vivono fianco a fianco, e la
missione della Chiesa non è, come nell'Islam, sradicare la zizzania malvagia,
ma, semplicemente, vivere
secondo la propria natura. Si comprende così come alle fonti della missione
della Chiesa e di ciascun cristiano vi sia una tenace e perseverante difesa
della primogenitura, della misteriosa elezione ad essere, per il mondo, sale,
luce e lievito, segno autentico e credibile del Regno di Dio. I cristiani sono
eletti per vivere in pienezza la cittadinanza celeste, lasciando che Cristo,
Primogenito dei figli del regno, mostri in ciascuno la sua natura; pur tra le
debolezze e le imperfezioni della carne, sono chiamati a lasciare brillare la
bellezza del Signore, riflesso della bellezza di una vita secondo la volontà
del Padre: "La natura corrotta dal peccato genera perciò i cittadini della
città terrena, mentre la grazia che libera la natura dal peccato genera i
cittadini della città celeste. Perciò i primi sono chiamati vasi d’ira;
gli altri sono chiamati vasi di misericordia. Se ne ha un simbolo
anche nei due figli di Abramo. L’uno, Ismaele, nacque secondo la carne dalla
schiava Agar, l’altro, Isacco, nacque secondo la promessa da Sara, che era
libera. Entrambi sono stirpe di Abramo, ma un rapporto puramente naturale ha
fatto nascere il primo, invece la promessa che è segno della grazia ha donato
il secondo. Nel primo caso si rivela un comportamento umano, nel secondo caso
si rivela la grazia di Dio" (S. Agostino, De Civitate Dei). Dietro
le parole della parabola emergono in filigrana quelle del salmo 37, che
traducono concretamente l'atteggiamento proprio dei cristiani nel mondo:
Non adirarti
contro gli empi non invidiare i malfattori.
Come fieno
presto appassiranno, cadranno come erba del prato.
Confida nel
Signore e fa il bene; abita la terra e vivi con fede.
Cerca la
gioia del Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore.
Manifesta al
Signore la tua via, confida in lui: compirà la sua opera;
farà brillare
come luce la tua giustizia, come il meriggio il tuo diritto.
Sta in
silenzio davanti al Signore e spera in lui;
non irritarti
per chi ha successo, per l'uomo che trama insidie.
Desisti
dall'ira e deponi lo sdegno, non irritarti:
faresti del
male, poiché i malvagi saranno sterminati,
ma chi spera
nel Signore possederà la terra.
Ancora un
poco e l'empio scompare, cerchi il suo posto e più non lo trovi.
I miti invece
possederanno la terra e godranno di una grande pace.
Conosce il
Signore la vita dei buoni, la loro eredità durerà per sempre.
Non saranno
confusi nel tempo della sventura e nei giorni della fame saranno saziati.
Il Signore fa
sicuri i passi dell'uomo e segue con amore il suo cammino.
Se cade, non
rimane a terra, perché il Signore lo tiene per mano.
I giusti
possederanno la terra e la abiteranno per sempre.
Occhi aperti dunque, e un abbandono
sconfinato e audace alla fedeltà del Signore. Intorno a noi il male esiste,
esiste il demonio che, come annuncia l'Apocalisse, cerca il bambino per
divorarlo, per farci rinunciare alla primogenitura, l'immagine di Cristo in
ciascuno di noi, figli del Regno. E gli attacchi non sono solo quelli del
sesso, del denaro, del potere. Esistono i fendenti più subdoli, quelli con cui
il demonio cerca di ancorare la menzogna nella mente attraverso l'evidente
ragionevolezza della lotta all'ingiustizia. La parabola è come il bozzetto del
quadro che Gesù stesso dipingerà con il colore del suo sangue. Con i tratteggi
del grano e della zizzania il Signore stava profetizzando l'episodio che
sarebbe andato in scena davanti a Pilato, anticipando indirettamente ai
discepoli la domanda che il Procuratore avrebbe rivolto al Popolo: "chi
volete che vi liberi, Gesù o Barabba?". Il
grano o la zizzania? La
Chiesa sarà sempre posta al fianco di Barabba, come ciascuno di noi, ogni
giorno. E sempre seguirà le orme del suo Signore; di fronte al dilagare delle
persecuzioni e del male, ascolterà di nuovo le parole che Gesù rivolse a Pietro
nel Getsemani: "Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che
mettono mano alla spada periranno di spada; Pensi forse che io non possa
pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di
angeli? Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali
così deve avvenire?" (Mt. 26, 52-54). Il grano è accanto alla zizzania per
compiere la Parola, perché si realizzi la volontà di Dio per ogni uomo di tutte
le generazioni. E così è stato, e la "spada" che ha fatto rimettere
nel fodero, è caduta su Gesù, per colpire in Lui tutto il male che la zizzania
ha provocato. Il grano è accanto alla zizzania per proteggerla sino alla
"fine del mondo", per dare occasione di convertirsi ai "figli
del maligno" "seminati dal diavolo". Non tralasciamo un punto
importante: il "campo" è "suo", è di Gesù. Il
"mondo" è del Signore, non del demonio. Anche se questi ne è il
principe, non significa che abbia su di esso un potere indefinito. Sopra di lui
c'è "uno più forte", che può legarlo e liberare coloro che satana
tiene in suo potere. Il diavolo è stato precipitato sulla terra ed è furioso
perché sa che gli resta poco tempo (cfr. Ap. 12). Questo tempo che ci separa
dalla "fine del mondo", il tempo in cui il "grano" cresce
accanto alla "zizzania". Ma la Chiesa ha l'esperienza di essere
stata, per pura grazia, seminata nel mondo come un "seme buono"; sa
che è i "figli del Regno" sono stati amati mentre erano peccatori e
meritevoli della "spada" che Dio ha rivelato al profeta Ezechiele:
"Così dice il Signore Dio: Eccomi contro di
te. Sguainerò la spada e
ucciderò in te il giusto e il peccatore. Se ucciderò in te il giusto e
il peccatore, significa che la spada sguainata sarà contro ogni carne, dal
mezzogiorno al settentrione. Così ogni vivente saprà che io, il Signore,
ho sguainato la spada ed essa non rientrerà nel fodero... Spada, spada
aguzza e affilata, aguzza per scannare, affilata per
lampeggiare! L'ha fatta affilare perché la si impugni, l'ha aguzzata
e affilata per darla in mano al massacratore!... Perché i cuori si
struggano e si moltiplichino le vittime, ho messo ad ogni porta la
punta della spada, fatta per lampeggiare, affilata per il
massacro... Poiché voi avete fatto ricordare le vostre iniquità, rendendo
manifeste le vostre trasgressioni e palesi i vostri peccati in tutto il vostro
modo di agire, poiché ve ne vantate, voi resterete presi al
laccio... mentre tu hai false visioni e ti si predicono sorti bugiarde, la
spada sarà messa alla gola degli empi perversi, il cui giorno è venuto, al
colmo della loro malvagità" (Ez ). E questo "giorno" ebbe
inizio proprio nel podere chiamato Getsemani. Gesù sapeva che quella spada era
preparata per Lui, e non per quelli che lo volevano morto. La "spada"
era per Lui, l'unico "seme buono" che il Padre aveva seminato nel
seno della Vergine Maria, l'unica "terra buona". Gesù sapeva che
"proprio per quello era giunto a quell'ora", perché "se
il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore,
produce molto frutto" (Gv. 12, 24). Doveva portare frutto e moltiplicare il "seme
buono": con la sua morte e la sua resurrezione, infatti, avrebbe seminato
nel mondo i "figli del Regno", perché "completassero in loro
quello che sarebbe mancato alla Passione di Gesù" in ogni generazione,
ovvero carne e sangue da versare per salvare il mondo, la Chiesa martire del
suo amore. La "spada" destinata a "sradicare la zizzania"
dal mondo era sguainata, aguzza e affilata, come il flagello che gli ha
straziato le carni, le spine infilate nella testa, i chiodi penetrati nelle
mani e nei piedi, e la lancia giunta nelle sue viscere. Sulla Croce aveva
attirato tutti a sé, i peccatori e anche chi, innocente, ha sofferto
l'espandersi del male. Sul Golgota era scesa, violenta la "spada" che
doveva colpire e purificare il mondo giunto al "colmo delle sue
malvagità". Ma il Golgota è preparato anche per noi, "figli del
Regno" rinati dall'acqua e dal sangue zampillati dal costato di Cristo
trafitto dalla "spada". Anche per noi è pronto il flagello: proprio
come la zizzania che cresce e si distende quasi a soffocare il grano, ci
percuoteranno le ingiustizie, ci feriranno le calunnie con cui ci toglieranno
l'onore, ci batteranno rubandoci quello che ci appartiene; quelli di casa
saranno i nostri nemici, coniuge, figli, e poi amici, colleghi, e poi i professori
che vorranno imporre le loro vuote ideologie, e il governo che vorrà impedirci
di annunciare la verità, e la cultura, e i media, e i social, tutto come fu già
contro Gesù, e, nei secoli, contro la sua Chiesa. E di fronte a tutto questo,
la Chiesa sarà ancora dalla parte di Gesù, l'Agnello muto di fronte ai suoi
tosatori; e il mondo sceglierà Barabba, e lo lascerà libero, illudendosi di
avere ragione delle ingiustizie con la violenza. E gli aborti si
moltiplicheranno, e i divorzi e le guerre. E la "spada" giungerà
ancora sulla terra, e colpirà ancora i cristiani, come accadde a Nagasaki, dove
la bomba atomica fu gettata attraverso l'unico spazio che s'era aperto tra le
nuvole, e precipitò sul quartiere cristiano, distruggendo la cattedrale e
mietendo migliaia di vittime. E' il Mistero Pasquale di Cristo nel quale siamo
stati salvati e che si compirà in noi, perché la pazienza di Dio si estenda
anche a tuo figlio, a quel collega che ha appena divorziato, a quella cugina
che ha abortito, ai signori della guerra e ai mafiosi. Sappiamo bene
che, giudei o greci non importa, tutti eravamo peccatori, "ma siamo
stati lavati, santificati, giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e
nello Spirito del nostro Dio!" (1 Cor 6,4). E' un mistero insondabile
"disegno di Dio" che ci ha chiamati a far parte della sua Chiesa,
insieme a San Francesco, a Santa Caterina, agli Apostoli e ai martiri: e
"quelli che egli da sempre ha conosciuto,
li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli
sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha
anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha
giustificato, li ha anche glorificati" (Rm 8, 28-30). La misericordia di Dio ci
ha "seminati nel campo" per "fiorire e fruttificare":
è un immagine profetica del battesimo, "per mezzo del quale siamo
stati sepolti con Cristo nella morte, e siamo risuscitati con Lui per camminare
in una vita nuova" (Rm 6,4). La morte è vinta, esiste il Regno dei Cieli,
ed esiste un giudizio! Il male non trionferà, non si scherza. Lo sappiamo per
esperienza... Ma proprio perché scampati alla "spada" per la
misericordia di Dio, siamo ora inviati ad annunciare a tutti e a testimoniare
la stessa misericordia prendendo su di noi i colpi della "spada". Per
questo sappiamo che "la nostra lotta non è contro le creature
di sangue e di carne, ma contro il nemico" che ha seminato con la menzogna
i suoi figli nel mondo: anche oggi, uniti a Cristo e
"attingendo forza in Lui e nel vigore della sua
potenza" attraverso la Parola e i sacramenti, siamo inviati a non
opporre resistenza "ai figli del maligno"; non andremo a sradicarli
dal mondo. Il Signore ci invita a tornare al nostro battesimo, è l'unico modo
per crescere accanto alla zizzania e dare frutto, nell'attesa della
"mietitura": "Gesù ci avverte che, dopo la semina fatta dal
padrone, “mentre tutti dormivano” è intervenuto “il suo nemico”, che ha
seminato l’erba cattiva. Questo significa che dobbiamo essere pronti a
custodire la grazia ricevuta dal giorno del Battesimo, continuando ad
alimentare la fede nel Signore, che impedisce al male di mettere radici.
Sant’Agostino, commentando questa parabola, osserva che “molti prima sono
zizzania e poi diventano buon grano” e aggiunge: “se costoro, quando sono
cattivi, non venissero tollerati con pazienza, non giungerebbero al lodevole
cambiamento” " (Benedetto XVI). Per questo risuonano oggi per noi le
parole che San Paolo ha dettato per i cristiani di Efeso: "Rivestitevi
dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. Prendete perciò l'armatura di Dio, perché
possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato
tutte le prove. State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la
verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come
calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete
sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi
infuocati del maligno; prendete anche l'elmo della salvezza e la
spada dello Spirito cioè la parola di Dio" (Ef. 6,10-17). Ecco la
"spada" che ci viene consegnata, la Parola di Dio! Ascoltiamola,
celebriamola, scrutiamola, meditiamola, e chiediamo incessantemente che si
faccia carne in noi. Esiste un combattimento, ed inizia nel nostro cuore,
dove anche si annidano semi velenosi deposti dal nemico. E' fondamentale saper
discernere il bene ed il male, per non cadere in stolte semplificazioni. La
lotta appare allora per quello che in realtà essa è, una difesa strenua, sino
al sangue, contro il peccato, contro gli inganni macchinati dal demonio. E' una
lotta d'amore, stringersi sempre più come pietre vive a Cristo, nella quale
lasciarci amare, colmare, perdonare, consolare, deliziare da Lui. E cercare in
Lui la nostra gioia, cioè vivere in Cristo, di Cristo, per Cristo. Come
vasi di creta, portare con gioia il tesoro immenso dell'amore di Cristo:
"Questo tesoro fa di tutta la vita un cammino, un progredire, sempre preceduti
e accompagnati da quei fatti di grazia operati dal Signore che tornano a
sorprendere il cuore nutrendo così la fede" (De la Potterie).
Questo cammino di fede rinnovato ogni giorno, sulle tracce della penitenza e
della conversione, diviene esso stesso un annuncio, un grido che chiama ogni
uomo alla Verità, alla salvezza. I figli del maligno non sono distrutti, ma
lasciati accanto ai figli del Regno perchè, sino all'ultimo istante della loro
vita, possano alzare lo sguardo e implorare la misericordia, quell'amore
impresso nei fratelli di Cristo: "L’esperienza della figliolanza è tutta piena solo di gratitudine, per il dono immeritato, e di speranza nei
confronti di tutti. Per cui non si tratta di giudicare i miscredenti, i
lontani, o addirittura quelli che possono sembrare avversari. Anche perché
ognuno di loro può, quando meno se lo aspetta, incontrare il fatto
cristiano"... Questa gratitudine non giudica nessuno, ma è magnanima e
misericordiosa anche davanti all’errore e al peccato. Come accadde a san
Francesco Saverio, il discepolo prediletto che Ignazio di Loyola aveva mandato
a evangelizzare il lontano Oriente. Davanti ai peccati anche turpi dei pagani,
Francesco Saverio si stupiva che senza la fede, i sacramenti e la preghiera
filiale non ne facessero di più gravi. Come scrive in una lettera inviata ai
suoi compagni da Cochin, nel 1552: «Io non mi meraviglio per i peccati che
esistono fra bonzi e bonze, quantunque ve ne siano in grande quantità. Anzi, mi
meraviglio che non ne facciano più di quelli che fanno…». I figli del regno come il miele per le
api, come la dolcezza dell'amore di Cristo tra i pungiglioni della morte che
sono i peccati di ogni generazione. L'amore infinito come miele che cola
dall'arnia della scuola, del lavoro, del condominio, del mercato; della
malattia e della precarietà, di ogni istante donato ai figli del Regno. Miele
dolcissimo, capace di salvare, per sempre, anche il peggior figlio del maligno,
perché non cada nella fornace ardente ed eterna. Il miele di Cristo, che ci
attrae e ricrea ogni istante: "Il grano seminato da Cristo, seminato da
Dio nel mondo, giungerà a maturazione, e cioè nessuna egregia impresa, nessun
desiderio o sforzo per dare al bene la sua energia ed espansione andrà perduto:
giacché il premio eterno è assicurato a coloro che porteranno il buon frumento
nei granai celesti" (Paolo VI).
αποφθεγμα Apoftegma
"Ecclesia... Sancta simul et semper purificanda,
poenitentiam et renovationem continuo prosequitur",
è nello stesso tempo santa e ha bisogno, per essere santa,
di purificazione e cammina sulla strada continua della penitenza,
che è sempre la sua strada,
e così trova sempre il rinnovo, sempre necessario.
La Chiesa del Signore,
che è venuto a cercare i peccatori e ha mangiato alla tavola dei peccatori volutamente,
non può essere una Chiesa fuori della realtà del peccato,
ma è la Chiesa nella quale vi sono zizzania e grano.
Card. Joseph Ratzinger
Nessun commento:
Posta un commento